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Autore: Honey_2990    03/04/2021    0 recensioni
Vivere nel ventunesimo secolo non è semplice come tutti vogliono far credere.
Gli adulti guardando i giovani vedendo solo delle teste senza niente da dire, delle marionette mosse dal volere della massa, persone che non sono all'altezza delle loro aspettative e forse non lo saranno mai.
Noi invece ci ritroviamo a guardare un mondo che va avanti senza includere il nostro pensiero nel proprio progetto di avanzamento.
La nostra generazione non sa come far parte di un sistema che include solo determinate cose, come:
lavoro sottopagato, stipendio di sopravvivenza e contratti di lavoro inammissibili.
Nessuno di noi crescendo avrebbe mai immaginato che il nostro ingresso nel mondo reale, quello che si presenta al compimento dei diciotto anni, sarebbe stato così deludente. Credevamo che raggiunta la soglia della nostra indipendenza, il mondo intero sarebbe stato ai nostri piedi, mentre quello che non avevamo calcolato era il percorso tortuoso che ci aspettava per raggiungere la nostra meta. Ma quale era esattamente? Io non lo sapevo più.
Ho compiuto ventidue anni ormai cinque mesi fa e non mi capacitavo di quante cose erano cambiate nella mia vita rispetto ai miei diciotto anni. Niente era andato come mi aspettavo eppure non era passato così
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Erano passate due settimane da quando avevo ritirato i miei bagagli all'aeroporto di Heatrhow ed ero uscita in strada alla disperata ricerca di un taxi che mi avrebbe scortata fino al mio nuovo appartamento. Fortunatamente l'agenzia/casa editrice che mi aveva ricontattata per offrirmi un lavoro, mi aveva offerto anche uno stipendio piuttosto buono che mi permise di trovare un bilocale molto carino in periferia, ad un costo mensile piuttosto vantaggioso.
La zona che avevo scelto era Shepherd's Bush, molto tranquilla stando a quanto si diceva e non avrei potuto chiedere di meglio.
Il quartiere mi piaceva molto, si trovava nella zona di West London e vantava di meravigliose aree verdi nelle quali poter passeggiare, studiare, o semplicemente fermarsi a pensare un po'.
Raggiunto il mio nuovo indirizzo, il tassista si era gentilmente offerto di aiutarmi a trasportare tutte le mie valige fino al primo piano davanti alla porta di quella che sarebbe divenuta la mia nuova casa.
Inutile dire che gli avevo lasciato un'ottima recensione sulla bacheca degli annunci nella quale lo avevo rintracciato.
Sistemare tutti i miei bagagli non era stato affatto semplice. Mi stavo trasferendo, non ero in vacanza, avevo portato con me praticamente tutto e molte cose sarebbero dovute arrivare nelle settimane seguenti.
—————
Camminavo e pensavo, il mio cervello non smetteva di elaborare nuove immagini e nuove emozioni da quattordici giorni a quella parte.
Vedere le persone muoversi così freneticamente, tutti molto seri, ma nessuno sembrava davvero triste o insoddisfatto, ogni cosa sembrava essere al proprio posto. I ragazzi che vedevo in giro sembravano felici, si muovevano in gruppo... ridevano e scherzavano insieme. Per un momento ho addirittura pensato di essermi trasferita in un mondo parallelo.
In Italia le persone non sono così. Fin da piccola mi sono persa nell'arte dell'osservazione, guardavo coloro che si presentavano davanti a miei occhi e mi interrogavo su cosa facessero nella loro vita.
Osservare i miei coetanei mi portava a chiedermi se anche loro fossero confusi quanto me. Avrei sempre voluto poter leggere nel pensiero degli altri per capire.
Uscii dal mio appartamento quel giorno ed aggirandomi per le vie del centro mi concentrai sulla mia nuova vita, osservandola prendere magicamente forma.
Mi fermai in un piccolo market per fare un po' di spesa, dato che il mio frigo era vuoto da quando ero arrivata in pratica...
Mancava davvero poco al mio primo giorno di lavoro ed ero emozionata. I miei genitori mi avevano detto di non preoccuparmi, che mi avrebbero aiutata se avessi avuto dei problemi, ma volevo gravare il meno possibile sulle loro spalle.
Una casa editrice di piccolo calibro stava cercando una giovane donna, da inserire nell'organico delle pubbliche relazioni, così chiamai e riuscii ad avere un colloquio in videochiamata nell'arco di pochi giorni.
La donna che esaminò il mio curriculum e me era sulla quarantina, molto bella e all'apparenza gentile. Le domande che ricevetti non riguardavano la mia vita lavorativa o scolastica, per lo più vertevano sulla mia ambizione e sui progetti per il futuro.
Avrei voluto essere più chiara nell'esprimere quello che avrei voluto dalla me del futuro, ma come potevo? La prospettiva di vita che fino a quel momento mi era stata offerta era un continuo altalenare tra indecisioni ed insicurezze.
Non credevo di aver fatto una buona impressione fin quando non ricevetti una mail dove mi veniva spiegato quale sarebbe stato il mio ruolo all'interno della loro organizzazione.
Avrei iniziato il 15 settembre, con orario da concordare e vista la mia giovane età mi era stata assegnata la gestione di piccoli articoli di gossip su un giornale del quartiere con possibilità di organizzare eventi una volta presa confidenza con il mestiere.

Quando rientrai a casa quella sera sentivo la travolgente stanchezza prendere possesso delle mie facoltà motorie ed intellettuali.
Decisi di non cenare e di abbandonarmi ad un bagno caldo prima di abbracciare il mio letto.
Il giorno seguente ero libera da impegni di ogni tipo e pensandoci bene ne ero davvero felice, perché avrei potuto riposare e magari sarei potuta uscire per cercare qualcosa di carino con cui arredare e personalizzare la mia nuova casetta.
Uscita dalla doccia impiegai circa trentacinque minuti ad asciugare la mia indomabile chioma. Avere capelli ricci e lunghi non era sempre così divertente e bello come tutti credevano! Soprattutto se vivevi in una città dove la pioggia e l'umidità regnano sovrane.
Quando entrai sotto le coperte presi il mio telefono e decisi di videochiamare mia madre.
Non sperai molto in una sua risposta data la scarsa complicità con il mondo della tecnologia, ma quella sera riuscì a sorprendermi anche lei.
Al di là dello schermo vidi apparire il suo volto e quello di mio padre al suo fianco.

"Tesoro, come stai?"

Esordì mio padre.

"Tutto bene papà. Oggi è stata una giornata molto impegnativa. Sono rientrata da poco e non ho neppure cenato, sono corsa a letto senza ripensamenti!"

Risposi io noncurante dell'apprensione di mia madre, che intervenne prontamente:

"Anna! Devi mangiare, sai che non mi piace che tu salti i pasti!"

Roteai gli occhi al cielo in risposta, perché mia madre era sempre così melodrammatica.

"Lo so mamma. Non preoccuparti, sono solo stanca e non avevo molta voglia di cucinare in realtà."

Non la vidi molto convita della mia risposta, ma grazie a Dio lasciò correre.

"Come sta procedendo? Tutto bene?"

"Si, sono stata in casa editrice questa settimana per firmare il contratto e ricevere le ultime direttive per presentarmi a lavoro il 15 settembre. Spero vada tutto bene."

Dicendolo per la prima volta ad alta voce mi resi conto che tutti quei cambiamenti stavano avvenendo davvero nella mia vita. Non riuscivo a realizzare a pieno quello che stava succedendo proprio a me, perché ogni cosa stava finalmente trovando un equilibrio.
Quando terminai la chiamata con i miei genitori mi resi conto che l'ora sul mio cellulare segnava le 22:30, così decisi di mettere sotto carica il mio telefono, impostare la sveglia per il mattino seguente e provare a dormire.

Quella serata non è stata molto emozionante ma non importava perché quel tempo mi sarebbe servito per riposare, dato che una volta iniziato con il nuovo lavoro, forse non avrei più avuto modo di ritagliarmi quelle ore di benessere.
Mi addormentai guardando la tv nel mio bel lettone. Stavano trasmettendo un concerto live di Kanye West e Dio solo sapeva quanto mi piacesse.
Il mattino seguente mi svegliai di buon umore. Dopo aver svolto la mia beauty routine ed aver mangiato qualcosa per colazione, mi vestii, mi truccai e dopo essermi informata per la fermata della metro più vicina diretta in zona Piccadilly Circus, uscii dal mio appartamento per dirigermi in centro.
Circa cinque minuti più tardi, nei quali passeggiai per le vie del quartiere, trovai la fermata che in pochissimo tempo mi avrebbe condotta a destinazione. L'aria settembrina di Londra non era esattamente calda come quella italiana.
Indossavo una giacchina di pelle con sotto un maglioncino a collo alto bianco ed un paio di pantaloni neri.
Una volta arrivata in centro, iniziai a camminare tra le vetrine e non potei non notare la differenza abissale tra lo stile italiano e quello inglese. Intorno a me le persone si potevano vestire come volevano e nessuno veniva additato se vestito in maniera più stravagante rispetto ad altri.
Continuando a camminare notai dall'altra parte della strada la vetrina di Valentino, mi innamorai dell'abito in esposizione e pur sapendo di starmi comportando come un'incorreggibile masochista, attraversai le due corsie di fronte a me, e correndo mi ritrovai in pochi istanti davanti a quella meraviglia.
Quello che i miei occhi stavano scrutando, non era solo un bel vestito, era un capolavoro studiato nei minimi dettagli.
Il colore rosso sgargiante, le spalle lasciate scoperte da un elegantissimo scollo a cuore dolcemente ricamato affinché la piega rimanesse morbida sul seno... l'abito era lungo ed uno spacco da terra raggiungeva la metà gamba del manichino scoprendo quasi tutta la coscia.
Delicatamente appoggiai la mia mano sul vetro che ci separava e con aria sognate immaginai di  poter entrare, comprarlo e portarlo via con me.

Il rumore di uno skater che passò alle mie spalle, mi scosse dalla bella fantasia nella quale ero stata trasportata dalla mente e così guardando un'ultima volta quella meravigliosa creazione, sistemai una ciocca di capelli dietro all'orecchio e mi incamminai nuovamente.
Controllando ancora una volta l'orario, notai che era arrivata ora di pranzo, così decisi di concedermi una pausa per riprendere fiato e riposare le mie povere gambe.
Entrai in un piccolo locale, aveva una grande lavagna fuori molto graziosa ed accomodante, così leggendo il menù scelsi quel posto per pranzo.
Il cameriere all'ingresso indicò un tavolo accanto alla finestra e quando mi andai a sedere utilizzai la sedia vuota accanto a me per appoggiare la borsa ed i piccoli acquisti che avevo effettuato nell'arco della mattinata.
Dopo aver effettuato la mia ordinazione, mi persi ad osservare la bellezza della città nella quale mi ero ritrovata a vivere.
Come poteva una città così frenetica essere così perfetta? Ogni cosa al suo posto.
L'ordine e la pulizia degli ambienti comuni era davvero stupefacente.
Presi un libro dalla mia borsa che avevo iniziato a leggere pochi giorni prima.... e durante l'attesa dei miei piatti, lessi qualche pagina.
Ero un'inguaribile romantica,  i miei gusti letterari spaziavano tra romanzi di ogni genere e letteratura storica.
L'amore sotto ogni sua forma mi aveva sempre affascinata.
Come nasce l'amore tra due persone? Da cosa dipende la durata di una relazione? Ed è vero che la fiducia reciproca basta a far sì che esso duri per sempre? Non lo so... queste sono tutte domande che non sono mai riuscita a togliermi dalla testa.
Non ho mai provato cosa vuol dire essere davvero innamorata. Quello in cui credevo fermamente è che se due persone erano legate da un amore vero nulla avrebbe mai potuto separale.
La bellezza sta nella diversità.
La diversità di due persone che trovandosi riescono a mettere da parte le proprie insicurezze, i propri capricci pur di rendere felice l'altro.
Non credevo che l'amore fosse rose e fiori. L'amore era sempre stato caratterizzato da difficoltà, litigi, incomprensioni... e non sempre l'amore bastava per superare ogni conflitto... ma rimanevo dell'idea che alcune persone fossero destinate a stare insieme e che nessuno sarebbe mai riuscito a separarle.
I due protagonisti di un libro che stavo leggendo in quel periodo, alla fine di ogni capitolo mi davano sempre spunti sui quali riflettere.
Loro litigavano molto. Erano diversi come il giorno e la notte, il mare e la montagna... ma inevitabilmente dopo ogni litigio tornavano l'uno tra le braccia dell'altra. Certe volte mi chiedevo quanto questo fosse un bene o quanto in realtà si potesse avvicinare all'autodistruzione..
Per me erano una dimostrazione di forza ma per altri potevano rappresentare debolezza e dolore. Non sapevo spiegarmi e forse non lo sapevano neanche loro o chi aveva scritto il libro, come dopo tanto dolore si potesse trovare la forza di continuare ad amarsi.
Mi perdevo a leggere storie d'amore di qualcun altro, perché speravo tanto di trovare l'amore, quello vero. Non riuscivo a credere che quello narrato nei libri fosse solo frutto di immaginazione.
Se qualcuno ne parlava, voleva dire che da qualche parte nel mondo avrebbe dovuto pur esistere.
I miei pensieri vennero interrotti gentilmente dal cameriere che portò al mio tavolo l'ordinazione effettuata da me circa quindici minuti prima.

"Ecco a lei signorina!"

Mi disse porgendomi il piatto con un sorriso.
Assaporai ogni boccone perché erano giorni che non mangiavo qualcosa che non fosse chiuso in una confezione da non so quanto tempo.
Quando finii la consumazione del mio piatto mi diressi verso l'uscita fermandomi poco prima per pagare.

"Il suo pranzo è stato gentilmente offerto signorina."

Disse il cameriere davanti a me.
Rimasi interdetta per un attimo e mi guardai intorno per cercare di capire cosa stesse succedendo.

"Mi è stato detto di consegnarle questo. "

Disse porgendomi un biglietto.
Non ci stavo capendo più niente.
I miei genitori erano piombati a Londra senza dirmi nulla?
Chi poteva avermi offerto un pranzo sennò? Non conoscevo nessuno!

"Posso sapere chi è stato?"

Chiesi piombando in uno stato di confusione completa.

"Non lo so, io ho solo recapitato un messaggio."

Mi rispose gentilmente sollevando le spalle e facendomi strada per accompagnarmi alla porta, lasciandomi con mille punti interrogativi.
Gli sorrisi e capii che stava dicendo la verità. Lui non lo sapeva davvero. O almeno così credevo.
Uscendo dalla porta decisi di aprire il biglietto che mi era stato consegnato poco prima ed aprendolo i punti interrogativi aumentarono.
La calligrafia era molto bella, ma si capiva che non poteva appartenere ad una donna.
Il messaggio all'interno era in lingua inglese ed i miei genitori mi avrebbero sicuramente scritto in italiano.

<>

Solo queste semplici parole. Non una firma. Non un'iniziale. Niente.
Non stavo capendo.
Dubbiosa continuai ad entrare ed uscire da numerosi negozi senza acquistare mai nulla, data la curiosità che portava la mia mente da un'altra parte.
Cercai di distrarmi nel tragitto di ritorno verso casa, ma non era così semplice.
Quando aprii la porta del mio piccolo appartamento mi sentii subito meglio.
Tolsi le scarpe, sistemai i miei pochi acquisti e corsi verso la mia camera per videochiamare i miei genitori e chiedere loro spiegazioni.

"Siete stati voi?"

Chiesi loro non appena vidi spuntare mia mamma dall'altra parte del telefono.

"Come? Di cosa stai parlando?"

Scrutai il suo viso per capire se quello stupore si trattasse di una bugia o della semplice verità.

"Oggi. Il pranzo. Me lo avete offerto voi? Siete a Londra e non mi avete ancora avvisata??"

Forse sembravo pazza, ma chi mi conosceva davvero sapeva quanto io fossi curiosa.

"Anna ma cosa stai farneticando? Come avremmo fatto a venire a Londra senza avvisarti? Siamo a casa! Non vedi?"

Intervenne mio padre girando la fotocamera del telefono per mostrarmi mia nonna in giardino mentre annaffiava le nostre piantine.
Continuavo a non capire ovviamente.

"Chi ti ha offerto il pranzo quindi?"

Mio padre era sempre stato un tipo piuttosto geloso in effetti.

"Ehm... non lo so? Non avrei chiesto a voi altrimenti!!"

Risposi dando per scontato che avessero capito il mio essere all'oscuro dei fatti.

"Ti sei già fatta un ammiratore eh?!"

Chiese mia madre ridacchiando e facendomi l'occhiolino.

"Non credo proprio mamma! Non conosco ancora nessuno qui... si saranno sbagliati."

Risposi omettendo il piccolo particolare del bigliettino lasciato per me.
Forse si erano davvero sbagliati.
Mi avranno scambiata per un'altra ragazza?
Non lo sapevo davvero...
Salutai i miei genitori dopo circa venti minuti di conversazione nei quali ritagliai del tempo per parlare anche con mia nonna che ancora non si capacitava dei passi in avanti che aveva fatto la tecnologia per permetterle di vedermi dall'altra parte di un telefono nonostante mi trovassi in un altro paese. Il rapporto con mia nonna era l'unica cosa che mi aveva fatta vacillare davvero nel prendere la decisione di trasferirmi.
Una volta riposto il telefono nella tasca dei miei pantaloni, mi avviai in cucina per preparare qualcosa di buono da mettere sotto ai denti.
Non potevo saltare un altro pasto o chi l'avrebbe sentita mia madre se lo avesse scoperto. Incredibilmente quella donna sapeva sempre cosa facevo ancora prima di concluderla..
Alzando il volume della radio anni '80 che avevo trovato con l'arredamento della casa, mi dilettai ai fornelli improvvisando un'insalata di pollo con salsa yogurt.
Mangiare in solitaria era uno dei pochi lati negativi che avevo trovato nel mio trasferimento a Londra.
Non poter parlare con nessuno alla fine della giornata non era affatto bello.
Ogni cosa avrebbe trovato il suo equilibrio, ne ero sicura.
Sarei riuscita a farmi qualche amico magari.
Con il tempo le cose si sarebbero sistemate e forse tutto si sarebbe aggiustato e mi sarei abituata a quella nuova vita che avevo desiderato per tanto tempo.

 

   
 
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