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Autore: lady lina 77    03/04/2021    3 recensioni
Post S5... Prima di tuffarmi in una fanfiction lunga e drammatica, volevo scrivere qualcosa di leggero che desideravo mettere nero su bianco dalla fine della S5. E così eccovi questa breve fanfiction, pochi capitoli, dove racconterò il ritorno di Ross e Dwight dalla Francia e le vicende delle loro famiglie in crescita che purtroppo la serie BBC ci ha celato. E quindi eccovi Ross, Dwight, Demelza, Caroline, Jeremy, Clowance e i piccoli in arrivo, da Isabella-Rose a Sophie Enys.
Perché in fondo credo che fosse tutto quello che avremmo voluto dalla serie tv, no?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Penvenen, Demelza Carne, Dwight Enys, Ross Poldark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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E con questo capitolo, auguro a tutti una serena Pasqua e Pasquetta.

"Torno subito".
Con un bacio, portando con se i bambini perché non rimanessero soli in salotto, Ross era corso a Killawarren a chiamare Dwight e Demelza si era fatta aiutare da Prudie a salire in camera, a cambiarsi d'abito indossando una comoda camicia da notte e a mettersi a letto.
A differenza dei parti precedenti, molto veloci, questa volta le contrazioni erano violente ma più prolungate l'una dall'altra e Demelza poteva riprendere così fiato anche se temeva che questo significasse un parto più lungo.
Con dei gesti gentili, Prudie le asciugava il sudore dal viso e cercava di tranquillizzarla. "Ho preparato lo stufato per stasera. Sarebbe carino riuscire a cenare tutti insieme ragazza, dopo tutta la fatica che ho fatto. Vedi di sfrattare in fretta questo signorino o signorina o Prudie si sentirà offesa".
Demelza, nonostante tutto, rise. "Ross dice che sarà una bambina".
Prudie le strinse la mano. "Una piccola peste come Clowance...?".
"Magari sarà più tranquilla".
"O magari ancor più rumorosa" - sbottò la domestica, fingendosi disperata anche se Demelza lo sapeva, adorava i piccoli di Nampara.
Una nuova contrazione la colse lasciandola senza fiato. "Giuda Prudie, ho partorito otto anni fa e non ricordavo fosse così complicato e doloroso. O forse, sto diventando vecchia e non sopporto più come prima il male" - mormorò, rannicchiandosi fra le coperte.
Prudie le accarezzò i capelli, percependo a pelle il dolore della sua padrona. "Sciocchezze, il signor Ross dice che siete ancora una ragazzina e in effetti è così. E' che i bambini Poldark sono dispettosi e complicati e questi sono i risultati".
In quel momento, trafelato, entrò Dwight. Vestito solo con la camicia, coi capelli spettinati, corse da lei seguito da Ross che era pallido come un cencio. "Demelza, sono quì. Ci siamo, è?" - esclamò il medico, appoggiando la sua borsa sul comodino.
Demelza annuì, mettendosi composta sul cuscino. "Già, pare di sì". Poi guardò Ross. "Lui che ci fa quì? Ross, sparisci!".
Il marito le si avvicinò. "Demelza...".
Giuda, non voleva che lui la vedesse in quelle condizioni. "Ross, vattene!".
"Voglio... voglio solo essere... voglio..." - balbettò, spaventato come uno scolaretto al primo giorno di scuola. La comprendeva, sapeva che aveva un pessimo rapporto col suo corpo quando si trattava di gravidanza e parto ma lui la vedeva come sempre, come sua moglie, la sua amante, la sua compagna e la madre dei suoi figli e non poteva esserci differenza in questo, in un momento del genere. "Ti prego".
La sua voce tremava e lei capì che aveva paura più di tutti e che avrebbe voluto rimanere. Ma non se la sentiva, non voleva, lui doveva essere utile altrove. Allungò una mano e gliela strinse, cercando di dargli coraggio. "Va di sotto, sono con Dwight, al sicuro. E c'è anche Prudie. Va dai bambini, hanno bisogno di te, non possiamo lasciarli da soli così a lungo, ci vorranno ore".
Ross spalancò gli occhi. "Ore?".
Dwight gli posò la mano sulla spalla. "Ross, i bambini si concepiscono in pochi istanti ma per farli nascere ci vuole un pò più di tempo e fatica. Lei ha ragione, va di sotto e fa quello che fanno tutti i padri! Fa avanti e indietro in salotto, scava un solco e bevi del rum, noi qua sopra faremo la nostra parte senza averti in mezzo ai piedi".
Ross strinse i pugni, capendo che non poteva fare altrimenti. Si inginocchiò, la baciò sulla fronte e le sfiorò il viso in una carezza. "Posso fidarmi di te? Posso lasciarti con la certezza che ti troverò tutta intera quando tutto sarà finito?".
Demelza gli sorrise. "Direi che puoi...".
Si baciarono ancora, un bacio nervoso, poi lui andò a malincuore di sotto. "Dwight, te l'affido".
"Sta tranquillo".
Quando il marito se ne fu andato, Demelza sprofondò esausta sul materasso. "Dwight, cerchiamo di fare presto! O Ross impazzirà e io anche".
Dwight sorrise, sedendosi accanto a lei nel letto. "Ci prenderemo il nostro tempo, che al tuo scalpitante marito piaccia o no. A volte mi chiedo quanti figli ci vorranno a Ross prima di arrivare al momento del parto con meno terrore...".
Demelza rise, nonostante tutto. "Credo non succederà mai, è nella sua natura trovare qualcosa di cui essere preoccupato".
Dwight le accarezzò la fronte. "Direi che è un buon sintomo di amore per te, dopo tutto... Frustrante certo, ma non possiamo pretendere la perfezione".
Demelza gli fu grata per quelle parole che alleggerivano la situazione e rinfrancavano il suo spirito, per la sua vicinanza e per la sua presenza di amico, oltre che medico. "Grazie".
"Dovere" - rispose l'amico, prima di diventare un efficente medico e guidarla in quel travaglio che si preannunciava lungo e in un parto forse meno veloce degli altri.

...

Le ore passarono in fretta e il pomeriggio lasciò il passo alla sera. I lamenti di Demelza giungevano di sotto e Ross era stato costretto a portare fuori i bambini nella stalla per distrarli.
Jeremy e Clowance erano preoccupati e non erano più così piccoli per non capire la sofferenza della madre e l'enormità di quanto stava succedendo. Ross tentava di apparire normale ma la sua faccia terrea esprimeva appieno la paura e l'angoscia per sua moglie, che i figli percepivano chiaramente.
Diedero da mangiare ai vitellini, ritirarono il bucato e lo piegarono e all'ora di cena Ross scaldò il cibo e mangiarono in silenzio, con Clowance rannicchiata sulle sue ginocchia come faceva quando era più piccola e faceva un brutto sogno. L'assenza di Demelza, anche se ovviamente giustificata, pesava su tutti come un macigno, era l'anima della casa, della famiglia, della tavolata e senza di lei loro potevano ben poco. "Papà" - disse la bimba, sgranocchiando del pane controvoglia - "Io non lo voglio questo fratellino se mamma sta male così".
Ross le accarezzò i capelli biondi, stringendo a se anche Jeremy. "Credo che vostra madre non la pensi allo stesso modo, è un tipo di sofferenza che poi le porta gioia. Ama essere la vostra mamma e avere dei figli e il dolore che prova ora, è quello che ha provato quando siete nati voi... Anche io vorrei che non soffrisse ma ho imparato che amare una donna significa anche avere poi dei figli. Starà bene e noi le staremo vicini e saremo contenti quando abbracceremo il nuovo fratellino o sorellina".
"Toccherà le mie bambole?" - chiese Clowance.
"E le mie costruzioni di legno?" - aggiunse Jeremy - "Non le faccio toccare mai a nessuno, nemmeno a Clowance".
Ross rise. "Beh, forse lo farà. Glielo permetterete?".
"NOOO!" - risposero i bambini, in coro.
Ross si grattò la guancia perplesso. Iniziavano bene... "Jeremy, hai undici anni..." - gli fece notare. "E una amichetta del cuore...".
"Ma le costruzioni sono mie lo stesso!" - ribadì il ragazzino, imbronciato.
Finirono di cenare e poi Ross portò fuori a fare due passi Garrick, coi bambini, attraversando i terreni attorno a casa. Al ritorno, ancora nulla era successo e coi suoi figli si mise davanti al camino, lo accese, li fece mettere comodi e quando li vide assonnati, li spronò ad andare a letto.
"Non voglio!" - disse Jeremy, deciso. "Non finché non vedo mamma!".
"Nemmeno io!" - ribadì Clowance.
Ross, arreso davanti a quella testardaggine tipicamente Poldark, andò a prender loro due cuscini e delle coperte e dopo averli fatti stendere sui divani, promise che li avrebbe svegliati appena il piccolo fosse nato.
Clowance appoggiò la testa contro le sue gambe, Jeremy si addormentò nell'altro divano e sul salotto calarono il silenzio e il buio della tarda sera.
Solo il fuoco illuminava l'ambiente e donava un certo tepore a quella sera sì estiva, ma decisamente fresca.
Osservò le fiamme e pensò che quella era l'ora della giornata che preferiva, quella dove lui e Demelza si trovavano lì a parlare di tutto e niente, godendo della compagnia reciproca. A volte discutevano di politica, della miniera, a volte lui si incaponiva su qualcosa e lei allora lo guardava con quel suo sorriso furbo che lo faceva vacillare e spesso, cambiare idea sulle sue convinzioni. Era dannatamente così brava a farlo e sembrava conoserlo meglio di quanto lui conoscesse se stesso.
Quanto gli mancava...
Pensò ad altre sere simili, come quando lei se n'era andata pensando che la tradisse con Tess. Ma ora non era solo, ora non c'erano tensioni e accanto a lui avvertiva il respiro placido dei suoi figli e tutto andava bene e sarebbe andato ancora meglio. Poi ripensò alla cena e gli venne in mente un'altra cena passata da solo, coi bambini. Quel giorno pensava che Demelza se ne fosse andata per sempre con Hugh Armitage e lui si era sentito smarrito e sperso, disperato, incapace anche di urlare il suo dolore per quanto questo fosse lancinante. E quella notte terribile aveva capito che lui dipendeva da lei, che sua moglie era il suo centro, il suo tutto e che senza Demelza non avrebbe saputo andare avanti.
Guardò alle scale, rendendosi conto che ora regnava uno strano silenzio. Ed ebbe paura...
Finché, in quelli che gli sembrarono interminabili minuti di immobilità, non udì un pianto. Vigoroso, squillante, potente. Nessuno dei suoi figli alla nascita aveva un pianto e una voce così.
Guardò l'orologio, mancavano dieci minuti a mezzanotte. Ed era di nuovo padre...
Clowance e Jeremy mormorarono nel sonno ma senza svegliarsi e lui, col cuore in gola e una gioia indescrivibile nel cuore, si alzò tentando di non turbare il riposo di sua figlia.
Prudie corse di sotto, trafelata e tutta rossa in viso. "Signore!".
Ross andò da lei, ansioso, incredulo, ancora indeciso se essere felice o spaventato. "E allora?" - chiese, strattonandola.
"E' nata! E' una bambina bella grassa, che urla come una pescivendola e piena di grinta! E scoppia di salute, anche se ci ha davvero fatti penare a lungo per venire al mondo".
A quelle parole, Ross sudò freddo. "Demelza?".
"Stanca, ma sta bene".
Anche Dwight comparve dalle scale, con un sorriso raggiante. "Pare che fra una quindicina di anni avrai in casa un altro pretendente per una delle tue figlie".
Ross sentì il suo corpo diventare molle, le braccia cedergli e il sollievo coglierlo come un'onda improvvisa che ti coglie sulla battigia. "State coi bambini, vado da lei...".
Prudie gli si parò davanti. "Aspettate, torno su a dare una mano alla signora a lavarsi e cambiarsi. E a sistemare la piccola". E poi corse su, ciabattando rumorosamente.
Dwight poggiò le mani sulle spalle di Ross. "E' andato tutto bene, ora Demelza dovrà solo riposare alcuni giorni e poi sarà quella di prima".
Ross sospirò, ma tutte le sue paure non si erano ancora placate. "Non le succederà nulla di male?".
Dwight rimase in silenzio e comprese che in quel momento l'amico stava pensando ad Elizabeth e alla sua morte dopo il parto di Ursula. Ma non era la stessa cosa, non sarebbe mai stata la stessa cosa per nessuna donna e Dwight lo sapeva purtroppo fin troppo bene. "Sta bene e starà ancor meglio domani. Non farti strane idee, sali di sopra e goditi tua figlia. E' una bambolina deliziosa, resterai estasiato".
Ross annuì e dopo aver affidato a Dwight il compito di svegliare i bambini, salì di corsa di sopra dove trovò Prudie che borbottava perché era arrivato prima che lei potesse portare via le lenzuola e gli stracci sporchi.
Ross praticamente la travolse e poi corse da sua moglie.
Il fuoco ardeva anche in camera e dal camino sprigionava il suo calore. Demelza era seduta su due cuscini, con indosso solo una sottoveste bianca smanicata, i suoi lunghi capelli le cadevano morbidamente sulle spalle e il viso era arrossato dalla fatica e dalla gioia. In mano stringeva un fagottino e Ross, avvicinandosi, vide prima di tutto un ciuffetto nero che spuntava dalle coperte.
Demelza gli sorrise. "Ho saltato la cena, scusaci...".
Le si sedette accanto, abbracciandola e stringendo a se entrambe. "Non farlo più".
Rimasero così, in silenzio, per lunghi istanti, respirando ognuno il profumo dell'altro e assaporando il calore dei rispettivi corpi di nuovi vicini, pronti a sostenersi.
E poi la piccola star della serata si lamentò, reclamando attenzione...
Entrambi abbassarono lo sguardo e Ross la vide. Eccola, era arrivata un'altra donna a rubargli il cuore. Era una bambolina davvero, con il visino tondo, gli occhi verdi come quelli della madre e i capelli neri come i suoi. Il perfetto connubio nato dall'unione dei suoi genitori che proprio in quella stanza, su quel letto, l'avevano concepita nove mesi prima in una serata memorabile dove erano stati spie, combattenti per la patria, abili doppiogiochisti ma soprattutto, sposi e amanti appassionati. Aveva delle guanciotte immense, un nasino all'insù e la bocca a forma di cuore e soprattutto, una espressione vivace e biricchina che lo conquistò subito. "E' meravigliosamente Poldark, dalla punta dei capelli a quella dei piedi" - disse, baciando con delicatezza la fronte di sua figlia. "Benvenuta piccola Isabella-Rose, ti sei fatta attendere ma ne è valsa decisamente la pena".
La piccola si agitò riconoscendo la sua voce e con la manina paffuta afferrò una delle sue dita, stringendola forte.
Ross rise. "Ha dei bei muscoli".
"E una voce potente!" - aggiunse Demelza.
Ross annuì. "Me ne sono accorto. Mi auguro che non sarà troppo rumorosa".
Demelza non rispose, limitandosi a rannicchiarsi contro di lui. Ross le baciò i capelli, ne respirò il profumo e godette di quel contatto come se la stesse rivedendo dopo anni. La cullò fra le sue braccia, pensando a quanto fossero state dure le ultime ore per lei. "Come stai?".
"Stanca... Ma felice".
"Sono morto di preoccupazione! Gli altri parti sono stati così veloci rispetto a questo...".
Demelza sorrise. "Forse sto un pò invecchiando".
Scherzando, anche se non voleva assolutamente riprovare i brividi di quella giornata, Ross le diede un buffetto sulla guancia. "Quando avremo Henry che farai allora? Due giorni di travaglio?".
Demelza alzò il capo di scatto, guardandolo con aria interrogativa. "Henry?".
"Non doveva chiamarsi così il nostro prossimo figlio?".
"In realtà era il nome destinato ad Isabella-Rose nel caso fosse stata un maschio".
"Oh, peccato..." - disse Ross, fingendosi rammaricato ma in realtà sollevato dalle parole di sua moglie. Avevano tre figli, bastavano ed avanzavano. E lui non sarebbe sopravvissuto a un altro parto...
Demelza si accorse che scherzava e anche se stanca, proseguì in quel gioco. "Dimmelo domani, magari. Ora dopo dieci ore di travaglio, non voglio sentir parlare di altri figli".
Ecco il momento trionfale! Ross prese la palla al balzo. "Vorrei ci fosse quì un notaio in questo momento, per prendere nota delle tue volontà e di quanto hai detto".
Demelza scoppiò a ridere. "Sei sleale!".
"E tu mi farai morire se resterai incinta di nuovo!".
"Non è mica solo colpa mia, se succederà... E l'alternativa e il come evitarlo, non sono fra i miei programmi, Ross".
Lui la strinse a se, ancora una volta affascinato dalla sua forza e dalla sua capacità di avere la risposta sempre pronta. Cosa sarebbe stata la sua vita senza di lei? Era il suo sole e l'anima di Nampara come un tempo lo era stata sua madre. Nessuna, nessun'altra donna avrebbe potuto essere per lui ciò che lei era diventata. Era sua moglie e lui era il padre dei figli che lei aveva messo al mondo. Il resto non contava, non contava più... "Ti amo" - sussurrò baciandola, mentre Isabella-Rose gorgogliava fra loro mordicchiandosi le manine.
Demelza le accarezzò la testolina, prima di abbassarsi la spallina della sottoveste e darle il seno. "Ha fame".
Ross si sedette accanto a loro, stringendole a se e facendo poggiare Demelza sul suo petto. "E' una bambina fortunata, è nata in una bella famiglia. E ha te come madre". Lo disse a lei, ma anche a se stesso. Se Demelza non fosse stata ciò che era, forte e capace di sostituirlo e sopperire alle sue assenze, lui non avrebbe potuto vivere il genere di vita che si era scelto e che spesso lo portava lontano.
In quel momento la porta si aprì e Clowance e Jeremy corsero dentro, seguiti da Prudie. "Giuda, mi sono scappati e sono corsi quì come delle furie appena hanno saputo...".
Demelza sorrise e i suoi occhi brillarono appena vide i figli più grandi. Allargò le braccia e accolse anche loro sul lettone.
Ross lanciò un'occhiataccia ai due. "Fate piano, vostra madre è stanca e vostra sorella piccola".
"Faremo pianissimo!" - disse Clowance, sbirciando la sorellina. "Hei! Ma non ha i capelli come i miei!".
Ross annuì. "Li ha come me!".
"Ma non è giusto!" - borbottò la piccola.
Demelza la strinse a se. "Beh, non sei contenta? Sarai l'unica bionda della famiglia".
Clowance ci pensò su. "Ohhh".
Jeremy abbracciò Demelza. "Mamma, stai bene?".
"Sì".
Il ragazzino osservò la sorellina, toccandole la manina. "Sembra un pò grassa! Come Clowance da piccola".
Clowance gli diede una manata. "Hei".
E Ross li divise. "Su, non vorrete presentarvi a vostra sorella così, litigando! Volete prenderla in braccio?".
Clowance e Jeremy si illuminarono. "Sì!".
Demelza staccò la piccola dal seno, si tirò su la spallina dell'abito e la consegnò alle braccia di Jeremy.
I due bambini osservarono la sorellina, la tennero stretta fra loro, la descrissero in modi anche buffi che forse a Isabella-Rose non avrebbero fatto piacere se avesse potuto comprenderli, ma a Ross e Demelza brillavano occhi e cuore, osservandoli.
Ross strinse a se sua moglie, rendendosi conto che stava vivendo un altro momento perfetto della sua vita, come pochi ce n'erano stati e tutti assieme a Demelza. "Santo cielo amore mio, guarda cosa abbiamo fatto" - disse, riferendosi ai tre piccoli davanti a loro, col cuore rivolto anche a Julia sempre amata, sempre presente nei suoi pensieri.
"Già, guarda cosa abbiamo fatto..." - ripeté lei, orgogliosa, stanca ma felice.
Prudie sospirò, avvicinandosi alla porta per lasciarli soli.
Ma Ross la richiamò. "Resta!".
"Signore?".
"Resta. Fai parte anche tu di questa famiglia, ormai".
Gli occhi di Prudie brillarono e si avvicinò per conoscere meglio la nuova arrivata. E quella fu per lei e per tutti una notte indimenticabile.
  
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