Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: AlsoSprachVelociraptor    01/04/2021    1 recensioni
Nel 2018 Shizuka Higashikata, la figlia adottiva di Josuke, vive una vita monotona nella tranquilla Morioh-cho.
Una notte la sua vita prenderà una svolta drastica, e il destino la porterà nella misteriosa città italiana di La Bassa, a svelare i segreti nascosti nella sua fitta nebbia e nel suo sottosuolo, combattere antichi pericoli e fare nuove amicizie, il tutto sulle rive di un fiume dagli strani poteri.
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Terza riscrittura, e possibilmente quella finale, dell'attesa fanpart di JoJo postata per la prima volta qui su EFP nel lontano 2015.
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Prequel: “La battaglia che non cambiò nulla (o quasi)”
*Spoiler per JoJo parti 1, 2, 3, 4 e 6*
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Aggiornamenti saltuari.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Josuke Higashikata, Jotaro Kujo, Nuovo personaggio, Okuyasu Nijimura
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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Se l’ingresso poteva sembrare quello di una tipica scuola, più vi ci si addentrava e meno lo sembrava.

Assomigliava più una scuola adatta ad uno scenario di guerra, in cui gli alunni- bambini in quel caso, come aveva specificato Minerva, quella era l’ala Verde atta a gradi elementari e medie- dovevano essere protetti il più possibile, a discapito dell’ambiente.

I muri erano spessi e armati da metallo che sporgeva da essi, e anche se erano colorati di un verde prato acceso, non sembrava affatto un luogo più divertente.

Anche le piastrelle dei pavimenti erano bordate di metallo, così come le imposte delle finestre. Vetri spessi, che facevano a malapena passare la poca luce del cielo grigio labassese. Vi era qualche disegno sui vetri, fatto da qualche bambino probabilmente. Le porte erano in metallo, pesantissime e anch’esse colorate di verde e intasate con fogli appesi e disegni di bambini, un po’ sbiaditi dal tempo.

Koichi rabbrividì a quella scena. Quel posto non gli piaceva. Era come se volesse piacere a forza, senza riuscirci. Jotaro al suo fianco, invece, non ne sembrava minimamente intaccato. Camminava con il suo passo, vagamente claudicante e non più veloce come una volta, e Koichi non riuscì a leggere nulla nel suo sguardo. Forse perchè era al suo fianco sbagliato, quello dell’occhio tranciato a metà da Pucci nel 2012 e sostituito da uno di vetro. Freddo e asettico come il suo sguardo normale, ma che mancava del fuoco e dalla forza d’animo che contraddistingueva tutti loro Joestar.

Jotaro aveva insistito per recarsi nell’ala Verde, assieme a Koichi. “Qui non si scateneranno con l’uso degli stand, non in mezzo ai bambini.” si era giustificato Jotaro. Josuke l’aveva preso in giro chiedendogli se non fosse spaventato e se sapesse ancora usare il suo Star Platinum, e Jotaro non aveva risposto. Il gruppo si era zittito e Jotaro aveva preso Koichi con sé.

Koichi avrebbe voluto andare con Yukako, sinceramente. O con Josuke. Insieme a Jotaro non si sentiva mai a suo agio, e ora che sembrava così vecchio e debole e misterioso ancora meno.

Ad ogni passo, la zona si faceva sempre più tetra, mesta, la luce filtrava sempre più carente dai vetri sporchi e pieni di polvere, e uno strano puzzo si faceva sempre più forte.

“Che razza di scuole elementari sarebbero queste?!” borbottò Koichi, guardandosi attorno. Per qualche motivo, si sentiva sul punto di svenire dall’orrore.

Era terrorizzato, e avrebbe voluto scappare via. I suoi passi si facevano sempre più lenti e rigidi, mano a mano che l’aria si faceva più fitta in quei corridoi grigi e labirintici. Il verde e i colori erano spariti dalle pareti, sostituiti da grigi e da macchie rosse, vecchie e incrostate. I disegni appesi dei bambini erano pieni di lacrime e sangue.

“Qualcosa non… non quadra.” borbottò ancora Koichi, riuscendo a malapena a parlare attraverso le labbra fredde e tremanti. La temperatura si era abbassata tutto ad un tratto. “Minerva ha detto che non farebbero mai del male ai bambini…”

Jotaro continuava a stare zitto. Koichi notò che nella luce dei neon rotti e rumorosi sopra di lui, il suo viso pallido e troppo magro assomigliava ad un teschio.

Un grido di dolore fece saltare in aria Koichi, e presto ne seguirono altri. Erano grida acute e di bambini, di dolore e di terrore e Koichi dovette coprirsi le orecchie per non lasciarsi andare a una strana disperazione che gli aveva preso il petto. Cosa stavano facendo ai bambini in quelle classi?

Jotaro si avventò contro una porta da cui provenivano le urla, tentando di aprirla ma senza nessun successo.

Liquido rosso iniziò a sgorgare da sotto essa, e Koichi, senza pensarci, corse alla rampa di scale lì vicina. Forse avrebbe potuto distruggere il soffitto ed entrare dall’altro. Forse sarebbe potuto scappare da quell’inferno e sopravvivere.

La scala aveva più curve, ma superata la prima, un getto di liquido rosso e caldo- sangue, quello era sangue!- lo colpì al petto con una forza sovraumana, e Koichi ruzzolò giù per le scale senza forze e senza respiro, iperventilando, terrorizzato come mai nella sua vita.

Koichi aveva ragione. Non aveva senso. Jotaro, in un momento di lucidità, evocò il proprio Star Platinum e fermò il tempo.

Era difficile farlo, e si sentiva i muscoli cedere e dolorare ogni volta che lo faceva, ma ne valse la pena perchè appena il tempo si fermò, anche quell’illusione in cui Koichi e lui erano sprofondati si infranse.

I corridoi erano ancora luminosi e le pareti verdi, i disegni alle pareti non ritraevano morte e torture ma prati fioriti e casette con il camino fumante. Non c’era nessun sangue sotto le porte, e quando Star Platinum guardò sotto la porta, vide solo dei bambini divertiti che facevano finta di gridare.

Era una farsa e una complessa illusione, tutto in quel posto lo era. Il liquido che cospargeva Koichi era solo acqua calda trasparente resa rossa da uno stand che poteva giocare con le loro menti. E questa cosa a Jotaro non piaceva.

Notò due sagome sulla rampa delle scale- probabilmente i portatori di stand contro cui dovevano combattere. Uno di essi, nascosto dietro la rampa, aveva evocato il suo stand fatto d’acqua ed era pronto ad attaccare Koichi, ancora a terra accecato dalla paura. 

Purtroppo, la forza di Jotaro venne a meno e dovette far tornare il tempo a scorrere, ma non perse l’occasione per colpire lo stand liquido che stava colpendo l’amico a terra.

Il pugno di Star Platinum passò attraverso l’acqua di cui era composto lo stand, una figura umanoide vestita con un largo vestito rococò fatto d’acqua spumeggiante. 

“Koichi! È tutta un’illusione!” gridò Jotaro, mentre dalla rampa di scale saltava giù la portatrice di quello stand. Era una delle ragazze descritta da Josuke, alta quasi quanto Jotaro e vestita elegantemente, e stringeva tra le mani dei tonfa- simil-manganelli- metallici dotati di lame e intarsiati di pietre preziose colore dell’acqua cristallina, simili alle altre gemme sul vestito e sulla tiara nei capelli azzurri della ragazza. 

La prima cosa che notò Jotaro è che il colore dei gioielli della ragazza, Regina, iniziarono a mutare, diventando più chiari, quasi bianchi. Solo successivamente si accorse che lo stand alle sue spalle si stava cristallizzando e raffreddando molto velocemente, diventando ghiaccio in pochi istanti.

“Kings & Queens!” gridò Regina, e lo stand di ghiaccio si scagliò su Jotaro ad una velocità disarmante, tanto che non riuscì a evitare il suo pugno, duro come la pietra, contro il suo viso.

La testa di Star Platinum venne ribaltata indietro dall’impatto, e sulle labbra colorate dal rossetto blu di Regina si formò un sorrisetto di soddisfazione. Probabilmente lei era abituata a vincere, data la potenza disarmante del suo stand.

Ma la ragazza non notò in tempo i muscoli del collo di Star Platinum che si irrigidivano, e l’espressione sul viso sanguinante di Jotaro che non era cambiata.

Star Platinum afferrò Kings & Queen per le spalle, e tirando in avanti la testa, la colpì in pieno viso. 

La testa dello stand di ghiaccio si sgretolò in mille pezzi e il naso della ragazza scoppiò nell’impatto, riempiedosi di sangue.

Lo stand si scompose in mille goccioline d’acqua, lasciando la ragazza a terra, con il naso sanguinante e lo sguardo carico di un odio mortale. 

Jotaro, anche se vincente in quel piccolo scontro, era stanco, più stanco del solito. Cadde in ginocchio, al fianco di Koichi, mentre dalle scale scendeva un altro ragazzo, seguito da uno stand nero e informe, solo dalla vaga sagoma umana e con un elmo sulla testa. 

Jotaro scosse Koichi per una spalla, cercando di risvegliarlo senza successo.

“Koichi, è solo un’illusione. Non sei davvero cosparso di sangue. È quello stand a fare le illusioni, Koichi…”

Jotaro si sentiva troppo stanco anche solo per parlare, e Koichi sembrava svenuto, con gli occhi mezzi aperti a fissare il vuoto.

“È inutile.” disse il ragazzo. Indossava un lungo e largo cappotto nero di foggia antica, più da corte di Francia che da scuola elementare, e i suoi occhi dorati e freddi erano coperti da una frangia metà platino e metà corvina. “Il mio stand, One Thousand Forms of Fear, funziona anche se si scopre la sua abilità di creare illusioni e generare terrore.”

La sua voce era fredda e metallica e terrificante tanto quanto quello stand alle sue spalle e i suoi occhi oro. Aiutò la ragazza ad alzarsi in piedi, tenendole la mano sporca di sangue con gentilezza.

“Grazie, Ferdi.” sussurrò la ragazza, con un filo di dolcezza nella voce che durante la battaglia mancava completamente.

“Trasportiamoli fino alla palestra, poi se la caveranno loro là.” Disse il ragazzo, prestando però troppa poca attenzione ai due. Lo stand Kings & Queens ricomparve, sciogliendosì però sul pavimento e diventando ghiaccio sotto Koichi e Jotaro, ancora a terra, ancora senza forze.

Iniziarono a scivolare dolcemente lungo i corridoi, i due ragazzi seguendoli a poca distanza- ma abbastanza lontani da non rientrare nel raggio d’azione di Star Platinum.

“Koichi, svegliati!” tentò ancora Jotaro, ma la paura e la fatica avevano completamente finito le energie dell’uomo, che ora si stava lasciando trasportare sul ghiaccio. Koichi aprì un occhio, guardando di striscio Jotaro.

“Aspetta…” sussurrò lui. 

“Aspetta?”

Ma Jotaro aspettò. Aspettò che i due ragazzi entrassero per sbaglio nei cinque metri di raggio di Echoes, e capì. Koichi aveva preservato le energie per un attacco, anche se molto semplice.

Echoes act 4 sbucò fuori dal nulla, spaventando i due ragazzi che si bloccarono sul posto- a malapena quattro metri da loro. Troppo vicino. Come nei piani di Koichi.

In quei cinque metri di raggio che poteva usare a suo piacimento poteva cambiare la gravità come voleva senza troppo sforzo.

“Gravità 0%!” gridò Echoes, alzando un braccio. Koichi e Jotaro iniziarono a galleggiare nell’aria.

“Gravità 100%!” indicò con l’altro braccio, opposto al primo, nella direzione dei due ragazzi. Come un’incudine sulle loro teste, la gravità li schiacciò a terra, distruggendo il ghiaccio di Kings & Queens e le illusioni di One Thousand Forms of Fear.

E come per magia, Koichi e Jotaro ripresero le loro forze e la loro salute. Koichi atterrò perfettamente sul pavimento, ma si accorse che Jotaro era ancora stanco, e stavolta non era l’effetto dello stand nemico. Era Jotaro, qualcosa dentro di lui che lo stava distruggendo.

Koichi ne aveva fin sopra i capelli- ora irti sulla sua testa, in posizione d’attacco- di aspettare, così cercò di lanciarsi all’attacco dei ragazzi, che però indietreggiarono inaspettatamente.

“Piano B!” gridò Ferdinando, prendendo la mano della ragazza. “B? Non era questo del trasporto il B?”

“Beh sì, volevo dire A. Andiamo!” e la tirò dietro di sé, iniziando a correre. I tacchetti metallici delle loro scarpe faceva un rumore assordante. 

Koichi si fiondò all’inseguimento, ma notò che Jotaro non si era mosso.

“Sbrigati!” gli gridò Koichi, ma ora quello troppo stanco per muoversi sembrava lui. Grazie ad Echoes lo fece galleggiare in aria e se lo portò dietro, in un modo che imbarazzò fin troppo Koichi, e allo stesso tempo lo fece preoccupare in profondità- e stavolta non era quello stand.

Come si aspettava, il pavimento in alcuni tratti era ghiacciato o irto di stalagmiti, ma Koichi le saltò tutte con la gravità di Echoes act 4.

I due ragazzi aprirono una porta sul retro, che dava su un selciato di cemento, e richiudendosela alle spalle Regina fece in modo che si ghiacciasse e rimanesse chiusa.

Star Platinum venne evocato da Jotaro, che ruppe il ghiaccio con facilità.

I due ragazzi sembravano aspettarli davanti a un edificio moderno nel mezzo dell’enorme parco sul retro. Era la palestra.

Quando Koichi e Jotaro -che era tornato a correre anche se in maniera lenta e impacciata- gli si avvicinarono troppo, i due ragazzi saltarono in un cerchio nero all’ingresso e vi sparirono dentro. L’ombra scivolò sotto la porta e fu persa di vista.

Koichi e Jotaro, entrambi stremati, si scambiarono un’occhiata simbolica.

Dovevano entrare in questa fantomatica palestra. Senza indugi, aprirono la porta e piombarono nella palestra con passo fermo e deciso, pronti ad affrontare la prossima sfida.

   
 
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