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Autore: Justice Gundam    03/04/2021    2 recensioni
Quello che per un variegato gruppo di avventurieri comincia come un viaggio in incognito e una missione di recupero di poche pretese, si rivela essere invece soltanto una parte di un vasto intrigo che li porterà a confrontarsi con il lato oscuro del loro paese, e con antichi misteri che si credevano ormai dimenticati. Ispirato alle sessioni di Pathfinder che gioco assieme ai miei amici.
Genere: Avventura, Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Pathfinder: Madness Rising
Una fanfiction di Pathfinder scritta da: Justice Gundam

 

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Capitolo 18 – Fuga da Auridanio

Auridanio, conosciuta anche come "la città dei liberi porticati" e situata nella parte sud-ovest di Tilea, era un luogo malfamato, conosciuta per essere una città pericolosa e violenta. Costruita su una bassa collinetta, era conosciuta nelle leggende popolari per essere stata fondata da un gruppo di esuli provenienti dalle distanti terre di Normania ed Alemania, che in quei luoghi avevano cercato un rifugio dalle angherie dei signorotti dei loro territori. Per triste ironia della sorte, la città era ora governata da un crudele signorotto dal passato oscuro - il barone Ipinio Bignolio, conosciuto per essere un evocatore legato alle forze oscure dell'Abisso, arrivato al potere terrorizzando il consiglio cittadino. Da quando Ipinio aveva preso il potere, non c'era più libertà, e la gente aveva paura di uscire per le strade... gli unici che circolavano impunemente erano i feroci soldati del malvagio barone, e le creature demoniache che evocava.

Era una notte come tante altre in quella città senza speranza. E come sempre, nessuno girava per le strade: tutti gli abitanti si erano chiusi nelle case, sperando con tutte le loro forze che la mattina arrivasse presto. Il silenzio era terribile, e portava con sè un sentore di paura e di morte...

Una serie di passi interruppe la quiete della notte, seguita da una serie di versi gorgoglianti ed animaleschi. Un piccolo gruppo di forme mostruose arrancava nell'oscurità,seguendo a breve distanza una figura più grande dall'aspetto più umano ma non per questo meno inquietante. Nell'oscurità era impossibile distinguere le caratteristiche di quelle creature, ma se qualcuno avesse potuto vederli in quel momento, avrebbe visto che si trattava di un quartetto di ripugnanti creature umanoidi dal fisico rigonfio e dall'espressione idiota ed apatica, alla testa delle quali, chiaramente allo scopo di spronarle e di fare sì che non restassero indietro, si trovava un uomo irsuto vestito di un'uniforme che una volta doveva essere stata bella, ma che ora era stracciata e insudiciata, malamente ricoperta da un pettorale di ferro accompagnato da schinieri e spallacci. L'uomo portava al fianco una spada, e tra le mani reggeva un'arma dall'aspetto terrificante, una palla chiodata collegata ad un lungo manico tramite una catena di ferro.

Le creature più piccole avanzarono come un branco di scimmie, trascinandosi con le lunghe braccia ed emettendo una serie di grugniti inarticolati... e la figura più alta riportò l'ordine abbaiando un ordine in un'orrida lingua gutturale. I suoi mostruosi sottoposti si misero sull'attenti con delle chiare espressioni di paura sui loro volti animaleschi, e uno di loro fece alcuni colpi di tosse, espettorando un coagulo di muco verdastro.

"State fermi dove siete, voi pezzi di merda!" ordinò l'uomo, parlando a bassa voce ma con fredda autorità. "Stanotte prendiamo quei bastardi degli Abolitori e li portiamo al nostro signore! Allora potrete fare di loro quello che volete! Ma adesso dobbiamo coglierli di sorpresa, capito? Messer Ipinio non sarà contento se falliamo la missione perchè voi vi siete fatti scoprire! La mia testa cadrebbe, e per quanto riguarda voi... beh, sono sicuro che i vostri padroni nell'Abisso abbiano molta fantasia quando si tratta di inventare nuovi sistemi per torturare chi li delude."

Le creature si strinsero tra loro come tanti topolini terrorizzati, ma la paura si trasformò ben presto in una disperata ferocia, come quella di un branco di ratti messi all'angolo che si decidevano ad opporre un'ultima resistenza. Emettendo una serie di versi inarticolati, le creature si disposero in una formazione vagamente ordinata davanti alluomo, che sollevò una lanterna accesa per guardarle meglio.

Erano davvero un branco di esseri ripugnanti, dalla postura umanoide ma ingobbita, alti circa un metro, con un corpo rigonfio e deforme ricoperto da una spessa pellaccia grigio-verde, le braccia esageratamente lunghe che strisciavano per terra con le nocche, e il muso animalesco che tuttavia non assomigliava a quello di nessun animale esistente in natura - un misto di maiale, cane e scimmia era il modo migliore di descriverlo. L'uomo fece una smorfia di disgusto. Lavorare con quegli esseri era sia spiacevole che frustrante. Doveva continuamente fare sfoggio della sua forza e della sua autorità per impedire a quei demoni di infimo rango di andarsene in giro a fare quello che volevano, e anche così riusciva a malapena a controllarli.

"Questa è l'ultima volta che mi faccio convincere a condurre questi schifosi dretch..." disse tra sè. Si schiarì la voce, in modo da non sembrare esitante, e riprese a dare ordini. "Bene. Ora sturatevi quelle cose che avete al posto delle orecchie, il covo dei dissidenti è qui attorno, e voglio che voi cerchiate dappertutto. Quando credete di averlo trovato avvisate, okay? Avvisate! Non agite da soli e non cercate di fare colpi di testa! Dobbiamo fare un lavoretto fatto bene. I ribelli dovranno penzolare da una forca domani mattina, sarà un esempio per tutti coloro che si oppongono alla nostra autorità!"

I dretch grugnirono qualcosa che poteva assomigliare ad un assenso, poi si divisero in gruppi di due e cominciarono a cercare come un branco di mostruosi segugi, parlando tra loro (se si poteva definire un discorso) in quella loro orrida lingua gutturale e biascicante. Il loro guardiano li osservò con disgusto e scosse la testa, chiedendsi perchè non avevano potuto assegnargli un gruppo di servitori demoniaci un po' più affidabili per quel lavoro. Chisà cosa passava per la testa del barone, in quegli ultimi giorni... era sempre stato paranoico, ma adesso sembrava vedere nemici ovunque, e nessuno era al di sopra dei suoi sospetti, nemmeno sua moglie. Qualcosa gli diceva che si trattava delle notizie che arrivavano sempre più di frequente da Altasvoda, dalle montagne ad ovest.

"Meglio che cominci a cercare anch'io." disse lo sbirro. Cercò di mettersi a posto come poteva, in modo da dare alla sua uniforme e alla sua armatura una parvenza di dignità, e si incamminò lungo la strada principale, mentre con la mano destra afferrava un mazzafrusto dall'aspetto minaccioso che teneva assicurato sulla schiena. Era un'arma inquietante, composta da un lungo manico al quale una catena teneva legata una sfera d'acciaio piena di punte. L'uomo, ben consapevole della pericolosità di quell'arma, la svolse con attenzione e la tenne nella mano destra, facendo penzolare la palla chiodata a pochi centimetri dalla strada.

"Secondo la soffiata, il loro nascondiglio dovrebbe essere da queste parti." disse tra sè. Con una mano, tirò fuori un piccolo pezzo di legno e lo sfregò sulla superficie di un edificio vicino... e il bastoncino si accese con un sibilo, irradiando luce in un'area sorprendentemente ampia attorno all'individuo. Cosa ancora più strana, il legno sembrò bruciare molto lentamente, in modo da poter essere usato come torcia per lungo tempo.

Deciso a fare il suo compito e poi tornare al forte, l'uomo cominciò a cercare a sua volta, con in sottofondo la cacofonia di versi animaleschi, fischi, grugniti e gorgoglii che i dretch stavano facendo. Gettò uno sguardo in un vicolo stretto, dal quale proveniva un pungente odore di frutta marcia... ma non vide niente se non un cumulo di rifiuti e un paio di ratti che sgattaiolavano via a tutta velocità.

"Fanculo... per un attimo, mi era sembrato che ci fosse qualcuno di loro." grugnì lo sbirro. "Come ne trovo uno, gli faccio assaggiare il mazzafrusto, e poi lo interrogo per benino!"

Cercò in un altro vicolo vicino, senza vedere nulla di strano... poi, si avvicinò ad un altro passaggio, ben nascosto tra gli edifici. Quella poteva essere una pista interessante. Magari i ribelli avevano nascosto una delle loro basi segrete lì attorno, sperando di non essere scoperti in mezzo ai tanti edifici della zona.

La guardia si intrufolò nella stradina più vicina a lui e diede un'altra occhiata. Non c'era nessuno nemmeno lì, almeno ad una prima occhiata, ma forse era il caso di dare un'occhiata più da vicino. C'erano dei fagotti in mezzo al vicolo che potevano essere un nascondiglio per quei dannati ribelli...

Con un ghigno feroce, lo sbirro sollevò il suo mazzafrusto e lo abbattè con tutta la sua forza sul fagotto, mirando al punto dove avrebbe dovuto trovarsi la testa. Si sentì solo un tonfo sordo, e l'uomo scosse la testa e passò al fagotto successivo, sferrando un altro colpo con la sua letale arma.

Ancora nessun risultato. Dal punto colpito uscirono rifiuti e un liquame non meglio identificato, ma nulla che indicasse la presenza di un umano. Storcendo il naso per l'odore ripugnante, lo sbirro raggiunse il fagotto più lontano e si apprestò a sferrare un altro colpo...

La fine accadde prima ancora che lui avesse il tempo di rendersene conto. Sentì soltanto il suono di qualcosa che atterrava dietro di lui con l'agilità di un gatto, e poi sentì il freddo acciaio di una lama che gli trafiggeva la gola.

Poi, tutto divenne nero... e subito dopo, la sua anima precipitò urlando nella sofferenza eterna dell'Abisso.

 

oooooooooo

 

La silenziosa assassina fece un passo indietro, guardando freddamente lo scagnozzo dell'odiato barone che si accasciava a terra senza vita. Era stato un colpo preciso, deciso e silenzioso. Quello spregevole galoppino di Ipinio non si era nemmeno reso conto di avere qualcuno alle spalle prima che il suo pugnale andasse a segno. Con un gesto del braccio, la giovane donna - una mezzelfa, a giudicare dalle orecchie leggermente appuntite - ripulì il pugnale dal sangue e lo rimise nella tasca interna del suo mantello nero, poi si accinse a dare un'occhiata alla strada principale, per assicurarsi che non ci fossero altri sbirri.

Alcuni rumori provennero dai vicoli e dalle piazzette vicine. Una serie di grugniti e versi animaleschi che esprimevano sorpresa, paura e rabbia, seguiti dal suono di armi che si abbattevano sui corpi rigonfi e mollicci dei dretch!

"Credo che se la stiano cavando da soli." disse la donna tra sè, e il fazzoletto che nascondeva la metà inferiore del suo volto si increspò per un sorriso di soddisfazione.

In effetti, i ribelli stavano affrontando i dretch senza tante difficoltà: i demoni di basso rango erano combattenti lenti, stupidi e poco efficaci, che avrebbero potuto essere pericolosi contro un gruppetto di neofiti, ma che non avevano possibilità contro qualcuno che sapeva quello che faceva e come affrontarli.

In una delle piazzette nascoste tra le costruzioni, due dretch erano stati accolti da alcune frecce, che avevano rapidamente abbattuto uno di loro, il cui corpo si era rapidamente sciolto in una pozzanghera di denso liquido grigiastro e maleodorante. Il secondo stridette e si diresse farfugliando nella direzione opposta... ma si ritrovò ben presto davanti una figura femminile armata di spada, che emerse di scatto da un canale asciutto vicino. La creatura abissale emise un verso animalesco, e il suo corpo venne di colpo circondato da una nube di vapori verdastri dall'odore nauseabondo, che raggiunsero gli occhi e le narici della ragazza e la fecero barcollare in preda ad un conato di vomito. Con uno sforzo di volontà, la giovane represse la nausea e sferrò un fendente che mancò di pochissimo l'essere abissale. Schiumando di rabbia disperata, il dretch si lanciò all'attacco della giovane donna come un topo in trappola, agitando furiosamente i corti e luridi artigli delle mani.

La sua avversaria si era aspettata un contrattacco così furioso, e riuscì ad evitare i fendenti del mostriciattolo con relativa facilità. Uno degli artigli del dretch le aprì uno strappo nei pantaloni, appena sopra il ginocchio, ma la giovane rimase illesa e rispose con un preciso fendente che raggiunse la spalla del mostriciattolo. Il dretch emise un altro stridio animalesco e si ritirò, guardando furiosamente il misto di sangue violaceo e pus che fuoriuscì dalla sua ferita... ma la ragazza, lottando ancora contro gli effetti del vapore irritante, si passò la mano libera sugli occhi e attaccò di nuovo, questa volta passando il dretch da parte a parte!

Il colpo fu fatale, e la creatura immonda gorgogliò orrendamente un ultima volta e si accasciò al suolo. Il suo corpo iniziò immediatamente a disgregarsi, liquefacendosi in maniera orribile sotto gli occhi della giovane donna, che emise un verso di raccapriccio e si ritirò. Alzò un braccio davanti alla faccia, in modo da ripararsi almeno un po' dalla puzza disgustosa che stava già infestando la piazzetta. Quando fu sicura di poter tirare il fiato, la giovane donna si passò una mano sulla fronte... e una volta che i battiti del suo cuore furono tornati normali, fece un piccolo sorriso e guadò nella direzione da cui erano provenute le frecce.

"Scansafatiche, potevi occuparti anche dell'altro, no?" chiese con una voce chiara e melodica. La giovane dava l'impressione di essere prossima all'età adulta, con lunghi capelli ricci e ramati, con addosso dei vestiti dai colori neutri che richiamavano le foglie e la terra, e un paio di stivali polverosi. Aveva un viso pulito e un'espressione dolce e tranquilla, che contrastavano con la decisione con cui aveva combattuto.

"Ho visto che te la sei cavata bene, Esmerelda. Ho pensato che non avessi bisogno di aiuto." disse l'uomo nascosto nell'oscurità con una breve risata. Anche lui un mezzelfo, aveva i capelli castani chiari lunghi fino alle spalle, e indossava un completo nero con tanto di stivali dello stesso colore, e un paio di guanti senza dita. Tra le mani, teneva un arco di buona foggia, e sulla schiena portava una faretra che conteneva ancora qualche freccia.

La ragazza dai capelli rossicci tirò un sospiro e guardò con raccapriccio i resti dei due mostriciattoli che avevano appena abbattuto. I corpi dei dretch stavano rapidamente decomponendosi, e nel giro di meno di un minuto si trasformarono in ammassi di "Beh, i dretch sono demoni di infimo rango. Se si ha l'equipaggiamento giusto, non sono un problema. E se devo essere sincera... preferisci affrontare loro piuttosto che un essere umano." ammise. "Comunque grazie per l'assistenza, Francesco."

"Di niente." rispose il mezzelfo. "Il resto dei nostri compagni dovrebbe essersi occupato anche dello sbirro e degli altri due sgorbi, ma tra poco sarà il caso di togliere il disturbo. Auridanio è diventata una città troppo pericolosa per noi."

"Sono d'accordo." rispose la giovane donna mezzelfa che si era occupata del soldato nemico. Era arrivata di soppiatto da un tetto vicino, muovendosi su di esso con l'agilità di un gatto e poi calandosi giù. "Ho eliminato il comandante, e ho provveduto a nascondere il corpo. Ma è solo questione di tempo. Dobbiamo richiamare gli altri e organizzare la fuga."

"Okay. Va bene, Agnese, ottimo lavoro." rispose Francesco, gettando un'occhiata alla sua compagna, che per parlare si era tolta per un istante la maschera dal volto. Da lontano, provennero degli altri rumori, e un lampo di luce che Esmerelda riconobbe immediatamente come il lancio di un incantesimo. "Esme... noi andiamo a vedere come stanno andando Baldo e Hormond. Tu torna a casa, raccogli tutto quello che puoi... e poi ci troviamo dove sai già. Dobbiamo fare presto, o il terreno ci scotterà sotto i piedi."

"Mi fa rabbia lasciare questa città in balia di quel bastardo. Ma non abbiamo scelta. Dobbiamo aspettare un momento più favorevole." rispose Agnese. "Okay, non idugiamo oltre. Buona fortuna, Esme."

"Altrettanto." rispose Esmerelda con un sospiro, e si mise un cappuccio sulla testa per nascondersi meglio. Dopo aver gettato un'ultima occhiata ai suoi compagni, la giovane donna si intrufolò tra i vicoli e si infilò in un tunnel nascosto dietro un carro pieno di stracci, chiaramente un passaggio che lei e i suoi compagni avevano usato più volte per sfuggire agli uomini del dispotico signorotto locale. Storse il naso per l'odore nauseabondo che proveniva dalla galleria, ma si fece forza ed entrò dentro, per poi scivolare abilmente nella direzione del suo modesto negozio. Una volta giunta all'uscita, dopo non meno di dieci minuti passati a strisciare nel passaggio segreto, Esmerelda si ripulì come meglio poteva e raggiunse una piccola costruzione ad un angolo di una delle strade principali.

Con un sospiro, la ragazza tirò fuori la chiave del suo modesto negozio da una tasca e guardò verso l'insegna, a malapena visibile dopo anni di esposizione alle intemperie, che rappresentava un toro la cui coda era un serpente vivo. Fece un sorriso amaro - si era sempre ripromessa che avrebbe cercato di sostituire quel simbolo una volta che il suo negozio si fosse rimesso dalle loro difficoltà economiche. Ma ora, non ne avrebbe avuto la possibilità. Se mai fosse tornata ad Auridanio, probabilmente non avrebbe più trovato il suo negozio...

Mise da parte i sentimentalismi e aprì la porta, poi entrò e si mise a raccattare tutto quello che pensava sarebbe potuto tornare utile nel viaggio, e lo infilò nella sua bisaccia. Per la maggior parte, si trattava di fiale o boccette che contenevano polveri, sali o qualche liquido colorato, ma Esmerelda si prese il tempo di raccogliere anche un rotolo di corda nascosto sotto il bancone e un ciondolo di ceramica bianca a forma di cuore occultato dietro una pila di stracci di vari colori. Lo guardò per un istante con nostalgia, e lo strinse forte nella mano destra, per poi concentrarsi ed iniziare una comunicazione telepatica...

Mamma... papà... riuscite a sentirmi? Mamma... papà...?

Per diversi secondi non accadde nulla, ed Esmerelda cominciò a temere che fosse successo qualcosa di terribile... ma per fortuna, la voce telepatica di suo padre rispose dopo qualche istante.

Esme? Esme, sei tu? Che sta succedendo? C'è qualche problema?

Esmerelda tirò un lungo sospiro di sollievo. Papà... meno male, cominciavo a stare in pensiero. No, no, io sto bene... ma il barone ci sta rendendo la vita impossibile. Devo andarmene da Auridanio... io e gli altri Abolitori fuggiremo stanotte, e cercheremo rifugio in un luogo più sicuro. Temo... che dovrò abbandonare il nostro negozio. Ma la mamma, sta bene? E' con te in questo momento? Dove vi trovate?

Al momento siamo nei pressi di Miragliano... non sarà il massimo, ma almeno è un posto dove possiamo andare in giro per le strade senza problemi e dove possiamo sperare di rifarci una vita. Mi... dispiace per il negozio... erano anni che lo seguivamo, ed era ormai un punto fermo per la nostra famiglia... ma è più importante che tu ti metta al sicuro.

Certo... certo, lo so. Chissà... forse, quando tutto sarà finito, potremo tornare tutti ad Auridanio e riprendere la nostra vita... Esmerelda si asciugò una lacrima e si impose di essere forte. Non era ancora tutto finito, ed era anche suo compito fare sì che la speranza non morisse del tutto. Questa era soltanto una ritirata strategica...

Questo è quanto. Mamma, papà... voi state tranquilli, vi contatterò nuovamente non appena sarò al sicuro. Mi raccomando, voi statemi bene.

Certo, cara... Questa volta, Esmerelda sentì la voce di sua madre nella sua mente. Anche tu stai attenta, e cerca di non spingerti più in là delle tue forze.

A presto, mamma. Vi voglio bene. concluse Esmerelda, per poi interrompere la concentrazione e tirare un sospiro ansioso. Per qualche istante, pensò che forse fosse stato un atto di egoismo da parte sua, quello di unirsi agli Abolitori e mettere la sua esperienza come guaritrice al loro servizio. I suoi genitori erano stati d'accordo quando lei ne aveva parlato loro... ma non poteva chiedersi se non si sarebbero trovati in una posizione migliore se lei non avesse preso quella decisione così onerosa.

"No, che cosa vado a pensare..." disse tra sè, scuotendo la testa per scacciare quei pensieri nefasti. "Se dovessero tutti ragionare così, se ognuno decidesse di fare soltanto gli affari propri, non cambierebbe mai nulla. Qualcuno dovrà pur sobbarcarsi il dovere di combattere per quello che è giusto."

Dopo aver controllato per l'ultima volta il suo equipaggiamento, Esmerelda raccolse la sua bisaccia e uscì dal suo negozio, chiudendo la porta dietro di sè. Mormorò un ultima parola di addio, poi si affrettò lungo le stradine buie, reprimendo un brivido di freddo. Doveva sbrigarsi a raggiungere il punto prestabilito, prima che arrivasse qualche altra pattuglia... magari composta da demoni un po' più solidi di quei dretch di prima.

"Spero che Francesco, Agnese e gli altri siano riusciti ad arrivarci..." pensò tra sè. "Bene... adesso andiamocene. Ci saranno momenti più propizi. E per allora... sarò diventata più forte, e forse potremo cacciare via quell'essere spregevole."

Si fermò giusto per un momento, per rivolgere una preghiera alla sua dea protettrice. "Sacra Ehlonna, madre della natura... proteggi gli abitanti di questa città, e dona loro la forza di resistere, finchè non verrà il momento di fare giustizia dell'oppressore."

Sentendosi un po' più sollevata, Esmerelda riprese il suo cammino fino a raggiungere un bivio vicino alle porte della città. Con suo grande sollievo, Francesco ed Agnese erano già lì... e con loro c'erano anche un nano dalla lunga barba rossa, con i capelli a cresta e diversi tatuaggi sul volto e sulle braccia; e un umano di mezza età, con i capelli già un po' ingrigiti e i baffi e la barba ben curati, avvolto in una pesante mantella verde.

"Esme. Meno male, ci sei anche tu." disse il nano con voce profonda. "Okay, adesso è il caso di levare le tende. Raggiungiamo la galleria che pasa sotto le mura ovest, e da lì cerchiamo di raggiungere il Bo."

"Abbiamo almeno un'idea di dove andare?" chiese Agnese con evidente sospetto.

Il più anziano del gruppo disse di sì con la testa. "Cercheremo di raggiungere Miragliano. Il signorotto locale è molto più tollerante nei confronti di noi Abolitori." affermò. "Tra l'altro... ho sentito che da quelle parti si sta preparando qualcosa di grosso."

Esmerelda sbattè gli occhi. "Qualcosa di grosso? In che senso, messer Baldo?"

"Ancora non ne siamo sicuri." rispose il nano dai capelli a cresta. "Sembra che qualcuno abbia finalmente deciso di prendere dei provvedimenti. I capi degli Abolitori a Tilea stanno cercando di organizzare un'operazione su vasta scala per togliere finalmente di mezzo molti elementi corrotti nel nostro territorio. Credo che tra non molto avremo anche dei nuovi membri."

"Questo... mi fa piacere." disse Esmerelda. "Chissà, forse questa sarà la volta buona che sistemeremo il barone."

"Per adesso però dobbiamo andarcene." affermò Baldo. "Forza... raggiungiamo la via di fuga... e speriamo che quei bastardi non si siano già accorti delle nostre mosse."

In silenzio e con rapidità, il gruppetto di ribelli si mosse per raggiungere la via di fuga, armati solo di quel poco che erano riusciti a raccattare, e della speranza che ben presto, sarebbero potuti tornare a liberare la loro città...

 

oooooooooo

 

Diversi giorni dopo...

Quella mattina, Pandora si era svegliata abbastanza presto - molto prima dell'ora in cui erano soliti iniziare gli esercizi. Non era riuscita a dormire molto, quella notte... e aveva voglia di riprovare a cuocere una pozione curativa, convinta di poter fare un lavoro migliore delle altre volte. Sentiva che ormai era vicina... ancora un po' di pratica, e avrebbe potuto creare delle pozioni come si deve.

Stando attenta a non svegliare le sue compagne, la giovane fattucchiera scivolò verso una stanzina più piccola e si vestì rapidamente... poi, con un cenno della mano, chiamò a sè il suo fedele famiglio. Con un balzo silenzioso, Sotero apparve accanto a Pandora, che gli strizzò un occhio in segno di intesa e lo grattò dietro un orecchio.

"Hmm... tu sì che sai come si fa sentire bene un nobile felino come me, miao." affermò il gatto nero, abbandonandosi languidamente alle coccole della sua "padroncina" per un attimo. "Ma perchè svegliarti a questo orario da lupi mannari, Pandora? Scommetto che vuoi fare un altro po' di pratica, miao..."

"Sì, proprio così. Non credo mancherà molto prima che il nostro addestramento si concluda." affermò la giovane fattucchiera. Si mise a posto i capelli con le mani, come meglio poteva, e se li legò nella sua solita coda. "Voglio essere il più preparata possibile, per quando saremo mandati ad affrontare una missione vera e propria."

Il gatto nero si stiracchò e mosse la coda da una parte all'altra. Sarà stato il suo istinto di felino a parlare, ma non era troppo d'accordo con Pandora - perchè tanta fretta, quando potevano prendersi un po' di tempo? Tuttavia, non mise in discussione la decisione di Pandora e la seguì mentre lei si dirigeva in silenzio verso uno dei "cortili" sotterranei. La giovane fattucchiera aveva quasi raggiunto la sua destinazione, quando una piccola figura emerse da un angolo che si accingeva a svoltare, e Pandora si fermò appena in tempo per evitare di andare a sbattere contro la graziosa halfling che era sbucata fuori quasi dal nulla.

"Ah!" esclamò Luana, facendo un passo indietro per evitare di perdere l'equilibrio. "Oh... ciao, Pandora! Ti sei alzata presto stamattina. C'è... qualche problema?"

Pandora fece un gesto di imbarazzo e si sfregò una tempia. "Chiedo scusa, Luana... no, nessun problema in realtà. Volevo solo... fare un po' di pratica per conto mio." rispose. "E tu... come mai sei già in piedi?"

La ragazza halfling sorrise. "Oh, questa era una sorpresa che speravo di darvi nel pomeriggio. Sta per farci visita nientemeno che il capo della branca tileana degli Abolitori." affermò, ridacchiando brevemente dell'espressione sbalordita di Padora e Sotero. "Sì, proprio lui. Forse hai  già sentito parlare di lui... il dottor Hermàn Manuèl Berruezo de la Cerna."

"Il dottor..." rispose Pandora dopo un istante di stupore. Certo che aveva sentito parlare di lui... originario del vicino paese di Estania, era uno dei più abili medici che operavano a Tilea, conosciuto per la sua abilità e per il fatto che non si fermava mai più di tanto in un'unica contea. Pandora aveva sentito parlare di lui come un uomo di talento, un benefattore che aveva salvato le vite di molte persone. Sicuramente una persona molto in gamba... in effetti,      a pensarci un po' su, non era proprio così strano che fosse il leader degli Abolitori di Tilea! Solo una persona così abile ed intelligente poteva dividersi tra il suo lavoro di medico e il suo ruolo di leader di una società segreta...

Pandora si sfregò il mento e, guardando in lontananza, disse di sì con la testa. "Certo... certo... capisco... accidenti, questa davvero non me l'aspettavo. E... come mai una persona così importante per la nostra organizzazione verrà qui? Dev'essere... per una questione della massima urgenza."

Luana si mise un indice vicino alla bocca per chiedere il silenzio. "In realtà, non ne sono sicura nemmeno io..." affermò. "So soltanto che arriverà presto, e anche questa è un'informazione che posso rivelarti solo perchè qui siamo al sicuro e tu sei una persona di fiducia. La segretezza è la nostra arma migliore."

Pandora ricordò quello che le era stato insegnato durante gli addestramenti. E in particolare, una delle regole fondamentali degli Abolitori - "la segretezza è la nostra arma migliore. Essere scoperti significa morte." E con i nemici a cui avevano scelto di opporsi, tale regola suonava fin troppo ragionevole.

"Capisco... sì, immagino che non si possa certo annunciare ai quattro venti il suo arrivo." concluse Pandora. "Spero soltanto che il suo arrivo voglia dire buone notizie per voi."

"A questo proposito... tenetevi comunque pronti per comparire davanti a lui, perchè ho l'impressione che potrebbe essere interessato a conoscervi meglio." rispose Luana con un sorriso complice. "Sai, messer Hermàn è una persona a cui piace fare nuove conoscenze, e sono convinta che sarà curioso di incontrarvi. Ogni volta che gli è possibile, cerca di organizzare un incontro con le nuove reclute... lo ha fatto anche con me, quando sono entrata negli Abolitori."

Pandora rise divertita. "Hahahaaa! Quale onore, potremo conoscere una personalità così importante!" Si schiarì la voce e si fece più seria. "Ma, scherzi a parte, anche a me farebbe piacere poter parlare con lui. Credo che... io e i miei compagni avremo un po' di domande da fargli. Se la cosa sarà fattible, si intende."

"Non credo che ci saranno problemi in questo senso." rispose la ragazza halfling, per poi gettare un'occhiata alle costruzioni a pochi passi da loro. "Ora però... mi scuso ma devo scappare. Dobbiamo organizzarci per quando arriverà il grande capo. Messer Urister lo vuole accogliere con tutti gli onori del caso."

"Allora non ti trattengo oltre." rispose Pandora con tranquillità. "Del resto, anch'io ho le mie cose da fare... ho in mente qualche idea per le mie pozioni, e voglio fare qualche esperimento. Tranquilla, farò in modo di non avvelenare nessuno!"

"E io sarò lì per assistere e per vedere se riesce a far saltare in aria il laboratorio, miao!" rispose Sotero.

"Tu stai zitto, palla di pelo." lo rimbeccò scherzosamente Pandora, poggiandogli un dito sulla fronte e dandogli una spintarella.

Luana alzò gli occhi al cielo e ridacchiò brevemente tra sè, poi si rimise al lavoro. Anche lei era curiosa di sapere quali notizie avrebbe dato il leader degli Abolitori di Tilea, e che cosa avrebbe comportato per la loro organizzazione...

 

oooooooooo

 

Urister doveva ammettere di essere abbastanza soddisfatto di come era stato tutto preposto per accogliere il loro leader. Certo, non doveva essere una cerimonia in pompa magna, per ovvi motivi. Per gli Abolitori, accogliere il loro leader era semplicemente una questione di farlo sentire il benvenuto in quella comunità per cui aveva fatto molto, e che aveva fatto molto per lui.

Il veterano halfling, in piedi in attesa dell'arrivo di Hermàn, cercava di tenere d'occhio ogni cosa si muovesse nel suo campo visivo, in cerca di un qualsiasi segno che il suo vecchio amico era di ritorno. Come tutti gli Abolitori, Hermàn aveva preso molto sul serio la questione della segretezza, e ogni volta era riuscito ad inventarsi qualche trucco per avvicinarsi al villaggio senza essere riconosciuto finchè non si rivelava lui stesso. Urister si era posto come obiettivo personale, più come un punto d'onore che altro, di riuscire ad anticipare Hermàn e riconoscerlo prima. Un giorno o l'altro, si era detto, si sarebbe rivelato più abile di lui.

"E magari quel giorno è adesso..." disse tra sè lo sceriffo con una risata a mezza bocca. Ponendosi nuovamente in attesa del suo vecchio amico, Urister seguì con lo sguardo un merlo che si era appoggiato vicino alla veranda di casa sua e lo guardò volare via.

Ursiter non era sicuro di quanto a lungo fosse rimasto lì ad attendere... ma poteva dire con una certa sicurezza che era già passato l'orario accordato per l'incontro. Tuttavia, non poteva dire di essere sorpreso. Era possibile che Hermàn avesse deliberatamente detto un'ora diversa, prima rispetto al momento in cui si sarebbe fatto vivo, in modo da ingannare chi eventualmente lo stesse spiando. Non si poteva mai essere troppo prudenti.

Finalmente, dopo diversi minuti di attesa, Urister notò qualcosa di diverso. Gli halfling che passeggiavano vicino alla sua casa, offrendogli regolarmente qualche saluto, erano un po' diminuiti... e soprattutto, aveva l'impressione che una persona che si aggirava senza troppe preoccupazioni vicino a casa sua avesse qualcosa di strano. Grazie al suo sguardo acuto e alla sua buona memoria, lo sceriffo riuscì a collegare rapidamente quello che aveva visto...

Ma certo! Adesso sì che si era reso conto di cosa non lo convincesse! Urister non ebbe reazioni visibili, ma continuò a fissare quell'individuo che camminava distrattamente vicino ai gradini di casa sua. Aveva la stessa pettinatura, lo stesso viso, la stessa carnagione e addirittura la stessa andatura di altri tre che avevano fatto la stessa strada poco prima. In effetti, si rese conto Urister, quegli "individui" erano proprio la stessa persona! L'unica differenza era che i vestiti erano diversi...

"Aspetta un momento!" esclamò Urister, rivolto all'halfling che in quel momento stava facendo il quarto giro attorno a casa sua. Quest'ultimo si fermò e guardò stupito lo sceriffo che si avvicinava lentamente, sorridendo compiaciuto. "Non male come trucco, Hermàn, vecchio mio... ma questa volta anch'io ho imparato qualcosa da te, non ti sembra?"

Dopo un istante di stupore, quello che sembrava essere un popolano halfling sorrise astutamente e guardò Urister con approvazione. "A quanto pare... dovrò inventarmi qualche altro trucchetto, dico bene, Urister, vecchio mio?" chiese, con una voce chiara che dava quasi l'impressione di non appartenere ad un uomo, bensì ad una donna.

Con un cenno della mano, il falso halfling cessò l'effetto illusorio che stava agendo su di lui... e davanti agli occhi stupiti degli halfling che passavano di là, la sua figura sbiadì e scomparve, trasformandosi un istante dopo in...

...una donna sulla trentina d'anni dai lunghi capelli castani scuri che indossava dei vestiti da viaggio di un inusuale color crema! L'espressione soddisfatta di Urister cambiò in una di leggera delusione. Evidentemente, il suo amico era riuscito di nuovo a non farsi riconoscere...

"Però, purtroppo, la devo deludere, messer Urister. Io non sono mio marito." rispose lei. "Mio marito è qui." Indicò con un cenno un altro halfling dall'aspetto anonimo che si stava avvicinando... e che in quello stesso momento sbiadì a sua volta per assumere il suo vero aspetto: quello di un uomo dall'aspetto gioviale con i capelli neri tagliati corti, i baffi e il pizzetto dello stesso colore, vestito di abiti di colore neutro sotto una mantella verde, che salutò Urister con un sorriso ed un cenno della testa. Malgrado i suoi lineamenti eleganti, non c'era quasi nulla nel suo aspetto che desse un'impressione di vanità o di qualcosa di inusuale, a parte un anello d'argento portato all'anulare destro, ma se qualcuno fosse riuscito a dare un'occhiata abbastanza accurata sotto la sua mantella, avrebbe potuto intravedere un paio di bandoliere di cuoio alle quali l'uomo teneva delle boccette piene di liquidi di strani colori. Sulle spalle, l'uomo portava una borsa di stoffa piena di chissà quali strumenti, e nonostante l'aspetto aristocratico, dava l'impressione di un uomo abituato ad una vita in viaggio.

"Chiedo scusa per questo piccolo inganno, amico mio." disse messer Hermàn, con un cenno amichevole della mano. Lui e il veterano halfling fecero un breve inchino, mentre diversi halfling del villaggio arrivavano per dare il benvenuto ai loro ospiti. "Un incantesimo Velo, opera della mia gentile consorte."

"Oh, vedo che ha avuto modo di imparare qualche nuovo incantesimo, madama Cristina." rispose Urister con sincera ammirazione, rivolto alla donna che era con Hermàn. "E' un piacere rivedervi, anche se speravo avvenisse in circostanze più favorevoli."

"Lo so. Lo stesso vale per me." rispose l'uomo con un sospiro, mentre raggiungeva la moglie e le prendeva gentilmente una mano. "Ho avuto modo di viaggiare molto per Tilea ultimamente, e ho visitato le celle degli Abolitori di altre regioni. Temo che siamo di fronte ad un intrigo molto vasto, le cui conseguenze potrebbero essere nefaste per tutto il nostro paese. Ma è meglio se ne discutiamo in un luogo più sicuro."

Urister disse di sì con la testa. "Sì... sono d'accordo. Prego, messer Hermàn... madama Cristina... se voleste seguirmi nel nostro quartier generale, vi potrei spiegare ogni cosa. E potrei anche presentarvi alcune nostre nuove reclute."

"La cosa mi farebbe molto piacere." rispose Hermàn, mentre seguiva lo sceriffo della comunità halfling verso i sotterranei.

 

oooooooooo

 

La stanza che Hermàn usava come ufficio in quel particolare rifugio sotterraneo era abbastanza comoda e ben arredata, per essere scavata in un sotterraneo. Non era molto grande, ma il pavimento era stato ricoperto di legno levigato, e alle pareti erano appesi dei bastoni di legno ai quali erano legate delle pietre che emanavano una luce magica, in modo che l'intera stanza fosse ben illuminata. Ad un lato della sala, Hermàn, sua moglie ed Urister si erano seduti ad una scrivania in noce, sulla quale erano state ordinatamente disposte delle carte sulle quali erano disegnate delle mappe un po' approssimative, oppure dove erano tenuti degli appunti scritti in inchiostro nero e vermiglio. Ognuno di loro aveva un mano una coppa in terracotta, da cui stava bevendo un infuso di erbe e bacche dal peculiare colore verdino.

"Molto bene... veniamo al dunque." disse Cristina, dopo aver bevuto un sorso della bevanda dal sapore dolciastro. "Quello che sappiamo per certo è che i Malformatori stanno portando avanti i loro piani, e hanno anzi accelerato le loro operazioni. E si stanno servendo dell'appoggio del clan Villanova. I recenti rapimenti e furti di animali possono essere ricondotti a questa potente famiglia criminale."

"Ma non sappiamo esattamente cosa sperano di ottenere i Malformatori." affermò Urister. "E cosa ne ricavi il clan Villanova da una simile alleanza."

"Sembra che sia tutto collegato ad un piano ideato dal capofamiglia, Don Mauro Villanova." disse Hermàn. Estrasse con attenzione un foglio di pergamena da una pila accanto a sè e lo mostrò ad Urister - su di esso, era disegnato il volto di un uomo sulla quarantina, con i capelli neri tagliati corti, i baffi e un pizzetto nero curato alla perfezione. Il suo naso aquilino gli conferiva un aspetto al tempo stesso carismatico e sinistro, complementato da un sorriso appena accennato e uno sguardo infido. "Le attività dei Villanova hanno conosciuto un improvviso incremento di recente. Molte famiglie rivali sono state eliminate o rese in condizioni di non poter più nuocere, mentre altre hanno deciso di cedere la propria autorità ai Villanova e diventare loro protetti."

Urister disse di sì con la testa mentre studiava attentamente il ritratto di Don Mauro. "In pratica, si sta verificando una mezza rivoluzione nel crimine organizzato di Tilea." affermò. "E l'alleanza che Don Mauro ha stipulato con i Malformatori ha qualcosa a che vedere con questa impennata delle attività dei Villanova. In effetti, so che hanno cominciato a mandare dei loro agenti anche nelle città della zona ovest di Tilea."

Cristina annuì. "Ma non è tutto, messer Urister. Sembra che ci sia una terza fazione a cui dobbiamo prestare attenzione." disse la donna. "Gli Abolitori della regione di Tempione sono riusciti a darci delle informazioni, prima che la persecuzione del barone Ipinio li costringesse a disperdersi. Di recente, hanno sentito parlare di un altro gruppo di fuorilegge, il cui quartier generale sembra trovarsi tra le montagne più  elevate di Altasvoda... si fanno chiamare Figli della Bestia."

"Capisco... e il barone Ipinio sarebbe affiliato con questi Figli della Bestia?" chiese Urister.

Con sua lieve sorpresa, Hermàn scosse la testa. "No, non sembra proprio. Da quanto sappiamo... e purtroppo, le informazioni sono limitate... i Figli della Bestia sono un gruppo di adoratori di Asmodeus, il dio dei diavoli. Questo li pone in contrapposizione al barone di Auridanio." spiegò. "Detto questo, sappiamo che i Figli della Bestia stanno collaborando anche loro con i Malformatori, ma non abbiamo idea del perchè."

"Questo complica le cose..." rispose Urister. "In queste ultime settimane, abbiamo addestrato i nuovi arrivati a combattere contro vari tipi di minacce soprannaturali, e tra queste anche i diavoli... quindi non è questo che mi preoccupa... ma che ci fossero tutte queste fazioni in campo, non ne avevamo la più pallida idea."

Cristina annuì lentamente. "E' per questo che dobbiamo ancora procedere con cautela. Prima di agire apertamente contro ognuna di queste fazioni, dovremmo capire con esattezza quali sono i loro obiettivi." rispose. "Le nostre celle in gran parte di Tilea si stanno già attivando per scoprire quali siano gli obiettivi dei Malformatori, dei Villanova e dei Figli della Bestia, ma ci vorrà un po' di tempo per scoprire abbastanza."

"E a questo proposito... volevate sapere qualcosa di più sui nuovi arrivati, dico bene?" chiese Urister. Quando Hermàn fece un cenno affermativo con la testa, lo sceriffo halfling sorrise astutamente e indicò con lo sguardo la porta d'uscita. "Beh, se vuole posso farli chiamare. Non credo che gli dispiacerà fare una pausa nel loro addestramento."

Hermàn apparve molto interessato alla proposta. "Certo. Credo che questo sia il momento migliore." affermò. "Prego, chiamali pure."

 

oooooooooo

 

"Ta-daaan! Questa volta è venuta davvero bene!" esclamò fieramente Pandora, mostrando alcune fiale di liquidi colorati che aveva appena finito di mescere. Dario, Gunter e Nisa erano lì vicino, e stavano osservando incuriositi il lavoro della loro compagna d'avventura. "Questa volta sono sicura di aver azzeccato le pozioni! Ho anche già controllato di non aver preparato per sbaglio delle pozioni velenose... e questa volta, sono sicura che è andato tutto bene!"

"Hmm... i miei complimenti, Pandora! Non dev'essere facile indovinare gli ingredienti e le magie da usare." rispose Dario. Prese in mano una delle fiale e la guardò con attenzione, non fidandosi del tutto del liquido che vi era contenuto. "Questa è... una pozione curativa, giusto?"

La fattucchiera bionda disse di sì. "Esatto! Quelle verdi sono pozioni curative... e quella blu... beh, diciamo che ha un effetto un po' più eclatante! Heheheee... vi consiglierei di berla solo quando state combattendo contro qualcosa di grosso! E mi raccomando, che il soffitto non sia troppo alto!"

"Ho capito... è una pozione di Ingrandire Persone." commentò Nisa, ridendo tra sè. Se Pandora pensava di tenerla sulle spine, ne aveva ancora di strada da fare. "Andiamo, Pandora, era ovvio! Se vuoi essere misteriosa e criptica, devi fare un po' di pratica!"

"Aww, ma così rovini l'effetto, Nisa!" si lamentò scherzosamente Pandora. L'elfa dai capelli verdi ridacchiò, e anche Gunter e Dario fecero un sorriso divertito.

"Comunque... sì, davvero notevole, Pandora! Queste pozioni ci saranno molto utili, spero..." rispose Gunter, dopo aver dato un'occhiata ad una fiala e poi averla riconsegnata a Pandora. "Complimenti. Sembra che l'addestramento stia dando i suoi frutti..."

"Hm? Che c'è? Mi sembra che ci stiano chiamando..." disse Dario, e si voltò verso l'ingresso del laboratorio. Aveva sentito arrivare qualcuno... e infatti, un secondo dopo, Maria arrivò di corsa e prese fiato, dando tutta l'impressione di avere qualcosa di molto importante da dire... "Maria! Che succede, cos'è tutta questa fretta?"

"Accidenti, Maria, sbaglio o sei parecchio su di giri?" chiese Pandora sbattendo gli occhi. Sotero, il suo gatto famiglio, mosse la coda e si diede una grattata dietro un orecchio con una zampa posteriore.

La ragazza dalla pelle scura riprese fiato un paio di volta, poi diede la notizia. "Scusate, ragazzi, ma è una cosa piuttosto urgente..." rispose. "Il leader degli Abolitori di Tilea...  messer Hermàn Manuèl Berruezo de la Cerna... sta facendo visita... e ha chiesto di vederci!"

"Cosa? Il gran capo degli Abolitori? E vuole vedere dei pivellini come noi?" esclamò Gunter sgranando gli occhi. Ma la sua sorpresa si trasformò presto in interesse, e il nano si sfregò la barba e fece un sorriso sicuro. "Beh... credo che sarà un'esperienza interessante. Che aspettiamo, ragazzi? Non facciamo aspettare il capo!"

                         

 

oooooooooo

 

CONTINUA...

 

                                 

  

     

 

 

  
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