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Autore: Roberto Turati    05/04/2021    0 recensioni
Le fonti scritte sono delle testimonianze importantissime nella Storia, per capire un luogo, un'epoca e una cultura. Anche se in modo abbastanza unico, questo vale anche su ARK: questi sono i diari lasciati da diverse persone che si trovavano sull'isola preistorica per vari motivi e che hanno messo per iscritto le loro vicende, a volte incontrando gli altri autori, a volte rimanendo da soli.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un'Isola Unica al Mondo'
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TAVOLETTA #01

Anche a questa distanza, l'obelisco dalla punta rossa è bellissimo. È come un pilastro della luce di Amon Ra dotato di forma solida. Vorrei tanto che potessimo accamparci accanto ad esso, ma gli altri pensavano che fossimo troppo esposti alle creature. Almeno siamo abbastanza vicini da vederlo sempre, dove ci siamo stabiliti.

Volgo sempre lo sguardo all’obelisco quando prego Hathor e, anche se percepisco lo scetticismo negli sguardi dei miei compagni di naufragio, la mia fede è salda, perché è stata la mia fede a guidarci fino a questo pacifico punto del deserto dell’isola. Tutti concordano sul fatto che è il posto ideale per un insediamento. Dovunque siamo, gli dèi vegliano su di noi, lo so.

TAVOLETTA #02

Le costruzioni procedono bene. Nessuno di noi è un architetto, ma ci stiamo adattando ai nostri ruoli.

Le spalle larghe di Girisha e la sua risata tonante nascondono una mente acuta e abbiamo iniziato a fare progressi più grandi una volta che l’ho convinto a smettere di trainare rocce e a cominciare a disegnare progetti che permettano ad Amir di concentrarsi sull’allestire un orto, cosa in cui ha più talento.

Io mi sono focalizzata sul cercare di mantenerci organizzati e di sostenere i nostri animi. Vorrei poter fare di più ma purtroppo, anche se una sacerdotessa ha molti doni, il lavoro manuale non è uno di essi. Spesso mi ritrovo esausta prima di mezzogiorno. Prego affinché gli altri non mi considerino un peso.

TAVOLETTA #03

A Luxor, cercavo sempre di stare lontana dalla politica. Non ho mai aspirato alla carica di Adoratrice Divina come altre sacerdotesse. Trovo che tali ambizioni egoistiche conducano alla sofferenza sia di se stessi, sia degli altri.

Per questo oggi, quando Girisha mi ha chiamata “capo”, ero sorpresa. Non ho mai chiesto quella posizione e gli altri non me l’hanno mai affidata in alcun modo ufficiale. È stata una cosa spontanea.

Non sono certa di cosa farne, ma se questo è il volere di Hathor, allora proverò a guidare queste persone come meglio posso.

TAVOLETTA #04

Il nostro insediamento si è ingrandito così in fretta, in questi intensi mesi. Così tanti naufraghi ospiti dei nativi dell’isola si sono uniti a noi, in cerca di una nuova casa. Ho fatto del mio meglio per accogliere tutti quelli che posso. Se trattati con comprensione, la maggior parte di loro diventano membri leali e produttivi della comunità.

Ma non sono una stolta. So che i cuori hanno due nature. Hathor offre la compassione, mentre Sekhmet porta la devastazione. Più aumentiamo di numero, più diventiamo una preda ambita per coloro che covano malizia nel cuore.

Girisha ha provato ad organizzare una milizia, ma temo che sia inadeguato. Per ora, devo stare attenta e pregare gli dèi affinché ci mandino un vero guerriero.

TAVOLETTA #05

Ci è voluto più di quanto sperassi, ma penso che gli dèi abbiano sentito le mie preghiere. Almeno credo. Quando rimuginavo su come possa essere un vero guerriero, non posso dire di aver immaginato il capitano Dahkeya.

È conciso nelle parole, non ha senso del decoro e, in generale, è piuttosto permaloso. È stato quasi inavvicinabile per un’intera giornata quando abbiamo stabilito che il suo ruolo sarà quello di capitano e non il titolo insensato che ha proposto lui.  

Eppure sta ottenendo risultati, o almeno così mi dicono. Quando avrò tempo, dovrei osservarlo in azione di persona.

TAVOLETTA #06

Non sono ancora abituata alle rumorose armi sputafuoco che il nostro nuovo capitano sta insegnando ai suoi uomini ad usare. La loro potenza è così distruttiva che sembra quasi troppa per qualsiasi mortale. Eppure il capitano Dahkeya passeggia avanti e indietro per la sua fila di allievi come se stessero impugnando spade di legno e fa volteggiare la sua arma quasi distrattamente.

È alquanto inquietante vedere qualcuno così calmo intorno a degli strumenti di morte così potenti. Ma suppongo che sia per questo motivo che ha avuto così tanto successo nel mettere in sicurezza il nostro perimetro. Posso solo sperare che ci serva un solo capitano Dahkeya e di non dover mai usare quelle armi di persona.

TAVOLETTA #07

È stata una fortuna così grande poter diffondere la gioia e l’amore di Hathor fra così tante persone. All’inizio, le mie preghiere quotidiane non attiravano che pochi, curiosi spettatori. Eppure, ben presto, le osservazioni sono diventate domande, le quali sono diventate partecipazione. Ora siamo così numerosi che abbiamo persino iniziato a costruire un altare.

Desidero veramente poter educare questi nuovi ed entusiasti allievi tutto il giorno, ma i miei doveri al villaggio hanno la priorità. Forse, quando il nostro futuro sarà finalmente garantito, sarò in grado di condurre di nuovo la vita della sacerdotessa, ma per ora ci sono troppe persone che contano su di me. Non posso abbandonarle.

TAVOLETTA #08

I nomi sono una cosa strana. Diamo loro un grande spessore, eppure non cambiano la sostanza della persona, del posto o dell’oggetto a cui appartengono. Immagino che questa riflessione sia il motivo per cui non ho mai rimuginato sul nome del nostro umile villaggio. Ma ora so che si è espanso fino a diventare qualcosa di meno umile: la nostra casa non può più restare anonima. La gente deve chiamarla in qualche modo.

A tale scopo, Nosti è un nome valido come gli altri. Mi dicono che significa “sapere” in una lingua vecchia e importante e, qualunque cosa i nostri cittadini intendessero simboleggiare quando l’hanno scelto, so questo: finché saremo qui, avremo la protezione degli dèi.

TAVOLETTA #09

Anime sperdute in giro per l’intera isola continuano a prostrarsi davanti ai cancelli di Nosti. Mi rifiuto ostinatamente di mandare via chiunque non voglia farci del male, ma mi rendo conto che questo ci ha dato molte bocche da sfamare.

Il risultato è che gli orti di Nosti sono il suo bene più prezioso. Per fortuna, i progetti di Girisha e la mia organizzazione del lavoro e delle risorse si sono rivelati di nuovo efficaci. Non abbiamo solo implementato un efficiente sistema di irrigazione, ma abbiamo anche racchiuso i nostri rialzi coltivabili in una grande struttura protettiva fatta di una sostanza trasparente e splendente chiamata “vetro”.

Ogni mattina, brilla con una luce degna di Amon Ra, come una grande gemma, un bellissimo ricordo di quello che possiamo ottenere quando siamo uniti nel nostro scopo.

TAVOLETTA #10

Nonostante i nostri sforzi migliori e la benedizione degli dèi, la tragedia è inevitabile su questa strana isola. Ieri si è abbattuta su Nosti ancora una volta sotto forma di un attacco di mantidi e, anche se non possiamo cancellare ciò che è accaduto, spero di essere stata in grado di dare un minimo di conforto a coloro che conoscevano meglio le vittime.

Sebbene ci manchino le risorse per sotterrare a dovere i morti in delle tombe, abbiamo comunque tenuto una cerimonia in loro memoria e mi sono ritagliata del tempo per parlare in privato con chiunque lo volesse. Tra questo e i miei soliti doveri, sono esausta nel corpo e nell’anima, ma quando la mia gente soffre non posso permettermi di riposare.

TAVOLETTA #11

Ai primi tempi, gestivo tutte le contrattazioni commerciali di Nosti coi nativi e ho faticato a liberarmi dell’abitudine. Immagino che sia per questo che ogni carovana o cacciatore indigeno che passa per i nostri cancelli sa il mio nome. Alcuni insistono ancora per parlare con me in persona. Ma non mi dispiace. Trovo questi affari alquanto accattivanti: è come un gioco fatto di parole.

Ieri è giunta una carovana di naufraghi, non di nativi, con un carico di lingotti di ferro. Il nostro venerabile capitano mi ha suggerito di portare un contingente di guardie per negoziare, ma preferisco di no. Se intimidiamo i nostri ospiti, potrebbero tirarsi indietro e mi dispiacerebbe perdere una tale opportunità.

TAVOLETTA #12

Ammetterò volentieri di essermi sbagliata. Ammetterò pure che devo la vita al capitano Dahkeya e gli offrirò tutta la riconoscenza che gli spetta. Ma questo non giustifica un comportamento così spietato.

Quei cosiddetti “mercanti” saranno pure caduti nell’immoralità e nella crudeltà cercando di rapirmi, ma quell’uomo si era arreso. Non c’era alcun bisogno di giustiziarlo su due piedi, vero? È così difficile capire dove finisce la luce e dove inizia l’oscurità, su quest’isola violenta.

Forse, se sapessi difendermi adeguatamente, avremmo potuto evitare spargimenti di sangue inutili. Sì, penso che sia ora di padroneggiare quelle armi esplosive e il capitano Dahkeya mi aiuterà.

TAVOLETTA #13

Un passo alla volta, sto imparando a sparare. Durante le mie prime lezioni, le armi quasi mi schizzavano via dalle mani quando facevo fuoco, ma le mie braccia sono diventate più forti e la mia mira si è fatta più stabile.

La presenza del capitano Dahkeya è stata utile. Quella stessa calma che trovavo inquietante da lontano è stata un incoraggiamento da vicino. Lui non spreca fiato in lodi o critiche esagerate, semplicemente mi tiene concentrata su ciò che devo fare e tutto il resto non fa che svanire.

Considerando i miei inizi, è stato molto paziente con me. Forse anch’io dovrei essere più paziente con lui.

TAVOLETTA #14

Nell’antichità, la gentile Hathor si trasformò nella feroce dea guerriera Sekhmet e scatenò la sua ira sul mondo dei mortali. Eppure, persino durante quell’implacabile massacro, Hathor era in Sekhmet, così come Sekhmet era sempre dentro Hathor e, quando finalmente si calmò, la pacifica dea della gioia e dell’amore tornò.

La dea e il genere umano funzionano allo stesso modo. I violenti possono diventare gentili e i gentili possono diventare violenti, a causa di tutti i loro peccati. Il capitano Dahkeya non è diverso.

Ieri non ha capito la storia di Hathor e Sekhmet quando gliel’ho raccontata, ma se continua a provare a migliorarsi, forse un giorno ci riuscirà.     

TAVOLETTA #15

In teoria, sono diventata una tiratrice competente. Ma in pratica, come farei? Quando sarà il momento, sarei capace di spezzare una vita umana?

Non lo so. Mi si secca la bocca per la paura al solo pensiero. Lo spirito guerriero di Sekhmet risiede senz’altro nei recessi del mio cuore, ma per quanto lo cerchi, non riesco a trovarlo.

Come allenamento, mi sono offerta di abbattere alcune delle nostre bestie che si erano mortalmente malate. È stato un gesto di pietà, ma ho comunque pianto e mi si è annodato lo stomaco. Devo imparare ad agire a dispetto di questi sentimenti. La mia vita potrebbe dipenderne, un giorno.

TAVOLETTA #16

Nonostante tutti i miei sforzi, so di aver deviato dai precetti e dai costumi che ho imparato così meticolosamente in Egitto. Per necessità, li ho adattati sia ai bisogni dei nuovi seguaci di Hathor, sia alle circostanze che dobbiamo tutti affrontare su quest’isola.

Per esempio, onorare gli dèi con banchetti e feste in loro nome sarebbe uno spreco. Questo sacrificio in particolare è spiacevole, perché i miei allievi meritano una sorta di ricompensa per la loro diligenza.

Forse posso comunque organizzare una modesta celebrazione. In realtà, forse l’intero villaggio dovrebbe avere una festività, giusto per sollevare il morale di tutti. Anche il nostro venerabile capitano potrebbe gradirla. Ah, ma sto chiedendo miracoli.

TAVOLETTA #17

Mi fido del giudizio del nostro capitano in fatto di difesa, ma mi sento comunque a disagio all’idea di una spedizione punitiva contro le mantidi. Non che abbia lasciato il villaggio indifeso. Anzi, al contrario. Temo che il suo contingente sia troppo piccolo.

So che non dovrei preoccuparmi. Lui ha scelto personalmente la sua squadra, mentre io ho priorità più immediate. Le nostre mura e i cancelli vanno riparati, l’infermeria ha bisogno di scorte e al morale di tutti occorre sostegno. Ho fatto avanti e indietro dappertutto così a lungo che mi sono venute le occhiaie.

Eppure, quando ottengo finalmente un attimo di respiro, la preoccupazione mi impedisce di riposare.    

TAVOLETTA #18

I rifugiati qui a Nosti vengono da così tanti luoghi diversi, e hanno tutti mentalità diverse. Talvolta, ciò favorisce i conflitti.

Molte settimane fa, due nuovi arrivati sono venuti alle mani a causa di una lunga rivalità fra le loro patrie e, proprio ieri, ho dovuto punire aspramente uno dei miei stessi allievi per aver offeso i nostri cittadini che venerano quella croce di legno. Una volta, un uomo mi ha persino sfidata a duello per il comando di Nosti.

Eppure, quelle stesse due persone che si sono azzuffate adesso lavorano insieme per riparare il cancello occidentale, il quale è diventato più forte grazie ai loro sforzi combinati. Forse è per questo che gli dèi ci hanno guidati tutti fino a quest’isola. Per aiutarci a capirci.

TAVOLETTA #19

Per giorni, ho pregato sia per la compassione di Hathor, sia per i poteri curativi di Sekhmet, e per giorni ho aspettato. So che mi hanno sentita, ho fede. Quando ho posato lo sguardo su di lui, ho creduto che fosse morto o in agonia, ma gli dèi non mi hanno ancora portato via John.

La mia mente sa che ho altre responsabilità a cui attenermi, che non posso permettermi di passare più tempo in questa stanza. Eppure so che se cercassi di adempiere ai miei doveri, il mio cuore interferirebbe e non posso ignorarlo. Non più.  

TAVOLETTA #20

Senza dubbio, è stato il volere divino di Hathor a mandarmi qui, non solo affinché potessi diffondere la sua gioia e la sua compassione, ma anche per farmi capire il suo amore.

Pensavo di conoscerlo prima. Volevo bene alla mia famiglia, alle mie compagne sacerdotesse e ne voglio a tutti quelli sotto la mia protezione qui a Nosti. Ma solo quando infine mi sono arresa all’amore, quando l’ho lasciato libero di scorrere nel mio corpo e di trascinarmi come la corrente del Nilo, l’ho capito per davvero. Solo ora posso davvero affermare di incarnare gli insegnamenti di Hathor, grazie a John Dahkeya, questo guerriero da un luogo e un tempo lontani.  

E adesso, insieme, possiamo trasformare quest’isola in un paradiso.

TAVOLETTA #21

Ultimamente, l’umore a Nosti è stato così giubilante che penso che potremmo davvero organizzare una festa, in fondo, e perché no? Abbiamo parecchi motivi per festeggiare.

Con la minaccia delle mantidi scongiurata, i nostri esploratori hanno avuto modo di allestire un avamposto in un punto della regione desertica in cui hanno trovato una fonte di olio nero e denso che filtra dalle crepe nel terreno. Grazie a questa risorsa, abbiamo potuto creare dei nuovi attrezzi  straordinari e riempire del tutto i nostri depositi. Dubito che una festa possa fare danni.

Sono certa che il mio amato capitano sarà in disaccordo. Sempre ligio al dovere e ansioso. Per fortuna, so essere abbastanza persuasiva dove John Dahkeya si preoccupa e, per un giorno, meritiamo di soppiantare le preoccupazioni e il dovere col canto e la danza.

TAVOLETTA #22

Mentre osservavo la squadra di Girisha costruire la bizzarra torre dotata di lame progettata per imbrigliare l’energia dei venti di Shu, non potevo fare a meno di meravigliarmi di quanto siamo andati lontano. In così poco tempo, Nosti è passata dal nulla ad una vera città, più grande di tutti i villaggi dei nativi, con meraviglie che farebbero invidia pure al grande faraone.

Nonostante i mostri che la popolano, quest’isola dai mille paesaggi diventa meno minacciosa per noi ogni giorno e sempre meno naufraghi sono costretti a soffrire e morire perché non si adattano in tempo. Forse, un giorno, questo non accadrà a nessuno. Se arriviamo a quel punto, ne sarà valsa la pena di tutte le difficoltà che abbiamo avuto.

TAVOLETTA #23

Negli ultimi giorni, la punta dell’obelisco rosso ha pulsato con una luce ritmata e intensa che non ho mai visto prima. È una vista bellissima e rassicurante, in particolare di notte. Sembra quasi che stia cantando una canzone alle stelle nel cielo. Di certo è un segno del favore degli dèi. Hathor ci sta offrendo la sua benedizione.

Preparare un’altra festa sarebbe esorbitante, così ho organizzato un giro speciale di cerimonie e preghiere dopo il tramonto, invece. Finora sono andate splendidamente e tutti se ne sono andati dalla foce delle mangrovie scarlatte con rinnovata fede e vigore.

Mi domando quanto durerà quel lampeggiamento.

TAVOLETTA #24

A volte, mi chiedo come faccia John ad andare avanti, senza fede in uno scopo o in un potere superiore e con occhi che vedono minacce dovunque. Anche quando siamo al sicuro e protetti, insiste a dormire con un’arma accanto. Non mi sorprende che si sia convinto che gli obelischi potrebbero essere pericolosi.

Per fortuna, ho abbastanza fede per entrambi. Ho fede che ci proteggerà dalla mostruosa lucertola sfregiata che è apparsa di recente, ho fede che gli obelischi non ci farebbero mai del male e ho persino fede che perdonerò i suoi continui solleciti su di essi. Quell’argomento potrebbe richiedere dello sforzo in più da parte sua, comunque. È stato proprio incessante al riguardo.

TAVOLETTA #25

Dove ho sbagliato? Nonostante ogni prova e tribolazione, ho mantenuto la mia fede in Hathor, Amon Ra e tutti gli dèi. No, ho fatto di più. Ho dato loro nuovi seguaci, ho costruito altari per loro, tenuto cerimonie per loro.

Allora perché? Perché le punte degli obelischi si sono fatte abbaglianti e hanno mandato quel gorilla gigantesco a radere al suolo la mia nuova casa? Perché gli dèi avrebbero dovuto inviare quel terribile mostro a distruggere tutto ciò che ho costruito? Quando li ho traditi?

Se non fosse stato per John, non sarei nemmeno qui a farmi queste domande. Sarei solo una stolta morta, il cui ultimo gesto sarebbe stato chiedere salvezza agli stessi dèi che mi hanno rinnegata.

TAVOLETTA #26

I morti infestano la mia mente. Vedo le facce sorridenti dei miei allievi, entusiasti di imparare. Sento la risata di Girisha, profonda e festosa. Vedo il terrore negli occhi della fidata tenente di John, mentre quel gorilla la lanciava lontano.

John mi dice di non accusare me stessa, che ciò che è accaduto era imprevedibile. Ma come faccio a non sentirmi in colpa, quando ho spinto così tanta gente a venerare i colpevoli della nostra distruzione, il tutto mentre promettevo che avrei tenuto tutti al sicuro?

In qualche modo, devo seppellire queste emozioni e concentrarmi sul presente, come fa John. Se non posso sottrarre la mia mente a ciò che ho perduto, perderò quel che mi resta. Non posso lasciare che succeda. Non posso lasciare che gli dèi mi portino via anche lui.

TAVOLETTA #27

Saresti stato fiero di me. Ho controllato il respiro, proprio come mi hai insegnato, anche con le lacrime che mi colavano dal viso. Anche con l’odio e la rabbia nel mio cuore, ho tenuto salda la mira, e quando è tornato a cercarmi l’ho mandato via. L’ho sconfitto, John.

Allora perché mi hai abbandonato anche tu? Eri tu il sopravvissuto, non io. Zanna Rossa non avrebbe dovuto essere abbastanza per ucciderti. Eri così forte. Ho così tanto bisogno di te.

Ti supplico. Torna da me. Ho bisogno di sentire la tua voce, di vederti sorridere. Ti supplico. Ti supplico.

TAVOLETTA #28

Quando ho trovato quel nido, ho avuto la tentazione di frantumare l’uovo. Riconosco queste orme: appartengono alla specie del mostro che ha ucciso il mio amato. L’uovo non meritava la mia compassione. Ma mi rendo anche conto che potrebbe tornarmi utile. Se potessi allevare quella creatura come il mio servitore, nemmeno i miei dèi traditori potrebbero fermarmi.

Ho costruito un grande falò per imitare il calore fornito da sua madre e ho raccolto carne assieme alla mia cavalcatura per nutrirlo quando si schiuderà. Spero che basti.

Sì, certo che basterà. Crescerò questa creatura, la comanderò e sopravvivrò. Te lo prometto, John. Vivrò per tutti e due.   

TAVOLETTA #29

Quando la creatura è uscita dall’uovo, non ho osato avvicinarmi disarmata, ma ormai ci siamo abituati l’uno all’altra. Una volta ho sentito che un animale neonato identifica il primo essere vivente che vede come il suo genitore. Credo che sia ciò che è successo. Sono diventata la madre di un mostro.

Così sia. Gli dèi mi hanno rinnegata e l’uomo che amavo mi è stato portato via, quindi la Raia di un tempo è morta. Le vestigia della gioia e della tranquillità di Hathor sono svanite. Il mio cuore sta per riempirsi della possenza e della furia di Sekhmet e, con un mostro alle mie spalle e l’acciaio tra le mani, l’isola sta per assistere alla mia ira.

Nessuno mi porterà via qualcosa, mai più. Che sia un dio, una bestia o un mortale.

TAVOLETTA #30

Sono passati quattro anni da quando Nosti è andata perduta. Scoprii presto che John si era salvato e ci ritrovammo settimane dopo quel giorno, al villaggio dei Piedi Sabbiosi. Ai tempi in cui l’avevo appena conosciuto, avrei creduto che gli dèi l’avessero protetto. Ma ora so che non è così: John è riuscito a tornare da me perché è troppo forte per lasciarsi sconfiggere dall’isola.

Fu difficile ricominciare da soli, ma ora abbiamo un futuro assicurato. Ora John è un cacciatore in affari coi nativi, mentre io ho unito i loro insegnamenti e la mia conoscenza nella medicina per diventare una guaritrice. La nostra vita nel deserto è serena, assieme al mio leale mostro e alle nostre creature velenose. Ma l’ira risiede ancora in me.

Un nuovo pericolo incombe sulla gente di quest’isola spietata: la guerra contro la Nuova Legione. Accade sempre più spesso che io e John incontriamo alcuni dei loro uomini in giro per il deserto. Feci voto che nessuno mi avrebbe più sottratto nulla, ho intenzione di mantenere la parola. Se cercheranno di portarci via la pace, non li risparmieremo.

 

   
 
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