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Autore: itsanonymous    07/04/2021    0 recensioni
« Non ti lascio andare, Prue. Scordatelo » mi dice e so che non lo farà davvero. Vorrei guardarlo in faccia, ma non ci riesco, come se non mi fosse concesso.
[...] Ma dovrà lasciarmi andare, so che dovrà farlo. Altrimenti non sarò la sola a rimetterci: anche lui cadrà nel vuoto insieme a me.
Io potrei cavarmela, ma non lui, lui no. E non posso permetterlo.
So che è così importante, da lasciarmi cadere per salvarlo senza pensarci due volte e lo farò.
Inizio a mollare la presa sul suo polso.
« Mi dispiace » mormoro.
Lascio definitivamente la presa, sento la sua voce straziata che riecheggia nei ghiacciai mentre mi preparo a cadere nel vuoto.
So che adesso lui è al sicuro. Io non più.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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VI.









 
 
 
Aramis mi spedisce negli spogliatoi a cambiarmi. Mi hanno preparato la divisa blu che indossano tutti, senza la cintura color ghiaccio, che dovrei avere a fine giornata.
Alzo i capelli in una coda che si poggia dolcemente sulla spalla. I miei capelli rosso intenso, somigliano a delle fiamme che m’incorniciano il viso.
Faccio un lungo respiro, sono nervosa ed è inutile nasconderlo. E' probabile che farò più figuracce oggi di quante ne abbia fatte per una vita intera.
Mi dirigo fuori dagli spogliatoi, camminando lentamente per non spostare l'attenzione su di me, ma è inutile.
Appena metto piede in Palestra, tutti i presenti si voltano a guardarmi. Deglutisco a fatica, ho la gola secca e le guance in fiamme.
Sospiro e faccio finta di nulla, guardo davanti a me nella direzione in cui si trova Aramis, che mi aspetta a braccia conserte con un ghigno di soddisfazione stampato sulla faccia.
« Bene » esclama, squadrandomi da capo a piede, poi si avvicina al mio orecchio e sussurra « Vediamo di non far venire un infarto a nessuno dei maschietti qui presenti, mi spiego? »
Per niente, vorrei rispondergli, ma mi strizza l'occhio e sguscia via.
Mi guardo intorno per assicurarmi che nessuno abbia ascoltato la nostra conversazione e il mio sguardo incontra quello di Theo che mi fissa e - non appena mi volto - si volta di scatto dall'altra parte.
Aramis mi fa fare prima un po' di riscaldamento: corriamo insieme per l'intero perimetro della Palestra per circa dieci minuti, facciamo un po' di stretching alla gambe e alle braccia e poi lui sfreccia via.
Lo seguo e vedo che si è fermato vicino al bersaglio con i coltelli. Andiamo bene.
« Iniziamo con qualcosa di facile » annuncia.
« Facile? » gli faccio eco con una risatina isterica. E' molto peggio di ciò che pensavo. Non farò solo una figuraccia, sarà terribile.
Lui mi sventola la mano davanti alla faccia per rassicurarmi, ma non mi dà pace per niente.
« Cominciamo » mi annuncia prendendo tre coltelli, me ne porge due e l'altro lo tiene per sé.
« Partiamo dalla postura, che è fondamentale » comincia a spiegare « Devi posizionare le gambe portando la sinistra davanti - dato che tirerai con la mano destra - cosicché faciliterai la rotazione del busto e della spalla, dando più forza e determinazione al lancio. Ora guardami »
Fa un cenno del capo ai Sovrannaturali che si stanno allenando e questi si spostano sulla destra e sulla sinistra, lasciando un varco aperto tra Aramis e il bersaglio.
Lancia il coltello con una tale forza e velocità che va a conficcarsi perfettamente al centro del bersaglio.
Sento una risatina stucchevole alla mia destra e trovo una ragazza che mi fissa da capo a piedi, insieme alla sua cerchia di amiche, con uno sguardo disgustato.
D'istinto mi si inarcano le sopracciaglia e la sua espressione diventa stranamente seria; continuiamo a fissarci fin quando non scoppia in un'altra risatina e si volta a spettegolare con le altre.
E' alta, ha i capelli castano scuro e lunghi che le ricadono morbidi sulle spalle e la schiena; i suoi occhi, però, sono di un verde azzurro mai visto prima. Chissà quale sarà il suo potere.
« Tocca a te » mi annuncia Aramis; annuisco e mi vado a posizionare davanti al bersaglio, a circa tre metri di distanza. Mantengo la posizione che mi ha spiegato lui, cercando di tenere a bada il tremito delle mani.
Sento un'altra risatina, ma la lascio fuori; d'un tratto esisto solo io, il mio bersaglio e la mia lama.
Socchiudo gli occhi, respirando profondamente, mi protendo in avanti e lancio il coltello.
Il coltello vola lentamente in direzione del bersaglio. Trattengo il respiro, una goccia di sudore mi scivola lungo la tempia. Sono tesa come una corda di violino e un inaspettato spillo di ansia mi perfora la stomaco.
E' a tanto così dal raggiungere il centro, un piccolo sorriso mi incresca il viso.
E poi... niente. Il coltello cade a terra, senza nemmeno raggiungere il bersaglio. La sua caduta è segnata da un tintinnio assordante.
In questo momento, vedo solo due opzioni diradarsi nella mia mente: scappare o fingermi morta.
Un silenzio imbarazzante cala sulla sala e le guance mi pungono dall'imbarazzo.
Poi le risate riecheggiano per la Palestra riempendomi lo stomaco di acido.
Scruto la sala e gli occhi dei presenti mi trapassano la schiena, il viso, lo stomaco.
Theo tiene saggiamente il suo sguardo lontano dal mio e gliene sono grata. Non sopporterei la sua pietà o il suo disprezzo.
La ragazza dai capelli scuri mi indica e mi deride. Le ragazze al suo fianco sono l'eco della sua voce, delle sue smorfie e dei suoi atteggiamenti.
Chiudo le mani in pugni così stretti che quasi perdo la sensibilità.
Afferro il secondo pugnale che ho posizionato sul ripiano e, senza nemmeno prendere posizione, lo lancio di nuovo verso il bersaglio designato.
Lo sento perforare il legno e tutti intorno a me sussultare; la mia lama non ha centrato il bersaglio: l'ha sventrato.
La lama lanciata da Aramis, adesso, giace a terra.
Non è da me e non dovrei farlo, ma mi volto nella direzione della mora e le faccio l'occhiolino; lei mi lancia uno sguardo carico d'odio, si volta verso le altre e, insieme, escono fuori dalla palestra.
Non posso fare a meno di sorridere compiaciuta, anche se mi tremano le ginocchia.
Durante tutti questi anni non ho fatto altro che farmi largo, con i pugni e con i denti, nella mia personale giungla di sopravvivenza.
Forse in questa nuova realtà non sarò una delle migliori, ma non permetterò a nessuno di calpestarmi.
Aramis attraversa la sala e raggiunge Josh. Gli sussurra qualcosa all'orecchio e lui annuisce.
Josh cammina nella mia direzione. I ragazzi attorno a me hanno ripreso le loro attività.
« Ehi Prue, prendiamoci una pausa » mi fa Josh « Vieni, ti voglio presentare mia sorella »
Gli sorrido e osservo la bellissima ragazza accanto a lui; nella fisionomia del viso si intravede il legame di sangue, ma è molto più bella. Hanno gli stessi capelli biondo canarino, ma gli occhi sono diversi. Sono di un intensissimo color oro.
« Lucy » mi dice lei porgendomi la mano con un sorriso colmo di calore.
« Prue » le sorrido a mia volta.
« Ha appena fatto morire di invidia Amilia, Lucy » sghignazza Josh malefico e soddisfatto.
« Ah, è così che si chiama allora? » asserisco « Qual è il suo potere? »
« E' una Linfa » mi informa Lucy, il suo tono di voce è calmo e gentile « Il suo potere influisce sulle acque dolci e salate »
« E il tuo qual è? » chiedo curiosa.
Lei mi sorride per nulla infastidita dalla mia invadenza « Sono una Fiamma. Ho il potere del fuoco »
« Forte » dico, e lo penso davvero « Io ho il potere opposto, a quanto pare »
« Sì, lo so. Sai, le voci circolano in fretta qui ».
« Inquietante! » esclamo.
« Sì, lo è davvero! » ridacchia lei.
« Signore » ci interrompe Josh con un inchino, poi porge le mani ad entrambe « Volete concedermi l'onore di accompagnarmi a pranzare? »
Lucy ed io ci scambiamo un'occhiata complice e accettiamo con una risatina.
Appena entriamo in Mensa mi accorgo che, come le altre stanze di quest'edificio, è privo di forma.
La mensa è tondeggiante, i banconi sono situati accanto ad una finestra; i tavoli anch'essi tondi sono di un candido bianco, che contrastano con il blu del pavimento. Come ogni cosa in questa città, la trovo magnifica. Noto con sorpresa, un cartello attaccato al muro, accanto alla finestra.
Non è come uno dei soliti cartelli che ho spesso visto nel mondo Naturale, del tipo " VIETATO FUMARE". E' rettangolare, ma semitrasparente. Ci sono due omini animati, posti l'uno davanti all'altro, dalle cui parti sfociano delle nebbioline di colori diversi, luminosi. Poi sopra vi appare una X nera, e dopo pochi secondi la scritta " VIETATA LA MAGIA IN MENSA".
« Perché c'è quel cartello? » cerco di reprimere una risatina.
« Perché una volta se ne sono date di santa ragione, distruggendo la mensa » mi informa.
Quella che all’inizio mi era sembrata tecnologia avanzata, non è altro che magia.
Josh ci fa strada al tavolo al quale sediamo.
Prende nota di ciò che vogliamo mangiare, ci fa un altro inchino e poi sguscia via tra le fila al bancone.
Poggio il mento sulla mano, mentre scruto la stanza.
C'è un misto di odori che aleggia per la sala, ma che non mi disgusta, sa di casa.
Penso a mia madre e mi viene una fitta al cuore. Spero che stia bene e che non stia insieme a mio padre. Dovrò chiedere a Josh, il prima possibile.
Mi accorgo che, proprio di fronte a me, c'è Amilia, seduta accanto ad un ragazzone che le somiglia tanto. Sarà sicuramente il fratello. Mi avvicino all'orecchio di Lucy, per evitare di farmi sentire da altri.
« Chi è quel ragazzo accanto ad Amilia? E' suo fratello? »
« Gemello » mi corregge.
In quell'istante si volta dalla mia parte, evidentemente annoiato dalle chiacchiere della sorella; ha i capelli mori come quelli di lei, corti, un po' rialzati sul davanti. Con sorpresa, noto che anche gli occhi sono uguali.
Mi fa un ghigno divertito e dice qualcosa alla sorella.
Mi volto a guardare Lucy « E' un Linfa anche lui? »
Lei annuisce.
« Ed è normale? » chiedo titubante.
Lucy scoppia a ridere « Certo che è normale! Non è detto che debbano nascere figli con poteri diversi »
« Come si chiama? »
« Emanuel » mi informa lei con un po' troppa enfasi.
 Josh arriva come un esperto cameriere e ci porge i nostri piatti e, in men che non si dica, ho già trangugiato tutta la mia porzione.
« Che c'è? » dico davanti allo sguardo incredulo di Josh « Avevo fame! »
« 'key » mi dice con la bocca piena ed io ridacchio alzandomi.
« Dove metto questo? » gli chiedo.
Lui tracanna un gran sorso d'acqua e deglutisce « Lì » mi indica una colonna al centro della sala « Getta quel che resta nel tuo piatto e poi riponi il vassoio sulla mensola superiore »
Ripongo il vassoio sull'apposito ripiano, come mi ha detto Josh.
Mi accorgo di aver fatto cadere una carta per terra, mi abbasso per raccoglierla, ma qualcuno l'ha già fatto per me.
Emanuel se ne sbarazza con noncuranza, poi si concentra su di me.
« Grazie » dico imbarazzata.
Lui fa un cenno del capo, che interpreto come un prego.
« Dunque.. » la sua voce è suadente e carezzevole « Tu sei quella che ha fatto incavolare - e non poco - mia sorella »
« E allora? » chiedo sulla difensiva. Non credevo che un semplice cenno nella direzione di nostra Maestà fosse bastato a mandarla in bestia.
Lui alza le mani a mo di resa « E allora hai fatto benissimo. Se la meritava una lezione quella smorfiosa »
Poi si avvicina e mi porge la mano « Emanuel »
Accetto la sua mano e mentre sto per pronunciare il mio nome, lui me l'afferra, s'inchina e me la bacia come un gentiluomo di altri tempi. Deglutisco a fatica mentre sento il sangue defluire pericolsamente alle guance.
« Prue » sussurro.
« Bene, Prue » mormora « Ci si vede in giro »
Si volta e se ne va, mentre resto ancora lì per riprendere fiato.
Guardo nella direzione di Josh e Lucy ma, prima che possa vederli, intravedo una figuara alta e muscolosa, con dei pericolosi occhi blu, che mi fissa contrariato. Lo vedo avvicinarsi e mi si blocca per un attimo il cuore lasciandomi immobile.
« Dovresti essere agli allenamenti » afferma severo, eppure c'è qualcosa di diverso nei suoi occhi. Una scintilla che mi suscita troppe domande.
« Ho.. ho appena finito di mangiare » rispondo sensa senzo.
« Sì, be' » risponde spiazziato dalla mia reazione quieta « Appena hai finito vai in Palestra, avverto Aramis »
Annuisco e faccio per andarmene, ma lui mi tiene per un braccio, bloccandomi.
« Che voleva da te? » domanda.
Sbatto le palpebre confusa « Chi? »
« Emanuel » il suo tono di voce è risoluto, ma le mani gli tremano sul mio polso.
« Conoscermi » lo informo compiaciuta. Non so nemmeno perché si stia interessando.
Lui annuisce e lascia la presa « Fà attenzione »
« Cosa te ne frega? » ripenso al modo in cui mi ha trattata e non posso trattenere l'acidità.
« Mi importa più di quel che credi » borbotta più a se stesso che a me.
« Cosa hai detto? »
« Niente » conclude e fila via.
Ma io ho sentito benissimo.  
 

 
   
 
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