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Autore: liberaurora    09/04/2021    2 recensioni
Dopo la partenza dei Cattecarlis ho pensato molto alla loro nuova vita a Torino. Ho provato a racchiudere alcune di queste mie riflessioni immaginando Clelia e Luciano alla ricerca di una nuova caffetteria, uno dei luoghi più centrali della loro storia.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Luciano e Clelia camminano sotto braccio per le strade della città sabauda. Hanno da poco accompagnato Carletto a scuola e ora hanno deciso di fare una passeggiata in centro, anche per conoscere meglio la città che li sta ospitando, anzi per meglio dire accogliendo.
Clelia vede i loro corpi riflessi sulle vetrine dei negozi. Fa un sospiro profondo pensando alla sua nuova vita. A un certo punto si ferma, invitando implicitamente il ragioniere a fare lo stesso. I due adesso sono faccia a faccia col riflesso delle loro scelte, del loro stare insieme per Amore. «Guardaci. Dalla prima volta che ti ho visto mai avrei immaginato tutto questo. Sono così felice, Luciano». L'uomo non sa più se guardare con occhi brillanti e uno sguardo pieno d'Amore la Clelia riflessa davanti a sé o quella corporea, reale che sta al suo fianco. Un senso di vertigine lo travolge: «Sembra un sogno, Clelia», replica alla donna abbassando lo sguardo sulla sua bocca che sa di rossetto rosso e libertà. In un attimo unisce le sue labbra a questa fessura di infinito, chiude gli occhi e cerca affannosamente di prendere fiato, come se tutta questa felicità fosse bulimica per quella vita grigia che aveva vissuto per troppi anni.
Clelia nel frattempo gli accarezza i capelli, passando le dita fin sotto le orecchie. Il contatto del polpastrello con il lobo sembra spezzare l'incantesimo e ricondurla alla realtà. «Luciano, ma hai le orecchie gelate! Dovremmo comprarci un bel berretto». Luciano la guarda con un'espressione sorridente, mentre un raggio di sole raggiunge le sue pupille verdi. «E tu invece cosa desideri?» domanda Luciano alla donna. «Ho già tutto quello di cui ho bisogno, amore». Luciano le prende la mano per baciarla, senza riuscire a distogliere lo sguardo dai suoi occhi illuminati.
«Andiamo?» propone lei facendo un cenno con la testa. Inconsciamente ha appena ripetuto quello stesso gesto e quella stessa parola pronunciata quel lunedì di marzo, dopo il fine settimana «più lungo della mia vita», come avevano detto i due all'unisono. Anche la mente di Luciano corre a quella mattina, a quel bacio rubato poco prima di entrare al Paradiso - finalmente insieme, insieme per davvero, nel senso più bello che possa esserci - e iniziare la giornata con la luce che solo le persone innamorate emanano; la sua mente corre poi a quell' «Anch'io» così buffo di un ragioniere desideroso di bere la vita goccia per goccia.
La loro passeggiata prosegue finché Luciano si ferma un istante e domanda a Clelia: «Non credi che manchi qualcosa? Abbiamo preso casa, iscritto Carlo a scuola, stiamo cercando lavoro, ma per rendere nostra questa città abbiamo bisogno...». Non fa in tempo a concludere la frase che Clelia gli ha già letto nel pensiero: «di una caffetteria!», finiscono per dire insieme sorridendo. «Certo, non sarà mai come la nostra, ma voglio che le nostre giornate siano piene di luoghi e di momenti in cui assaporare questa nostra vita insieme» continua Luciano.Clelia allora lo prende per mano e lo spinge a seguirla per una vita poco frequentata. «Mi scusi, dove mi portando?» chiede Luciano con un'espressione divertita e stupita. «Non sia impaziente, ragioniere. Lo scoprirà presto» lo liquida lei scherzosamente.
Dopo qualche minuto di disorientamento, Luciano e Clelia arrivano a Piazza Vittorio Veneto. «Che piazza stupenda, ancora non mi era capitato di passarci» commenta Luciano incantato. «Sì, è meravigliosa. Io l'ho scoperta per caso l'altro giorno quando sono andata a consegnare il curriculum in un negozio di tessuti qua vicino e ne sono rimasta affascinata» risponde Clelia. «Forse è qui che troveremo la nostra caffetteria» pensa ad alta voce Luciano.
I due si spostano verso la parte sinistra della piazza e scorgono l'insegna di un locale che li attrae: «Dai, andiamo a prenderci qualcosa a quel Caffè, il Caffè Elena» propone Luciano indicandolo col dito indice della mano sinistra. Clelia concorda subito: «Volentieri! Visto da fuori sembra molto elegante».
I due entrano e la proprietaria li accoglie con un sorriso: «Benvenuti! Prego, accomodatevi pure». Una volta scelto il tavolino di loro gradimento, Clelia e Luciano si guardano intorno, come a voler cogliere ogni dettaglio del locale. Nei loro sguardi si scorge un inevitabile velo di malinconia dettata dai ricordi racchiusi nella caffetteria vicina al Paradiso. La voce del cameriere, che si rivolge a loro con un intuibile accento siciliano, li riporta alla realtà: «Buongiorno, desiderate?». È Clelia a rispondere per prima: «Buongiorno! Per me un cappuccino e un bigné al cioccolato, grazie».
Il ragazzo prende nota dell'ordinazione: «D'accordo. E per il signore?»
«Un caffé e una fetta di crostata all'albicocca, per favore» risponde il ragioniere.
Il cameriere appunta tutto e poi si allontana: «Perfetto, arrivo subito».
«Luciano, non puoi proprio fare a meno della tua dose giornaliera di crostata, eh! Delle volte sembra che tra i due chi ha le voglie sia più tu che io!» scherza Clelia.
«Ma non è colpa mia! Siamo o non siamo qui per capire se questa sarà la nostra caffetteria?! Come potrei non assaggiare la loro crostata? Il mio giudizio non sarebbe completo» replica Luciano con un tono affatto serioso.
«Anche questo è vero. A proposito, come ti sembra per ora?»
«Beh, il locale è elegante e molto accogliente. Direi che potrebbe fare al caso nostro»
«Sì, hai ragione. E poi anche il personale sembra molto cortese. Certo, non sarà mai la nostra caffetteria col nostro tavolino...»
«Già, come dimenticare quel luogo. Per molti un bar è solo un posto di passaggio, in cui sostare giusto il tempo di un caffé o di una pausa pranzo. Per noi invece è sempre stato molto più di questo: è il luogo dell'incontro, della condivisione, dei sorrisi talvolta soffocati dalle preoccupazioni, delle mani solo sfiorate per la paura di essere visti...». Clelia è come incantata da questa marea di ricordi. L'unica cosa che sul momento riesce a dire è «Come siamo poetici, ragioniere».
Pochi istanti dopo giunge il cameriere col vassoio colmo di tazzine e dolci. Clelia e Luciano lo ringraziano e iniziano a sorseggiare rispettivamente il cappuccino e il caffé. Nel frattempo, Clelia ha trovato le parole giuste per continuare il viaggio nel loro passato: «Ricordo ancora la prima volta che ti invitai a pranzare insieme...»
I due innamorati tracciano verbalmente i momenti passati in quella caffetteria vicina al Paradiso, momenti che a lungo erano stati ripercorsi solo mentalmente, soprattutto nei momenti più bui, come fossero ancore di salvezza. «Peccato non esserci più andati molto spesso nell'ultimo periodo, mi sarebbe piaciuto lasciare un'ultima traccia di noi e del nostro futuro sul nostro tavolino prima di lasciare Milano» conclude con un pizzico di amarezza Clelia. «Ci ho pensato anch'io, sai?! Però dai, ci rifaremo sicuramente quando torneremo a trovare Federico, Vittorio, Marta, le veneri e tutte le persone che ci vogliono bene, ne sono certo» aggiunge Luciano, che intanto spezza una porzione di crostata: «Amore, vuoi assaggiarla anche tu?»
«Volentieri, grazie Luciano!» risponde Clelia. «A te è piaciuta?» domanda poi al ragioniere.
«Direi proprio di sì, il tuo bigné com'era?»
Gustato il pezzetto di crostata, Clelia risponde: «Davvero niente male! Ci credo che ti è piaciuta! E anche il bigné è molto buono!»
«Bene allora: il locale è confortevole, le bevande sono buone, i dolci sono freschi, c'è pure un cameriere siciliano... Direi che abbiamo ufficialmente trovato la nostra nuova caffetteria!» continua Clelia dopo una breve pausa.
«Certo che siamo stati fortunati, non pensavo l'avremmo trovata al primo colpo» osserva Luciano.
«Eh ma è così: quando intuiamo il valore di qualcosa fin da subito dobbiamo fidarci del nostro istinto» riflette Clelia.
«Già, oppure quando intravediamo il valore di qualcuno, come è stato con te la prima volta che ti ho vista, amore mio» conclude Luciano con sguardo sognante.
Ecco che i due innamorati si prendono le mani e si perdono nei rispettivi sguardi; come hanno sempre fatto d'altronde, eppure in modo sempre diverso e sempre più profondo. A differenza di molte coppie, che col tempo trasformano il loro rapporto in una rete di automatismi, Clelia e Luciano sanno che non diventeranno lo specchio delle apparenze e delle ipocrisie. Forse è proprio il dolore che hanno dovuto attraversare ad aver reso così intenso ogni gesto, così sincera ogni parola, così altruista la loro relazione.
A un tratto la voce del cameriere desta Luciano e Clelia dal discorso amoroso che i due hanno intrapreso con il solo gioco di sguardi: «Era tutto di vostro gradimento? Posso portarvi qualcos'altro?»
Clelia prende la parola: «Era tutto perfetto, grazie». Poi riflette un istante e risponde alla seconda domanda: «Potrebbe prepararmi un paio di bigné al cioccolato da portare via, per cortesia?»
Mentre il cameriere va a recuperarli, Luciano le chiede per chi siano. «Li ho presi per la merenda di Carlo. Gli facciamo una sorpresa visto che sono i suoi preferiti». «Madre più dolce non avrebbe potuto avere il nostro Carletto» commenta Luciano.
Il cameriere raggiunge il loro tavolo con una bustina in mano: «Ecco a lei signora. Questi li offre la casa». «Ma grazie, gentilissimo. Non c'era bisogno» risponde Clelia con il garbo e la gratidudine che la contraddistinguono.
Una volta alla cassa, Luciano e Clelia pagano e si congedano dalla proprietaria della caffetteria: «Arrivederci, e complimenti per il locale» dice Luciano.
La proprietaria ringrazia e aggiunge: «Tornate presto a trovarci!». È Clelia questa volta a prendere la parola: «Certamente, anzi sappia che torneremo molto spesso d'ora in poi!»
   
 
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