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Autore: NorwegianWoodFields    09/04/2021    2 recensioni
Artù, un ragazzo viziato seppur di buon animo, è da sempre vissuto nell'agiatezza e si ritroverà a fare i conti con la realtà più cruda, quella dei comuni mortali, a vivere senza la sua stabilità economica e privilegi vari, cominciando a capire cosa significhi dover provvedere a se stesso, più o meno da solo, senza alcun appoggio da parte del padre.
Merlino è un ragazzo che si fa in quattro con i suoi lavori part time tentando di sostentarsi ed aiutare la madre. Conosce da sempre la realtà nella sua forma più cruda, eppure questo non gli ha mai impedito di essere una persona dalla serenità travolgente.
Entrambi cominciano con il piede sbagliato carichi uno di aggressività e l'altro di pregiudizi. Le "ragioni" della loro ingiustificata antipatia sono effettivamente inconsistenti: si contendono le attenzioni della stessa ragazza, Viviana.
Presto però, la sorte farà si che debbano cominciare a passare molto tempo insieme per lavoro. Scopriranno di essere tanto simili nonostante le loro evidenti differenze. Questa velocità con la quale si legheranno subito in un'amicizia e la rapidità con cui la chimica tra loro esploderà, sarà causa di dubbi esistenziali, paure e rivalutazioni di aspetti abbastanza personali del proprio essere.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gwen, Merlino, Morgana, Principe Artù, Will | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione, Nel futuro
Capitoli:
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"Allora Merlino..." Cominciò Artù minaccioso, mentre il diretto interessato stava richiudendo la porta della propria abitazione, si girò e sobbalzò nel ritrovarselo vicino, quasi come l'ospite lo stesse confinando addosso all'uscio.


 


 

"Non mi starai facendo ostruzionismo nella mia stessa casa, testa di fagiolo?" Chiese Merlino con finta indignazione, il biondino lo stava fissando con sguardo da satiro, grandi aspettative illuminavano le sue iridi e lui se ne sentì addirittura spaventato. Cercò di non cedere alla tentazione di osservare troppo minuziosamente l'asino, più i giorni passavano e più diventava un arduo compito quello di non cadere nella maleducazione ed indiscrezione.


 


 

"Mh...ostruzionismo, che paroloni!" Lo prese in giro.


 


 

"Vuoi starmi addosso per tutto il tempo?" Domandò Emrys, impaziente.


 


 

"NO!" Urlò Pendragon agitato.


 


 

"Non se mi mostri i disegni. Voglio vederli. Non penserai che mi sia dimenticato!" Seguitò.


 


 

"Che palle, perché te l'ho detto!?" Si maledisse da solo, portando le braccia in aria, con fare teatrale. Sperava che quell'informazione gli passasse per la mente, che la reputasse un fatto da poco conto, ma nel corso delle settimane aveva continuato spesso ad interrogarlo in un moto di curiosità ai limiti del gossip e dello scandalistico. "Hai mai disegnato dal vero? Ti piacerebbe? Che preferisci ritrarre? A colori? Bianco e nero?" Artù si era mostrato veramente pedante a riguardo e l'altro non gli aveva concesso di sapere poi troppo.

Il moro si slanciò in avanti, con l'intento di fargli strada verso la camera, dove custodiva gelosamente i ritratti, ma l'altro non aveva accennato a scansarsi, era coi piedi ben piantati a terra e questo causò una leggera colluttazione involontaria tra le loro spalle.


 


 

"Dici che mi fai muovere?" Quasi gracchiò il padrone di casa. Odiava udire la sua voce uscire con tale urgenza, non esistevano effettivi motivi per sentirsi tanto agitato!
Il biondino finalmente si fece di lato, permettendo quindi a Merlino di muoversi in tutta tranquillità, poi lo seguì euforico, come uno scoiattolo che, se se lo ricordava, tornava a scavare dove aveva nascosto una miriade di ghiande, famelico al solo pensiero del proprio bottino.
Pendragon si stravaccò accanto la scrivania ed attese, impaziente, che il marziano gli porgesse i tanto ambiti fogli, i suoi disegni, cosa tra le pochissime, a rendere il suo amico seriamente riservato. Emrys trattenne il respiro nel darglieli, si sedette sul bordo del suo letto e l'altro li prese delicatamente, quasi con solennità, sfiorandogli appena le dita gelide.
I suoi occhi parvero riempirsi, quando poté finalmente osservarli e togliersi ogni curiosità. Erano in bianco e nero e ad Artù fu chiaro che l'amico avesse usato una penna.


 


 

"QUESTO È WILL CHE LAVA I PIATTI! La stessa identica faccia da schiaffi!"
Esclamò il biondino, anche se avrebbe preferito esordire con un “faccia da culo”. Fu scioccato dalla somiglianza, sia fisica che espressiva.
Il secondo che gli capitò per mano, ritraeva una donna, sfiorò la carta ruvida sotto l'inchiostro, come ipnotizzato da quei segni rozzi e sicuri, quasi graffiati.


 


 

"Chi è questa signora? Le hai fatto uno sguardo così dolce e amorevole!"


 


 

"È mia madre!" Affermò il moro con un sorriso malinconico, martoriandosi le dita ansioso, come se la sua intera vita dipendesse dalla reazione che quei ritratti avrebbero suscitato a Pendragon. Desiderava che provasse delle emozioni, voleva che l'amico rubasse un po' della sua personale prospettiva più pura della realtà che li circondava; che si prendesse un po' del suo cuore e dei sui sentimenti, che Merlino aveva rinchiuso e sintetizzato in quei tratti inesperti e grezzi.


 


 

"Oh, adesso capisco!" Sussurrò Artù, riferendosi all'espressione tenera della donna, gli ricordava quella del collega, di certo il marziano aveva ripreso da lei quella caratteristica affabile. Emrys non afferrò il commento, aggrottò leggermente le sopracciglia e strinse le labbra in una fessura.


 


 

"Il tuo tratto è...avvolgente!" Constatò il biondino, quei tratteggi incrociati, rispecchiavano perfettamente il moro stesso. Linee decise, squadrate, eppure contraddittoriamente davano una eterea sensazione di morbidezza e dolcezza, proprio come le forme del ragazzo.
Il padrone di casa si fece ancora più serio, tentando di capire se quelle parole fossero vere, o se fossero solamente commenti di convenienza, giusto per non offenderlo.


 


 

"Gli occhi soprattutto, li rendi così profondi, accattivanti!" Continuò, lo sguardo del soggetto del disegno era stato rivolto altrove, eppure Pendragon era rapito da quell'espressione materna, era una rappresentazione malinconica, ma positiva.
Merlino forse, avrebbe dovuto pregarlo di smetterla con tutti quei complimenti, perché non ci era abituato, non con lui, ma la verità era che lo appagavano.

Artù cambiò foglio e rise, alla figura stramba dell'uomo particolare che era rappresentato, parve concentrarcisi molto.


 


 

"Allora...lui è uno simpatico, ma sa essere molto severo e testardo, però è come te, non giudica se fai o dici una cavolata, poi sembra buffo, ci ho azzeccato?" Tentò di indovinare, come se avesse trovato il gioco infantile più bello al mondo ed Emrys lo fissò divertito, buttando un occhio al disegno, per vedere di chi stesse parlando, anche se poteva immaginarlo.




"Direi che ci hai preso! Lui è Gaius! Per me è la cosa che più si avvicina ad un padre!" Confessò, il biondino gli sorrise appena, ne avevano parlato dei propri genitori...lui di sua madre ed il moro del suo papà.

Quando, alle domande del marziano, il ragazzo aveva affermato che sua mamma fosse morta dandolo alla luce, Merlino aveva sbarrato gli occhi, balbettando qualcosa che somigliava a delle scuse, sentendosi impotente e pentendosi della propria curiosità che lo aveva portato a ficcanasare. Pendragon lo aveva tranquillizzato, facendogli presente che ormai erano cinque anni che non si sentiva più in colpa per la dipartita di Ygraine, anche se per molto tempo aveva temuto seriamente non sarebbe mai arrivato il momento in cui avrebbe smesso di ritenersi colpevole.

L'altro si era chiesto mentalmente il perché avesse raggiunto quel traguardo essenziale solo di così recente e come fossero stati gli altri diciotto anni prima che lui arrivasse ad una maturazione tale, da capire che non poteva incolparsi, ma non ne aveva avuto il coraggio, non aveva voluto spegnere il suo orgoglio, la sua felicità per quell'ardua conquista. Aveva sospettato che il padre non lo avesse compreso nel suo trauma e che perciò non lo avesse aiutato, o peggio che lo avesse indirettamente accusato. Da quello che aveva capito dalle parole di Artù, Uther era un uomo abbastanza arido e severo oltre che estremamente bigotto e truce. Probabilmente, se il suo amico ci aveva impiegato tutto quel tempo, un po' era anche per colpa dell'anaffettività di quell'uomo.
Il marziano invece, gli raccontò che di suo papà non conosceva neanche il nome, almeno fino ad un anno prima, quando finalmente Hunith si era decisa a parlare, troppo tardi, visto che Balinor era da poco venuto a mancare.

Gli aveva poi confessato una cosa, che non aveva mai espresso ad alta voce, con nessuno: per un futile e breve momento, aveva provato rabbia contro sua madre. Si sentiva un mostro ingrato, ogni volta che ripensava a quel sentimento d'astio che aveva indirizzato contro la donna, per non avergli rivelato prima dell'identità di suo padre. Se lei avesse parlato a tempo debito, forse avrebbe avuto l'amore di entrambi i genitori. Si sentiva un egoista, per averlo pensato, per aver accusato ingiustamente Hunith del suo silenzio. Ma il biondino aveva saputo come scacciare i suoi inutili sensi di colpa, facendogli comprendere che anche le brave persone potevano avere emozioni di risentimento e che non doveva pensare fossero sbagliate, che lui fosse sbagliato. Non significava che egli non potesse più volerle bene, serviva ben altro astio per imbastardire il legame tanto profondo con un genitore, Pendragon ne era a conoscenza purtroppo. Non era vero che per amare qualcun altro si dovessero cancellare gli avvenimenti che non si riusciva a far andare giù! Non funzionava così, anzi, andavano affrontati ed Emrys non doveva vedersi come un mostro, perché non lo era affatto, era solamente un umano, con le sue forze e le sue debolezze. Né era necessario che facesse finta di non aver provato ciò che aveva provato.
Il moro le aveva stampate nel cervello quelle parole "Non serve essere smemorati per amare, non sarebbe un sentimento puro altrimenti no? Va ricordato tutto, il bene e il male, nel bene e nel male!" Quell'asino era una delle persone più preziose che avesse mai incontrato.


 

Artù riprese ad osservare il foglio, come alla ricerca di qualcosa.


 


 

"Ah mi è venuto in mente a cosa somiglia il tuo stile! Alle incisioni!" Annunciò, sembrava proprio che le figure prendessero vita, grazie alla pressione che il torchio esercitava sulla carta, facendo così penetrare l'inchiostro nascosto nei solchi del metallo, sul foglio, regalando l'immagine finita, speculare rispetto alla lastra incisa con la punta secca. Ma quella non era di certo una stampa.

Il biondino seguitò a sfogliare e rimase colpito dall'illustrazione che gli capitò sotto gli occhi, osservò con zelo tutti i dettagli di quella figura, un ragazzo nudo seduto con le gambe incrociate, gomito puntato sulle cosce, testa abbandonata stoicamente sulla propria mano, guardava in basso, pensieroso, quasi come avesse l'intenzione di alienarsi e di trascendere dalla realtà.


 


 

"Questo ragazzo...sono io?" Chiese, assorto. Il cuore di Merlino prese a martellare velocemente, solo in quel momento si rese conto che forse, non avrebbe fatto piacere a Pendragon rivedersi catturato su un foglio, magari avrebbe dovuto scusarsi per averlo ritratto, per aver dato al suo essere un'interpretazione. Prima di allora l'avrebbe reputata una cosa del tutto normale e non si era accorto di quanto in verità, risultasse un po' da stalker psicopatico.


 


 

"Cazzo...che cosa imbarazzante! Mi avrai sicuramente preso anche per un maniaco, insomma...Cioè...io..." Farfugliò il marziano, nascondendosi la faccia dietro le sue mani aperte. Ma perché non ci aveva riflettuto bene prima?
L'asino lo guardò sconcertato, poi gli afferrò un polso e glielo allontanò dal volto.


 


 

"Finiscila, sei...è fantastico e non c'è nulla di imbarazzante, se non la tua idiozia scandalosa!" Lo rassicurò. Come poteva il padrone di casa scusarsi per una cosa tanto bella? Non avrebbe dovuto vergognarsi per le sue abilità, anzi avrebbe dovuto sentirsi orgoglioso.


 


 

"Quindi...Una persona che ci tiene alla propria immagine sociale, contenuta, conforme, ma allo stesso tempo un po' arrogante e con uno sguardo vuoto?" Disse l'ospite, continuando il suo strano giochetto che aveva messo in atto anche per il ritratto di Gaius.


 


 

"Assolutamente non è uno sguardo vuoto quello che io vedo! Al massimo sei tu che guardi nel vuoto!" Si affrettò a mettere in chiaro Emrys, alzandosi in piedi e mettendosi accanto all'amico seduto. Gli lanciò un'occhiata eloquente, probabilmente sperando potesse comprendere come i suoi occhi lo vedevano, davvero.


 


 

"Un tipo freddo nei modi come te, tanto impostato e razionale... eppure stai spesso con la testa tra le nuvole, ti alieni, esattamente quello che ci si aspetterebbe però da una persona impulsiva, irrazionale, emotiva! Sei facile preda dei giudizi sbagliati, per colpa della tua apparenza, io lo so bene, perché sono stato scemo..." A quelle parole, Artù rise appena, imbarazzato.


 


 

"Ti isoli spesso, nei tuoi pensieri, nelle tue malinconie con cui devi ancora imparare a convivere, perché fanno parte di te, che tu lo voglia o meno. Sparisci da questo mondo perché rifletti a volte troppo, se sembra che tu guardi nel nulla è solo perché nessun altro può vedere il tuo universo, perciò non fraintendere pensando che per me hai uno sguardo vuoto. Riuscirai ad avere più clemenza e rispetto verso te stesso e arriverà il giorno in cui non dovrai più dubitare della tua profondità, se qualcuno dovesse osare giudicarti come vacuo, tu non avrai più paura di sembrarlo, perché è evidente che non lo sei!” Il moro parlò come se si sentisse una sibilla, ebbe la premura di spiegarsi meglio, desiderava che la smettesse di usare l'aggettivo “vuoto” per descriversi. Non lo era affatto e non avrebbe dovuto pensarlo neppure per un istante. Merlino era sincero, il biondino ne aveva coscienza, lo sentiva con tutto se stesso, il suo calore spontaneo e genuino. Pendragon era stordito, imbambolato, quasi aveva scordato quanto potesse risultargli essenziale, essere apprezzati da quel ragazzo strambo.


 


 

“Come è evidente anche, che tu sia una completa testa di fagiolo, sprezzante e pure ignorante!” Continuò, volendo spezzare quella strana atmosfera contemplativa che si stava creando tra loro.


 


 

“Merlino! Hai detto che non me lo avresti più rinfacciato!” Urlò Artù, fintamente offeso.


 


 

“Oh non è colpa mia se continuo a pensare a te che dai la precedenza all'altra modella dicendole 'vadi' “


 


 

“Andiamo, un errore capita a tutti!” Si giustificò l'ospite, trattenendo un sorriso, al pensiero di aver pronunciato un tale strafalcione e per evitare che l'altro infierisse, tornò così, a prestare totale attenzione nell'osservare le illustrazioni di cui si stava probabilmente prendendo una cotta colossale.


 


 

"Cos'è questo coso sotto la mia posa? Una melanzana? Un polmone? Un rene?" Chiese il biondino incuriosito da quello scarabocchio ai bordi del foglio.


 


 

"MA QUALE RENE!! È Un fagiolo!" Rispose, trattenendo una risata.


 


 

"Oddio....giusto il solito nomignolo che mi hai affibbiato!" Commentò con sufficienza, continuando a sfogliare quella preziosa carta. Una signora anziana seduta sulla metro, con il carrello da mercato di paese accanto; Freya e Galvano che giocavano ad uno.

C'era un bel primissimo piano di un ragazzo di tre quarti, con la testa leggermente all'indietro, quindi verso l'alto e di lato, così che la mascella e le forme sinuose del collo venissero risaltate. I suoi occhi grandi, anche se leggermente socchiusi guardavano direttamente chiunque avesse ammirato quel disegno. Inequivocabilmente Pendragon, senza ombra di dubbio. Il marziano gli aveva fatto le sopracciglia leggermente contratte, quel poco che bastava per rendere lo sguardo carico di intensità, le labbra davano una sensazione di morbidezza ed erano leggermente dischiuse, tanto che si potevano intravedere gli incisivi storti, era uno stupido dettaglio, ma quella particolarità lo rendeva ancora più vero, ancora più lui.


 


 

"Ti...ti piace?" Chiese Emrys, in piedi dietro di lui, con meno imbarazzo stavolta.


 


 

"Diamine se mi piace! Ho avuto per un attimo l'autostima a mille e un compiacimento verso l'infinito e oltre!" Confessò, quella non era una cotta, era un innamoramento bello e buono ed era vergognosamente da narcisisti prenderne atto proprio su un'immagine che lo ritraeva. Forse se quei tratti fossero stati acqua, Artù ci sarebbe rovinosamente annegato, ma non in modo epico come Narciso, bensì più pateticamente, come Federico Barbarossa, poco prima di aggregarsi alla terza crociata. Osceno, ridicolo.

Però non si era innamorato della sua forma in se, ma di come Mirino lo vedesse, di come guardava gli altri. Lo aveva ritratto, lui lo aveva trovato degno di una cosa così preziosa, non era assurdo? Le sue belle mani avevano desiderato tracciare su carta il suo aspetto, le sue espressioni. Il biondino si costrinse a porre fine a quei voli pindarici, buttò la testa all'indietro e vide il moro, in quella prospettiva buffa dal basso e all'incontrario. Il ragazzo gli sorrise, anche lui divertito.


 


 

"Sembra quasi una soggettiva. Perché gli occhi qui, ci guardano!? Cioè ti guardano, direttamente?" Chiese l'ospite, tornando col capo composto e puntando il ritratto col dito teso.


 


 

"Dici diritto verso un ipotetico spettatore?"


 


 

"Esatto, non lo hai fatto in nessun altro disegno, quindi si nota parecchio. Perché qui si?" Continuò, facendo innervosire il marziano, per qualche arcano motivo.


 


 

"Smettila di essere così ricettivo, ma tu non eri stupido?" Gracchiò.


 


 

"Oh oh, ricettivo? C'è un perché allora!" Insistette, malizioso.


 


 

"Non lo so!" Rispose, quasi in un sussurro, deglutendo a vuoto. Sarebbe bastato che Merlino avesse guardato i propri disegni con un po' più di senso analitico e sincerità, per poter far caso a quella cazzata, vedere come lo avesse illustrato in una posa e sguardo penetranti, sensuali, lo avrebbe aiutato ad avere indizi su come lui lo vedesse, nella sua percezione non solo visiva e oggettiva, ma anche sensoriale, psicologia e soggettiva.


 


 

"Lo trovi tanto strano?" Chiese il padrone di casa a bassa voce, quasi mortificato e spaventato dalla possibile replica. Chinò la testa sul capo di Pendragon, che interpellato, a sua volta rialzò il volto per guardarlo, in quella prospettiva alquanto buffa.


 


 

"No, strano no. Ma lo trovo intimo..."


 


 

"Intimo..." Ripeté stupidamente. Quella risposta gli fece tornare in mente quel pensiero un tantino fuori luogo, quando aveva sentito che fosse stato più intimo una chiacchierata ed una dormita con Artù, piuttosto che certi momenti che aveva avuto con la ragazza che un tempo era stata la sua fidanzata. Si allontanò da lui definitivamente, quasi per scacciare quelle idiozie dall'anticamera del cervello, si poggiò sullo spigolo dell'armadio e rimase così per molto, senza proferire parola, come un perfetto stoccafisso. Finché non avesse capito cosa diamine gli stava accadendo, probabilmente avrebbe seguitato ad avere quei comportamenti da stralunato.



"Arieccolo Andreotti, e ora che hai fatto?" Questionò il biondino, apprensivo, sembrava come il micio satanico di quella strega di sua sorella, quando si impuntava a caso negli angoli della casa, con il muso spiaccicato sul muro.


 


 

"Mi sto...mi sto grattando la schiena vedi? Ho un prurito proprio al centro, fastidio!" Mentì, iniziandosi a muovere spasmodicamente addosso allo spigolo del mobile.
Quello spettacolo ilare fece scoppiare Pendragon in una fragorosa risata, poi si alzò, avvicinandoglisi, lo prese per un braccio e tutt'altro che finemente lo fece ruotare di schiena.


 


 

"Qui?" Chiese Artù, toccando un punto al centro della spina dorsale dell'amico.


 


 

"Si." Buttò a caso Emrys, per non mandare all'aria la sciocca ed inutile bugia. Si lasciò grattare tramite la felpa, ma l'irruenza lo stava sballottando a destra e a manca e lui non aveva di certo voglia di esercitare troppa resistenza per tenersi immobile.


 


 

"Dovresti imparare a muoverti più gentilmente! Sei un elefante!" Lo punzecchiò il marziano. Gli venne in mente uno strano detto... Che quello che stava maturando nei confronti dell'amico, potesse ritenersi un enorme elefante nella stanza?

A tale lamentela infantile e fastidiosa, il biondino lo afferrò per una spalla, con l'intento di fermare le sue esagerate oscillazioni ed infiltrò subdolamente la mano libera, sotto il tessuto violetto che il ragazzo indossava, continuando nel suo buon proposito di porre fine al prurito inesistente al centro della schiena. Il moro si era già accorto che di recente al suo amico piacesse sentirlo vicino, che lo esternasse tramite i suoi soliti gesti virili in cui gli spaccava la schiena e la nuca, o attraverso contatti che potevano chiamarsi piccole carezze, la crescente ricerca della fisicità dell'altro, era abbastanza innegabile e disarmante. Merlino avrebbe voluto dire che non serviva, che aveva detto una stronzata, che non gli pizzicava un bel niente, se non il cervello, ma doveva concentrarsi ed usare tutte le sue forze su qualcos'altro. Assolutamente doveva porsi un freno, sforzarsi e forzarsi a non portare la testa all'indietro, estasiato da quel tocco che stava diventando sempre meno un “grattare” Non poteva permettersi di goderne troppo, non ce n'era motivazione, non solamente per le dita calde dell'asino che passavano lente sulla sua pelle. Rabbrividì per tali movimenti ed aveva iniziato a sospettare da un po', che anche l'asino dovesse trovarlo un fatto insolito e diverso, tutto quel toccarsi... era comprensibile, visto che Pendragon non era abituato a certe dimostrazioni amichevoli. Però era egli stesso che spesso si avvicendava, ma il padrone di casa aveva notato, come alle volte l'altro si tirasse indietro con irruenza, dai gesti a cui egli stesso aveva dato inizio, facendo sentire Emrys in colpa per qualcosa. Pur non avendo commesso nessun atto ambiguo, riusciva a farlo sentire colpevole. Quasi come se avesse fatto tutto lui, da solo, come se le mani di Artù non lo sfiorassero per primo con totale coscienza e volontà, piuttosto, come se qualcosa nell'animo del moro, simile ad una calamita, costringesse il suo amico a fare cose che non riteneva consone. Come se quello che stesse accadendo tra loro fosse inevitabile, ma il biondino, in sprazzi di lucidità, tentasse di evitarlo.

In quel momento, diamine, Merlino non avrebbe proprio dovuto chiudere gli occhi e sospirare come se fosse l'uomo più frustrato al mondo, no, doveva assolutamente evitare che accadesse qualcosa di simile a ciò che era successo a scuola due settimane prima.
Pendragon parve spaventarsi a morte nel vedere le espressioni combattute del marziano, tramite il riflesso del vetro della finestra che avevano davanti, cos'era quello che stavano facendo? Che robe stava facendo? Perché Emrys non lo spingeva via, perché non gli tirava una sonora pizza in faccia? Lui non avrebbe permesso a nessun uomo di toccarlo a quella maniera, ma allora perché il suo collega lo lasciava fare? Soprattutto, perché Artù lo faceva?

Si ritrasse indietro, allontanandosi rapidamente, come se fino ad un nanosecondo prima, non fosse stato in se. La felpa allungata e tirata bruscamente, batté di nuovo sulla schiena del moro, tornando nella normale estensione. Eccolo, uno di quegli sprazzi lucidi in cui l'ospite lo faceva sentire come se avesse fatto tutto da solo.
Un fastidioso tarlo nell'orecchio di Merlino, aveva incominciato ad assillarlo da qualche giorno, tormentandolo con il desiderio di dare un nome preciso alla piega che stava prendendo il loro rapporto, più precisamente il dannato tarlo, si era inserito in lui da quell'evento imbarazzante in camerino, quello per cui avrebbe rischiato una grossa figura di merda davanti alla nuova accademia in cui lavorava da poco. Lo aveva cacciato quel mostriciattolo, più di una volta, eppure...spesso tornava prepotente.

Pensò che quella serata, finalmente avrebbe cenato insieme a Will e passato del tempo assieme a lui, dopo un'eternità. Aveva l'urgente bisogno di sfogarsi, di fargli delle domande, Emrys si sentiva così intontito da non capire, o non voler capire, che l'unico a cui dovesse porre questioni sul biondino, era egli stesso, ma di certo parlarne a voce con un amico che lo conosceva a fondo, non gli avrebbe fatto del male, anzi!

Inizialmente aveva invitato anche Pendragon a rimanere con loro, ma lui gli aveva detto che non poteva, poiché era il compleanno di Gwen e gli aveva dato la parola d'onore che sarebbe stato presente alla piccola festicciola. Il moro si era offeso che l'amico non gli avesse fatto presente del compleanno di Ginevra, se lo avesse appreso per tempo, avrebbe pensato certamente ad un piccolissimo presente da farle.


 


 

“Scendiamo dai, ho un'idea!” Propose Merlino, illuminato dall'idea di un possibile regalo, tentando di riportare alla normalità quell'insolita atmosfera tesa tra i due, che si erano alienati negli angoli opposti della camera. L'asino si destò e lo seguì titubante, il marziano era un fulmine sulle scale, tanto che Artù temette che si potesse sfracellare a terra da un momento all'altro.


 


 

"Posso sapere, di grazia, dove stiamo andando e cosa stiamo facendo?" Chiese il biondino, dubbioso. Era bello però, poter passeggiare per strada senza dover portare addosso quegli ingombranti giacconi pesanti, senza stare con la fretta di fare tutto prima che il sole tramontasse.


 


 

"È il compleanno di Gwen. Qui dietro c'è la campagna di un vecchio burbero, non da sulla strada principale, è abbastanza isolato, questo terreno ha dei bellissimi fiori selvatici, ne è pieno, ed il cancello è rudimentale, basta sganciare il fil di ferro!" Rispose Emrys sconnessamente e l'altro sbarrò gli occhi esterrefatto.


 


 

"STIAMO ENTRANDO IN UNA PROPRIETÀ PRIVATA?" Urlò sconvolto da quella proposta criminale, reggendosi il petto, come se ci fosse stato il rischio di prendere un infarto.


 


 

"...Si...se vuoi metterla così..." Minimizzò, oscillando una mano con sufficienza.


 


 

"Quale metterla così? È COSÌ!" Precisò Pendragon.


 


 

"Adesso calmati, sono andato l'anno scorso a cogliergli le olive, ha solo ulivi. E ti assicuro che ormai il tempo per fare l'olio è finito, lui non ci va mai. È vecchio, te l'ho già detto poi! Prendiamo qualche fiore per Ginevra e andiamo via, gli richiudiamo il cancello e nemmeno lo saprà!" Il moro tentò di rassicurarlo, era vero, forse era un atto un po' malandrino, ma...chi non era mai entrato in campi altrui, per rubare un po' di frutti o fiori?


 


 

"Oddio, anche la raccolta dell'ulivo hai fatto? C...cioè il vero punto è...stiamo scassinando un cancello?" Chiese, mentre lo seguiva nella sua camminata veloce.


 


 

"Mi sembri idiota a volte, ti ho detto che è rudimentale, non ha nemmeno il lucchetto! E poi c'è il fil di ferro, non il filo spinato! Calmati!" Ribatté, per poi correre verso un cancello sbilenco, effettivamente stava messo parecchio male, i pezzi di legna si tenevano quasi per miracolo in verticale, uniti con il ferro, erano quasi tutti bastoncini mezzi secchi o marci. Merlino trafficò ed in un istante aprì lesto e quatto.


 


 

"Dai, dai, entra!" Lo spronò Emrys, facendogli dei cenni con le mani.


 


 

"Mio Dio, mi sento un malvivente!" Confessò in un sussurro, a quelle parole, il marziano scoppiò a ridere, lasciandogli una leggera spinta dietro la schiena, per poi entrare anche lui e richiudere la staccionata mezza diroccata, per non destare sospetti ad eventuali persone che avrebbero potuto passare sporadicamente con la macchina.
Artù si guardò in giro e dischiuse leggermente la bocca, rapito nel trovare tutti quei colori magnifici, il moro se ne accorse, al biondino doveva piacere quello che vedeva, ne era sicuro, si sarebbe preoccupato se fosse stato diversamente!


 


 

"Wow, è pieno!" Esclamò positivamente incantato e trasognato.


 


 

"Te l'ho detto!" Parlò flebilmente, osservando lo sguardo stupito dell'amico, non potendo fare a meno di sorridere di rimando.


 


 

"Li adorerà di sicuro!" Annuì l'asino.


 


 

"Lo spero, vado!" Si augurò Merlino, prima di correre euforico verso un mucchio di fiori selvatici misti. Pendragon lo osservò divertito, quasi imbambolato, mentre la figura ossuta e longilinea, ormai familiare in così pochi mesi, calpestava il prato umido e rigoglioso. Ogni tanto quel giovane uomo gli sembrava un bambino, capace di diventare entusiasta per nulla, spontaneo come pochi.
Artù ispezionò più minuziosamente la campagna e, a qualche metro da lui, scorse un piccolo gruppo di fiorellini seminascosti dietro le radici nodose ed aggraziate di un ulivo, adorava le forme di quegli alberi preziosi. Il biondino si avvicendò ai petali di un tenue colore tra il celeste ed il viola...che fosse quello il colore indaco? Il colore che Emrys gli aveva detto di preferire e che lui in un primo attimo pensò che se lo fosse inventato di sana pianta?

Si chinò, per guardarli più da vicino, non li aveva mai visti prima, poi portò i suoi occhi in direzione dell'amico, anche lui inchinato al suolo e osservò le sue dita affusolate, muoversi delicatamente tra gli steli, con un'espressione di pace e serenità dipinta sul volto. Pendragon abbassò lo sguardo verso i fiori indaco ed arrossì, un'idea stupida e vergognosa gli sfiorò la mente. Toccò, per un breve momento, i petali fragili, prima di ritirare la mano, inibito dal proprio imbarazzo e rigidità mentali. Prestò nuovamente attenzione al moro e sospirò combattuto, poi scorse una farfalla blu posarsi sul dorso del palmo del marziano, lui la stava osservando con un ampio sorriso sorpreso e placido allo stesso tempo, con occhi grandi. Artù avrebbe forse dovuto stupirsi per la farfalla, per quel contatto raramente ravvicinato con un essere umano, ma riusciva solo a vedere il ragazzo dalla zazzera scompigliata, che ormai era arrivata ad incorniciargli il collo lungo. Come faceva ad essere sempre così piacevole guardarlo e sentirlo parlare? Qualsiasi cosa facesse o dicesse era bello, chiaramente non una bellezza fine a se stessa, era quasi ultraterreno, un'opera d'arte tra le più appaganti.
Il biondino distolse nuovamente la sua sconveniente attenzione dall'amico, tornando a dedicarsi ai fiori accanto ai suoi piedi, toccò uno stelo e scese, lentamente. Deglutì a vuoto quando si fece coraggio e riuscì a staccarlo con titubanza.
Davvero... per voler porgere un fiore a quel ragazzo, un asteroide doveva essergli caduto in testa, non c'era altra spiegazione. Chiuse gli occhi, come volesse nascondersi dal mondo e scacciare i suoi pensieri che tanto lo incomodavano, che a volte non lo lasciavano respirare, non concedendogli di stare in pace con se stesso.
Ma doveva rimanere tranquillo, Merlino non era il classico e comune ragazzo, non lo avrebbe mai canzonato, non avrebbe interpretato in modo ambiguo quel gesto, poteva esserne certo! Anche perché, non c'era assolutamente nulla da mal interpretare, era solo un atto amichevole, no? In fondo il marziano ne stava cogliendo a dozzine per Gwen, che cambiava se fosse stato lui a coglierne uno per Emrys? Niente!
Pendragon si alzò dirigendosi nuovamente vicino al cancelletto mezzo marcio, il moro anche aveva terminato la sua raccolta e prese a correre verso l'amico, oscillando pericolosamente, come al solito


 


 

"Ecco!" Annunciò Merlino euforico, mostrando con fierezza il mazzo di fiori di colori variegati che aveva accostato. Artù gli sorrise, ma tradì ben presto le sue intenzioni, buttando un occhio sulla propria mano, che reggeva il delicato fiore indaco, poi ritornò con lo sguardo sull'amico, con espressione affranta, quasi gli stesse per confessare di avergli inflitto un vigliacco colpo basso. Emrys lo osservò, non capendo per quale motivo dovesse avere quel faccino afflitto, ma dopo poco, venne catturato dai petali tra le dita dell'asino, quei petali selvatici che erano tra i suoi preferiti.


 


 

"Ehm...que...questo è il colore indaco?" Balbettò il biondino, con voce leggermente più acuta del solito.


 


 

"SI! È una Nigella Damascena indaco! Dove erano? Non le ho viste!" Rispose entusiasta, toccando gentilmente il fragile oggetto della loro discussione.


 


 

"Li dietro!" Pendragon indicò il punto esatto con l'indice ed il moro sbirciò velocemente.


 


 

"Vuoi aggiungerci anche questo?" Chiese Merlino, credendo che l'amico volesse inserire pure quello nel piccolo pensierino per Ginevra. Quando si rese conto che Artù non avrebbe aperto bocca di li a poco, fece scendere le proprie dita fredde sulle sue, per incitarlo a lasciarsi comprendere. L'asino allargò le dita, facendo si che quelle dell'altro ragazzo, potessero incastrarsi nei vuoti che si erano venuti a creare. Emrys guardò incuriosito quel contatto.


 


 

"Non ho capito, che vuoi che faccia?" Insistette, con tono morbido, tornando a guardarlo dritto nei suoi begli occhi.


 


 

"I...io, tu per, cioè non...ho pensato che... il colore...insomma..."


 


 

"Artù, ti stai impappinando di brutto! Calmati un momento, metti apposto le idee e poi parla!"Gli consigliò il marziano, mettendo apposto le sue dita, impudicamente intrecciate a quelle dell'amico.


 


 

"È per te..." Sussurrò il biondino, dopo momenti di silenzio contemplativo.


 


 

"Ho...sentito bene?" Chiese conferma l'altro, boccheggiando.


 


 

"Il fiore, si..." Asserì, porgendoglielo timidamente.


 


 

"Oh ehm...oddio, pensavo di aver capito male, perché lo hai detto con una voce così bassa!" Quasi gridò il moro, non riuscendo a contenere l'euforia. Prese a sventolarsi il volto ormai in fiamme, con la mano libera, per poi rendersi conto che ancora doveva accogliere quel piccolo ed impagabile dono.


 


 

"Come ti è venuto in mente?" Domandò interessato, prendendo con finezza lo stelo della Nigella Damascena.


 


 

"Beh... il colore, pensavo fosse il tuo preferito!" Rispose Pendragon, era la verità, eppure si sentiva in colpa, proprio come se avesse detto una grossa frottola.


 


 

"Oh, il colore!" Ripeté Merlino, passando dolcemente l'indice ed il medio sulle nocche dell'amico, sfiorandogliele in una sorta di carezza insolita, per poi allontanarli.


 


 

"Cazzo, sei così tenero a volte!" Dichiarò Emrys spontaneamente, le parole quasi gli esplosero fuori dalla boccaccia farfugliante, mettendo in evidente disagio il collega.


 


 

"Io non sono...." Artù avrebbe voluto ribattere, ma l'altro si slanciò verso di lui, scoccandogli un bacio rumoroso sulla guancia ed il biondino non riuscì neppure a ricordare cosa stesse per dire un attimo prima.


 


 

"Sei caro!" Bisbigliò il marziano, allontanandosi dalle gote imporporate della testa di fagiolo, quel poco che bastava per potergli parlare e, nonostante le mani occupate, lo strinse in un abbraccio.


 


 

"È solo un fiore..." Bofonchiò, tentando di farsi uscire un tono indifferente e scocciato, senza ricambiare la stretta.


 


 

"Grazie!" Per il moro non era affatto solo un fiore, era un pensiero gentile, amorevole. Se Pendragon avesse continuato così, prima o poi Merlino avrebbe iniziato un processo di autocombustione.


 


 

"Merlino, Merlino! Mi stai mandando addosso al cancelletto!" Gracchiò Artù, mettendogli una mano sul petto, spingendo poi entrambi in avanti, non voleva di certo spalmarsi addosso quell'ammasso di legna e ferro putrefatti ed arrugginiti. I due scoppiarono a ridere e l'asino decise che poteva anche ricambiare il gesto, visto che quello non gli si schiodava di dosso. Portò le braccia attorno ai suoi fianchi decisi, squadrati e lo cinse.

Di nuovo, esattamente come quella volta a Capodanno, Emrys si sentì scosso appena da un piccolo brivido di piacere, quando l'altro gli toccò il bacino, andando poi con entrambe le mani a stringerlo, con quei movimenti così lenti da risultargli gradevolmente strazianti. Il volto dell'asino si era accasciato sul suo collo, il moro trattenne a stento l'impulso di accoccolarglisi sui capelli chiari col proprio mento e quando il biondino impiegò un po' troppa pressione dietro la schiena, facendo si che il proprio corpo si premesse ed aderisse completamente sull'altro, rischiò quasi di esternare a voce la sua scandalosa approvazione. Merlino pose fine a quell'abbraccio caldo ed un po' troppo intimo, prima che potesse compiere qualche cazzata irreparabile, inebriato da tanta vicinanza. Si allontanò, riuscendo a malapena a guardarlo nei grandi occhi. Il suo cuore, quello stupido cuore! Quelle non erano di certo emozioni che si potevano provare con degli amici! Era quello perciò il punto? Pendragon? MA CERTO! Artù gli piaceva! Lo appassionava probabilmente infinitamente di più che in senso amichevole.

Come si era permesso Emrys a sviluppare quel sentimento? Lo aveva sempre detto “Degli amici non ci si innamora, è meschino!” Eppure gli stava capitando.

Perché proprio lui? Il suo amico, la persona più intrigante con cui avesse mai parlato, il ragazzo che sapeva farlo fremere come un maniaco ogni volta che lo sfiorava, che lo guardava. Un giovane uomo che, tra l'altro, più volte si era mostrato perentoriamente non interessato ad esseri del suo stesso sesso...

Si era decisamente cacciato nella merda più totale, doveva sfogarsi con Will, lui sicuramente lo avrebbe riportato coi piedi ben saldi a terra, lo avrebbe rassicurato che non si stava innamorando di un asino che coniugava male il verbo “andare” solo perché era a disagio dalla presenza di una ragazza in accappatoio.

Il biondino si perse ad osservare i capelli scuri e morbidi dell'amico, svolazzanti nell'aria ed alcuni boccoli sbattergli sulle soavi ciglia, così leggiadri da sembrare che fluttuassero. Era meraviglioso coi capelli lunghi, gli pareva che col fluire dei momenti passati assieme, Mirino si evolvesse in una visione ed una compagnia progressivamente sempre più fantastica, stimolante. Non poteva confessarglielo, era un po' troppo, sarebbe stato troppo persino se fosse stato detto da uno sfrontato come il moro. Era peccaminoso anche solo averlo pensato. Ma era stato un pensiero veloce, sfrecciato talmente rapido nel suo cervello, che poteva autoconvincersi addirittura di non averlo mai immaginato.


 


 

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“Non te l'ho chiesto prima perché so che se io parlo di Artù, sembra sempre che voglia diffamarlo, ma adesso non è più il tempo per stare zitto...” Parlò Will, mentre il padrone di casa riempiva un piccolo bicchiere d'acqua nel quale porre il fiore selvatico ed ebbe un piccolo sussulto nell'udire quel nome.


 


 

“È successo qualcosa tra di voi? Avete litigato?” Chiese l'ospite con apprensione.


 


 

“Ma no, che dici!?” Disse sorridendo divertito. Voleva parlargli dei suoi dubbi, allora perché si stava comportando come un tredicenne col diario segreto? Se attendeva il “momento giusto” probabilmente non sarebbe mai arrivato davvero e sarebbe stato incarcerato da Pendragon in persona, per esternazioni melense e licenziose indesiderate.


 


 

“Senti, ti conosco, perciò non raccontare stronzate, non me la bevo...Non ti ho mai visto così timido con qualcuno. Non lo sei mai stato, nessuno ti ha mai fatto quell'effetto, nemmeno al primo superiore, quando avevi preso una stratosferica fissa per la ragazza bocciata del quinto e le hai chiesto di uscire nel bel mezzo dell'assemblea, cosa che ti è costata una grossa perculazione. Lui, che ti ha fatto lui?”


 


 

“Io, timido? Questa mi mancava...”


 


 

“Su! Tutte le volte che ti accompagna al bar, o prima, quando stavate tornando dalla campagna e lui è andato via...È come se ti trattenessi, se ti vergognassi di qualcosa!” Insistette il suo migliore amico, poi si accorse di quel sorriso di autocommiserazione che si era esteso sulla bocca di Merlino nel mettere il bicchiere col fiore, accanto alla finestra.


 


 

“Lo hai preso tu per piantarlo?” Cambiò argomento l'ospite, poi vide l'altro arrossire e negare con la testa e Will spalancò gli occhi, come se avesse compreso.


 


 

“Artù? Ti ha dato quel coso?” Domandò scioccato, il padrone di casa annuì flebilmente, fissandosi la punta delle scarpe.


 


 

“Oddio Merlino...Artù? Artù si è preso una sbandata per te?” Questionò, portandosi una mano in bocca, in segno di shock, l'amico gli lanciò un'occhiata contrariata e frustrata, magari fosse stata vera tale intuizione...


 


 

“NO, NO! Che dici!...non lui! Sono io semmai, il coglione che si è preso una sbandata per lui!” Sussurrò colpevole, l'altro lo guardò con comprensione, rimanendo in silenzio.

Emrys solitamente aveva delle insulse e superficiali fisse per le persone al primo sguardo, poi semmai ci usciva e generalmente non se ne interessava mai più di tanto, a parte per la sua fidanzata, lei gli era piaciuta, lei era davvero intelligente.

Non gli era mai e poi mai capitato invece, di conoscere qualcuno e prendere solamente dopo, una stratosferica cotta. Con Artù erano nel bel mezzo di un approfondimento amichevole e lui che faceva? Desiderava altro!? Un bel pezzo di cretino! Era la cosa più scorretta che potesse provare.

Ma magari, era un qualcosa di inevitabile, forse non avrebbe potuto provare altro sentimento per il biondino, se non quello. Se ci rifletteva sinceramente, come poteva essere altrimenti? Come poteva, quando Pendragon era così affine alla sua anima? Come si poteva pretendere che un povero marziano idiota, non straripasse oltre la sottile linea che delimitava un'amicizia da un interesse romantico, per lui. Lui...

Iniziava a sospettare che avrebbe dovuto prenderne coscienza molto prima, perché ora che finalmente lo aveva espresso a voce, risultava davvero così chiaro e cristallino il fatto che si stesse innamorando del suo amico. Ci si doveva esser messo proprio d'impegno per rimanere cieco, pur di non ammettere in cosa stesse mutando il suo rapporto con l'altro.


 

Tempo fa, erano al bar sotto l'accademia, con Freya e Galvano e, quest'ultimo aveva pregato di cambiare di posto, poiché a sua detta, la ragazza stava bisbigliando una macumba contro di lui, Artù aveva premuto con il proprio corpo, contro i suoi fianchi e le sue gambe, invitandolo a passargli sopra per scalare. Fatto del tutto normale che il moro stesso avrebbe proposto come veloce soluzione, a qualsiasi altro amico o amica. Ma aveva provato un certo disagio ingiustificato. Era li, che Merlino avrebbe dovuto dubitare?


 

Magari avrebbe potuto comprenderlo quella volta in cui il biondino gli aveva dato un passaggio. Mentre si stavano avvicinando per salutarsi, Emrys era stato catturato da una figura colorata che sfrecciava veloce, lui riusciva a scorgerla appena con la coda dell'occhio e, in un riflesso condizionato, aveva girato lievemente la testa, per vederla e sapere cosa fosse. Aveva sbagliato tempismo però, dato che l'amico ormai era già molto vicino al proprio volto e quello che doveva essere il solito bacio sulla guancia, aveva involontariamente compreso i bordi delle loro labbra. In un attimo si erano toccate, niente di troppo esaltante si ripeté il moro, tentando di darsi un contegno. Se per lui, l'asino fosse stato un semplice amico, ci avrebbe riso su, non avrebbe certamente dato una testata sull'interno della macchina, nell'intento di allontanarsi bruscamente, non ci avrebbe ripensato come un ossesso, mentre l'altro lo fissava spaventato, per un errore così scemo...


 

Oppure, quando si stava spogliando per prepararsi a posare e nel momento in cui era riuscito a districarsi e a far uscire il proprio volto fuori dal collo della sua maglietta, si accorse che l'asino lo stava guardando, candidamente, senza la solita ansia di distogliergli gli occhi di dosso, Pendragon sapeva che Merlino se ne era reso conto, tuttavia era preso ad osservare. Il gracile sterno, il petto, il collo fino e longilineo, con totale prudenza e rispetto. Emrys si sentì ardere, controllò se ai suoi piedi qualcuno avesse appiccato un fuoco, non poteva mai sapersi, in caso Bowser si fosse materializzato e gli avesse sputato una palla incendiata proprio sul pavimento sotto di lui, sarebbe stato un problemone! Alla faccia del decoro e di tutti i codici comportamentali corretti, per un breve istante, il piccolo ed insulso corpo del marziano aveva smaniato di bramosia per godere di ulteriore curiosità da parte dell'altro ragazzo, dei suoi sguardi poggiarsi su di lui, sul proprio essere e magari perché no, che lo toccasse! Che lo toccasse dove diamine gli andava! Li, avrebbe dovuto capire. Da quella reazione accalorata, avrebbe dovuto quantomeno dubitare di non sentire semplice amicizia, ma ovviamente si era ignorato.


 

Due settimana fa ad esempio, mancavano appena una manciata di minuti alla fine del turno nell'accademia privata, ma il moro non aveva resistito ulteriormente ed era fuggito via con una scusa patetica, indossando al volo l'accappatoio, prima che succedesse l'irreparabile. Aveva lottato per ore intere pur di non pensare all'incidente col suo amico, pur di evitare che un esagerato afflusso sanguigno si direzionasse nei punti sbagliati, era a dir poco uno scenario apocalittico quello di ritrovarsi con un'erezione nel bel mezzo del lavoro, in cui posava, nudo. Tutto per colpa di quell'equivoco. Ci stava riuscendo a scongiurarlo, stava filando tutto liscio, eppure gli era bastato osservare per un breve istante la figura dell'amico torcersi appena per non intorpidirsi ed il suo incubo apocalittico si sarebbe persino realizzato, se solo non fosse scappato nel bagno del camerino. Merlino aveva nascosto e schiacciato, quasi dolorosamente, le proprie mani tra le piastrelle del muro gelido e la sua schiena, non avrebbe assolutamente risolto il problema in quel modo. Fissò il suo riflesso, si schifò di se stesso, del putridume e dello squallore che si erano impossessati della sua carne, vergognosamente inondata di lussuria ed eccitazione, come mai era stata con la stessa intensità, prima d'allora. Si era insultato attraverso lo specchio, bofonchiando incazzato e nauseato, dandosi del maniaco ambulante, dello sporco frustrato. Non poteva, il suo corpo non poteva reagire in quel modo a causa di un incidente, lo stesso che aveva fatto esplodere il suo amico in un attacco di ansia. Quando era accaduto ciò che era accaduto, Artù aveva faticato a respirare, gli avevano tremato tutte le giunture e quasi non riusciva a tenersi in piedi per quanto gli girava la testa, Emrys stesso gli aveva retto il capo nel gabinetto, quando lui aveva rimesso persino ciò che non aveva mangiato. Li, nello stesso bagno in cui l'asino aveva dato di stomaco, c'era lui, viscidamente acceso, da un erotismo ingiustificato ed ingiustificabile. Prima che il loro turno avesse inizio, era talmente con la testa tra le nuvole, che stava uscendo per il corridoio come mamma lo aveva fatto, il biondino, esterrefatto da tanta idiozia, lo aveva preso per un braccio e forse con un po' troppa irruenza, aveva richiuso la porta dello spogliatoio. Nella foga di allontanarlo dall'uscio gli era finito completamente addosso. Il moro era diventato un pomodoro quando vide quanto fossero attaccati. Non che lui avesse bisogno di guardare con gli occhi per rendersene conto, perché purtroppo Merlino sentiva molto chiaramente al tatto, la fisicità di quell'osceno incastro. Era stato oltremodo imbarazzante, ma diamine quell'errore... quanto lo aveva incuriosito! La sensazione delle cosce di Pendragon tra le proprie e della sua intimità, velata appena dalla vestaglia che aveva indosso, sul proprio inguine nudo. Sebbene l'asino fosse coperto dal morbido tessuto, esso era estremamente leggero. Emrys, chiuso in bagno, dovette scacciare quel ricordo e concentrarsi per tranquillizzarsi, per smorzare quell'accecante calore malizioso e quando finalmente riuscì a tornare in uno stato decente, non fu in grado di guardare negli occhi del suo amico, per un'intera settimana. Era quella volta forse, che avrebbe dovuto capire che stava nascendo un enorme problema?

Probabilmente era così, aveva sprecato più energie per far finta di non comprendere che quello che provava per lui era un esplosivo interesse, più che per altro. Sentiva un'attrazione che comprendeva i più disparati campi, tutto, tutto di Artù, ormai gli era chiaro. Il suo corpo, la sua mente, il suo cuore, la sua essenza che voleva sfiorare e conoscere. In che pantano era finito...


 


 

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Ciao!

È strano questo capitolo, magari un sacco sciatto e bruttino, pardon, forse odierete questa lentezza cognitiva degna di Risa e Otani (?) Probabilmente da qui in poi perderò la regolarità nell'aggiornare.

Mi scuso con eventuali fan di Barbarossa. Will ritornerà prossimamente, come motivatore e mente razionale della situazione, ovviamente per aiutare l'incresciosa caduta di Merl nel pantano Pendragon.

Insomma, Merlino dopo che ha avuto 27354723 segnali, se ne esce con: “ma non è che...tante volte...mi sto innamorandoh?” BUONGIORNO.

Credo di esserci andata leggera dai, tralasciando lo sciattume, che soap italiana impallidisce!

Ringrazio chi legge, chi ha salvato e chi lascia le proprie opinioni nelle recensioni. Per voi e per gli amici, Tassoni!

Alla prossima!!

   
 
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