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Autore: mattmary15    12/04/2021    0 recensioni
Sono passati anni dagli eventi di Cuba. Charles ed Erik si sono separati, ma il destino ha in serbo un tiro mancino per loro e a riunirli sarà l'ultima persona a cui pensano. Stavolta saranno alle prese con un nuovo avversario dei mutanti e una potente organizzazione che ne gestisce le risorse e che reclama l'eredità di Sebastian Shaw.
Seguito de 'L'anello mancante' ma può essere letta anche senza conoscere il contenuto del prequel.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto, Nuovo personaggio, Raven Darkholme/Mystica
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'eredità di Shaw'
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Capitolo 11
Il segreto di Tessa

 

Tessa aprì gli occhi in un posto diverso da quello in cui li aveva chiusi.

Sembrava una camera d’albergo.

Si sforzò di mettersi seduta e un paio di braccia la sostennero subito.

“Ben svegliata. Pensavo che avresti dormito fino alla fine dei tempi.” La voce di Erik era calma e allegra.

“E’ andato tutto bene?” Lui annuì.

“Il piano ha funzionato alla perfezione.” Erik si alzò e raggiunse il mini bar da cui tirò fuori una birra. 

Tessa si accorse che la sua maglia era sporca di sangue. Si girò per scendere dal letto e si rese conto che aveva solo una camicia di Charles addosso. Erik le fu subito accanto.

“No signora, non puoi alzarti ancora. Il dottore è stato categorico su questo. Mi ha ordinato di farti restare a letto.” Tessa sorrise.

“Dov’è il dottore?” Chiese lei alludendo al fatto che Charles non era lì con loro.

“E’ andato a procurarci qualcosa da mangiare.”

“Non era meglio che ci andassi tu?”

“Non credi che sappia trovare i tramezzini al tonno tra le corsie di un supermercato o hai paura che non ci arrivi neppure?” Ironizzò lui. “Ti ricordo che è la mia faccia quella sulle foto segnaletiche e che Charles può controllare le persone con la forza del pensiero.” Tessa scosse la testa.

“Hai ragione. E’ che tu hai il fisico da uomo di Neanderthal e mi ispiri sicurezza.” Erik allungò un braccio per posare la bottiglia sul comodino con l’intenzione di aiutarla a risistemarsi nel letto ma una smorfia di dolore gli tese i muscoli del viso. Tessa glielo toccò con una mano. “Cos’hai?”
“Nulla.” Fece lui cercando di sfuggire alle attenzioni della donna.

“Dimmi cos’hai, Erik.”

“Sono ferito.”
“Dove? Com’è successo?”

“E’ solo un graffio.”

“Fammi vedere.” Erik si sfilò la maglia e si voltò. 

Sulla sua schiena un taglio piuttosto profondo era stato tamponato con una serie di garze adesive attaccate in modo scomposto.

“Chi diavolo ti ha conciato così?” Esclamò lei.

“Non è facile medicarsi di spalle allo specchio.”

“Mi stai dicendo che non hai neppure chiesto a Charles di darti un’occhiata.”

“Mi curo da solo dal 1943.” 

“Cos’è? La pubblicità di una pianta officinale? Vieni in bagno con me.” Erik scosse la testa ma obbedì.

Tessa lo fece sedere sul bordo della vasca. Staccò con cautela le garze sporche di sangue raffermo e bagnò un asciugamano pulito per lavare la schiena dalle spalle in giù. 

Erik era teso come una corda di violino ma, mentre le mani della donna gli accarezzavano la base del collo e le scapole fino alla ferita, si concesse di chiudere gli occhi e rilassare le spalle.

“Va meglio?” Chiese lei prima di lasciare il panno umido sulle sue gambe e raggiungere la specchiera. L’aprì e si sollevò sulla punta dei piedi nudi chiedendogli se ci fosse dell’alcol da qualche parte.

Erik non le rispose. Il suo sguardo era finito sulle sue natiche appena nascoste dalla camicia di Charles. Si alzò e le strinse i fianchi con le mani poggiando le labbra sul collo di lei.

“Non darmi mai più le spalle in questo modo se non vuoi fare l’amore con me.”

Tessa avvampò. Per un istante che le sembrò lunghissimo, rimasero così. Lei con le mani sul lavandino, le nocche bianche, lui con le labbra strette sul suo collo, quasi la stesse mordendo.

“Erik.” Sussurrò lei spingendosi all’indietro in cerca di aria e fermandosi non appena percepì l’eccitazione di lui.

“Senti cosa mi fai? Voltati,” disse affondando ancora di più le labbra nella carne di lei, “voltati e baciami.”

Tessa lasciò andare il lavabo e si girò per cercare la sua bocca. Lui la sollevò e la fece sedere sul bordo del lavandino stringendole le cosce. Il calore della sua bocca era diventato un richiamo impossibile da ascoltare.

“Sei così bella.” Lasciò andare le sue gambe per cercare i bottoni della camicia ma erano troppi e infilò subito una mano sotto la stoffa per toccarle i seni. Tessa gemette. 

“Erik, tu mi fai perdere la testa,” ammise, “con te non riesco a ragionare.”

“Allora non farlo.” Disse lui scendendo con una mano sul suo inguine. 

La specchiera prese a tremare e con essa ogni cosa che non era fissata alle pareti. Erik improvvisamente si fermò.

“Che succede?” Chiese lei vedendo che l’altro la guardava preoccupato.

“Ti sanguina di nuovo il naso.” 

Tessa scese dal lavabo e si guardò allo specchio. Un capogiro la fece barcollare. Erik la tenne.

“Dovresti tornare a letto.” Disse lui asciugandole il naso con lo stesso panno con cui lei gli aveva pulito la schiena.

“Lascia che prima ti bendi la ferita. Ce la faccio.”

Erik non aggiunse più niente. Tessa passò dell’alcol sul taglio e gli mise dei punti con ago e filo. Gli bendò il torace e le spalle e gli passò una maglia pulita.

“Mi dispiace che sia andata così.” Disse Erik infilando il maglione. 

Tessa scosse le spalle e raggiunse il letto. Ci si infilò in silenzio. Lui si sedette al suo fianco e le baciò la fronte.

“Sei importante per me. Se oggi ti servisse vendermi a Pierce, mi offrirei spontaneamente.” Tessa sollevò lo sguardo di colpo.

“Perché parli in questo modo?” Disse con rabbia.

“Perché non sono capace di amare in modo diverso.”

“Non si vende la Tour Eiffel per un soldo di cacio e tu sei la Tour Eiffel, ricordi?”

“No, io sono Magneto, un assassino e un fuggitivo. Non fare l’errore di sopravvalutarmi.”

Tessa stava per dire che aveva visto le conseguenze di una serie di scelte affatto pessime che lui aveva fatto, ma il rumore della chiave nella toppa li avvertì che non erano più soli.

Erik si allontanò di scatto, quasi non volesse che Charles li trovasse vicini.

“Non sapete quanta gente c’è al supermercato. Spero di aver preso tutto perché non ci torno lì dentro. Non ci tornerò mai più. Non sapevo quanto potessero essere aggressive le persone che si contendono l’ultimo pezzo di arrosto. Tessa, cara, sei sveglia?” Tessa lo vide posare le buste della spesa e scoppiò a ridere.

“Che c’è? Che ho detto?”

“Non hai mai fatto la spesa in vita tua, vero principino Charles?” Lo canzonò Erik.

“In effetti è stata la prima volta e, giuro su Dio, anche l’ultima. Però ho preso hamburger e patatine.”

“Ottimo.” Esclamò l’altro. “Apparecchio io.”

“E per te,” aggiunse il professore sedendosi sul letto accanto a Tessa, “paracetamolo.” Concluse passandole i capelli dietro l’orecchio. Ritirò la mano immediatamente, un po’ perché era il gesto che si concedeva con Lena, un po’ perché s’accorse del segno rosso sul collo della donna. “Te ne sciolgo una bustina in un po’ d’acqua.”

Raggiunse il bagno per riempire un bicchiere e notò le piastrelle crepate e il panno sporco di sangue. Raggiunse Erik vicino al tavolo e versò un po’ di medicinale nel bicchiere.

“Hai detto che la ferita non è grave.”

“Non lo è.”

“Di là c’è molto sangue.”

“Sta’ tranquillo.”

“Me lo hai detto anche quando hai sostenuto che Tessa non t’interessa.” Le mani di Erik si fermarono sulla confezione delle patatine.

“Non ho mentito quando l’ho detto. Sai che non mento mai.”

“E io ti ho creduto. Perciò te lo chiedo di nuovo adesso. Ti è ancora indifferente?” Erik lo guardò negli occhi e quasi quell’azzurro profondo lo fece vacillare. Si riprese.

“No.” Charles si lasciò sfuggire un sorriso amaro, poi sollevò di nuovo lo sguardo in quello sicuro di Erik.

“Stavolta non mi farò da parte. Io l’amo. Credo di essermi innamorato di lei il giorno prima che venissimo a liberarti.”
“Se vuoi che mi faccia da parte, io lo faro.” Disse allora il tedesco.

“Non ce n’è bisogno. Tessa è adulta. Sarà lei a scegliere.”

“E se dovesse scegliere me?”

“Allora mi farò da parte ancora. Voglio solo la sua felicità. E se lei farà la tua felicità, sarò contento per voi due.”

“Non so se sarò capace di fare altrettanto nel caso scegliesse te.”

“Potrai sempre provarci. Nel frattempo, ti sarei grato se non le mettessi le mani addosso. Sono geloso.” Erik aprì le labbra per controbattere ma Charles non gli diede il tempo di rispondere. Prese il bicchiere e tornò da Tessa.

“Bevi questo dopo aver cenato. Domani ci servi in forma.”

“Sei arrabbiato?” Chiese lei a bruciapelo. Charles le fece uno dei suoi splendidi sorrisi.

“Mai con te e neanche con lui.”

“Allora ce l’hai ancora con la massaia che ti ha rubato l’ultimo pezzo di arrosto?”

“Assolutamente sì.”

Tessa rise ma sussultò mentre bussavano alla porta. Erik andò ad aprire. Era il custode dell’albergo.

“Cercano Max al telefono. Mi hanno dato il numero della vostra stanza.” Erik scambiò un cenno d’intesa con Charles.

“Max sono io. Accetto la chiamata.”

“Allora devi scendere di sotto.” Concluse il custode voltandosi e prendendo la via per le scale.

“Cominciate a mangiare, torno subito.” Concluse Erik chiudendosi la porta alle spalle.

Nella stanza cadde il silenzio.

Tessa giocava con l’orlo del lenzuolo mentre Charles finiva di disporre piatti e bicchieri sul tavolo. Fu lei a parlare per prima, alzandosi e raggiungendolo.

“E’ tutto a posto?” 

“Il piano procede bene.”

“Non è quello che ti ho chiesto.” Charles lasciò il tovagliolo e si girò a guardarla.

“Cosa vuoi sapere?”

“Lo sai.” Charles prese quelle parole come un tacito assenso e guardò nella sua mente. Girò la testa di lato.

“Lo domando io a te. E’ tutto a posto?” Chiese infilando le mani in tasca e dondolando il proprio peso da una gamba all’altra.

“No.” Nell’udire quella breve parola, Charles tremò.

“Che significa?”

“Che i miei poteri non sono ancora tornati. Mi sento debole e confusa.”

“Per questo hai baciato Erik?”

“Non lo so. Forse. Forse è il suo modo di parlarmi, di toccarmi.” Charles fece un passo indietro mentre qualcosa nella struttura stessa dell’edificio tremò. “Charles, scusami.” Si affrettò a dire lei.

“Non devi scusarti se provi qualcosa per lui. Mi hai chiesto di restare al tuo fianco. Credevo significasse qualcosa.”

Lei sollevò lo sguardo e si avvicinò posandogli una mano sul petto, all’altezza del cuore.

“Ricordi che a Giverny ti ho detto che non ero pronta a condividere alcune cose con te?” Lui annuì. “Siediti per favore.” 

Charles avvicinò una sedia e si sedette. Lei rimase in piedi di fronte a lui. Gli prese una mano.

“Non voglio che ti spaventi ma c’è una cosa veramente difficile da dire che non ti ho rivelato. Non l’ho rivelata a nessuno. Ho paura che dopo, tu non mi guarderai più allo stesso modo.”

Lui strinse la mano di Tessa nella sua.

“Parla con me, Tessa.”

Lei fece un passo indietro lasciando andare la sua mano e chiuse gli occhi abbassando il capo. Passò un breve momento e lo sollevò di nuovo. Quando riaprì gli occhi, Charles sentì mancare il fiato.

“Ciao, professore.” Disse la donna passandosi con una mano una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

Charles sentiva le gambe tremare. Le sue labbra non riuscivano a pronunciare alcuna parola. “Ti sono mancata?” Chiese lei. Charles fece forza con le mani sulle ginocchia e si alzò.

“Lena, sei tu?”

“Sì, professore. Sono io.”

“Ma com’è possibile?”

“Tessa ha assorbito l’ultima parte della mia coscienza insieme con i miei ricordi. Le serve molta forza per tirarmi fuori da una parte sigillata della sua mente. Soffre molto quando lo fa.” Il volto di Charles si rabbuiò.

“Tu vivi in lei.” Lena sorrise ma scosse il capo.

“Una piccolissima parte di me sopravvive nella sua mente ma io sono morta. Tuttavia sono in grado di rendere la sua vita difficile. Condiziono parte delle sue decisioni e delle sue emozioni.”

“E’ a causa tua che mi ha baciato?” Lena abbassò la testa.

“E’ a causa mia che non riesce a tenere a bada Erik.” Rispose lei.

“Quindi tutto quello che prova per noi, in realtà, dipende da te?”

“Niente affatto. Tessa è sinceramente attratta da te. Sono certa che saprà amarti se glielo permetterai.”

“Lena, vorrei dirti tante cose.”

“Anche io vorrei, ma più tempo Tessa mi concede, più le sue condizioni peggiorano. Lei non vuole confessarlo ma sta ancora molto male per quello che le ha fatto Pierce.”

“Allora che posso dire? Mi dispiace tanto. Non c’è stato momento, da quel giorno a Cuba, in cui non abbia pensato a te.”

“Non farlo, Charles, non rimanere ancorato al passato. Vivi la tua vita per entrambi. E se puoi, bada ad Erik.” Charles sorrise mentre le lacrime gli rigavano il viso.

“Ci proverò. Giuro che ci proverò.”

“E non dirgli di me. Mai.”

“Lo prometto.”

“Addio, professore.”

“Addio Lena.”

La donna gli carezzò il viso e lui sentì un’ondata di emozioni attraversarlo come quando Lena gli restituiva le proprie sensazioni. La vide chiudere gli occhi e aggrapparsi alla sua maglia. La sostenne. Quando sollevò di nuovo il viso, quella tra le sue braccia era di nuovo Tessa.

Sembrava sfinita. Charles la sollevò e la riportò a letto. 

Lei rimase in silenzio.

“Perché me l’hai tenuto nascosto fino ad oggi?”

“Perché temevo che se avessi saputo che era viva da qualche parte qui dentro,” disse toccandosi il petto, “mi avresti chiesto di poterle parlare.” Charles rimase in silenzio un momento come se stesse cercando le parole giuste.

“Ad essere sincero, mi inquieta di più l’idea che lei mi abbia sentito confessare i miei sentimenti per te.”

“Se fosse viva, è lei che ameresti.”

“Tessa, per una volta, vuoi stare zitta e ascoltare? Ho avuto dieci anni per accettare la morte di Lena. Non nego che ti ho seguita la prima volta perché hai il suo stesso viso. La seconda volta però l’ho fatto perché tu mi hai tenuto testa e mi hai messo di fronte alle mie responsabilità. La terza volta l’ho fatto perché non potevo starti lontano. Quando eravamo da Calibano non ti ho forse detto che non riesco neppure più a vedere la somiglianza? Non ho forse intuito subito che era Lena quella che mi hai mostrato poco fa?”

“Con questo che vuoi dire?”

“Che se i tuoi sentimenti per me sono autentici, io vorrei avere la possibilità di ricambiarli.” Tessa lo guardò con gli occhi lucidi.

“Hai visto che è successo con Erik.”

“Ora so perché.”
“E non ti da fastidio?”

“Sì assolutamente, ma ne verremo fuori. Erik capirà.”

“Sembra una previsione ottimistica che al momento non posso smentire senza i miei poteri.” Charles rise di gusto poi si ricompose.

“Lena ha detto che soffri molto quando lasci uscire la sua personalità.”

“Non così tanto.”

“Voglio che tu sappia che non ti chiederò mai di farlo.”

“Grazie.”

“Ti amo, Tessa.” 

Nell’udire quelle parole, lei avvicinò la fronte a quella di Charles come aveva fatto lui quando si erano baciati la prima volta.

‘Ti amo.’ Disse ancora nella sua mente. 

La baciò con dolcezza e a lungo. Lei gli passò le braccia intorno al collo e infilò le dita nei suoi capelli tirandolo a sé. Charles sentì i suoi seni contro il petto e le passò le mani sulla schiena sotto alla camicia.

‘Se mi vuoi, sono tua.’

 Tessa non lo disse a voce alta. Non ce n’era bisogno. Continuò a lasciare dei baci umidi intorno alle sue labbra. Charles rise per il formicolio che partiva dall’angolo della bocca e gli saliva fino all’orecchio e giù per il collo.

‘Ti voglio, ti voglio da impazzire.’

Stavolta fu lei a ridere reclinando la testa all’indietro e lasciando che lui le passasse la lingua sul collo fino alla scapola.

‘Toccami.’

‘Non posso. Se lo faccio, non potrei più fermarmi ed Erik rientrerà da un momento all’altro.’

Lei si staccò dal suo abbraccio e gli prese il viso tra le mani.

“Mi resisti, professore?”

“Se esiste qualcosa cui non posso resistere, sei tu. Dammi tregua Tessa. Non guardarmi in quel modo.” Lei lo lasciò andare.

“Tregua. Non so quanto durerà però!”

“Almeno il tempo di stare un po’ meglio. Ti sanguina di nuovo il naso.” Disse Charles asciugandoglielo con il suo fazzoletto.

“Non smette.”

“Devi riposare. Domani dobbiamo vedere Pierce e convincerlo a venire alla parata delle sentinelle. Dobbiamo contare sui nostri poteri per riuscire nell’impresa.” Lei annuì.

“Passami un hamburger, dai.”

Charles si alzò, glielo prese e glielo passò posandogli un bacio tra i capelli. Si augurò che le condizioni della donna di cui era perdutamente e irrimediabilmente innamorato migliorassero e lo facessero in fretta.

 

Erik sollevò la cornetta ben sapendo chi c’era dall’altra parte.

“Raven, perché hai chiamato? I piani non erano questi.” La voce sarcastica della donna confermò i suoi timori.

“Ho interrotto qualcosa? Tu e il mio fratellino ve la spassate con Tessa? Come va il menage a trois?”

“Hai finito di dire stronzate? Il fatto che ti abbia rivelato il mio vero nome non ti autorizza ad usarlo. Perché hai chiamato?”

“Perché la parata è dopodomani e il piano che avete ideato fa schifo.”

“Raven, ascoltami bene perché non te lo ripeterò. Devi attenerti al piano. Abbiamo già sistemato le sentinelle. Il tuo compito è quello di assumere le sembianze di Stryker e tenere d’occhio il presidente. Tutto qui. Lascia Trask a noi. Tessa sa quel che dice. Il piano funzionerà.” 

La voce di Raven si fece nervosa.

“Tu pendi dalle labbra di quella donna e lo capisco Erik, credimi, lo capisco che è uguale a Lena ma non è lei. Lena è morta. Quella donna fa parte di un circolo pericoloso e potente che sfrutta i mutanti alla stessa stregua di Trask. Non puoi permettere che i tuoi sentimenti per Lena offuschino il tuo giudizio. Stiamo parlando del futuro della nostra gente. Un tempo sei stato il nostro leader. Perché non vuoi proteggere la confraternita dei mutanti?”

Erik esitò. Le parole di Raven erano tutti colpi andati a segno e lo facevano sanguinare. Per un attimo l’immagine di se stesso abbandonato e solo nella prigione del Pentagono con il solo ricordo del profumo di Lena che gli impediva di impazzire, lo colpì più duramente di un calcio in faccia.

“Non permetterò mai ai miei sentimenti di prevalere sulla mia missione. Lo sai. Ho fatto tantissimi sacrifici e continuerò a farne. Non mi tirerò mai indietro.” Ribadì con decisione.

“Allora promettimi che dopodomani potrò contare su Magneto e che Bolivar Trask sarà annientato.”

“Bolivar Trask sarà annientato e con lui Donald Pierce. Spazzeremo via in un solo colpo le due persone che più hanno fatto del male alla nostra gente negli ultimi dieci anni.”

Raven si ritenne soddisfatta.

“Allora conto su di te.”

Erik attaccò la cornetta e prese le scale per tornare alla sua stanza. Le risate di Tessa e Charles si sentivano da oltre alla porta. La aprì senza usare i suoi poteri e vide Tessa mangiare un panino a letto. Charles invece lo aveva aspettato. Non appena il professore incrociò il suo sguardo, perse il sorriso.

“Perché Raven ha chiamato? Ci sono problemi?”

Erik raggiunse il tavolo e si versò dell’acqua.

“Non si rassegna,” disse portando il bicchiere alle labbra, “vuole Trask fuori dai giochi.”

“Sei riuscito a calmarla?” Chiese Charles.

“Sì, ma l’ho tranquillizzata sul fatto che siamo tutti dalla stessa parte.” Ad Erik non sfuggì che Tessa smise di mangiare e posò ciò che restava del suo hamburger nel piatto. “Non è così, Tessa?”

“Se Trask muore, il progetto sentinella vedrà la luce. Anche io voglio Trask fuori gioco ma camminiamo tutti sul filo del rasoio. Non dobbiamo commettere errori perché non esiste alternativa se sbagliamo. Siamo al punto di non ritorno.” Charles si alzò in piedi e raggiunse il tavolo. 

“Atteniamoci al piano. Se ci riusciamo, Pierce si assumerà la colpa dell’attacco alla parata e Trask quello del fallimento delle sentinelle.”

“A proposito del piano,” disse di nuovo il tedesco, “abbiamo notizie di Lucy? Senza il pass per accedere alla parata, Raven non potrà assumere l’identità di Stryker e toglierci quello vero dalle palle.” Tessa annuì. 

“Lucy farà la sua parte. Non dubitate di lei. Anche se non è una mutante, sa il fatto suo.”

“E Pierce?” Chiese Erik. “Vuoi davvero andarci a parlare da sola?”

“Non andrà da sola.” La voce di Charles uscì ferma, risoluta. “Andrò io con lei. Impedirò a chiunque di farle del male.”
“E se fosse una trappola? Non è meglio che vi segua da lontano?” Chiese Erik dubbioso.

“Se lo fosse e ci catturassero tutti e tre, il piano salterebbe. Non avremmo più alcuna merce di scambio. Devi rimanere al sicuro e nascosto il più possibile Erik.”

“Non riesco a credere che debbano essere i mingherlini a proteggermi!” Esclamò lui addentando un panino. Tessa sorrise.

“Se è sopravvissuto al supermercato, Charles può farcela anche con l’Hellfire.” Charles si portò le mani al petto simulando sofferenza ed Erik quasi sputò il boccone.

“Mi ferite!” Disse il professore.

“Finiamo di mangiare e andiamo a dormire,” lo incitò Erik lanciandogli una lattina di cola, “domani sarà una giornata impegnativa e abbiamo tutti bisogno di riposare.

  
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