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Autore: edoardo811    12/04/2021    4 recensioni
La pace ha continuato a regnare al Campo Mezzosangue, gli Dei si sono goduti molti anni di tranquillità. Ma la pace non è eterna.
La regina degli dei Amaterasu intende dichiarare guerra agli Olimpi, mentre un antichissimo mostro ritornato in auge si muove nell'ombra, alla ricerca di Ama no Murakumo, la leggendaria Spada del Paradiso.
EDWARD ha trascorso l'intera vita fuggendo, tenuto dalla madre il più lontano possibile dal Campo Mezzosangue, per ragioni che lui non è in grado di spiegarsi, perseguitato da un passato oscuro da cui non può più evadere.
Non è facile essere figli di Ermes. Soprattutto, non è facile esserlo se non si è nemmeno come i propri fratelli. Per questo motivo THOMAS non si è mai sentito davvero accettato dagli altri semidei, ma vuole cambiare le cose.
STEPHANIE non è una semplicissima figlia di Demetra: un enorme potere scorre nelle sue vene, un potere di cui lei per prima ha paura. Purtroppo, sa anche che non potrà sopprimerlo per sempre.
Con la guerra alle porte e forze ignote che tramano alle spalle di tutti, la situazione sembra farsi sempre più tragica.
Riuscirà la nuova generazione di semidei a sventare la minaccia?
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Gli Dèi, Nuova generazione di Semidei, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le insegne imperiali del Giappone'
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35

Scontro finale

 

 

«Credi davvero che sia stata una buona idea non uccidere quel demone?» domandò Talia, mentre proseguivano. La cacciatrice poco per volta sembrava essere riuscita a muoversi di nuovo, anche se le sue smorfie di dolore non cessarono.

Konnor sollevò le spalle. «Ha perso, ed è ferito. Non credo proprio che lo rivedremo molto presto. Anzi, non credo che lo rivedremo più.» 

«Perché lo pensi?»

«Non lo so. Dopo la sconfitta sembrava aver perso ogni volontà. Ma potrebbe essere solo una mia sensazione.»

«Da quando i figli di Ares sentono queste cose?» domandò Talia, perplessa.

Il semidio grugnì. «So solo leggere il linguaggio del corpo. Credo che in una battaglia saper leggere il proprio avversario sia fondamentale. E Naito mi ha dato l’impressione che non ci stesse più credendo veramente.» 

«Beh, mi auguro tu abbia ragione, figlio di Ares» concluse Talia.

Stephanie a malapena li sentì. La sua mente era altrove, per essere più precisi era sullo scontro con Orochi che li attendeva. Orochi stava cercando Rosa, che si trovava fuori dal museo. Se la sua teoria era esatta, una volta uscita sarebbe riuscita ad usare i suoi poteri correttamente. Strinse i pugni. Quel mostro non aveva scampo.

Quando lo avrebbero sconfitto, avrebbero potuto considerare conclusa una volta per tutte quella faccenda. Edward aveva scongiurato la guerra, ora toccava a loro finire il resto.

Il cuore di Steph si strinse in una morsa ancora una volta al pensiero dell’amico. Una volta finito tutto, sarebbero tornati a prendere il suo corpo e lo avrebbero riportato al Campo Mezzosangue. Edward non voleva essere un eroe, non agiva per la gloria o per l’approvazione degli altri e forse non gli sarebbe importato di essere ricordato o meno, ma lei lo avrebbe fatto lo stesso, perché era la cosa giusta.

Quando raggiunsero l’ingresso, Talia si fermò, osservando angosciata il corridoio che avevano preso le altre cacciatrici quando si erano separati. «Devo trovare le altre. Voi continuate, vi raggiungo appena possibile.»

Sembrò quasi implorarli di lasciarla fare. Forse pensava, o sperava, che Orochi le avesse mentito. O forse, che qualcuna di loro fosse riuscita a sopravvivere.

Konnor e Steph si scambiarono uno sguardo, senza bisogno di dire nulla. Annuirono e la cacciatrice si congedò di corsa, entrando in quell’altra ala del museo. 

«Pronta?» domandò Konnor, quando lui e Steph si trovarono di fronte all’ingresso. 

Stephanie annuì. «Pronta.»

Il figlio di Ares la soppesò con lo sguardo un’ultima volta. Nonostante l’aura rossa fosse scomparsa, la passione e il coraggio nei suoi occhi ancora ardevano. A Stephanie bastò guardarli per quel breve istante per capire che non avrebbero fallito. 

«Allora andiamo» disse Konnor.

I due compagni corsero fuori.

 

 

***

 

Stephanie si aspettava che le cacciatrici rimaste a guardia di Rosa stessero già affrontando Orochi. Ciò che si ritrovò di fronte, invece, fu molto diverso.

Una vera e propria guerra stava svolgendosi di fronte al museo, con le cacciatrici e i romani accerchiati da decine e decine di mostri orripilanti, che convergevano tutti verso il parco dove Rosa era stata lasciata. I mortali presenti stavano scappando terrorizzati, forse scambiando il tutto per una guerra tra bande o chissà cosa. Di Orochi, però, non c’era nessuna traccia. 

«Ripiegate!» urlò la cacciatrice rimasta al comando, Kowalski, mentre conficcava un dardo nella fronte di uno strano mostro anfibio. Una donna senza testa la attaccò alle spalle, ma la giovane si voltò in tempo, conficcandole un pugnale argentato nel petto. «Ma che razza di creature sono queste?!»

«Dannazione!» esclamò Konnor, sguainando la spada e correndo giù dalle scale per dare manforte. «Andiamo!»

Stephane non si fece attendere. Mentre correva percepì le proprie forze ripristinarsi, segno che la sua teoria sul museo era esatta. 

«Va da Rosa, io aiuto le altre!» esclamò Konnor, con la sua migliore interpretazione di generale di battaglia. Si separò da lei e si gettò nella mischia, spazzando via i mostri a fendenti di spada, affiancando le cacciatrici di Artemide rimaste braccate.

La figlia di Demetra corse verso il parco, schivando le cacciatrici intente a respingere donne con il corpo di serpente, mostri anfibi, oni e una miriade di altre creature che non sarebbe nemmeno riuscita a descrivere, tra le moltitudini di tentacoli, occhi giganti e quant’altro. Chiamò la vegetazione del parco a comando. I ciuffi d’erba esplosero in una foresta, afferrando ogni mostro che si trovava in quel momento su quel suolo e scaraventandolo via o schiacciandolo. In mezzo a quel trambusto, Stephanie riuscì a scorgere i due romani. 

«Ma da dove sono sbucati questi?!» sbraitò David, eliminando un mostro con il gladio, mentre il suo compare Travis ne stendeva un altro sbattendogli uno scudo in testa. «Qui si mette male amico!»

«Ragazzi!» esclamò raggiungendoli. «Dov’è Rosa?»

«La bella addormentata?» domandò Travis, indicando poi il suo corpo immobile a qualche metro di distanza da loro. 

Le tre kamaitachi le saltellavano attorno, mutilando, dilaniando e squartando accompagnate da una folata di vento ogni mostro che tentava di avvicinarsi. Una specie di strano essere con le gambe corte e le braccia lunghe si ritrovò prima senza le braccia e poi senza le gambe quando tentò di afferrare la ragazza. 

David si infervorì. «Quei tre mostri per poco non facevano fuori pure noi! Siete davvero sicuri che siano dalla nostra parte?!»

Stephanie non fu molto sicura di cosa rispondere. Se non altro non doveva preoccuparsi di Rosa.

All’improvviso, delle pozze nere si formarono tutto attorno a loro, dalle quali altri oni sbucarono con denti e artigli sguainati, circondandoli. 

«Continuano ad arrivare!» ululò il fauno, Gus, che se ne stava rintanato dietro il cespuglio con le mani sopra la testa. 

Stephanie strinse i denti. Tutto quello non aveva alcun senso, credeva che Edward li avesse già uccisi tutti!

Mentre gli oni si avvicinavano a loro, Steph puntò le mani per respingerli, ma una coltre di fiamme blu li investì prima che potesse fare niente. 

«Resisti giovane semidea!» 

Non appena sentì quella voce nella sua testa, Steph sentì il cuore riempirsi di gioia. Fujinami arrivò come un lampo, incenerendo i mostri e atterrando accanto a lei. 

«Fujinami!» esclamò sollevata. «Dove sono gli altri?»

«Ci siamo persi di vista in questa confusione, ma stavano tutti bene. Voi invece?»

Stephanie si rabbuiò. «Stiamo bene, ma abbiamo incontrato Orochi. È ancora vivo.»

Il qilin pestò lo zoccolo a terra, reazione che ormai Stephanie conosceva bene. «Come temevo. Bevendo il sangue della vergine è diventato più potente, la ferita che Edward gli ha inflitto non è bastata. Ma se non berrà altro sangue possiamo ancora fermarlo.» 

«E… nel caso in cui invece abbia bevuto altro sangue?»

Fujinami si voltò di scatto verso di lei, vivisezionandola con gli occhi. Se solo la situazione non fosse stata così caotica, Steph avrebbe perfino provato vergogna. «Se ha bevuto altro sangue allora è diventato ancora più potente, ma finché non completerà il sacrificio abbiamo una possibilità di sconfiggerlo. Dobbiamo proteggere la vergine ad ogni costo, in caso contrario non ci sarà più nulla che potremo fare.»

Stephanie fece un cenno di assenso. Non aveva idea di quanto potente fosse Orochi in quel momento, ma se avessero combattuto tutti insieme era convinta che avrebbero potuto sconfiggerlo.

Altre pozze nere comparvero lungo il campo di battaglia, dalle quali altri mostri sbucarono fuori, dando manforte ai loro compagni. Alcuni di loro si avventarono anche su di lei e Fujinami. Nonostante fossero tanti, i mostri erano goffi, lenti, impacciati e attaccavano con rozzi movimenti meccanici. Lei e Fujinami se ne sbarazzarono con facilità, ma il vantaggio numerico su di loro era comunque troppo; guardandosi attorno, Steph notò decine e decine di cacciatrici ferite e circondate.  

«Fujinami, dobbiamo aiutarle!»

Il qilin capì subito cosa voleva dire e annuì, scattando verso di loro, facendosi strada con le sue fiamme. 

Stephanie si voltò verso di David. «Rimanete con Rosa, noi aiutiamo le cacciatrici!»

David annuì. «Bonam fortunam.»

La semidea corse in mezzo alla battaglia, eliminando ogni mostro che capitava a tiro con i suoi rampicanti. Tuttavia erano troppi e la stanchezza per l’utilizzo così prolungato dei suoi poteri cominciava a farsi sentire. Una voce sovrastò il rumore della battaglia, potente come un tuono. «Non vi arrendete!» 

Un mostro cadde a terra con uno squarcio sul petto. Steph vide Reyna torreggiare su di lui, brandendo la sua lancia. «Respingiamoli!»

Tutte le cacciatrici sembrarono animarsi all’unisono. Perfino Stephanie sentì una scarica di energia percorrerle il corpo. Piantò una mano a terra e gridò. Decine di radici spaccarono l’asfalto, afferrando ogni mostro che capitò a tiro e stritolandolo fino alla morte. 

«Porca vacca, Steph!»

Stephanie si voltò verso la persona che aveva appena parlato e vide Thomas, armato del suo falcetto, che la osservava incredulo in mezzo ad un gruppetto di yōkai uccisi dalle radici. Le sorrise smagliante, sollevando il pollice. «Bel colpo!»

La ragazza ricambiò il sorriso, mostrando il pollice a sua volta, accorgendosi però di una specie di mostro tartaruga che lo attaccò alle spalle. Sgranò gli occhi. «Girati Tommy!» 

Prima che Thomas riuscisse a reagire, Lisa si frappose tra lui e il mostro, conficcandogli un pugnale nel collo e spingendolo via con un calcio. Si voltò verso il compagno adirata. «Quante volte dovrò ancora salvarti la pelle, tonto figlio di Ermes?»

«Ehm… scusa…»

Stephanie corse verso di loro. «Ragazzi!» 

«Steph!» Lisa sorrise. Aveva gli occhi e le guance arrossate e uno sguardo spiritato. «Come butta?»

La figlia di Demetra schiuse le labbra. Era... ubriaca? Scambiò uno sguardo con Thomas, che le fece cenno di rimandare la conversazione a più tardi. Altri mostri li attaccarono e i tre semidei si voltarono, mettendosi schiena contro schiena per eliminarli. 

«Si può sapere che sta succedendo qua?!» protestò Thomas, sbarazzandosi di una terrificante donna con la testa di mollusco. «Da dove saltano fuori tutti questi mostri?!»

«Non lo so, ma non possiamo fermarci!»

Lisa sgozzò un oni, spingendolo addosso ad altre creature che si stavano avvicinando. «Più facile a dirsi che a farsi!» 

I mostri cominciarono a farsi troppi, perfino per loro tre. Stephanie cominciò a credere di essere finita in trappola, quando un tornado improvviso si sollevò in aria, circondando lei e i suoi amici, ed ogni mostro che tentò di avvicinarsi fu fatto a brandelli. Le tre kamaitachi apparvero sulle spalle di Lisa e Tommy, battendosi le zampe. Non importava quante volte li avesse visti in azione: Steph non sarebbe mai riuscita ad abituarsi alle loro abilità.

«Ben fatto, ragazzi!» si complimentò Tommy, per poi indicare il resto dei mostri. «Forza, diamogli una bella lezione!»

Le kamaitachi svanirono in un’altra corrente d’aria, che si lasciò dietro una pila di corpi al proprio passaggio. Per fortuna, al loro passaggio risparmiarono le cacciatrici. Atterrarono accanto a Fujinami, che aveva appena finito di incenerire un altro nutrito gruppo di creature. 

«Che onore averci degnati della vostra presenza» li schernì, ottenendo dei versacci in risposta.

Le quattro creature orientali corsero in mezzo ai mostri, spazzandoli via come foglie al vento. Nonostante le antipatie, erano una combinazione parecchio letale.

Un urlo di guerra si levò in mezzo alla battaglia. Con un lungo salto, Konnor si avventò su un oni dilaniandolo. Si voltò e altri tre mostri vennero affettati, più un quarto che venne decapitato. 

«Forza!» tuonò il figlio di Ares, prima di trucidare le altre malcapitate creature che gli capitarono a tiro. «Per Ares! Per gli dei!»

Per un momento, Stephanie rimase paralizzata ad osservarlo. Era incredibile. Il modo in cui si muoveva, evitava gli attacchi, parava e schivava, ogni cosa era immacolata. Nonostante fosse uno spettacolo da vedere, però, non poteva distrarsi. Riportò la sua attenzione sui mostri e continuò a respingerli.

I loro sforzi cominciarono a dare i loro frutti e i mostri cominciarono a sfoltirsi. Dapprima divisi e circondati, i semidei ripristinarono l’ordine, e gli yōkai smisero di comparire. Quando l’ultimo gruppetto venne eliminato, le orecchie di Stephanie ormai abituate al baccano di prima faticarono ad accettare tutto quel silenzio. Molti di loro continuarono a guardarsi attorno, ansiosi, ma non appena fu chiaro che nessun mostro sarebbe più apparso, riuscirono a tranquillizzarsi. 

La cacciatrice Kowalski si passò una mano sulla fronte, tirando un grosso sospiro di sollievo. «C’è mancato poco…»

«State tutti bene?» domandò Reyna, marciando tra la folla senza un graffio e senza tracce di stanchezza. 

A Stephanie sarebbe piaciuto sapere come facesse ad essere sempre così impeccabile. Reyna ordinò ad un gruppo di ragazze di occuparsi dei feriti, e ad un altro di far allontanare tutti i mortali che ancora si aggiravano ignari. 

Mentre le cacciatrici si sparpagliavano, chi mettendosi a tamponare ferite e chi correndo verso mortali armati di fotocamera che si avvicinavano, Reyna si voltò verso Stephanie. «Dov’è Talia?» 

«È rimasta nel museo, a cercare le altre cacciatrici.» 

«Ci sta mettendo troppo» mugugnò Reyna con tono nervoso. 

Anche Stephanie cominciò ad agitarsi. Non solo Talia era rimasta indietro, ma Orochi era ancora vivo. Quella faccenda non era ancora finita. I mostri non erano altro che l’inizio.

«Ma che bel lavoro che avete fatto.» Una voce si alzò all’improvviso. Stephanie sentì la schiena formicolarle. Si voltarono tutti verso le scale del museo, dove si trovava proprio Orochi, armato di una katana. Inginocchiata accanto a lui, tenuta per i capelli, c’era Talia. 

Versi sorpresi si sollevarono tra le cacciatrici. Alcune sollevarono le armi, ma Orochi tirò Talia per i capelli, strappandole un gemito, e avvicinò la katana alla sua gola. «Ah-ah-ah. Niente scherzi, fanciulle. Non vorrete mica che la vostra amichetta si faccia del male.»

«Maledizione…» disse Fujinami, irrigidendosi. 

Lisa serrò le labbra, mentre Thomas impallidì. «Q-Quello è…»

«Lasciala andare!» ordinò Reyna muovendosi in prima fila, ritrovandosi a valle delle scale mentre Orochi continuava a scendere gradino dopo gradino, trascinandosi dietro Talia. La figlia di Zeus aveva il volto insanguinato, coperto di tagli e lividi. Mai Stephanie avrebbe pensato di vederla ridotta così. Nessuno di loro lo avrebbe mai pensato. 

«Posate le armi» ordinò Orochi, facendosi serio. Sollevò Talia, e la strinse a sé trattenendola con un braccio attorno al collo. «Obbedite.»

Reyna strinse i pugni. Avevano tutti le mani legate. Fece un cenno della testa a Kowalski, che teneva la balestra puntata sull’uomo. Con molta riluttanza, la ragazza abbassò l’arma e lo stesso fecero tutte le altre. 

«Brave. Obbedite, servette» sibilò Orochi, continuando ad avanzare. 

Si ritrovò faccia a faccia con Reyna, che mantenne i nervi saldi. 

«Yamata no Orochi» mormorò la cacciatrice. «Vero?»

Orochi sogghignò. «Sono solo Orochi, al momento.»

«Che intenzioni hai?»

L’uomo serpente fece scivolare lo sguardo su tutti i presenti, soffermandosi in particolare su Stephanie, distendendo il ghigno. Riportò l’attenzione su Reyna. «Il mio sacrificio. Lo rivoglio.»

Reyna si voltò indietro, verso il parco, dove David, Travis e Gus se ne stavano nascosti dietro il cespuglio. 

«Non ti consegneremo Rosa» affermò con decisione, tornando a guardarlo. 

«Allora la vostra amica morirà.» Orochi strinse la presa attorno alla gola di Talia, strappandole un altro gemito. Era sveglia, ma immobile.

«Non… pensare a me Reyna…» mugugnò la figlia di Zeus. «È tutta colpa mia… uccidetelo…» 

«Talia…» sussurrò Reyna.

«Spostatevi» ordinò Orochi, cominciando a camminare. Passò accanto a Reyna, che rimase immobile, impotente.

Le cacciatrici non poterono fare nulla mentre si dirigeva verso il parco, non con Talia come suo ostaggio. 

«Voi» gracidò Orochi, quando raggiunse i greci. Si accorse di Stephanie e Konnor e ridacchiò. «Naito mi ha deluso di nuovo, a quanto pare. Tuttavia, questa volta la sua incompetenza…» Strinse la presa su Talia, facendola gemere. «… mi è stata di grande aiuto.»

La figlia di Demetra sentì la terra tremolare sotto di lei, mentre osservava l’uomo con furia crescente. Orochi tornò serio, reggendo il suo sguardo. «So cosa sei in grado di fare, cucciola di dea. Non provarci, altrimenti…» Avvicinò la punta della katana al volto di Talia, graffiandola. 

La cacciatrice gemette di nuovo, ma strinse i denti ed osservò Steph mentre il sangue fresco colava lungo la sua guancia. «Uccidilo Steph… uccidilo…» 

Steph si irrigidì, ma non rispose. Si limitò a squadrarlo con quanto odio aveva in corpo. Orochi ridacchiò, studiando gli altri semidei. Thomas non si mosse, reggendo lo sguardo con lui. Konnor fece lo stesso, stringendo la presa sullo spadone. Lisa tirò su con il naso, ma non batté ciglio. 

Toccò a Fujinami, che sbuffò sonoramente dalle narici. 

«Ci rincontriamo, qilin» commentò Orochi, ridacchiando ancora una volta. Gli disse qualcosa in giapponese e il qilin non sembrò prenderla bene. 

«Uccidetelo… uccidetelo…» continuò a mugugnare Talia, come in trance, mentre Orochi proseguiva verso di Rosa.

Stephanie era certa che tutti sapevano cosa sarebbe successo. Sapevano che avrebbe ucciso Talia non appena avrebbe avuto quello che voleva. Eppure, nessuno sembrava in grado di trovare il coraggio per fare qualcosa. Erano tutti immobili, paralizzati, aggrappati alla vana speranza che davvero Orochi la risparmiasse, troppo spaventati per intervenire e causare la potenziale morte di una semidea tanto importante.

Quando Orochi camminò sul prato, Stephanie percepì una scarica elettrica pervaderle il corpo. Era nel suo territorio, ora. Doveva essere veloce e precisa.

David, Travis e Gus si spostarono immediatamente, con il fauno che gemette spaventato, nascondendosi dietro gli altri due.

«Patetici» fu l’unico commento di Orochi. David abbassò la testa, cupo in volto.

Infine, l’ultimo baluardo di resistenza: Kensuke, Nagata e Sato, che erano ritornate proprio a proteggere Rosa. 

«Questo è il motivo per cui non ho kamaitachi nel mio esercito» gracchiò Orochi, mentre Kensuke sibilava contro di lui, le zampine che formicolavano. 

«Siete solo delle sporche mercenarie.» Orochi calciò Kensuke, che fu scaraventato via. Sato e Nagata strillarono furibondi e si avventarono su di lui. 

«NO!» urlò Thomas, tendendo una mano verso di loro. 

Con un veloce movimento del braccio Orochi le scacciò entrambe, scaraventandole a terra, tramortendole. Stephanie sgranò gli occhi. Era la prima volta che vedeva qualcuno reagire in quel modo alle kamaitachi. 

«Molto bene, cuccioli di dei.» Orochi si voltò, dando le spalle a Rosa, osservando tutti i presenti distendendo il proprio ghigno. «È stato un vero piacere arrivare fino a qui insieme a tutti voi. Ora, però, dovete scusarmi. Ho degli dei da...»

«Davvero… pensi sia la cosa più saggia?» domandò David all’improvviso, sollevando le mani. 

Tutti quanti, nessuno escluso, osservarono il semidio. Perfino Orochi, che ormai li aveva abituati a quella sua espressione beffarda, lo squadrò sbigottito. «Come prego?»

«David… David che diamine fai?!» protestò Gus, prima che Travis gli posasse una mano sulla bocca. 

«Insomma… affrontare gli dei… da solo… disarmato, da quanto ho capito…» David proseguì, cercando di sorridere accomodante, anche se la sua sembrò più una smorfia di dolore. «I-Insomma… sembra un po’… avventato, no?»

L’uomo serpente rimase con le labbra schiuse. «Ma parli seriamente?»

«E-Ehi, io cerco di essere razionale… forse… forse dovresti… ecco… ritirarti ancora per un po’… riposarti…» David accenno allo squarcio sul suo volto. «I-Insomma, n-non è che hai una bella cera, ecco…»

Orochi piegò la testa. Sbatté le palpebre un paio di volte. Era come se non riuscisse a mettere il semidio a fuoco. Ma soprattutto, incredibilmente, sembrava perfino che stesse valutando le sue parole.

«I-Insomma, certo, sì, ora sei molto potente, sei potentissimo, certo, però… però magari tra qualche annetto… sei ancora più in forma e… e magari a quel punto puoi uccidere gli dei senza problemi, no?»

«Ha la lingua ammaliatrice…» mormorò Konnor, incredulo. Tutto quello pareva perfino più surreale di tutto ciò che era accaduto fino ad allora.

«M-Magari… lasci andare Talia… così almeno… nessuno… ehm…» Il figlio di Venere si interruppe, faticando a continuare.

«No, no, non ti inceppare…» mugugnò Lisa.

«A-Ahm… ehm…» David sollevò le spalle, sorridendo come un ebete. Il resto delle frasi che pronunciò furono dei mugugni sconnessi. «E-Ehm… e… eh?»

Orochi sbatté le palpebre ancora una volta, poi scrollò la testa, riscuotendosi. Si massaggiò la fronte, poi trafisse David con un’occhiata più tagliente di un coltello. «Va bene. Adesso ti ammazzo.»

«AGH!» 

Il romano sembrò in procinto di svenire. Ciò che non poteva sapere, però, era quanto fosse importante il tempo che aveva appena fatto guadagnare a tutti loro, a Steph in particolare. Prima che Orochi potesse muoversi, i ciuffi d’erba crebbero a dismisura e lo afferrarono per braccia, gambe, busto e collo, facendogli perdere la presa su Talia e sulla spada, immobilizzandolo. L’uomo fece un verso sorpreso e cominciò a dimenarsi, per poco non strappandosi tutti gli steli di dosso. Stephanie strinse i denti, puntandogli contro entrambe le mani per tenere il controllo sull’erba. Non sarebbe riuscita a trattenerlo ancora a lungo. «Attaccate ora!» 

Fortunatamente Konnor e Lisa colsero subito l’opportunità, partendo all’attacco. L’uomo serpente urlò furibondo, liberandosi dagli steli con uno strattone. Rotolò a terra e afferrò la spada, parando l’attacco di Konnor. 

«Fuori dai piedi!» urlò, allontanando il semidio facendo pressione sulla lama, per poi colpire Lisa con il dorso della mano libera, ricacciandola indietro. 

Qualcosa forò l’aria, e l’uomo serpente afferrò una freccia al volo, un istante prima che gli affondasse in un occhio. Altre frecce volarono verso di lui. Orochi ne schivò alcune, altre rimbalzarono contro l’armatura, altre ancora invece riuscirono a penetrarlo dove Stephanie aveva distrutto le placche metalliche. Gridò di dolore e se le strappò via con gesti decisi, incurante della carne che si lacerava.

Fujinami passò accanto a Stephanie come un proiettile, seguito da Reyna e altre cacciatrici. Tutti si gettarono contro quell’essere disumano, che ruggì con maggiore ferocia. Stephanie continuò ad intralciarlo con i suoi poteri, mentre colpi di lancia, gladio, frecce e fuoco si abbattevano su di lui, in un turbinio di urla, clangori metallici e fiamme. 

Reyna conficcò la punta della lancia nel fianco di Orochi, in un punto in cui l’armatura si era rotta. Alle sue spalle, Lisa gli conficcò un pugnale nella schiena e subito dopo venne travolto dalle fiamme di Fujinami.

Orochi urlò, destreggiandosi come meglio poteva in mezzo a quella zona sismica di cacciatrici, semidei e qilin furibondi. Konnor tentò di mozzargli la testa, ma Orochi parò ancora una volta l’attacco a mezz’aria, beccandosi lo stivale del figlio di Ares contro il ginocchio, seguito da una gomitata che gli riaprì la ferita sul volto. 

«Porco schifoso!» tuonò Lisa, ferendolo alla gola con i pugnali, mentre Kowalski lo caricava di lato, trafiggendolo all’altro fianco. 

«Che succede, “solo Orochi”, non ridi più ora?!» 

L’uomo barcollò all’indietro e fu travolto in pieno da Fujinami, che gli schiantò il corno sullo stomaco, spedendolo a terra. Cercò di rialzarsi, ma Konnor gli fece cambiare idea sferrandogli un calcio sul volto, ribaltandolo. Stephanie lo immobilizzò, dando l’occasione a Reyna di finirlo, ma Orochi si dimenò, strappandosi l’erba di dosso e rotolando di lato, evitando la lancia di Reyna che mirava al suo cuore, sempre se ne aveva uno. 

Si rimise in piedi, in tempo per essere accolto da altre frecce. Le cacciatrici armate di arco lo bombardarono ogni volta che riusciva ad allontanarsi o a respingere uno dei combattenti a distanza ravvicinata. L’uomo serpente muggì furibondo, staccandosi anche quelle di dosso, prima di essere di nuovo circondato da Reyna, Fujinami, Lisa, Konnor, Kowalski e un’altra mezza dozzina di cacciatrici. Orochi era potente, era veloce, era resistente, ma stava venendo schiacciato sotto il peso incessante di quegli attacchi. 

In mezzo allo scontro, David, Travis e anche Tommy si occuparono di portare in salvo Rosa, Talia e le kamaitachi, pericolosamente vicine alla battaglia che infuriava. Per quanto goffi fossero i due romani, Stephanie doveva ammettere che ce la stavano comunque mettendo tutta. Riuscirono a portale dietro di lei, dove le adagiarono a terra.

«Siete solo esseri inferiori!» gridò Orochi, così forte che la terra sembrò tremare. Si alzò in piedi in mezzo alla calca di guerrieri e saltò in aria, fuori da quella cerchia, atterrando ad una ventina di metri di distanza da tutti loro. 

Cadde in ginocchio, tenendosi una mano su una ferita al petto mentre rantolava di fatica. Non solo l’avevano ferito, ma gli avevano anche rimosso quell’aura di invulnerabilità che aveva attorno. Orochi non era un dio, non era immortale, era un mostro come un altro e la consapevolezza di esserlo lo stava spaventando. Si rimise in piedi barcollando e serrò la mascella. «Non verrò sconfitto da dei parassiti! Koko ni kite!»

Con enorme sgomento, Stephanie osservò altre pozze nere apparire sul suolo. Un altro esercito di mostri apparve di fronte a loro, almeno un centinaio di esseri orribili che circondarono Orochi, il quale tornò a sorridere trionfante. «Pensavate davvero che non mi fossi preparato?!»

Thomas estrasse il falcetto dallo zaino. «Accidenti…»

«Ancora?!» sibilò Lisa, sollevando i pugnali. «Ma quanti ce ne sono?!»

Orochi indicò il gruppetto, distendendo il ghigno. «Mina o korosu!»

Non occorreva sapere il giapponese per capire cosa avesse detto. I mostri attaccarono e Stephanie utilizzò i suoi poteri per intralciarli. Alcuni di loro rimasero intrappolati nei rami, altri riuscirono a passare, venendo eliminati con facilità. Proprio come prima, i loro movimenti erano lenti e grossolani, rendendoli semplici avversari. Tuttavia, non appena i loro corpi si dissolvevano nel terreno, altre pozzanghere di oscurità apparivano, rigettandoli fuori. 

Nel giro di pochissimi istanti i mostri riuscirono a rompere le loro righe, facendosi largo tra i combattenti, morendo sotto i colpi delle loro armi ma continuando a riapparire subito dopo, di fatto rendendo inutili tutti i loro sforzi.

Stephanie perse di vista tutti i suoi compagni, rimanendo da sola a proteggere i corpi privi di sensi di Rosa, Talia e le kamaitachi. Sentì tutte le sue forze abbandonarla mentre evocava la natura per difendere i suoi compagni. Da sola riuscì ad arrestare la carica di buona parte dei mostri, ma erano troppi perfino per lei, e tenerli a bada la costrinse a restare immobile mentre una battaglia su cui non poteva avere alcun controllo infuriava ovunque guardasse.

«Ma che sta succedendo?!» gridò una cacciatrice, quando l’ennesima creatura si rigenerò di fronte a loro.

La voce di Fujinami risuonò nella mente di Stephanie all’improvviso. «Come ho fatto a non pensarci prima? Deve essere opera di un nekomata!»

«Un… cosa?!» domandò Stephanie, afferrando con un rampicante una specie di uomo uccello con il naso enorme e scaraventandolo via.

«Non c’è tempo per le spiegazioni! Dobbiamo trovare un gatto con due code e ucciderlo, altrimenti i mostri continueranno a tornare!»

Stephanie era così abituata al suo linguaggio aulico e criptico che sentirlo arrivare dritto al punto per una volta la colse di sorpresa. Se non altro era stato chiaro. Purtroppo però, cercare la creatura menzionata dal qilin non sarebbe stato facile in mezzo a quella battaglia.

«Morite cuccioli di dei!» gridò Orochi, avanzando insieme al suo esercito, scagliandosi contro ogni cacciatrice che capitava a tiro. Le ragazze non poterono nulla contro di lui. Alcune cercarono di difendersi, cavandosela con qualche ferita, altre non si rialzarono più dopo essere state colpite dalla sua katana. Guerriere con secoli e secoli di esperienza di battaglie caddero sotto i suoi colpi, alimentando il suo sorriso sadico. «Non sareste dovute venire qui, servette!»

Una cacciatrice in ginocchio tentò di barcollare via da lui, venendo trafitta alla schiena. Orochi si passò la mano sporca del sangue della giovane sul petto, ridendo. Reyna si avventò su di lui, urlando furibonda. L’uomo parò la lancia della figlia di Bellona e roteò la lama, disarcionandola. Sferzò l’aria e Reyna indietreggiò, ma la katana raggiunse comunque il suo volto. La ragazza cadde a terra tenendosi una mano sulla ferita, gridando di dolore. Orochi sorrise, sollevando la katana imbrattata del suo sangue scarlatto. «Muori!»

Kowalski si frappose tra di loro all’improvviso, parando la katana con la sua spada. Strinse i denti, le braccia che le tremavano per la fatica. «Sta’ lontano da lei!»

Orochi rise e la respinse con un calcio allo stomaco. Kowalski indietreggiò, piegata in due. Strinse i denti e gridò furibonda, raddrizzandosi e sollevando la spada, ma l’uomo fu più veloce: con un gesto secco conficcò la katana nello stomaco della cacciatrice, che spalancò la bocca in un urlo di dolore muto. Del sangue le scivolò dalle labbra, mentre osservava Orochi con occhi vitrei. 

«Sparite dalla mia vista.» L’uomo ritirò la katana e le sferrò uno schiaffo, scaraventandola a terra. 

Stephanie inorridì. Era successo tutto così in fretta, non aveva nemmeno avuto il tempo di pensare. Kowalski era morta di fronte a lei, perché aveva cercato di difendere la sua amica. Si era sacrificata pur di salvare Reyna. 

Vide Orochi avvicinarsi alla figlia di Bellona, ancora a terra, prima che una decina di mostri si parasse di fronte a lei, oscurandole la visuale.

«Toglietevi di mezzo!» Una selva di rampicanti li immobilizzò, trafiggendoli e scagliandoli via, ma altri continuavano a prendere il loro posto. Stephanie faticava sempre di più a tenere a bada tutte quelle creature. Ne aveva immobilizzati a decine, ma molti altri erano ancora liberi, e stavano schiacciando i suoi compagni. 

In un angolo della sua mente, sentiva il grido della natura ordinarle di liberarla, ma fu costretta a stringere i denti e ignorarlo. Non poteva perdere il controllo, non lì, non con tutti i suoi amici attorno a lei e una città intera che la circondava. 

Sempre più affannata, cercò Reyna con lo sguardo e si accorse di Konnor intento ad affrontare Orochi. Le loro spade si incrociarono più e più volte, ma lo scontro stava volgendo in favore dell’uomo serpente. 

Konnor indietreggiò, schiacciato dai violenti attacchi di Orochi, parando e schivando la katana al meglio delle sue capacità. Anche Lisa giunse all’improvviso in aiuto del semidio, ma nemmeno i loro sforzi combinati furono sufficienti. 

«Non potete uccidermi, piccoli dei!» esclamò Orochi, colpendo Lisa con l’elsa della spada e scaraventandola a terra. Konnor gridò e dimenò lo spadone, ma Orochi lo schivò e lo afferrò per il collo, sollevandolo da terra. 

«Lascialo andare!» Nella periferia del suo campo visivo, Stephanie scorse Thomas che si avventava su di Orochi, falcetto alla mano. 

«Volentieri!» rispose l’uomo, scaraventandogli addosso Konnor. Tommy fu investito in pieno. I due semidei rotolarono a terra e il falcetto di Thomas schizzò in aria e precipitò a pochi metri di distanza da Stephanie. Orochi rise torreggiando su entrambi, roteando la katana.

Stephanie inorridì al pensiero dei suoi amici che cadevano per mano di quell’essere. Nonostante la fatica, puntò una mano verso Orochi per evocare altre piante, ma qualcosa la colpi di fianco, facendola ruzzolare sulla strada. Un oni era riuscito ad avvicinarsi a lei e la stava osservando con un sorriso maniacale. Agitò le dita e strillò così forte da farle male alle orecchie, per poi attaccarla. La figlia di Demetra cercò di evocare altri rampicanti, ma qualcuno si mosse più rapidamente. Una figura sottile si frappose tra di loro, amputando un braccio all’oni con il falcetto di Tommy. 

La semidea schiuse le labbra, non credendo ai suoi occhi. «Rosa!»

Rosa si voltò verso di lei. Era pallida come un lenzuolo e aveva uno strano sguardo, ma era sveglia, e stava bene. Le rivolse un cenno della testa, poi si avventò contro l’oni con un grido furibondo, ricacciandolo indietro. Combatté come una furia, ogni fendente era di precisione millimetrica, come se non fosse mai stata fuori combattimento. Si unì alla battaglia falcidiando mostri a destra e manca, aiutando le cacciatrici in disperato bisogno di rinforzi. 

Nonostante si rigenerassero, i mostri non avevano alcuna speranza contro di lei. Stephanie non l’aveva mai vista combattere, ma aveva sentito alcune storie su di lei e sul fatto che all’arena del Campo Mezzosangue tutti ne fossero intimoriti, e ora riusciva a capirne il motivo. Si muoveva come un fulmine, ogni suo colpo andava a segno con precisione, senza lasciare nessuno scampo. 

Un urlo terrificante provenne da Orochi. Stephanie si voltò, accorgendosi di un turbinio d’aria che si era sollevato attorno a lui, così forte da far crepare l’asfalto. Una miriade di tagli e ferite composero un mosaico sul suo volto già deturpato. Si coprì con le braccia, procurandosi altri tagli nei punti dove l’armatura non lo copriva. Non appena la corrente cessò, Kensuke, Nagata e Sato apparvero di fronte a lui, tutte e tre con il pelo arricciato, le lame sguainate e un’aria davvero, davvero, arrabbiata. 

Orochi si ripulì il sangue che scivolava dalle labbra, digrignando i denti. Le kamaitachi svanirono di nuovo nell’aria, così veloci da essere invisibili. Le urla di Orochi seguirono quello scontro furibondo tra orientali. Decine e decine di altri tagli si aprirono sul suo corpo, ma ancora una volta Orochi riuscì a respingerle con un gesto del braccio, scaraventandole via. 

Una coltre di fiamme blu lo investì, facendolo muggire infastidito. Anche Fujinami giunse in aiuto, correndogli attorno e circondandolo con un muro di fuoco. Le kamaitachi tornarono ancora una volta, alternandosi con in qilin in una scarica letale di lame e fiamme. Ma per quanto si sforzassero, nemmeno loro sembravano in grado di fermare Orochi. E in tutto il resto del campo di battaglia, le cose non si stavano mettendo affatto bene. 

Reyna, Lisa, Konnor e Thomas si stavano rialzando a fatica, mentre le cacciatrici e i romani, nonostante l’arrivo di Rosa, erano comunque in estrema difficoltà. 

Ancora a terra, Stephanie strinse i denti. Tutti quanti stavano combattendo allo stremo delle loro forze, le cacciatrici in inferiorità numerica, i romani inesperti, i suoi amici che fronteggiavano un mostro millenario in grado di spazzarli via tutti, Rosa appena svegliatasi da un coma. Tutti stavano dando del loro meglio, e lei non sarebbe stata da meno. 

Si rimise in piedi a fatica, con le gambe che tremavano. Strinse i pugni e chiuse gli occhi, concentrandosi profondamente. Era esausta, ma non si sarebbe fermata. A costo di morire per la fatica, lei avrebbe aiutato i suoi compagni. Avrebbe sconfitto Orochi. 

Sentì il grido della natura e sussultò.

Madre, sorella… vi prego, aiutatemi a controllarlo.

Aprì gli occhi e spalancò le braccia. Urlò a perdifiato, attingendo a tutte le sue forze, richiamando ogni ciuffo d’erba di quel parco, ogni radice rimasta sepolta, ogni traccia di vegetazione nei paraggi in grado di rispondere ai suoi comandi. Sentì il proprio corpo in fiamme, come se il sangue si fosse trasformato in fuoco liquido, la schiena che formicolava, la testa che friggeva. Le sembrava di essere in guerra con sé stessa, ma non avrebbe ceduto, non finché Orochi non sarebbe morto. E soprattutto, non finché non avrebbe rivisto i suoi amici sani e salvi.

La strada si spaccò, mentre una selva di rampicanti si faceva largo tra il cemento, aggiungendosi a quelli già presenti. Il parco esplose, mentre ogni ciuffo d’erba cresceva a dismisura. Visto che uccidere i mostri non serviva, Stephanie usò le piante per intrappolarli uno ad uno e per sollevarli da terra, in modo che non fossero d’intralcio per i suoi compagni. 

Le cacciatrici gridarono di sorpresa mentre i rampicanti apparivano di fronte a loro all’improvviso, portandosi via le creature con cui erano alle prese. Nel giro di pochi istanti, almeno metà dell’esercito di mostri si ritrovò immobilizzato in dei grovigli di radici e spine da cui non potevano più fuggire.

La figlia di Demetra si sentì potente come mai prima di allora. Nemmeno quando aveva sconfitto Campe o scagliato Oto in cielo si era sentita così. Perché questa volta, a differenza delle altre, percepì il pieno controllo su tutto quello che stava succedendo. 

L’urlo della natura si era affievolito. Era ancora presente, ma era più debole. La ragazza sentì un tuffo al cuore. Era contraria a tutto ciò che gli uomini avevano fatto alla natura, era contraria a come avessero cercato di schiacciarla, di schiavizzarla perfino, e adesso lei stava facendo lo stesso. Tuttavia, non aveva altra scelta: se non avesse fatto così, allora il mondo intero sarebbe stato perduto. 

Mi dispiace…, pensò, mentre il dolore della natura soffocata dal peso dell’uomo scorreva dentro di lei. Sentì una lacrima scenderle lungo la guancia, ma non perse la concentrazione.

All’improvviso, in mezzo a quella bolgia di piante, mostri e cacciatrici, una strana creatura si fece largo. Un grosso gatto bianco con chiazze marroni, con due code, come Fujinami lo aveva descritto. Saltava in mezzo ai rampicanti schivandoli con incredibile rapidità. 

«Eccolo là!» gridò Stephanie, indicandolo.

«Ci penso io!» esclamò Thomas, rialzandosi in piedi, per poi bloccarsi quando si accorse di Rosa. La sua espressione da baccalà batté tutte quelle che aveva fatto fino a quel giorno. 

«Tommy!» urlò Stephanie, infervorandosi. «Tienilo nei pantaloni e uccidi quello stramaledetto gatto!»

«S-Scusa!» Il figlio di Ermes si defilò. 

I rampicanti tentarono di afferrare anche Orochi, ma quello saltò all’indietro, tranciandoli con la katana. Si accorse di tutto quello che stava succedendo, del suo intero esercito che stava venendo sopraffatto, e osservò Stephanie, capendo che si trattava di opera sua. Strinse la presa sulla katana, adirato. «Avrei dovuto ucciderti quando ne ho avuto l’occasione!» 

Fece per avventarsi su di lei, ma le kamaitachi lo intralciarono, tempestandolo con i loro attacchi. «Maledetti parassiti!»

Sferzò l’aria con la katana, riuscendo a respingerle, per poi schivare un’altra coltre di fiamme blu. Si fiondò su Fujinami, ma Konnor e Lisa si pararono di nuovo di fronte a lui, con quest’ultima che pareva piuttosto accesa. «Tu non vai da nessuna parte!» 

Orochi indietreggiò, scansando e parando gli attacchi di tutti e tre, ignorando le ferite e i colpi che andavano a segno. Sullo sfondo, Stephanie vide Thomas armato dell’ennesima spada recuperata dallo zainetto, i due romani e altre cacciatrici intenti a cercare di uccidere il nekomata, ma quello era troppo veloce, perfino per loro. Evitava le frecce e correva in mezzo a loro come un lampo. All’ennesimo attacco andato a vuoto, Tommy si animò: «Accidenti!»

Stephanie serrò la mascella. Non era arrivata fino a quel punto per fallire proprio alla fine. Con un ultimo sforzo, fece compare un ultimo rampicante, che spaccò il suolo proprio al di sotto del nekomata. Lo yōkai spalancò gli occhi, ma fu l’unica cosa che riuscì a fare. Il rampicante lo trafisse, facendogli emettere un verso straziante.

Tutt’un tratto, i mostri cominciarono a gridare insieme a lui e chi di loro ancora poteva muovere le braccia si prese la testa tra le mani, dimenandosi. Poi, uno dopo l’altro, si sciolsero di nuovo in cumuli di oscurità assieme al nekomata, che svanì lasciandosi dietro un lamento simile a quello di un gatto reale che era stato ferito. Per fortuna, Stephanie preferiva di gran lunga i cani.

«No…» mugugnò Orochi, accorgendosi dei mostri che svanivano uno dopo l'altro. «NO!»

Si fece largo tra i suoi avversari, sollevando la katana e fiondandosi su di Stephanie. «Me la pagherai!»

La figlia di Demetra lo osservò impassibile. Avrebbe potuto fermarlo, ma sapeva che non ce ne sarebbe stato il bisogno.

«VETE AL DEMONIO!»

Rosa apparve dal nulla, affondandogli il falcetto nel fianco e arrestando la sua corsa. Orochi rovesciò la testa all’indietro, gridando di dolore, per poi fissarla con odio. «Tu?!»  

La figlia di Apollo digrignò i denti ed estrasse la lama, assalendo l’uomo serpente con una raffica di sferzate, mulinando il falcetto come un tornado. Gridò furibonda, tentando di decapitarlo. Orochi riuscì a proteggersi a malapena, procurandosi decine di altre ferite. Indietreggiò, osservandola come se volesse incenerirla con lo sguardo. Poi, sorprendentemente, sorrise di nuovo. «Non dovresti combattere, cucciola di dea. La tua vita è molto preziosa, lo sai?»

Rosa serrò la mascella. «Non me ne starò ferma a guardare altri che combattono per me. Meglio morta che damigella in pericolo.» 

Orochi ridacchiò, ripulendosi dal sangue sul volto. «Che frase azzeccata!»

Si avventò su di lei con incredibile rapidità, ma Rosa bloccò comunque il suo affondo e gli sferrò una gomitata sul volto, allontanandolo. Orochi mugugnò di dolore, premendosi una mano sul volto, e tornò ad osservare la semidea. 

Reyna affiancò Rosa, assieme ad altre cacciatrici. Alle sue spalle, invece, si trovavano Konnor, Lisa e Fujinami. Orochi non sembrò curarsi del fatto che fosse circondato, nonché ferito gravemente. 

«Che splendido buffet di vergini» gracchiò. «Sono certo che sarete un pasto meraviglioso!»

Con un altro urlo disumano, si fiondò su di loro, ignorando l’inferiorità numerica e le decine, centinaia, forse migliaia di ferite che aveva accumulato fino a quel momento. Questa volta, però, non gli andò bene. Le cacciatrici lo fecero a brandelli. Si ritrovò con tagli ovunque, frecce conficcate nella schiena e sangue che colava a fiumi dalle ferite. 

«Questo è per Kowalski!» tuonò Reyna, tagliandogli una guancia con la lancia. «E per Talia! E Zoey! E Cristina!» Cominciò a nominare tutte le cacciatrici cadute vittima di Orochi, donandogli un taglio per ogni nome.

«Hai ancora fame, cabrón!?» domandò Rosa, aprendogli uno squarcio sul petto, spingendolo verso le braccia poco accoglienti delle altre ragazze. 

Orochi barcollò in mezzo a quel cerchio di fuoco, perdendo la presa dalla katana. Ricevette un taglio, una ferita, un calcio o un pugno da ogni direzione. Ormai era quasi irriconoscibile a causa di tutte le ferite. 

Stephanie affiancò Lisa e Konnor, venendo presto raggiunta da Thomas. Nessuno di loro intervenne, quella ormai era una faccenda personale tra le cacciatrici e Orochi. Timidamente, anche i due semidei romani si fecero avanti, assieme a Gus, che era riapparso da chissà dove. Quel fauno era un ninja, non c'erano altre spiegazioni. In ogni caso, Stephanie si sentì sollevata di vedere che stavano bene. 

«Tutto qua…? L’ho sentito appena…» mugugnò Orochi, crollando in ginocchio, con tutto il corpo coperto di orribili sfregi. Sputò un enorme grumo di sangue a terra, ma non smise di sorridere. «Patetiche servette… non valete niente…» Sollevò lo sguardo, osservando tutti loro, anche i greci. «Nessuno di voi servi di dei vale niente…»

«Non siamo servi degli dei» asserì Rosa, torreggiando su di lui. «Siamo la loro famiglia.»

Orochi rovesciò la testa all’indietro, scoppiando in una roca risata, alternata da dei gemiti di dolore. Rosa non ci vide più. Gridò e sollevò la spada.

«Si fermi, signorina!»

Tutti quanti si voltarono. Un uomo stava camminando verso la loro direzione, agitando un braccio. Era vestito come un barbone, con un grosso cappotto logoro, barba e capelli incolti e spessi occhiali da sole sopra gli occhi. Non appena lo vide, Stephanie schiuse le labbra. Quello era il mendicante che aveva aiutato lei ed Edward! 

E il bello era che non era nemmeno da solo. Con lui c’era una ragazzina. 

«Divina Artemide!» esclamò Reyna, sbalordita. La sua reazione fu la stessa di tutti gli altri. Tra tutte le persone che Stephanie avrebbe pensato di rivedere, quei due, soprattutto assieme, erano al fondo della lista.

Artemide e il mendicante avanzarono verso di Orochi, sotto gli sguardi interrogativi di tutti i presenti. 

«Orochi, da quanto tempo! Hai un aspetto orribile» esordì il mendicante.

«Sempre meglio del tuo» mugugnò Orochi, mentre il sorriso svaniva finalmente dal suo volto.

«Basta così, Rosa» affermò Artemide, avvicinandosi alla nipote. La semidea ancora teneva la lama sopra la testa di Orochi, pronta ad abbatterla. Era come stregata dalla presenza della dea. Artemide posò una mano sul suo braccio, invitandola ad abbassare l’arma. «Ce ne occupiamo noi adesso.»

Rosa rimase immobile ancora per diversi attimi, con la bocca spalancata, incapace di processare cosa stava succedendo. Infine, titubante, rilassò il proprio corpo. Annuì e indietreggiò, raggiungendo le cacciatrici. 

Il mendicante e Artemide fronteggiarono Orochi, che sogghignò alla dea. «Oh sì, verginella, occupati di me…» Tirò fuori la lingua, facendola sibilare. «Sono tutto tuo…»

«Non parlarle così» lo ammonì il mendicante, incrociando le braccia. «Mostra un po’ di rispetto per la divina Artemide.»

Il rettile li squadrò per qualche istante, ispezionandoli con espressione disgustata. «Che significa tutto questo? Siete diventati amici adesso?»

L’uomo e la dea si scambiarono uno sguardo, poi lui sollevò le spalle. «Così sembrerebbe. La cosa ti turba?»

Orochi distese il ghigno. «Affatto. Vi sterminerò tutti in ogni caso.» Tornò ad osservare Artemide, passandosi la lingua sulle labbra. «E mi divorerò il tuo corpo.»

Artemide non sembrò scalfita da quelle parole. Il barbone invece ridacchiò tra i baffi. Disse qualcosa in giapponese, alla quale Orochi rispose, sembrando mettere parecchio veleno nelle parole. Infine, l’uomo abbassò la mano di fronte al volto del rettile e gli tirò un buffetto sul naso. Un gesto che sarebbe stato ridicolo, se solo Orochi non fosse esploso, in tutti i sensi del termine, in un cumulo di polvere bianca. 

Decine di versi sorpresi si sollevarono in aria. Stephanie schiuse le labbra, atterrita. Il mendicante si voltò poi verso di loro, sorridendo smagliante. 

«Vi ringrazio di cuore per quello che avete fatto.» Unì le mani e chinò la testa verso ognuno di loro. La chinò verso Stephanie e i suoi compagni, verso le cacciatrici, verso i tre romani e anche verso Fujinami e le kamaitachi. «Greci, cacciatrici, romani e anche giapponesi, avete unito le forze e avete sventato una terribile minaccia. A nome degli dei, ve ne siamo profondamente grati.»

I semidei si osservarono tra di loro, confusi. Era evidente ormai che quell’uomo fosse un dio, ma Stephanie non riusciva proprio a capire di chi si trattasse. Anche se, a giudicare dalla vicinanza con Artemide, forse la risposta era sotto il suo naso. «Divino Apollo?» 

Il mendicante ridacchiò. «Suvvia, non essere ingenua. Io sono molto più bello di Apollo.»

Si tolse gli occhiali, rivelando un paio di occhi a mandorla che spiccavano tra le rughe. «Io sono Susanoo, dio del mare, delle tempeste e degli uragani. Piacere di conoscervi.»


 
 
 
 
 
Bene, grazie per essere arrivati fino in fondo. Questo capitolo è stato terribilmente difficile, un po’ perché è la prima volta che descrivo una battaglia, un po’ perché sono praticamente due capitoli condensati in uno. Sì, in realtà il mio piano iniziale era quello di dare un po’ più di spazio al nekomata, magari dedicare un capitolo incentrato sulla sua uccisione, ma alla fine ho preferito stringere un po’ i tempi e questa creatura ha giusto fatto un cameo. In sintesi, i nekomata possono riportare in auge gli spiriti dei morti e manovrarli come burattini, esattamente come ha fatto il nekomata in questo capitolo. Da non confondere con il bakeneko, che sarebbe il gatto apparso tanti capitoli fa, il caro Shinjiro. Diciamo che i bakeneko e i nekomata sono cugini.
 
 Un’altra cosa che mi ha fatto davvero girare le scatole è stato il pov fisso. Per raccontare una battaglia sicuramente un pov variabile mi sarebbe stato molto più comodo, specialmente perché ho voluto raccontare diverse storie, ma per farlo tramite il punto di vista di Stephanie ho dovuto trovare un sacco di stratagemmi per tenerla immobile durante la battaglia, scelta che sinceramente non mi fa impazzire molto. Ho paura di aver reso Steph un po’ troppo inutile, nonostante le fasi finali in cui intrappola tutti.
 
 Spero che possiate dirmi voi cosa ne pensate.
 
 Non manca molto alla fine, ma ho ancora in serbo qualche sorpresa e qualche altro cameo importante provenienti dalla cultura orientale. Anzi, più che camei oserei dire.
 
 Grazie per aver letto e grazie a Ronald e Farkas per le recensioni nello scorso capitolo. Alla prossima!

   
 
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