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Autore: mattmary15    25/04/2021    0 recensioni
Sono passati anni dagli eventi di Cuba. Charles ed Erik si sono separati, ma il destino ha in serbo un tiro mancino per loro e a riunirli sarà l'ultima persona a cui pensano. Stavolta saranno alle prese con un nuovo avversario dei mutanti e una potente organizzazione che ne gestisce le risorse e che reclama l'eredità di Sebastian Shaw.
Seguito de 'L'anello mancante' ma può essere letta anche senza conoscere il contenuto del prequel.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto, Nuovo personaggio, Raven Darkholme/Mystica
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'eredità di Shaw'
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Capitolo 12
Il piano per cambiare il futuro -prima parte-

 

Il punto d’incontro che Tessa aveva scelto per incontrare Donnie Pierce era strategico.

Era la hall di un lussuoso albergo del centro noto per la sua politica contro i mutanti, per cui Tessa era sufficientemente sicura che Pierce non avrebbe usato i suoi uomini di punta per creare disordini. L’unica che poteva costituire un pericolo era Payge, ma si sentiva tranquilla per la presenza di Charles che, al suo fianco, si comportava in modo rilassato e sicuro.

Si erano accomodati al bar e avevano ordinato un drink.

Tessa aveva indossato un abito bianco che ricordò a Charles il giorno del loro primo incontro. Avevano acquistato gli abiti quella stessa mattina e lui aveva scelto un vestito blu che Tessa aveva giudicato appropriato.

Ogni tanto giocava con il primo bottone della giacca e sorrideva sorseggiando champagne.

Tessa comprese che era a proprio agio in quell’ambiente. Molto più di quanto lo fosse lei.

Stava per farglielo notare quando vide la figura di Donald Pierce entrare nell’hotel accompagnato da Tanner e Payge.

Charles si alzò e si parò tra lui e Tessa allungando una mano. 

“E’ un piacere conoscerla di persona, signor Pierce.” L’uomo strinse la mano di Charles e indicò un salottino alla destra della hall.

“Il piacere è mio, professor Xavier. Ero impaziente di conoscerla. Il nostro primo, come dire, contatto è stato spiacevole e preferirei considerarlo un incidente di percorso.” Charles diede il braccio a Tessa che lo prese e lo seguì.

“Lo è stato in effetti. Sono sempre molto protettivo con la mia famiglia e ci tengo a precisare che considero Tessa parte della mia famiglia.” Pierce si accomodò sul divano invitando Payge a sedersi al suo fianco. Charles capì che stava usando la donna come una sorta di difesa dal suo potere psichico. Potere che, per la precisione, lui non stava ancora adoperando.  

Tanner rimase fermo vicino all’ingresso del salotto, di guardia.

Charles si sedette di fronte al suo interlocutore e versò due bicchieri di whisky. Ne allungò uno a Pierce.

“Il problema è che anche io la consideravo parte della mia.” Tessa reagì.

“Tu hai preso il comando dell’organizzazione di mio padre e io non faccio parte del bottino.”
“Avevamo un accordo ma tu l’hai disatteso.” Disse ancora Pierce. 

Charles sollevò una mano.

“E’ proprio per questo che siamo qui.” La sua voce era compiacente e Tessa capì che Donnie era totalmente conquistato dal carisma dell’uomo che già vedeva come un prezioso alleato.

“Avete deciso di consegnarmi Magneto?” Charles annuì. “E dovrei fidarmi adesso? Dopo che per due volte mi avete preso in giro? Non vedo alcun motivo per cui potreste aver cambiato idea e non mi fido di Tessa.”

“Ha ucciso Lena.” Le parole di Charles uscirono dirette e cattive. Persino Tessa pensò che fosse la verità.

“Però l’hai aiutata a farlo evadere dal Pentagono.”

“Mi serviva per ritrovare mia sorella. Come ho detto, tengo molto alla mia famiglia.”

Pierce parve considerare la cosa e ritenerla convincente. Prese il bicchiere di whisky e fece girare il contenuto.

“E come pensate di riuscire a farlo? E’ un uomo potente e pericoloso.”

“Che si fida di me.” Disse Charles. “Mi seguirà alla parata che il presidente Nixon ha organizzato per gli accordi di pace e per dimostrare che la Nazione non teme i mutanti. Se verrà lì, glielo consegnerò e poi starà a lei farne ciò che vuole. L’importante è che questo regoli una volta per tutte gli affari in sospeso che ha con Tessa.”

Pierce agitò ancora un po’ il bicchiere e poi lo allungò verso Charles.

“Professore, lei mi piace. Ricordo che Magneto ha detto che è stato lei a volermi vivo quando ha attaccato il Chiostro e non dimentico mai un gesto di cortesia. Brindiamo al nostro accordo. Verrò alla parata, prenderò in custodia Magneto e ognuno di noi andrà per la sua strada. Considererò saldato ogni debito.”

Charles prese il suo bicchiere e lo fece tintinnare con quello di Pierce.

“Alla chiusura di un cerchio.” Disse prima di portarsi il bicchiere alle labbra.

“E di un buon affare.” Rispose Pierce facendo altrettanto.

Tessa lanciò un’occhiata a Paige e poi a Tanner. Non era ancora convinta che fosse bastato così poco. L’uomo sulla soglia del salotto però rimaneva immobile. 

Pierce si alzò, invitò Payge a raggiungere Warhawk e le fece un cenno del capo.

“Ancora una volta hai scelto bene, Tessa. Sei la migliore.” Concluse prima di rivolgersi di nuovo a Charles. “Ci vediamo alla parata. Consegnatemi Magneto e andrà tutto bene.”

“A domani.” Disse solo il suo interlocutore.

Li guardarono andare via come erano arrivati, senza farsi notare.

“Credo che tu abbia fatto davvero un lavoro eccellente. E’ realmente convinto che gli consegnerai Erik.” Charles si voltò a guardarla in viso.

“Meglio così. Ero preoccupato che Tanner fosse pronto ad attaccare.”

“Se eri preoccupato, non lo hai dato a vedere.” Fece lei accarezzandogli il collo della giacca.

“So recitare, se è necessario. Hai fame?” Tessa guardò l’orologio.

“In effetti l’ora di pranzo è passata da un po’.”

“Allora vogliamo mangiare qualcosa?”

“Erik si starà chiedendo com’è andata.”

“Non ci vorrà molto. Ti ricordo che ieri sera mi hai accusato di fare resistenza!” Tessa rise.

“Ok. Vuoi andare da qualche parte?”

“Oh, si!” Esclamò lui prendendola per una mano e trascinandola fino all’ascensore.

“Dove andiamo?”

“Seguimi e basta.”

Le porte dell’ascensore si aprirono. Lui digitò il dodicesimo piano e l’ascensore partì. 

Tessa sorrideva mentre Charles la teneva stretta a sé e le sussurrava quanto fosse bella con quel vestito e quanto le piacesse la curva che faceva il collo per mutarsi in spalla.

Quando le porte dell’ascensore si aprirono, Charles tirò fuori dalla tasca la chiave di una camera. Aprì la porta e un vassoio con alcune portate fece bella mostra di sé accanto al letto.

“Sapevi che avrei accettato?”

“Diciamo che sono un’ottimista per natura!” Rispose lui chiudendo la porta.

Rimase fermo così, appoggiato alla parete, senza dire una parola.

‘Te lo chiedo di nuovo, hai fame?’

Tessa tornò indietro fino a stare ad un passo da lui. Lo prese per il bavero della giacca e lo baciò.

‘Sì, professore, sono affamata.’

Charles armeggiò con i bottoni del suo vestito mentre lei gli sfilava la giacca e sbottonava la sua camicia. Quando il vestito di Tessa cadde a terra, lui la spinse indietro fino al letto e si chinò su di lei.

‘Vuoi fare l’amore con me?’ 

Lei lo guardò negli occhi e, con un colpo di reni che sorprese Charles, invertì le loro posizioni.

“Voglio che mi ami disperatamente, Charles.” Disse sfilandogli la cintura e sbottonandogli i pantaloni. 

Lui le prese il viso tra le mani e la baciò appassionatamente. 

‘Dio mio quanto sei bella.’ Proiettò nella mente di lei, mentre le sfilava gli slip e le accarezzava le cosce e il sedere prima di toccarle con due dita l’inguine.

Tessa si tese nel percepire quel tocco e, prima si chinò a catturargli le labbra, poi rovesciò la testa all’indietro e allargò di più le gambe per consentire a Charles di entrare dentro di lei.

Quando lo sentì, cominciò a muoversi lentamente. Charles continuava a trasmetterle ogni sensazione che i movimenti dei suoi fianchi generavano su di lui.

‘Se continui a muoverti in questo modo, farò una pessima figura.’

Lei sorrise ma continuò a farlo, piano come stesse danzando. Lui le prese i seni e lei si fermò un attimo prima di ricominciare a muoversi, questa volta su e giù.

Charles gemette e lei aumentò il ritmo.

‘Non fermarti, mi fai impazzire.’

Lei si mosse fino a che non cominciò a sentire di essere vicina al suo limite. Si chinò di nuovo su di lui.

“Voglio che mi abbracci, Charles. Voglio che mi abbracci e mi stringi forte.”

Lui la fece alzare nonostante il brivido intenso che gli provocò uscire dal corpo caldo di Tessa. La fece stendere al suo fianco e le passò un braccio intorno alle spalle mentre posò l’altra mano sul suo ventre. La strinse a sé, posandole le labbra alla base del collo, e la prese di nuovo con una sola spinta.

Rimasero un momento così, come se Charles avesse improvvisamente avuto paura di farle male. 

‘Ti amo, Tessa Shaw. Disperatamente.’ Le fece sentire e riprese a muoversi mentre la stringeva sempre più a sé.

Lei gridò il suo nome mentre lui le teneva il ventre con la mano e le accarezzava l’inguine con le dita e veniva sconvolgendole la mente con il piacere che stava provando.

Non la lasciò andare neppure quando uscì dal suo corpo, neppure quando lei si girò a baciarlo.

“E’ stato bellissimo,” disse Tessa baciandogli la fronte, “è stato bellissimo sentire come godevi mentre facevi l’amore con me. Avrei voluto farti provare che cosa sentivo io.”

Lui le accarezzò un fianco con le dita ancora bagnate del suo umore e sorrise.

“Ho come l’impressione di averlo percepito lo stesso.”

“Scemo!” Lo canzonò lei dimenandosi tra le sue braccia, poi si fermò e lo guardò con dolcezza. “Abbiamo fatto l’amore.”

“Sì, lo abbiamo fatto.”

“Non lo dimenticherò mai.”

“Neppure io.”

“E ora che facciamo? Dobbiamo tornare?” Chiese lei. Lui le passò dietro le orecchie i capelli che le si erano attaccati al viso per il sudore.

“Sì, dobbiamo. Non ora però. Non sarà una di quelle volte rubate al tempo che ci resta. Chiudi gli occhi e riposa. Il sole non è ancora tramontato. Se ti addormenti, sta’ tranquilla, ti sveglio io.”

Tessa non se lo fece ripetere. Si accoccolò tra le braccia di Charles e chiuse gli occhi.

Charles però, non fu di parola. Il respiro calmo della donna fra le sue braccia e l’orgasmo intenso appena provato, lo fecero cedere alla stanchezza e si addormentò con lei.

Quando Tessa aprì gli occhi era buio. Guardò Charles che dormiva e sorrise con dolcezza. Era bellissimo, i riccioli bruni sparsi sul cuscino e le labbra rosse gonfie per i baci e i morsi che lei gli aveva dato. 

Intendeva solo fargli una carezza quando gli passò il dorso di una mano sulla fronte, ma il suo potere si attivò involontariamente e lei vide le conseguenze delle sue azioni, di quello che avevano fatto lei e Charles. Una lacrima le rigò il viso e proprio in quel momento, Charles aprì gli occhi.

“Ehi, che succede? Stai bene?” L’uomo si mise seduto e le asciugò il viso con la mano.

“Sì.”

“Non mi sembra.”

“E’ solo che è ho come la sensazione che tutta questa felicità sia impossibile. Che non mi spetti.”

“Non dire così. Chiudiamo questa storia e poi potremo pensare a come vivere la nostra vita.” Lei abbassò lo sguardo.

“E Erik?”

“Non sottovalutarlo. Erik capirà. Gli parlerò io. Non è il tipo che accetta le sconfitte ma tu non sei un trofeo. Capirà. Dovrà farlo. Fidati di me. O c’è qualcosa che non mi hai detto?” Tessa si alzò dal letto raggiungendo la porta del bagno.

“No. Non è successo niente. Mi fido di te. Sono nervosa perché il mio potere è ancora intermittente.” Disse chiudendosi in bagno.

Si lasciò cadere contro l’uscio soffocando i singhiozzi e si ricordò le parole di Calibano.

‘Scegli bene’, le aveva detto.

Lei credeva di averlo fatto seguendo il suo cuore. Si rialzò e si guardò allo specchio. Se aveva sbagliato, aveva ancora tempo per rimediare.

 

Erik era sempre più agitato.

Sapeva che l’appuntamento era a mezzogiorno e che erano usciti presto per far perdere le loro tracce e procurarsi degli abiti adatti ad un albergo di lusso, ma il sole era tramontato da molto e lui era sempre più indeciso su cosa fare.

Si alzò di scatto con l’intenzione di andare a cercarli quando la porta della camera si aprì.

“Era ora! Che fine avete fatto?” Urlò.

“Calmati Erik, volevamo essere certi che non ci seguissero.” Disse Charles ma Erik guardo Tessa.

“Sembri distrutta, stai bene? E’ successo qualcosa?” 

“No,” rispose lei, “sono solo stanca.” Tagliò corto entrando in bagno e chiudendo la porta. 

Erik tornò a guardare Charles.

“Com’è andata?”

“Ci sarà.” Rispose il professore sfilandosi giacca e cravatta.

“Allora domani tocca a me.”

“Sì, ci siamo quasi Erik.” 

La porta del bagno si aprì e Tessa uscì in tuta. Aveva il pacchetto delle sue sigarette in mano.

“Vado a fumare.” Disse lasciando la stanza.

“Sei certo che stia bene?” Chiese di nuovo Erik all’indirizzo di Charles.

“E’ un po’ nervosa. Non credo ne abbia motivo ma le sue capacità non sono ancora tornate completamente. Credo che lei ci faccia molto affidamento. Mi ricordo com’era quando le voci qui dentro,” disse Charles toccandosi la fronte, “erano fuori controllo.” Erik prese le chiavi della stanza.

“Vado a parlarle.”

“Non credo dovresti.” Gli rispose Charles.

“Hai detto che Tessa è adulta e che tocca a lei scegliere, giusto?” Charles si fece da parte.

“L’ho detto. Non stressarla ok?”

Erik non lo degnò di alcuna risposta. Salì sul tetto e aprì la porta con cautela. Lei era seduta sul bordo del muretto di cemento e fumava tremando.

“Non fa troppo freddo?” Le disse sfilandosi il maglione e passandoglielo intorno alle spalle.

“E tu non ne hai?” Indicando con la sigaretta il dolcevita sottile che indossava Erik una volta ceduto il maglione.

“No, io non ne ho.” Tessa prese il maglione e glielo rilanciò. “Che ti prende?”

“Non voglio che fai queste cose.” Erik rise e si sedette accanto a lei.

“Non vuoi che ti presti un maglione?”

“Non voglio che ti sacrifichi per me.”

“Che stronzata. Non sono stato abbastanza chiaro ieri? Dammi una sigaretta.” Lei gli passò il pacchetto. Il tedesco si accese una sigaretta e glielo rese. “Perché sei così nervosa?”

“Non lo so.” Erik sorrise scuotendo la testa.

“Charles dice che è perché non ti sono ancora tornati i poteri. Io dico che è per il motivo opposto. Chi dei due ha ragione?” Lei espirò il fumo e rispose.

“Ogni cosa è una sfida fra voi?”

“Ora stai parlando di te?” Lei si girò a guardarlo negli occhi.

“Anche io non sono nient’altro che il premio in palio per l’ennesima delle vostre partite a scacchi?”

“Mi dispiace se è così che ti senti. Io penso che tu sia perfettamente in grado di scegliere tra me e Charles senza che io e lui ci sfidiamo all’arma bianca.”

“Molto onorevole da parte tua!” Lo canzonò lei ma era ancora di pessimo umore.

“Tessa cosa sta andando per il verso storto? Se si tratta di qualcosa nel piano di domani, devi parlarcene.” Lei si alzò e gettò il mozzicone oltre il parapetto.

“Il piano andrà bene se tu farai le cose che abbiamo progettato senza improvvisare, né fare colpi di testa.” Erik rise di gusto.

“Quindi sei preoccupata che io faccia cose stupide?”

“Esatto.”

“Come proteggerti?” Tessa mise le mani sui fianchi.

“Cos’ho appena detto?”
“Perché non hai fatto la predica al reverendo di sotto?”

“Perché quello impulsivo sei tu.” 

Erik azzerò la distanza tra loro e avvicinò il suo viso a quello di Tessa.

“Non sarà che sei solo preoccupata per me?” Lei fece un passo indietro.

“Certo che sono preoccupata per te. Pierce è un uomo pericoloso.”

“Domani ce ne libereremo una volta per tutte.” Tessa sembrò tentennare. Erik le passò di nuovo il suo maglione attorno alle spalle.

“Promettimi una cosa, Erik.”

“Ti farà stare più serena?”

“Sì.”

“Allora parla.”

“Promettimi che chiunque di noi dovesse essere in pericolo, ti atterrai al piano. In nessun caso devi finire nelle mani di Pierce.”

“A Lena ho promesso che avrei fatto da scudo a Charles. Non posso farne un’altra che infrange la precedente.”

“Allora dimmi che se io dovessi essere in pericolo, ti atterrai al piano.” Erik si rabbuiò. Lei gli carezzò una guancia. “So che tieni a me.”

“Posso prometterti questo: non finirò nelle mani di Pierce qualunque cosa accada. Va bene così?” Lei si infilò il suo maglione.

“Immagino che non otterrò nulla di più da te.”

“Al contrario. Ti sto dando tutto me stesso. Abbine cura, Tessa.”

Lei lo abbracciò e lui la strinse. 

“Mi dispiace di non essere all’altezza, Erik.”

“Sei la cosa più vicina ad una famiglia che abbia avuto. Resta con me, Tessa.”

Lei non rispose. 

La notte era calata su Washington. Il tempo a sua disposizione era finito.

 

Il parco davanti alla Casa Bianca era circondato da un primo cordone di militari e da un secondo schieramento di fotografi e reporter.

Dopo gli eventi di Parigi, sia l’esercito che i giornalisti erano affamati di informazioni.

I primi avevano diffuso le foto segnaletiche di Erik Lehnsherr, l’uomo più pericoloso del mondo e di Tessa Shaw, la figlia del terrorista mutante che aveva fatto quasi scoppiare la terza guerra mondiale.

Raven e Hank avevano incontrato Lucy nella stazione della metro più vicina al punto d’incontro che avevano concordato con Erik e che consisteva in un condotto tra due binari della stazione stessa.

“Credevamo che vi avessero fermati. Ce ne avete messo di tempo!” Esclamò Raven.

“Il mio potere può schermarci ma non possiamo muoverci troppo velocemente.” Le spiegò Charles che aveva nascosto i due ricercati agli occhi delle persone che avevano incrociato raggiungendo il punto d’incontro.

“Avete il pass?” Chiese Erik guardando Lucy.

“Sì,” rispose la ragazza, “Trask sarà assieme al presidente quindi, poiché Stryker lo accompagnerà, dovrai agire in fretta Raven se vuoi sostituirti a lui.”

“Quel bastardo non mi vedrà neppure arrivare.” Rispose lei.

Tessa prese un respiro e parlò.

“Ripetiamo il piano dall’inizio. Lucy cominci tu?” La ragazza annuì.

“Io rallento Trask. Gli impedisco di vedere Stryker fino a che Raven non si sostituisce a lui.” Raven proseguì.

“Io fermo Stryker e prendo il suo posto. Dopodiché raggiungo Trask e lo porto dal presidente.” Stavolta fu Hank a prendere la parola.

“Io metterò addosso a Raven un congegno che disturba le comunicazioni così, quando lei sarà con Nixon e i suoi uomini, lancerò il segnale che li metterà tutti su false frequenze.” Tessa annuì e guardò Erik.

“Quando partirà il discorso di Nixon, io metterò in funzione le sentinelle e farò confusione.”

“Io,” intervenne Raven, “ordinerò che per la sicurezza del presidente è necessario evacuare l’area e condurrò Nixon e Trask nella sala ovale.”

“La stessa cosa farò io con Pierce.” Disse Charles.

“Io vi seguirò e quando Charles farà capire a Nixon che dietro tutta questa storia c’è un accordo tra Trask e Pierce, interverrò per metterli fuori gioco.” Concluse Erik.

Tessa aspettò un momento, come se stesse riepilogando tutto nella sua mente, e parlò.

“Ok. Prendiamo posizione.”

Tutti annuirono. Charles si fermò a scambiare due chiacchiere con Hank, Tessa e Lucy ricontrollarono la piantina della Casa Bianca e i pass mentre Raven avvicinò Erik.

“E se qualcosa va storto?” Gli chiese a bruciapelo. “Qui sembra che nessuno voglia interessarsene.”

“Al contrario!” Esclamò Erik. “Qui sembra che nessuno abbia più fiducia nei nostri mezzi.”

“Voglio essere certa che se avrai l’occasione di uccidere quei bastardi, non la sprecherai.”

“Voglio ucciderli quanto te, ma sai bene come la pensa Charles. Ho già avuto l’occasione di uccidere Pierce e non me l’ha lasciato fare.”

“Neanche a Cuba Charles voleva uccidere Shaw, ma questo non ti ha fermato. La tua vendetta era più importante della mia?”

Erik sapeva che Raven diceva il vero. Con Shaw non aveva avuto alcuna pietà. Era andato fino in fondo e aveva finito col ferire Charles e uccidere Lena. Guardò Tessa per un attimo e poi tornò a fronteggiare la mutante che più di tutti comprendeva la sua rabbia.

“Non la farà franca, questo te l’ho già promesso.” La donna annuì ma, quando stava per voltarsi e andarsene, aggiunse poche parole indicando Tessa con un cenno del capo.

“Lei ha detto a tutti cosa fare. Sappiamo cosa farà lei, nel frattempo?”

Erik non rispose. La lasciò andare consapevole che lei aveva detto ad alta voce quello che lui si era domandato sin da quando Tessa aveva comunicato loro i dettagli del suo piano.

 

 

Si erano divisi da pochi minuti. Il gruppo costituito da Raven, Lucy ed Hank si era defilato lungo una traversa che, dalla grande piazza, conduceva fino alla via degli alberghi chiusi al pubblico e messi a disposizione delle personalità che avrebbero partecipato alla manifestazione.

Charles, Erik e Tessa avevano imboccato un sotterraneo che portava esattamente dalla parte opposta e cioè in corrispondenza dell’hangar in cui erano state alloggiate le sentinelle.

“Qui le nostre strade si dividono.” Disse Charles che si era cambiato d’abito indossandone uno adatto agli ospiti d’onore della parata. “Vado a prendere Pierce.”

Tessa gli diede un’occhiata fugace e finse d’interessarsi alle notizie che arrivavano da una radiolina che gli aveva dato Hank. Charles camminò fino a fronteggiare Erik.

“Si va in scena.”

“Fa’ la tua magia, reverendo.” Lo prese in giro il più grande cercando di sorridere.

“E tu fa' la tua. Sta’ attento a non ferire nessuno con quelle cose, mi raccomando.”

“Sempre il solito. Se ti senti in pericolo, entra nella mia testa, chiamami.”

“Non ce ne sarà bisogno. Bada a lei.” 

“Non c’è bisogno di chiederlo. Sta’ tranquillo.” 

Charles annuì e prese la via per uscire dal piccolo bunker.

“Charles, aspetta!” La voce di Tessa lo fermò proprio sugli ultimi gradini. Lei si fermò come se fosse pentita di averlo richiamato. 

‘Andrà tutto bene.’ La mente di Charles le parlò con dolcezza. Lei annuì ma i suoi occhi si riempirono di lacrime. L’uomo tornò sui suoi passi.

“Cosa c’è?”

“Volevo solo abbracciarti,” disse lei gettandogli le braccia intorno al collo e stringendolo forte, “e dirti che prima di te io non ero niente. Io non provavo niente. Ero tormentata dai miei demoni e dai sensi di colpa. Non sapevo cosa significasse amare. Tu mi hai dato speranza, mi hai restituito fiducia nel prossimo. Per questa e mille altre ragioni, faccio quello che faccio Charles, voglio che te lo ricordi, voglio che te lo ricordi per i prossimi mille anni.” Charles, che fino a quel momento aveva ricambiato la stretta, la scostò da sé e la costrinse a guardarlo negli occhi.

“Hai visto qualcosa che ti spinge a parlare in questo modo?” Lei scosse il capo asciugandosi gli occhi.

“No, tutto andrà come deve andare. Tu starai bene, Erik starà bene, cambieremo il futuro di Lena.”

Allora Charles osò fare l’unica domanda che gli pesava sul cuore.

“Noi staremo insieme quando tutto questo sarà finito?” Lei gli prese il viso tra le mani.

“Oh, Charles, mio gentile e buono Charles, io sarò sempre con te,” disse toccandogli la fronte, “ci siamo uniti in un modo che temo sarà impossibile sciogliere.” Concluse sorridendo. Charles si chinò su di lei e la baciò. Le sorrise un’ultima volta e lasciò il corridoio.

Tessa si lasciò andare ad un pianto incontrollato. Si sarebbe accasciata sui gradini se due mani grandi non l’avessero sostenuta.

Si rese conto della presenza di Erik, si asciugò gli occhi e lo sopravanzò tornando nel bunker. La reazione di Erik però non tardò ad arrivare.

“Che diavolo significa? Perché gli hai detto addio in quel modo?”

“Non gli ho detto addio!” Urlò lei, ma la porta del bunker si chiuse violentemente e il metallo nella stanza tremò.

“Non mentire a me. Accadrà qualcosa a Charles?” La furia di Erik era incontenibile.

“No!” Gridò realizzando che ancora Erik non si fidava totalmente di lei. “No! Come puoi anche solo pensare che possa deliberatamente mandare Charles incontro al pericolo!” 

Nel vederla gridare in quel modo, scossa dal pianto e dalla rabbia, Erik comprese.

“Allora sei tu quella che non ce la farà?” 

Tessa prese un respiro. Smise di tremare e si asciugò il viso. Erik le porse un bicchiere d’acqua. Lei fece solo due sorsi.

“Non morirò.” Disse guardando negli occhi il tedesco che la fissava preoccupato in attesa di una risposta.

“Allora perché quando Charles ti ha chiesto se starete insieme gli hai risposto in quel modo?”
“Perché noi due non staremo insieme.” Tessa lo disse guardandosi i piedi.

“Charles ti ama e tu hai detto che tieni a lui.”

“Nonostante ciò non staremo insieme.” Stavolta lei lo guardò negli occhi affinché capisse che gli stava dicendo la verità.

“Ed è mia la responsabilità?” Erik lo chiese con tanta rabbia nella voce, quella rabbia che Tessa aveva imparato a riconoscere e a capire.

“Sì.” Lo disse scoppiando a ridere e a piangere assieme. Erik le si avvicinò e le accarezzò il viso.

“Non dico che se scegliessi Charles io capirei, né mi congratulerei per la vostra felicità. Però lo accetterei. Non vorrei mai essere la causa della tua sofferenza.”

Lei lo guardò come se lo vedesse di nuovo com’era davvero, come la sera che si era svegliata dall’intervento.

“La mia Tour Eiffel. Erik, ricorda bene una cosa. La scelta è mia. Ogni scelta che ho fatto è mia. Ogni scelta che farò è mia. Se non starò con Charles, la scelta è mia.”

“E’ me che stai scegliendo?” Chiese allora lui desiderando e temendo la risposta.

“Sì. Stavolta scelgo te. Quindi fa ciò che devi fare e rispetta il piano. Solo così andrà tutto come deve andare, come ho scelto che vada.”

Erik, rinfrancato da quelle parole, si allontanò da lei ma, prima di lasciare il bunker, si girò a dirle poche parole.

“Farò ogni cosa in mio potere per cambiare il futuro di Lena. Però sappi Tessa che cambierò anche il tuo, qualunque esso sia. Lo giuro.”

Tessa lo lasciò andare senza dire niente.

Il tempo per le parole era finito. Bisognava agire e farlo in fretta.

  
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