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Autore: smartiess    07/04/2021    3 recensioni
Ambientata dopo il finale della serie tv Supernatural;
Il Paradiso è infinitamente bello, proprio come Dean se lo aspettava e, avendo ingoiato l'ingiustizia di quello che gli è accaduto sulla Terra, accetta la realtà in cui si trova: ora, si dice, può essere felice.
Cerca Castiel, lo chiama, lo prega di raggiungerlo perché ci sono delle parole che sostano da fin troppo tempo nell'oscurità del suo cuore e che spingono per uscire, per rivelarsi, per cessare di nascondersi.
Ma quando Castiel non arriva e Dean apprende il motivo, stringe i pugni e sospira.
È l'ultima guerra che deve combattere e questa volta
è una battaglia intima e profonda contro il bisogno di urlargli quelle parole e la consapevolezza di non poterlo fare perché, solo parlando, condannerebbe l'angelo al buio eterno.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Famiglia Winchester, Sam Winchester
Note: Missing Moments, Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro, Contesto generale/vago
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Nei giorni seguenti Dean non evita Castiel. Non lo fa, ma cambia stanza quando riconosce i passi dell'altro calpestare il pavimento della casa in cui anche Sam si trova ed  aggira minuziosamente i luoghi dove sa che  l'angelo potrebbe essere presente, tanto che, a distanza di giorni,  le ultime  parole che si sono scambiati  sono state le presentazioni del giorno in cui Castiel era in giunto in Paradiso e l'unico contatto era stato  il fievole  sfioramento di dita nel passarsi  l'asciugamano.  Null'altro.

 

Dean passa le giornate in casa, fuori casa, dorme, cammina, esce, parla, trema, grida, rompe, vaga. Nulla di tutto ciò accade con Castiel. 

 

 

Talvolta, Dean vorrebbe tornare nel Vuoto, camminare nel buio e chiedere all'entità di cancellare Castiel anche dalla sua,  di  memoria o al massimo di spedirlo in un altro posto- qualsiasi altro- perchè è solo con l'assenza dell'altro  che Dean sente che sarebbe in grado di metabolizzare le circostanze attuali: Aveva temuto per tutta la sua vita di perdere le persone  a lui care e questa paura non aveva fatto altro che amplificarsi e confermarsi volta dopo volta ed aveva ingoiato massi e massi di sensi di colpa, ansie ed angosce, ed ora che la persona che aveva calpestato  e ripudiato per così tante volte era tornata in vita per l'ennesima volta, sente di essere  riuscito a perderla comunque.

 

Ma la cosa peggiore, per quanto nella sua mente sia sensata, per quanto ragionevole, è che  Dean trova nello sguardo lontano di Castiel, nei suoi gesti solo avvistati, nelle sue parole solo immaginate, un senso di pace che custodisce segretamente dentro di sè e che sprigiona ogni qual volta sente la sua mente cedere. Guarda le proprie  nocche scavate, rosse, violacee e sospira, tremante, ma la voce di Castiel è sempre udibile da dove si trova e avverte le parole solo poco distinguibili accarezzargli la mano, avvolgerla in un panno, guarire le ferite con un suono. Ma, allo stesso tempo, vorrebbe potergli essere accanto, parlargli, scherzare, dirgli una di quelle sue stupide  battute per cui sa che Castiel non riderà, ma che si dimostrerà , ad ogni modo,  pronto ad ascoltare,  perchè, per quanto tenti di convincersi che sia sufficiente così, la sua presenza solo percepita da lontano e mai sentita, lo lacera giorno dopo giorno sempre più nel profondo. 

 

E la presenza di Castiel, nelle infinite contraddizioni della mente di Dean, inizia ad equivalere al tutto del passato ed al nulla del presente,   perchè Castiel gli ricorda tutto e allo stesso tempo, solo esistendo, cancella simultaneamente quegli stessi molteplici ricordi che mai ritorneranno ad essere attimi. E quegli occhi blu, che un tempo significavano sicurezza, ora sono solo minaccia.

 

Dall'altra parte, Sam aveva riferito a Castiel  che Dean era suo fratello e gli aveva detto, mentendogli, che era semplicemente morto molto tempo prima che l'angelo potesse farne conoscenza. Castiel- gli aveva raccontato Sam- aveva indugiato :"Non mi avevi detto di avere un fratello", ma Sam aveva alzato le spalle e la conversazione era morta prima di nascere. 

 

Ed  anche la voce di Sam che gli dice che  così non ha alcun senso, che non può passare l'eternità ad ignorarlo, rimane una delle tante voci che  risuonano a vuoto nella sua mente, ma Dean, ad ogni eco di queste, sente di non poter comunque fare altro. 

 

Non sa come comportarsi, non sa come muoversi. Si sente come un infante ai primi passi: ha paura di cadere ad ogni piede che poggia a terra. L'unica differenza è che il bambino non sa di poter cadere, o, se lo sa, cade,  piange o sghignazza e si rimette in piedi e riprova poco dopo; Dean sa che al primo passo sbagliato, il rialzarsi sarebbe solo un'illusione. 

 

Nella memoria di Castiel, Dean non è mai esistito ( i  ricordi dell'angelo nei confronti della famiglia Winchester  iniziano con Sam nella gabbia insieme a Michele e Lucifero, al suo corpo salvato, eppure privo di anima) e, forse, Dean inizia a credere, è meglio così

 

 

                                          **** 

 

Dean ricorda vagamente di essersi addormentato, ma si sveglia fra le coperte di un letto già sfatto. Le lenzuola bianche si intrecciano sul suo corpo in una disposizione che gli ricorda particolarmente il letto che aveva da piccolo- quello in cui la madre lo svegliava la mattina con l'odore di biscotti ed un sorriso dolce sul volto- solo molto più grande.

 

Si spoglia dai vestiti del giorno precedente ed entra nella doccia. L'acqua calda gli colpisce il volto, svegliandolo dal torpore mattutino. Guarda le gocce calargli sul petto, sulle mani e cadere fino ai suoi piedi, risuonando in delle piccole pozze che si sciolgono nello scarico argenteo.

 

 

É tutto così tranquillo, quotidiano quasi, che Dean riesce a fatica a ricordarsi di essere in Paradiso. Inspira profondamente ed esce dalla doccia.

Si guarda allo specchio, un asciugamano nero che gli avvolge il corpo ed il vapore dell'acqua calda che copre gradualmente lo specchio. Dean guarda il suo riflesso: le occhiaie scavate, i capelli bagnati che gocciolano sulla fronte, il petto che si alza ed abbassa al ritmo del suo respiro. Guarda in basso le braccia che si reggono al lavandino, respira e  si rivolge nuovamente  verso lo specchio. 

 

Il vapore inonda la stanza e copre la superficie in cui l'uomo si specchia finché Dean non vede più riflesso nemmeno se stesso.

 

                                         ****

 

 

Quando Dean esce, non si aspetta che sia una pioggia fitta ad accoglierlo. L'acqua bagna i fiori, le piante, bagna il tetto delle abitazioni che si susseguono l'un l'altra. Dean osserva le gocce bagnargli le scarpe, ma non se ne cura e attraversa il campo verde che gli si prospetta davanti.

 

Tutto tace: solo il rumore della pioggia lo accompagna. Dietro di lui, Castiel cammina nella sua direzione. 

 

Dean si gira, piano e lo guarda di sfuggita. Volta nuovamente lo sguardo e continua a camminare.  

 

 

I passi retrostanti, ora, risuonano insieme alla pioggia che cade a terra incurante. Dean riesce a sentire distintamente le scarpe dell'angelo calpestare con suono cadenzato l'erba bagnata e fangosa, cercare di annullare la distanza che li separa. 

 

Dean cammina, ancora. Chiude gli occhi ed avanza imperterrito, come se dietro a lui non ci fosse la persona che negli ultimi mesi ha lottato per riavere, come se non fosse stato il suo ricordo a tenerlo in vita dopo che la sua stessa, mera esistenza aveva condotto alla morte  la  persona che più aveva amato,  come se non ci fosse suono più bello della voce che gli è dietro, individuo più puro con cui abbia mai parlato, come se non fosse tutto ciò in cui Dean aveva trovato un luogo sicuro, come se quella persona non fosse stata la prima a credere davvero in lui, a credere che meritasse di essere amato, a vedere  ogni sua  ferita ed  a trovarvi solo un'infinita bellezza mentre  Dean si guardava allo specchio e non vedeva altro che un fallimento per se stesso e per gli altri. 

O forse è proprio per questa ragione, è proprio nella consapevolezza di tutto ciò che chi gli è dietro realmente è , che Dean decide di  ignorarlo, e cammina ancora, di più, più veloce , perchè se solo Dean lo facesse, se solo si girasse, se solo guardasse la persona che ha amato, che ha voluto, desiderato, a cui ha anelato per anni, non crede che avrebbe la forza necessaria per non crollare.

 

Ma poi, d'un tratto, inaspettatamente,  il suono dei passi dietro di lui cessa e, all'assenza di rumore, Dean si ferma. 

 

Si dice di non voltarsi, di non girarsi e  sospira e chiude gli occhi e aspetta. Ma Castiel è dietro di lui, e Dean alla consapevolezza, non riesce, non può controllare se stesso e, quando, infine, si volta, con il cuore in subbuglio, Castiel è lì, a pochi metri da lui, che lo guarda confuso.

 

Dean apre la bocca per parlare, ma non ne esce alcun suono. 

 

Non riesce a capire: Castiel non si ricorda di lui. Cosa fa allora lì, fermo e sotto la pioggia, bagnato da capo a piedi e con gli occhi blu che lo osservano quasi aspettasse qualcosa?

 

Dean si schiarisce la voce  «Non credo che gli angeli siano immuni ad una polmonite, sai?»

 

« Ci conoscevamo noi due» afferma Castiel e le parole sferzano l'aria come se impugnasse un coltello. Dean è gia fermo quando lo sente parlare, ma, alle parole, sente il suo corpo bloccarsi ulteriormente.  « Non è vero?» continua l'altro.

 

E Dean si volta e riprende a camminare.

 

« Dean...» Ed il modo in cui lo dice è cadente, confuso, autoritario, invitante, stanco e fin troppo simile al modo in cui l'angelo  era solito chiamarlo per richiamare la sua attenzione. E mentre il suono comunque dolce e fluido e bello  di quel nome sembra diramarsi di  eco in eco, Dean   è costretto, ancora una volta, a ricordarsi che quello lí è davvero Castiel e non un suo mero sostituto.

 

« Cosa te lo fa credere?» chiede allora Dean , sovrastando il rumore della pioggia fitta e che cade sui loro volti  vorace.

 

« Il fatto che continui ad evitarmi»

 

« Non ti sto evitando» 

 

« Allora fermati»

 

« No» Non posso, vorrebbe aggiungere, ma non lo fa.

 

E poi Castiel parla ed i passi di Dean si assestano da sé. « Mi dispiace» dice.

 

Dean si volta, piano e la sua voce è arrogante anche quando non vorrebbe che lo fosse  « Cosa?»

 

La pioggia batte sulle finestre di una casa poco distante e il ticchettio risuona nell'aria come un orologio che scandisce i secondi, i minuti, i respiri e gli affanni che condividono nell'essere distanti.

 

« Se fossi davvero morto tempo prima che io ti conoscessi non cercheresti di cambiare stanza ogni volta che occupo anche io il medesimo spazio...» dice e la sua voce attacca stancamente il rumore delle gocce che a tratti lo sovrastano,  tanto che Dean fatica a sentire quello che dice. «Credevo fosse una coincidenza inizialmente, rapportata al fatto che sono pochi giorni che mi trovo qui anche io e che avessi bisogno di abituarti ad una nuova presenza in un ambiente nel quale tu vivi già da tempo, ma le probabilità che questo accada così spesso sono davvero poche in addizione al fatto che anche Sam cambia espressione quando io e te  siamo nello stesso posto»

 

Dean lascia che il suo sguardo attraversi il corpo ed il viso dell'altro per pochi istanti. 

 

«É evidente che tu abbia una ragione per evitarmi di cui io non sono a conoscenza come non sono a conoscenza di chi tu sia o di quando io sia entrato nella tua vita, ma se serve a mantenere una pace comune credo sia meglio scusarmi con te, Dean e ritirarmi in qualunque angolo di paradiso mi sia più adatto»

 

« Cosa? No» dice, mentre tenta di elaborare le parole dell'altro « Aspetta» 

 

Tossisce per il brivido che lo pervade ed indica la casa poco distante con un cenno della testa. Castiel lo segue, senza pronunciare una parola. 

 

Dean si siede sul porticato, al riparo dalla pioggia. Castiel aspetta, guardandolo. Dean appoggia la mano sulla struttura di legno, invitandolo a sedere accanto a lui. Castiel si siede, silenzioso e le loro ginocchia, vicine,  quasi si sfiorano. 

 

Nessuno dei due proferisce parola per qualche istante. 

 

Un boato di vento apre una delle finestre della casa che cigola in risposta e l'acqua che si abbatte sulle mura, sul porticato,  sparisce, cadendo nel verde dell'erba. Dean scosta il giacchetto bagnato e lo appoggia alla sua sinistra, continuando ad osservare la leggera nebbia che ora si dirama dinanzi a lui e che si confonde nel rumore della pioggia.

 

« Noi ci conoscevamo» inizia Dean e la sua voce risulta tremolante persino alle sue  orecchie « tempo fa» aggiunge dopo un battito.

 

Castiel annuisce. Non è sorpreso o arrabbiato: il suo viso è fermo, attento, pensante. Poi, fa la cosa che Dean teme più di tutte le altre: si volta e lo guarda.

 

 I suoi occhi lo osservano come era solito fare, quasi a studiarlo, quasi ad analizzarlo. E che Dean sia dannato se aveva anche  solo potuto pensare che non avrebbe ritrovato lo stesso senso di sicurezza, se aveva anche solo potuto pensare che quegli occhi blu gli avrebbero ricordato costantemente l'incombente, persistente, intimidazione di ciò che Dean non gli deve fare ritornare alla memoria; perchè il corpo di Dean non può far altro se non rabbrividire alla vista,  quasi fosse nudo nel mare d'acqua fredda che li circonda, e vorrebbe dire che distoglie gli occhi e guarda altrove, ma la verità è che  Dean riesce solo a ricambiare quello sguardo, anzi,   è  quasi Dean stesso che cerca con insistenza lo sguardo dell'altro perchè infine, nonostante tutto, quello è Castiel; e Castiel gli manca da morire. E quegli occhi, che dovrebbero fargli paura, gli ricordano l'oceano, il cielo dopo una tempesta e da che dovrebbero apparire alieni, estranei, risultano essere solo umani . E, d'un tratto, tutto questo risulta così incredibilmente familiare che, per quei piccoli, miseri istanti, Dean sente di poter ingannare se stesso, di fingere di trovarsi sulla terra di qualche mese fa e credere che tutto questo sia solo uno dei tanti  brutti sogni che si è ritrovato a vivere una notte.

 

« Eravamo amici?»

 

 

No « Si» 

 

Poi, quando crede di non esserne più in grado, Dean distoglie lo sguardo. «  Si, Cas. Eravamo amici»

 

Dean odia il suo indugiare mentalmente. Lui e Castiel erano davvero stati amici. Non erano mai stati solo quello, ma lo erano stati. Non gli sta mentendo, si dice, ed incrocia i palmi delle sue mani fredde, sferzandoli tra di loro, cercando di scaldarsi. 

 

« Non mi ricordo di te» dice Castiel, sommessamente.

 

Dean sospira. « Lo so» risponde dopo qualche attimo, incrociando nuovamente il suo sguardo.

 

Castiel lo guarda, silenzioso, ed inclina la testa di lato « Perché non mi ricordo di te?» 

 

Dean non risponde- non si fida della sua voce- ed alza distrattamente le spalle.

 

Il crepitio della pioggia continua dinanzi a loro, ma sembra affievolirsi goccia dopo goccia.

 

« C'è stata qualche azione che ho fatto per ferirti in passato per la quale tu mi eviti adesso, Dean?»

 

« No»

 

« E allora perché lo fai?»

 

Dean ingoia un brivido e lo maschera con una piccola, incredula, risata « Diciamo che non è esattamente semplice ricostruire un rapporto con qualcuno che non si ricorda di te»

 

Castiel incrina le labbra in quello che appare un sorriso accennato, e si guarda attorno « Mi piace pensare che ne abbiamo di tempo a disposizione»

 

Dean sorride genuinamente- il primo da quando è arrivato qui- e scuote la testa.

 

«Credi ci sia un modo per ricordarmi di te?» chiede l'altro.

 

Dean abbassa lo sguardo. La terra sotto di lui è bagnata e si attacca alle sue scarpe in un fango che sarà difficile da lavare via più tardi « No» dice, « Abbiamo già provato» mente. 

 

Castiel sospira, silenzioso, ed annuisce. 

 

Dean tossisce, ancora e stringe maggiormente a sé la sua camicia verde di flanella  che si appoggia bagnata e appiccicosa alla sua pelle.

 

Il silenzio che ora condividono si protrae per alcuni, lunghi istanti finchè poi, d'un tratto, in un sussurro, Castiel parla : « Avevi bisogno di parlare» dice, e non è una domanda, ma Dean assottiglia gli occhi, lo guarda di sfuggita ed, infine, annuisce.

 

« Credo di sì» conferma ugualmente,  seppure incerto. « Cos'è? Qualche sorta di potere angelico?»

 

Castiel scuote la testa «Solo la natura»

 

Dean inarca le sopracciglia «Ti dimentichi di me da cinque  giorni  e mi diventi  un istruttore di yoga»

 

Castiel sorride appena «La relazione che c'è tra individuo e natura in paradiso è più profonda e intima di quella che si avverte sulla terra, Dean»

 

Dean si guarda attorno e la pioggia, prima battente, forte e violenta, ora è ridotta a poche, dolci,  fievoli gocce che a lunghi intervalli cadono dal cielo. 

 

« Spesso si identifica con lo stato animo di qualcuno, altre volte si trasforma in ciò di cui l'individuo sente segretamente di avere bisogno, talvolta è manifestazione di qualcosa che non riesce ad essere espresso esplicitamente ...»

 

Dean guarda Castiel: gli occhi blu, la voce calda, la mascella imponente, le labbra screpolate,  la leggera barba che nasce sulla sua pelle. Quando Castiel si volta, l'angelo  tenta di incrociare il suo sguardo, ma Dean si è già voltato.

 

 « Credevo che il Paradiso fosse solo sole e felicità»  dice quindi Dean mentre percepisce   lo sguardo dell'altro  fermo sul proprio volto.

 

« La natura umana è estremamente complicata. Morire non significa necessariamente  la risoluzione di qualcosa, solo il trasporto del dolore in uno  stadio più ampio, sereno, quieto»

 

Dean annuisce impercettibilmente e sospira i pensieri che non riesce a pronunciare. Vorrebbe parlare, ma la sua voce si blocca in un colpo di tosse.

 

« E per rispondere alla tua domanda ...» inizia Castiel, avvicinandosi al suo corpo. La mente di Dean gli dice di allontanarsi, il suo corpo non lo fa « No, noi angeli non possiamo prendere la polmonite, o meglio.. potremmo ma saremmo in grado di elaborarla rapidamente, voi umani invece... Posso?» chiede dunque, sollevando di poco la mano in direzione del suo viso.

 

Lo sguardo di Dean si sofferma sulle dita della mano dell'altro e dovrebbe voltarsi e andare via, ma non fa nulla di tutto ciò:  I suoi occhi verdi brillano come le foglie degli alberi bagnati attorno a loro, come l'erba accarezzata dalle poche, rare gocce che adesso si appoggiano dolcemente sul terreno e si sente impotente di fonte allo sguardo altrui. Tenta  di essere disinvolto ed al proposito  inarca un sopracciglio, contorce il suo viso in un'espressione confusa  ed alza le spalle, ma quando la mano di Castiel si avvicina al suo viso, e le sue dita sfiorano la sua fronte, Dean si dimentica di qualsiasi facciata stia cercando di mostrare e, come anelasse a quel tocco,   avvicina maggiormente  la testa e quasi chiude gli occhi mentre i polpastrelli  si fermano sul proprio viso. Avverte la sua gola, prima irritata, risanarsi ed i brividi di freddo che provava, anche se tutt'ora i suoi vestiti bagnati si attaccano alla sua pelle,  essere  sostituiti da un dolce torpore.  

 

Castiel è così vicino e la mente di Dean gli urla incessantemente  di non avvicinarsi ancora , ma quando sente che il suo corpo si sta allontanando, le dita affusolate di Castiel indugiano sul proprio viso ed il respiro di Dean si spezza prima che possa  uscire dalla sua bocca in un sospiro.  

 

Dean chiude gli occhi e deglutisce sonoramente « Grazie» dice poi. 

 

Ma  tutto quello che rimane di Castiel è il rumore di un battito di ali.

   
 
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