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Autore: Gatto1967    14/04/2021    2 recensioni
Oggi vi presento una nuova fan fiction scritta in collaborazione con Tamerice
Nella storia originale, nulla o ben poco viene narrato del periodo che Albert trascorre in Africa, è una storia tutta da scoprire e da raccontare, e abbiamo provato a riempire quei giorni, a modo nostro e in base alla rispettiva fantasia, alternandoci nel percorso di scrittura.
L'amico misterioso (Storie dall'Africa) non è la solita fan fiction con protagonisti Candy e Terence, per cui non aspettatevi di trovarli tra queste pagine, questa è principalmente una storia di amicizia e di gratitudine, ma se vi piacciono le storie con un pizzico di romanticismo, un po' di avventura e di azione, e magari anche qualche losco intrigo, allora seguiteci, poiché capitolo dopo capitolo, vi porteremo a fare un emozionante viaggio nell'Africa coloniale, sotto il sole cocente nella piana di Giza tra le piramidi, nella sconfinata savana tra leoni ed elefanti, in giro per il Cairo, e naturalmente a contatto con la popolazione locale immersa nelle piccole e grandi difficoltà di ogni giorno.
Buona lettura da Gatto1967 e Tamerice
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: William Albert Andrew
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Dopo aver ascoltato con attenzione i ragguagli di Albert sulla sua partenza improvvisa e sull'identità della sua persona, il Dottor Stevenson iniziò a raccontare ciò che era successo nell'ultimo periodo e che aveva sconvolto e scombussolato la vita nella condotta medica a quattro persone.

- Albert, devi sapere che c'è stato un altro spiacevole episodio qui in ambulatorio con quel colono inglese, il signor John Smith, te lo ricordi? - domandò il buon dottore.

- Certamente! E chi se lo scorda un tipo arrogante e prepotente come quello! - rispose di getto Albert.

- Tempo fa è venuto qui in condotta perchè sua figlia Elisabeth aveva la febbre alta accompagnata da crisi convulsive. Da giorni erano ricomparsi focolai di febbre infettiva in tutta la nostra zona e Smith, agitato per le condizioni di salute della figlia, pretendeva una visita a domicilio seduta stante, nonostante la fila di persone in attesa. Amir è intervenuto per calmarlo e dopo un acceso diverbio tra i due, finito con pugni e spintoni, Smith se n'è andato minacciando tutti noi di farcela pagare. Più tardi, io e Mary, accompagnati da Amir, siamo andati nella sua tenuta a visitare la bambina. Aveva la febbre molto alta, sintomo molto comune delle malattie infettive e come al solito Smith pretendeva un miracolo. Albert, abbiamo fatto tutto ciò che potevamo, ma le condizioni della bambina ci sono apparse subito gravi - continuò il dottore ancora affranto al ricordo di quella povera bambina, ben sapendo che non avrebbe potuto fare nulla di più per salvarla di quanto aveva fatto. Purtroppo il destino della piccola Elisabeth, così come quello della sua mamma, da tempo era già stato scritto nelle stelle, e nessuna delle due avrebbe potuto sottrarsi alla propria sorte fatale.

- Alcune settimane dopo, tornando dal villaggio, Naomi ha portato una brutta notizia, la piccola Elisabeth era scomparsa e Amir è stato accusato del suo omicidio. La polizia locale è venuta in condotta ad arrestarlo e lo hanno portato nella prigione di Tora, a sud del Cairo. L'influenza di Smith sul governo locale è notevole e nessuno lo ha mai contraddetto, nessuno ha mai messo in dubbio la sua accusa e Amir ne ha subito le conseguenze. È evidente che le prove contro di lui sono false, siamo più che certi dell'innocenza di Amir, ma non sappiamo cosa fare per scagionarlo - il tono di voce del Dottor Stevenson si fece più concitato e il suo viso lasciava trasparire tutto lo sconforto nel sentirsi così impotente di fronte a quella evidente ingiustizia subita da Amir.

- Albert, ora che sei qui confidiamo nel tuo aiuto, se è in tuo potere aiutarci, ad ogni modo qualcosa dobbiamo fare per salvare Amir. In tutto questo tempo è rimasto qui con noi nella condotta, è sempre stato un valido aiuto, non si è mai lamentato e ha imparato velocemente dimostrando interesse per il campo della medicina. Purtroppo le autorità locali non ci hanno permesso di vederlo e temiamo il peggio. Abbiamo sentito dire che a volte i detenuti di quella prigione spariscono nel nulla e nessuno si da pena per loro per ritrovarli - concluse il dottore visibilmente provato dal racconto.

Albert aveva ascoltato tutto con estrema attenzione prima di intervenire.
- Adam, sarò sincero, la situazione si presenta assai complicata e non ho proprio idea di quanta valenza possa avere il mio nome in quella zona del Cairo. Sono conosciuto nella città di Najmat per le mie donazioni all'ospedale locale, ma a Tora sarà difficile che il mio nome possa contare tanto quanto quello di Smith. Dobbiamo inventarci subito qualcosa, concentriamoci su Smith, sono sicuro che ha più di uno scheletro nascosto nell'armadio, attività di contrabbando, bracconaggio, tratta degli schiavi. Quell'inglese non mi è mai sembrato una persona perbene per il suo modo di fare arrogante e pretenzioso. Per salvare Amir, dobbiamo scoprire il marcio che c'è in Smith.

Ahmed, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, intervenne per riportare una notizia che aveva sentito circolare di recente tra la gente del villaggio.
- Dovete sapere che giù al villaggio da alcuni giorni gira la voce che Smith sembra essere impazzito. Sappiamo che la moglie è morta dando alla luce la loro unica figlia, e già allora l'inglese era andato in crisi, ed ora pare non darsi pace per la sorte toccata alla bambina. Annega il suo dolore nell'alcool e maledice tutti coloro che incontra sulla sua strada, è diventato ancora più burbero e rissoso e con i nervi sempre a fior di pelle.

- A questo punto facciamo un tentativo e andiamo prima possibile a parlare con le autorità locali - concluse Albert.


Mentre tutti riprendevano le consuete attività nell'ambulatorio, Mary, per rompere il ghiaccio, invitò Albert a seguirla fuori.
- Vieni con me, Albert, voglio mostrarti una cosa - disse Mary rivolgendosi al giovane uomo con un leggero imbarazzo, era emozionata al pensiero di restare sola con Albert e non sapeva come relazionarsi con lui.

Appena fuori nel cortile, Mary fischiò, un fischio lungo e prolungato, e dalla boscaglia qualcuno rispose con un barrito. Un grosso pachiderma, con andatura lenta ma solenne, uscì allo scoperto dalla boscaglia e si avvicinò agitando la sua proboscide in segno di saluto.

- Lo riconosci? - chiese Mary ad Albert, mentre il volto dell'uomo si illuminava in un largo sorriso.

- Non dirmi che è Little Jumbo! - esclamò Albert sorpreso, mentre dava una rapida occhiata alla zampa dell'elefante, ormai vicino, che portava ancora i segni della cicatrice causati dai denti della tagliola.

- Ma non lo avevamo portato nella radura per riunirlo ai suoi simili? Ricordo che quel branco di elefanti di passaggio lo aveva accettato - continuò Albert mentre l'elefante, che lo aveva riconosciuto, con la sua proboscide gli manifestava tutto il suo sincero affetto di animale.

- Sì, ma poco dopo che tu te ne sei andato, Little Jumbo è tornato qui da noi e non se n'è andato più via. È diventato la mascotte della condotta, i bambini del villaggio giocano con lui e ora vive in modo pacifico e solitario tra la boscaglia e la radura. Ha imparato a riconoscere il mio fischio e ogni volta che sente il mio richiamo, viene da me - raccontò Mary, mentre Little Jumbo cercava con insistenza qualcosa nelle tasche della sua divisa.

- È davvero incredibile! E scommetto che lo hai anche viziato per bene - affermò Albert mentre accarezzeva le orecchie del mansueto pachiderma, che nel frattempo aveva già fatto conoscenza con Poupe, la quale dall'alto della sua groppa era già pronta per nuove avventure.

- Certo! - gli rispose Mary ammiccando.
- Condivido sempre con lui il mio spuntino del pomeriggio, visto che banane e mele in questa zona non mancano mai. Ma niente noccioline, quelle non ce le possiamo permettere, vero Little Jumbo?

- Mia cara Mary questo nome non gli si addice più. Penso che Big Jumbo ora sia più appropriato per la sua mole di gigante - disse Albert sorridendo mentre con galanteria porgeva il suo braccio a Mary per rientrare insieme nell'ambulatorio.


Il giorno successivo Albert e il Dottor Stevenson si recarono nella prigione di Tora e chiesero di parlare con il direttore del carcere. L'intenzione di Albert, presentatosi al direttore come William Albert Andrew di Chicago, era quella di provvedere ad una generosa donazione in favore del carcere per migliorare le condizioni di vita dei detenuti in cambio della scarcerazione di Amir. Era convinto che nessuno avrebbe rifiutato dei bei sonanti dollari americani, e per il suo amico egiziano era disposto a tutto.

La vigorosa stretta di mano che Albert e il Dottor Stevenson scambiarono con il direttore del carcere, fece immediatamente capire loro di avere di fronte una persona dal carattere deciso e determinato. La notizia di quel benefattore di Chicago e di ciò che aveva fatto per l'ospedale di Najmat aveva girato per mezzo Egitto e il direttore della prigione di Tora ne era venuto a conoscenza durante una cena in compagnia del direttore dell'ospedale della città di Najmat, suo caro e vecchio amico. Un gesto del genere lo aveva colpito positivamente perciò quel giorno si sentì benevolo e in via del tutto eccezionale concesse all'americano e al dottore una breve visita ad Amir, sotto la sua diretta sorveglianza.

I tre uomini percorsero in silenzio un lungo corridoio scarsamente illuminato. Celle anguste e un acre odore di umanità accompagnavano il rumore cadenzato dei passi di quei due insoliti visitatori, finché arrivarono alla cella di Amir.
- Amir! Amico mio! - lo chiamò Albert nel vedere l'egiziano dentro quella cella piccola e stretta, sdraiato su una branda dall'aspetto poco confortevole.

- Albert?! Tu... sei proprio tu! - esclamò Amir incredulo e sorpreso di quella visita, quando ormai aveva perso ogni speranza di uscire vivo da quella prigione.
- Dottor Stevenson! Anche lei qui! - continuò Amir avvicinandosi alla porta della cella.

Tra le sbarre della cella, le mani di Adam e di Albert raggiunsero le mani di Amir, in una stretta forte e calorosa per dare conforto e nuova speranza all'egiziano.

- Faremo tutto il possibile per farti uscire da qui, Amir, contaci! - disse Albert stringendogli forte la mano, mentre il dottore lo rincuorò con un cenno affermativo del capo per fargli capire che non lo avevano abbandonato.

- Grazie, amici miei, per essere qui. Rivedervi entrambi è già un grande dono per me - disse Amir commosso.

Gli occhi scuri dell'egiziano si velarono di lacrime, mai nessuno si era preoccupato così tanto per lui.

L'unico modo per salvare Amir era scoprire cosa era veramente successo alla piccola Elisabeth.
Da dove iniziare? Certamente la notte avrebbe portato loro il giusto consiglio sulla pista da seguire.




Scritto da Tamerice
   
 
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