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Autore: Mahlerlucia    14/04/2021    2 recensioni
Se sei nato senza ali, non fare nulla per impedire loro di crescere.
(Coco Chanel)
[Brotp/Shonen-ai || cenni di #BokuAka e #KageHina]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Shonen-ai | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto, Shouyou Hinata, Tenma Udai, Tobio Kageyama
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Manga/Anime: Haikyuu!!
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sportivo
Avvertimenti: Missing moment, Spoiler! What if?
Rating: giallo
Personaggi: Tenma Udai, Keiji Akaashi, Shōyō Hinata, Tobio Kageyama, Kotarō Bokuto, Atsumu Miya
Pairing: (cenni) #BokuAka, #KageHina
Tipo di coppia: Bromance, Shonen-ai


 

Black wings
 
 
 
Tokyo, marzo 2019
 
 
Quando Akaashi varcò la soglia dello scialbo appartamento che Udai Tenma utilizzava come rifugio per sopravvivere e per dar sfogo alla propria – e altalenante – creatività non avrebbe mai immaginato di  potersi trovare di fronte ad una tale babele. Al di là della terribile aria viziata contornata da una penombra assieme alla quale lasciava trasudare un senso di claustrofobia che di certo non stava favorendo la sua concentrazione lavorativa, il disordine e la disorganizzazione erano palpabili in ogni angolo dell’abitazione. Vi erano innumerevoli fogli, quaderni e fascicoli sparsi sul pavimento in condizioni tutt’altro che ottimali. Molte bozze e diversi disegni – alcuni in apparenza terminati – erano stati appallottolati o addirittura ridotti a brandelli, probabilmente vittime di una violenta contraddizione interiore dovuta all’indecisione cronica.
Non era di certo la prima volta che assisteva a uno “spettacolo” del genere, ma in cuor suo sentiva che in quella particolare occasione era accaduto qualcosa che era andato ben oltre il consueto.
Tenma si trovava addossato a un piede del tavolo della sua cucina, con lo sguardo perso nel vuoto.
Per un attimo il giovane editore pensò che avesse perso i sensi o che comunque dovesse sentirsi poco bene. Si accucciò di fronte al ragazzo, cercando di sollevargli appena il busto, giusto per poterlo vedere in viso con minori difficoltà. Ma non dovette faticare più del dovuto, dato che l’altro era perfettamente cosciente, seppur in preda ad una sorta di crisi emotiva che lo aveva indotto a ridurre il suo salotto ad un cumulo di cartastraccia sparsa ovunque.

“Udai-san, cosa è successo qui dentro?”

“Sono passati i ladri.”

Keiji stentava a credere a quelle parole, dato che ogni cosa che non fosse contemplata nel suo ambito lavorativo sembrava essere rimasta al proprio posto, senza aver subito nemmeno un graffio. Non che ci fosse poi molto da rubare all’interno di quei pochi e scialbi metri quadrati.
Un attimo prima di poter replicare alle sue parole, cercando di dar comunque loro un senso nel contesto di quel disastro umorale che sostava a pochi centimetri da lui, si soffermò a osservare meglio i suoi grandi occhi color pece, sperando che presto o tardi si decidesse a voltarsi nella sua direzione. Difatti, lo sguardo vacuo e il tremito appena percepibile lungo il labbro superiore non lasciavano presagire nulla di buono. Oltretutto, era piuttosto evidente che stesse mettendo in pratica sforzi più grandi di lui per fingere di mettere da parte una possente crisi di nervi sfociata in pianto e grida interiori.
‘Giusto in tempo per l’arrivo di quella gran rottura di scatole che era il suo editore’, pensò Akaashi.

“Sul serio? E cosa sono riusciti a portarsi via?”

Oltre alla volontà di credere in te stesso e nelle tue straordinarie capacità, ben inteso.

“Praticamente tutto.”

“I disegni?”

“Ah, quelli glieli avrei ceduti senza problemi. Non ne posso più di quei dannati zombie... non ho idee per il nuovo capitolo.”

Ecco il punto.
Akaashi si rialzò un istante solamente per togliersi il soprabito e abbandonarlo sopra la spalliera di una sedia; pochi secondi dopo era di nuovo accanto al proprio sensei, col mero intento di comprendere per quale motivo stesse tanto male seppur il suo obiettivo fosse quello di nascondere il tutto.
Raccolse un foglio stropicciato una volta appartenente al suo blocco da disegno e cercò di dargli nuova dignità. Una volta aperto al punto da poter perlomeno testare a cosa era stato inizialmente destinato, non poté fare a meno di mostrarsi ben più che sorpreso. Il disegno che si ritrovò tra le mani era di una bellezza sconcertante quanto inquietante.

“Questo è un po’ diverso da Ray e dagli altri personaggi.”

Tenma roteò appena gli occhi in direzione dell’oggetto d’interesse del proprio editore, prima di schizzare nella sua direzione nel vano tentativo di strappargli il foglio dalle mani.
Keiji se ne accorse giusto in tempo per sollevare il braccio ed evitare così che il rancore verso qualcosa o qualcuno di ancora indefinito portasse alla distruzione definitiva di quella che in realtà poteva rivelarsi come una futura e brillante copertina o l’immagine portante di un eventuale stand promozionale. Per quanto tentasse di non darlo troppo a vedere, il più giovane non aveva mai perso l’abitudine di tenere ogni cosa sotto controllo, comprese le opportunità che potevano presentarsi a seconda delle risorse messe a disposizione e delle opportunità del momento.

“Questo non c’entra niente con Ray e con tutta la sua combriccola di zombie da strapazzo. Questo è il peggiore dei mostri che potessi mai disegnare. Dammi qua che lo butto!”

“Ma neanche per sogno! Soprattutto se prima non ti degni di spiegarmi che cosa voleva rappresentare questo ‘mostro’, così come lo definisci tu stesso.”

Il mangaka aveva poggiato entrambe le mani sulle ginocchia del proprio mentore, inscenando un’espressione che palesava iracondia mista a richiesta d’aiuto. Non avrebbe mai manifestato apertamente quest’ultimo sentimento, non nello stato psico-fisico in cui versava in quel frangente. Ma Keiji non aveva alcun dubbio al riguardo e se fosse stato necessario, avrebbe sfoderato le sue armi migliori per lasciar intendere che lo avrebbe comunque aiutato in tutti i modi possibili.

“A parte il fatto che io lo trovo veramente ben disegnato ed evocativo... quale sarebbe il problema?”

Forse la domanda era stata fin troppo diretta e l’ex alzatore se ne pentì un attimo dopo averla formulata.
Ad ogni modo aveva lanciato un’esca in un mare pieno di turbamenti da raccogliere, approfondire e trasformare. La metamorfosi verso la consapevolezza doveva pur aver luogo in qualche maniera.

“Dici sul serio?”

“Sì, potrebbe diventare la copertina di un qualsiasi prossimo volume. Però... non si addice poi molto al tuo progetto attuale. Sembrerebbe qualcosa di più, come dire... personale. Sbaglio?!”

No, per niente.
Tenma riuscì finalmente a recuperare il disegno, facilitato dalla consapevolezza con cui Akaashi lo aveva reso più gradevole ai suoi occhi rispetto al momento in cui lo aveva prima realizzato e poi scartato. Era bastato davvero poco con un’anima fragile e sensibile come quella dell’ex stella del Karasuno: un piccolo incoraggiamento in più unito ad una nuova visione d’insieme.

“Infatti questo sono io.”

Indicò il viso del soggetto rappresentato, ovvero sé stesso in abbigliamento sportivo e con delle lunghe ali asimmetriche e scure, esattamente come quelle di un corvo. Un ritorno alle origini che lo aveva però lasciato con un occhio dalle sembianze umane e l’altro dalle fattezze demoniache. Una sorta di alienazione mancata tra la parte più naif della sua anima e quella più oscura, ferita e idrofoba. Un dualismo che con ogni probabilità si portava dentro sin dai tempi in cui aveva deciso di lasciare il mondo della pallavolo. Una scelta che doveva essere stata tutt’altro che semplice da portare avanti, specie dopo aver raggiunto una certa fama nonostante la prestanza fisica non di certo tra le più idonee della squadra.

“Ora che me lo hai confermato lo apprezzo ancora di più. E dimmi... stavi farse pensando a qualcosa in particolare mentre ti dedicavi alla sua realizzazione?”

“Ehm... no...”

“Quindi si tratta semplicemente di uno schizzo fatto in un momento di pausa?”

La mano di Udai si strinse ancor di più al lato di quel foglio già straziato, mentre i suoi occhi ormai lucidi non riuscivano a distogliersi da quella sua stessa creatura che lo fissava con occhi desiderosi di cambiamento, anche a costo di mostrare la sua vera natura talvolta arrendevole, talvolta labile quanto una foglia portata via dal primo soffio di vento autunnale.
Quel ritratto rappresentava a meraviglia la stessa persona che anni prima si era perduta lungo il suo percorso di crescita, decidendo d’intraprendere la via indicata dalla sua stessa indole che lo avrebbe potuto portare o verso una rinnovata felicità o nel bel mezzo dell’ennesimo turbamento interiore.
Cosa poteva essere accaduto di tanto deplorevole da indurlo ancora una volta sull’orlo di un baratro oltre il quale non sarebbe più stato in grado di mettere assieme i pezzi della sua vera essenza mai completamente espressa?

Cogliendo il suo ospite – oltre a sé stesso – alla sprovvista, si alzò di scatto e si avvicinò alla finestra, tirando le tende e lasciando finalmente intravedere la luce naturale che l’ambiente richiedeva implicitamente da ore. Tornò a voltarsi verso Keiji stringendo i pugni lungo i fianchi. Le sue labbra tremavano, fino al momento in cui annuì vistosamente, con ogni probabilità per auto-convincersi dell’idea che gli era balenata per la mente ideando quella magnifica diavoleria che altro non era che la propria anima spezzata.

“Vorrei prendermi una pausa da Ray e compagnia. Mi piacerebbe poter cambiare soggetto, ma solo per raccontare una cosa.”

Akaashi sistemò i propri occhiali sul setto nasale e si preparò emotivamente a ciò che il suo sensei gli avrebbe rivelato di lì a poco. Sperava che non si trattasse di nulla che potesse metterlo nei guai con i loro superiori, anche se determinate questioni personali venivano prima di qualsiasi decisione potesse essere stata presa stando seduti intorno ad un tavolo nel corso di un qualsiasi consiglio di amministrazione.
Preferì non interrompere quella sorta di confessione pregna d’ispirazione e di desiderio di far conoscere i propri stati emotivi mediante l’utilizzo del proprio talento e della propria arte. Si limitò ad annuire, senza mai togliere gli occhi di dosso a quel groviglio di umori che sperava solamente di essere capito e accolto.

“Vorrei iniziare a disegnare una serie di pochi capitoli, magari riassumibile in un unico tankōbon. Il protagonista perfetto sarebbe lui, un ragazzo metà umano e metà demone, a seconda del contesto e dello stato d’animo in cui si trova...”

L’editore decise che fosse il caso di sollevarsi da terra per accomodarsi su una delle sedie che circondavano il tavolo da pranzo. In questo modo, il contatto visivo tra i loro occhi – dai colori agli antipodi – sarebbe stato ancor più diretto. Keiji amava leggere la determinazione e le emozioni che trapelavano dalle iridi infervorate delle persone che lo circondavano, specie quando questi appartenevano a soggetti leali e trasparenti come Bokuto o lo stesso Udai. In ciò i due soggetti in questione si somigliavano molto, non c’era nulla da obiettare. L’unica differenza rilevante risiedeva nel fatto che quando ci si metteva, Udai Tenma riusciva ad essere ben più enigmatico di quanto potesse realizzare. L’angoscia che si trascinava dentro sin dai tempi del liceo era da sempre l’apoteosi di questo suo statu quo.

“Ho scritto la gioia già da tempo, ma inizialmente pensavo di tenerla per me. Ora sento che questa cosa non mi basta più, no! Ma non vorrei nemmeno fare l’errore di pubblicare una cazzata che magari non interessa a nessuno e di conseguenza far perdere tempo a te, ai fan della serie, al capo, a tutta la casa editrice e...”

L’ansia cresceva in lui a ogni parola pronunciata. Le sue guance avevano assunto un rossore piuttosto preoccupante e nel mentre in cui si ritrovò a balbettare – incapace di proseguire quel discorso sconnesso ma ricco di significato – Akaashi si alzò per andare a recuperare dell’acqua fresca dal frigo affinché potesse riprendere fiato e calmarsi. Ciò che gli stava accadendo necessitava indubbiamente dell’aiuto di una specialista, ma non poteva di certo arrivare al punto di dargli un consiglio del genere se non se la sentiva. Ogni cosa avrebbe avuto il suo tempo.
Che la scelta di riempire le sue stesse tavole con le proprie emozioni sia per lui la via d’uscita più ovvia per sopperire alla sofferenza subita e mai elaborata in quegli anni difficili?
È questo che stai cercando di dirmi Udai-san?

“Ok, ora fai un bel respiro e siediti qui, davanti a me.”

Tenma eseguì, muovendosi al pari di un automa terrorizzato. Non tanto dal suo mentore, quanto più da tutto quello che aveva appena avuto la forza di tirar fuori poc’anzi, in attesa di avere anche una sola parola di risposta a fronte della persona più aperta e sensibile che avesse mai avuto la fortuna d’incontrare.

“Prima di tutto, chi ha stabilito che un lavoro di una tale mole sarebbe una ‘cazzata’? Sai, conosco almeno un paio... ma che dico ‘un paio’... un po’ di persone a cui questa storia potrebbe aprire un mondo che prima nemmeno potevano prendere in considerazione. Immagino che qualcuno, in modo particolare, avrebbe bisogno di una risposta più esaustiva rispetto a quella che aveva ricevuto qualche anno fa, non ti pare?”

“Già... pensavo proprio a lui mentre buttavo giù gli appunti per la storia che avevo in mente...”

“E allora vedi che parliamo la stessa lingua?”

Udai sospirò sommessamente, andando a recuperare il bicchiere abbandonato sul tavolo e bevendo tutta l’acqua rimanente in un solo sorso, in maniera piuttosto fragorosa. Poggiò bruscamente la mano sul piano in compensato e tornò a contemplare l’attenzione ricambiata dal suo editore. Il suo insostituibile punto di riferimento.
Una sola cosa mancava per far sì che potesse prendere la decisione definitiva rispetto a quel progetto per lui così importante, ma del quale non era ancora riuscito a convincersi fino in fondo.

“Akaashi-san... tu approveresti?”

“Se mi limitassi ad approvare non mi sentirei a mio agio. Io ti sprono proprio a farlo!”

Tenma inarcò un sopracciglio mostrando una delle espressioni più buffe che gli fossero mai riuscite. Additò il più giovane sfiorandogli appena la punta morbida del naso e fissandolo con i suoi splendidi occhi corvini esageratamente sgranati. Sogghignò appena prima di sollevare d’impeto entrambe le braccia per poi iniziare a roteare su sé stesso per esprimere la contentezza dovuta a quella reazione sicuramente inaspettata.

“Ok, la smetto con le piroette. Qui ci dobbiamo dare da fare. Insomma, inizialmente pensavo che l’idea ti avrebbe fatto schifo o che non avresti approvato per tutte le questioni d’ufficio... e invece! Sei proprio oltre, Akaashi-san!”

L’editore si sforzò per non arrossire, conscio di aver aderito a un proposito che avrebbe potuto portarli a delle controversie con la direzione della casa editrice, ma poco gl’importava.
Ciò che maggiormente gli premeva era vedere finalmente il suo mangaka prediletto coinvolto in un progetto personale e “terapeutico”, capace di renderlo felice sino al punto di vederlo saltare come un bimbo che dopo aver scartato un pacco natalizio aveva scoperto di aver ricevuto in dono proprio quel gioco che tanto desiderava.

“Non sarà facile, ma credo sia giunto il momento. Pensavo... anzi, ero proprio convinto che non avresti mai approvato e per questo non sapevo come fare. Ho bisogno di mollare quegli stramaledetti zombie, almeno per un po’...”

“L’avevo intuito. Le cose forzate non portano a molto. Ma, posso vedere le bozze della trama?”

“Ah, certo!”

Non fece in tempo ad andare in camera sua e tornare in sala che Keiji si era già premurato di inviare una mail in redazione per spiegare la situazione. Ovviamente aveva omesso le reali motivazioni che avevano spinto Tenma a quel cambio di rotta radicale, ma aveva caldamente assicurato che sarebbe stato un lavoro che il pubblico non avrebbe potuto non apprezzare.
Specie chi sappiamo noi.
 
 
***
 
 
Sendai, settembre 2019
 

La nazionale nipponica di pallavolo avrebbe sfidato i pari della Corea del Sud in una sfida di qualificazione per le future Olimpiadi. Assieme ai nomi storici e consolidati pronti ad indossare la consueta maglia rossa, erano state convocate delle nuove matricole che di sicuro non avevano nulla da invidiare ai veterani. Hinata Shōyō e Kageyama Tobio rientravano sicuramente tra di essi.
Il primo era intento a sistemare la tuta nella sua sacca portafortuna, regalo dell’amico Pedro conosciuto durante la sua trasferta nel lontano Brasile. Il secondo si era dilungato a chiacchierare con Ushijima in un angolo dello spogliatoio. Non che i due brillassero per loquacità, ma di tanto in tanto erano realmente in grado di conversare tra loro come due normali esseri umani.
A parte il lieve vociare dei due insoliti conversatori il silenzio regnava sovrano all’interno del rinomato spogliatoio dell’Arena. Il ché stava a significare che Bokuto stava naturalmente perdendo tempo da qualche parte in compagnia di Miya e di Yaku.

Il suono di una notifica distrasse Shōyō dai suoi pensieri relativi alla partita. Fece giusto in tempo a leggere il nome di Kenma tra i mittenti più recenti – e frequenti – quando dalla porta semiaperta entrò un dirompente ex capitano del Fukurōdani proprio in cerca del suo giovane compagno di club.

Hey, hey, hey, Hinata-kun! Guarda un po’ qua!”

Shōyō si avvicinò al formidabile asso con fare interessato, curioso di capire cosa contenesse il sacchetto di carta che teneva tra le mani. Sembrava avere la consistenza di un piccolo libro il ché fece spontaneamente decrescere le sue aspettative. D’altronde, non era un mistero per nessuno in fatto che non amasse particolarmente leggere o impegnarsi in qualsiasi attività che gli potesse ricordare la scuola.

“Cosa c’è dentro a quel sacchetto, Bokuto-san?”

“Me lo ha lasciato Keiji! È un pensiero per te.”

“Eh?! Ma il mio compleanno è a giugno e Akaashi-san se n’è sempre ricordato!”

“Keiji non si scorda mai niente e anche per questo lo sposerò. Comunque... nemmeno io voglio scordarmi di dirti che lui mi ha detto... oh, cos’è che mi aveva detto?! Ah, sì! Che è molto importante che tu legga attentamente quello che c’è scritto qua!”

Bokkun, sei un genio! In pratica gli hai già rivelato il contenuto.”

“Oh, Tsumu. Taci. Devi sempre dire tutto tu, eh?!”

“Che?! Io?!”

Il più giovane prese il sacchetto sigillato tra le mani e lo aprì. In cuor suo sentiva che di qualunque libro si sarebbe trattato, il tutto doveva avere un significato importante. L’ex alzatore del Fukurōdani leggeva molto e faceva un lavoro importante proprio all’interno di una casa editrice. Avrà adocchiato un volume adatto a lui facendoglielo avere tramite il proprio compagno. Aveva avuto un pensiero gentile e non appena ne avesse avuto la possibilità sarebbe andato a ringraziarlo come gli competeva.
E lo leggerò tutto! Per la prima volta in vita mia finirò un... eh?!

“Ma questo è il Signor Piccolo Gigante! Ma che bel disegno! Lo avevi visto, Bokuto-san?”

“Chi è il Signor Piccolo Gigante?”

Una flebile risata arrivò dall’area dello spogliatoio in cui sostavano Ushijima e Kageyama. Quest’ultimo ricordava perfettamente chi fosse il Signor Piccolo Gigante e quanto avesse fatto rimaner male Hinata con la sua scelta di abbandonare il mondo della pallavolo diversi anni prima.
Shōyō voltò il volume, che finalmente si rivelò essere un manga e non un libro, come inizialmente aveva ipotizzato. Sulla copertina vi era l’immagine di un ragazzo dai capelli lunghi e neri e dalle sembianze per metà demoniache.

Wow! Spettacolare!”

“Ma-ma questo è Udai-san. Ma è ovunque, come il prezzemolo!”

“Perché dici questo, Bokkun?”

“Perché ultimamente ‘Kaashi ha passato più tempo con lui che con me. Tutte le volte in cui mi diceva che dovevano finire insieme un lavoro importante noi dovevamo sempre rimandare uscite e cene. Che barba!”

“Era una domanda retorica. Spero comunque che non abbiate rimandato altro.”

“Ma che dici, Tsumu-Tsumu. Quello no, mai! A proposito... cos’è una domanda retorica?”

“Lascia perdere. Andiamocene di là che Hinata-kun deve leggere il suo manga speciale in santa pace!”

Manga speciale.
Udai Tenma... è così che ti chiami, mia massima ispirazione.

La stella dei Black Jackals iniziò a sfogliare rapidamente le pagine, conscio del poco tempo che aveva a disposizione per poter approfondire a dovere; andò direttamente alle dediche finali dove trovò un trafiletto piuttosto lungo che riportava nuovamente quel nome che aveva già memorizzato. Poco più in basso, invece, aveva deciso di siglarsi con il soprannome onorificamente buffo che lui stesso gli aveva conferito: Signor Piccolo Gigante.
Il battito del suo cuore accelerò di colpo, mentre i suoi occhi si muovevano tra le righe in cui riversava tutta la sua gioia mista a sofferenza, la sua più grande paura condensata con l’orgoglio più inetto, la puerile rassegnazione alleata con un rinnovato senso di maturità interiore.
Non fece in tempo a terminare la lettura che una nuova notifica giunta sul display del suo smartphone lo interruppe.
Di nuovo Kenma.


 
Messaggio precedente (ancora non letto): Shōyō! In bocca al lupo per oggi! Fa vedere a quei coreani che il J-pop funziona meglio del loro fantomatico K-pop!

Ultimo messaggio: Shōyō! Ho appena sentito Akaashi! Devi assolutamente leggere il manga di chi-sai-tu! La storia è stupenda, ma c’è di più! Fidati! 

 
Lo so.
Mi è bastato quello che sono riuscito a leggere.
 
 
***
 
 
Ringraziamenti
 
 
Ricordo ancora quel giorno come se fosse ieri.
I tuoi occhi mi chiedevano ciò che non potevo più dare loro, in alcun modo.
La delusione era palpabile, ma crogiolandomi nel mio egocentrismo finsi che non fosse accaduto nulla.
Avevo poi assistito inerme all’intera partita rimanendo completamente ammaliato da ogni tuo movimento, dal tuo spirito e da quell’incredibile forza di volontà che ti aveva spinto ad amare questo sport più di ogni altra cosa al mondo.
Non era più tempo per me. Il demone dell’incertezza aveva vinto.
La mia parte ‘oscura’ lottava contro il bambino che ancora osava divertirsi lanciando un pallone per aria allo scopo di ribatterlo con veemenza.
Lo avevo capito alla fine della mia avventura con il Karasuno. E quel giorno mi ritornò in pieno viso come una verità pressante, prepotente e onnisciente. Una gran villana, come suo solito.
Mi avevi chiesto se potevo insegnarti qualche ‘segreto’ anche se da tempo ero fuori da tutti i giochi.
Ci siamo persi di vista, tu in costante salita e io in perpetua discesa, all’interno di un percorso chiamato ‘vita’.
Tutto quello che ti posso dire dal basso della mia arrendevolezza è ‘Vola’.
Le tue ali sono molto più forti di quello che puoi immaginare.
Le tue ali sono quelle che vestivo anch’io quando i tuoi occhi affascinati guardavano le mie giocate dallo schermo di una tv relegata in vetrina.
È buffo constatare che ora come ora stia accadendo esattamente il contrario... ed è giusto che sia così.
Ora sei tu il Piccolo Gigante della Nazione intera.
 
Questa storia è dedicata a te Piccolo Campione.
Vola e sconfiggi ogni tuo demone interiore.
Sii quello che io non sono mai stato.
Semplicemente, Vola!
 
Il Signor (Ex) Piccolo Gigante.
(Ma non perché ora sia più alto, figuriamoci!)
 
 
P.S.: Volevo far sapere a tutti i gentili lettori che il mio stimato editore ha pianto per più di mezz’ora dopo aver letto questa dedica sconclusionata e che io gli voglio bene anche per questo.
 
 
***
 
 
“Si può sapere cosa stai combinando lì dentro?”

Kageyama stava bussando sulla porta del cubicolo del bagno da almeno dieci minuti, nella speranza che Hinata gli desse retta e si decidesse ad uscire. Di tanto in tanto l’alzatore sentiva un rumore simile ad un singhiozzo e la preoccupazione che il suo compagno di Nazionale avesse il morale a terra per qualcosa che aveva letto su quel dannato manga lo rendeva inquieto.
Di nuovo quel dannato ‘Piccolo Gigante’.

“Ti fai prendere dall’ansia intestinale, come ai vecchi tempi, eh!?”

Nessuna risposta.
Tobio stava letteralmente perdendo la pazienza. Non che ci volesse poi molto.

“Tutti gli altri si trovano a bordo campo per il riscaldamento. Che aspetti, Baka?”

Finalmente riuscì ad udire lo scatto della serratura interna e la porta alla buon’ora si aprì.
Shōyō aveva realmente l’aspetto di chi aveva deciso di nascondere malamente le proprie emozioni asciugandosi in fretta e furia le sue insaziabili lacrime.
Peccato solo che quando non era in vena – cosa che capitava molto di rado – non fosse assolutamente in grado di camuffare il proprio stato d’animo con dei sorrisi di circostanza.
E l’alzatore, nel suo piccolo, non aveva potuto fare a meno di notare questo piccolo grande dettaglio.

“Niente, andiamo!”

Nella sua voce mancava l’abituale entusiasmo che lo avrebbe portato su ogni campo dedicato alla pallavolo presente sul territorio nipponico... e non solo. Nonostante ciò, ostentò nel non darlo a vedere.

“Si può sapere di che parla quel manga?”

“Non lo so, non l’ho ancora letto. Per ora mi sono bastate le note dell’autore a fine pagina.”

“E che dice di bello il tuo idolo?”

“Mi consiglia di aprire le ali e volare.”

“Ecco, lo sapevo. Siete fuori di testa allo stesso modo. Per questo la tua follia è partita da lui.”

Appunto.
Era quello che avrebbe voluto ribadire senza riuscirci realmente. Temeva che Kageyama non potesse cogliere l’essenza delle parole che aveva appena avuto modo di leggere o, peggio ancora, che potesse banalizzarle o ridicolizzarle come già aveva iniziato a fare.

“È un bel consiglio!”

“Beh, sì. Almeno non ti ha buttato giù di morale come quella volta... prima della partita contro il Kamomedai.”

“Ma non c’ero rimasto tanto male quella volta.”

Tobio aggrottò la fronte e si pose a un palmo dal proprio coetaneo. La sua stazza s’imponeva sul suo metro e settanta scarso, come un’enorme quercia sotto la quale cercare un minimo di refrigerio in piena estate. Metaforicamente parlando il suo ruolo non si discostava poi molto da quello di un sommo riparo.

“E io, come quella volta, faccio finta di crederci.”

“Non mi avevi creduto?”

“Ma ti pare?! E ora forza, andiamo!”

Shōyō non aggiunse altro. Con un balzò si fermo di fronte all’alzatore, cercando di riporre tutte le sue attenzioni su di sé. Unì gli indici e i pollici delle sue mani e formò una sorta di cuore deformato, dedicandolo in toto a lui per le sue premure finalmente dichiarate.
Tobio arrossì e distolse lo sguardo per evitare di cadere in quella specie di benevola provocazione a cui non voleva di certo sottostare. Aveva teso una mano fin troppe volte a quel gamberetto che non faceva altro che saltellargli intorno quasi fosse sempre in vena di festeggiare.
Eppure... nemmeno lui si era ancora completamente liberato dei suoi demoni; e difficilmente ci sarebbe riuscito in maniera universale.
Come ogni singolo essere umano dalla sensibilità irrimediabilmente acuta.

“Sei proprio l’idiota dei Black Jackals.”

Ma non smettere mai di volare, capito?










 

 Angolo dell’autrice

Ringrazio in anticipo tutti coloro che avranno voglia di leggere questa mia one-shot! :)

Ma come mi è venuto in mente in mente di scrivere questa cosa sconclusionata e piena di gente? Ma io non lo so, fermatemi quando mi vengono in mente certe idee folli! Non lanciatemi troppe verdure con le bandierine arancioni! **

Dunque, il tutto parte da una fanart meravigliosa che ho trovato sul Twitter (link) e che rappresenta proprio il piccolo Udai così come l’ho descritto nella storia. A questo si è aggiunto il bellissimo ricordo che ho dei capitoli 338 e 339 (entrambi contenuti nel mitico volume 38) e del primo vero e proprio incontro che c’era stato tra Hinata e il suo idolo. Ricordo che il primo si sforzò di non rimanerci male dinnanzi all’amara verità, ovvero la scoperta che Tenma aveva da tempo deciso di abbandonare il mondo della pallavolo per dedicarsi ad altro (noi sappiamo bene che gli anni trascorsi al Karasuno non sono stati affatto semplici per lui...).
Di quella parte del manga, in particolare, mi aveva colpito la reazione anche di Tobio, specie il modo in cui teneva d’occhio il suo compagno di squadra che raramente si vedeva così “pensieroso”.
La Bokuaka è onnipresente (XD) e Miya ha contribuito alla causa!
Ho fatto un miscuglio nostalgico che spero abbia un minimo di senso. XD
 
- Il testo è scritto in terza persona, al tempo passato e il point of view è alternato per esigenze di trama.
- “Ray” è l’ipotetico nome del protagonista della saga sugli zombie che stava scrivendo e disegnando Udai prima di tornare a dedicarsi alla pallavolo. Sì, ho preso spunto dal personaggio di The Promised Neverland, lo ammetto. XD
- Ringrazio SkyDream per il supporto tecnologico! <3

Grazie ancora a chiunque passerà di qua. **

A presto,


Mahlerlucia

 
 
 
   
 
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