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Autore: Memel    14/04/2021    6 recensioni
È l’estate dopo il diploma di Hinata e gli altri.
Una riunione di classe improvvisata riporta a galla sentimenti sopiti, che sia Shoyo che Yachi pensavano di essere riusciti a nascondere e a dimenticare.
~
Lui, che aveva sempre disprezzato la paura, senza lasciarsi mai imbrigliare dai dubbi e dai tentennamenti, ne aveva finalmente scoperto il sapore.
Era il retrogusto amaro che aveva sentito quando per la prima volta si era accorto dello sguardo di Yamaguchi posato su Yachi.

[Post Time Skip / HinaYachi + SideYamaYachi / Songfic]
Genere: Angst, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Shouyou Hinata, Yachi Hitoka
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Home for the Summer_

 

Quella sera l’afa estiva aveva lasciato il posto ad una fresca brezza, insolita e piacevole, che trasportava con sé i profumi e gli odori della città: delle locande che aprivano ai primi avventori, delle piccole botteghe intente a sfornare gli ultimi melon-pan, o dei konbini, da cui uscivano frotte di bambini festanti, le mani strette intorno agli stecchi di tanti ghiaccioli colorati.
I furin ondeggiavano in quel vento pacato, portando con sé quel sapore di un’estate di provincia che Yachi aveva quasi dimenticato, dopo solo pochi mesi passati a Tokyo.
Si richiuse la porta dell’appartamento alle spalle, affrettandosi giù per le scale, correndo fino a raggiungere la fermata dell’autobus sotto casa, su cui riuscì a salire per un pelo.
Erano passati solo pochi mesi dalla cerimonia del diploma, dalla sua vecchia vita a Miyagi, dal suo ultimo giorno alla Karasuno.
Eppure sentiva che quel poco lasso di tempo che l’aveva vista trasferirsi nella capitale e iniziare la sua parentesi come studentessa universitaria, avesse portato con sé una consapevolezza e un distacco che le aveva fatto bene, aiutandola a prendere le distanze da un capitolo che era convinta di aver chiuso, di essersi lasciata alle spalle.
Poi era arrivata l’estate, le settimane di vacanze prima del nuovo semestre, insieme alle chiamate insistenti di sua madre che le chiedeva di raggiungerla per qualche giorno.
Giorni che erano volati in fretta e sarebbero anche passati quasi inosservati se alla vigilia del ritorno alla sua nuova vita nella metropoli non avesse ricevuto quel messaggio, poche semplici parole che erano state in grado di scombussolarla.
Era di Shimizu-san, la sua adorata senpai: si erano tenute in contatto negli ultimi anni, e qualche volta si erano anche viste per un caffè e una chiacchierata, ripromettendosi sempre di mantenere viva la loro amicizia.
Ma il tempo è capace di cancellare volti e promesse con la stessa forza e indolenza.
E Yachi era convinta che una volta lasciato il suo ruolo di manager avrebbe pian piano perso di vista anche i contatti con coloro che per tanto tempo erano stati il suo mondo, la sua quotidianità.
Era colpa sua che era sempre la solita pessimista, debole preda delle sue paranoie.
Ma il destino le era venuto incontro, portando scompiglio in quelle sue fantasie, offrendole un’occasione che non si sarebbe mai aspettata.
Una riunione in memoria dei vecchi tempi, un giro di bevute per festeggiare gli ultimi diplomati della vecchia formazione della squadra.
Era questo l’invito nascosto nel messaggio di Shimizu, poche semplici parole che fecero provare a Hitoka l’ebbrezza di poter riportare in vita quelle atmosfere di cui già sentiva la mancanza.
Scese dall’autobus, guardandosi attorno: il locale di okomiyaki indicato da Kiyoko si trovava a pochi passi dalla fermata.
Sollevò la tenda noren mentre le voci dei suoi vecchi compagni le arrivarono prima ovattate, poi sempre più vicine, mescolate al suono di una risata sguaiata che riconobbe subito essere quella di Tanaka.
“Yachi-san!” la salutarono Sugawara e Yamaguchi, sorridendole festanti
“Yacchan!” anche Asahi si voltò per darle il benvenuto
Riconobbe poi i sorrisi e i volti di Ennoshita, Tsukishima, Narita e infine anche quello di Shimizu, che le fece cenno di sedersi accanto a lei.
“Oh, finalmente! Ce ne hai messo... Hinata!”
La voce di Nishinoya la fece voltare, facendola così trovare faccia a faccia con colui che più di tutti aveva avuto voglia di rivedere quella sera.
Il viso di Shoyo, a pochi centimetri dal suo, nel riconoscerla si sciolse subito in quello stesso sorriso che lei gli aveva visto tante, troppe, volte illuminargli il volto, facendola sussultare.
 
*
Hitoka si voltò un’ultima volta per salutare il gruppo riunito fuori dal locale, sorridendo, imprimendo nella sua memoria quell’istantanea, insieme alle risate e alle voci che le avrebbero fatto compagnia quando la nostalgia di casa si sarebbe fatta viva prepotentemente, una volta tornata a Tokyo.
Guardò l’ora distrattamente, consapevole che era piuttosto tardi.
Tutta colpa, o merito, di Tanaka, che quella sera ne aveva approfittato per annunciare a tutti il tanto atteso e sudato fidanzamento con Shimizu-san: tra il tripudio di felicitazioni e brindisi, a cui si erano mescolate anche le vivaci proteste di Sugawara e Nishinoya, il tempo si era come sospeso, dando loro l’illusione che quella serata non dovesse finire mai.
Come pensava l’ultimo autobus era ormai passato da un pezzo, non le restava che chiamare sua madre, sperando di trovarla ancora sveglia.
“Hai bisogno di un passaggio?”
La voce di Hinata la fece sussultare per la seconda volta in poche ore, obbligandola a voltarsi.
“Sono in bici ma posso darti uno strappo!”
“S-sicuro di farcela?”
Cercò di inghiottire quello strano nervosismo, e di sostenere il suo sguardo.
“Non ti preoccupare, salta su!” le rispose, indicandole con un cenno il sellino consumato
La brezza di quella sera di fine Agosto si era fatta sempre più frizzante, accarezzando le guance e le cosce nude di Yachi mentre scivolavano tra i vicoli deserti e silenziosi di Miyagi.
Shoyo inchiodò di scatto, obbligandola ad ancorarsi ai suoi fianchi e a chiudere per qualche secondo gli occhi, prima di riaprirli e di accorgersi del gatto arancione che aveva tagliato loro la strada.
Sorrise, sentendo la tensione allentarsi, e appoggiando la fronte alla schiena tesa del ragazzo di fronte a lei.
 

We started getting close
(…)
So we'd leave and drive around until you had to drop me off at home
Swear that was yesterday
But in two weeks I'd be moving South
And you'd be moving to a town that I had never heard of
I wish we had more time, why did I ever wanna grow up?

 
“Ti ringrazio…”
Hitoka scandì quelle parole cercando di prendere tempo, stringendo in mano le chiavi di casa, chiedendosi perché non volesse ancora salutarlo.
Anche Shoyo sembrava titubante, aveva appoggiato la bici a terra e ora la fissava sovrappensiero, come se stesse cercando le parole giuste per risponderle.
“Yachi-san, posso rivelarti una cosa?”
Lei alzò finalmente lo sguardo da terra, incrociando quello di Hinata, incandescente in quella buia notte senza luna, capace di abbagliarla ancora con la stessa forza del primo giorno in cui lo aveva incontrato, quel pomeriggio di tre anni fa.
Annuì impercettibilmente, senza staccare gli occhi da quell’espressione tesa e decisa.
E così le raccontò tutto: del Brasile e del suo desiderio di avventurarsi nel mondo del beach volley, di come volesse continuare a percorrere quella strada che gli avrebbe permesso di diventare più forte, di maturare non solo come giocatore ma anche come persona, e della fiducia che riponeva in quel viaggio, che ancora non aveva avuto il coraggio di confessare a nessuno.
“Sei la prima a cui lo dico... bè se escludiamo Natsu e i miei genitori ovviamente, però… questa sera proprio non ce l’ho fatta a raccontarlo agli altri, non volevo rubare l’attenzione dall’annuncio di Tanaka e Shimizu-senpai… chi se lo aspettava eh?”
“Già…”
Yachi stava ancora metabolizzando tutto, comprese le implicazioni che quella scelta portava con sé. Non l’aveva spiazzata la prospettiva di vederlo andare oltreoceano, in fondo si aspettava grandi cose da lui.
No, a spaventarla era stata la velocità con cui tutto si stavano muovendo e concretizzando.
Le sembrava fossero passati soltanto pochi giorni dall’ultima volta in cui aveva varcato l’ingresso della palestra del club, lasciandosi alle spalle tre anni di ricordi indelebili, memorie dolciamare in cui a volte amava perdersi, e che non riusciva ancora a lasciare andare del tutto.
 
*
 
L’ultima campanella era suonata da un pezzo, i corridoi si erano svuotati delle risate e delle chiacchiere degli studenti, alcuni dei quali avevano dovuto dire addio a quelle aule e agli anni spensierati e intensi che vi avevano trascorso, correndo in direzione del destino che li aspettava oltre il diploma.
Yachi strinse a sé il registro del club di pallavolo un’ultima volta, prima di deporlo nello scaffale più in alto, accanto ai documenti degli anni scorsi, chiudendo così un capitolo della sua vita in cui per la prima volta era riuscita a sentirsi protagonista e non più solo comparsa.
Si richiuse la porta dello sgabuzzino alle spalle, avvicinandosi al campo, sentendo il parquet tirato a lucido scricchiolare sotto i suoi passi incerti.
Pensava di essere rimasta da sola a chiudere la palestra ma poi lo vide, una piccola chiazza arancione intenta a palleggiare oltre la rete ancora tesa.
Si trattenne dal disturbarlo, conscia che forse quella sarebbe stata l’ultima volta in cui sarebbe stati così vicini, compagni e amici, parte della stessa squadra.
Non era ancora pronta a mettere la parola fine su tutto, su di lui.
C’erano tante cose che sentiva ancora ribollire dentro di lei, parole che bruciavano sulla sua lingua, pensieri che la tormentavano, portandola a dubitare di quello stesso coraggio che sentiva di aver accumulato negli anni.
Anni che l’avevano vista crescere, dandole la possibilità di prendere sempre più le distanze dalla ragazzina insicura e tremante, spaventata dal mondo e anche dalla sua stessa ombra, incapace di prendere una decisione o di fare un passo avanti.
Pensava davvero di essere cambiata ma per alcuni versi era rimasta ancora la stessa ragazza che Shoyo aveva preso per mano e trascinato a forza in quell’universo che era stato la sua casa fino a quel momento.
Gli doveva molto, lo sapeva.
Come sapeva che erano tante le cose per cui voleva ringraziarlo, e non solo come manager o amica.
Ma non le era mai piaciuto rischiare, saltare nel vuoto e nell’ignoto, come invece lui sapeva fare.
E l’idea di poterlo perdere, di rovinare il loro rapporto, era un prezzo che sentiva di non voler pagare.
No, avrebbe ingoiato ancora una volta quei sentimenti, indossando quella maschera gentile sotto cui si era sempre nascosta.
Sotto un sorriso da codarda da cui non riusciva più a separarsi.
 
*
 
Hinata si voltò un’ultima volta a salutare Hitoka, fino a che la vide scomparire dietro la porta a vetri del complesso di appartamenti.
Rimase ancora qualche minuto ad assaporare la frescura inaspettata, quell’alito di vento che gli sfiorò le gote calde, donandogli quella lucidità di cui aveva disperatamente bisogno.
Non ce l’aveva fatta neanche stavolta a essere del tutto sincero con lei.
Parlarle del futuro che lo attendeva era stato facile, anzi liberatorio, una boccata d’aria che gli aveva dato prova della fiducia che riponeva nel percorso che aveva deciso di intraprendere.
Ma sarebbe stato disonesto definirsi coraggioso per la scelta che aveva deciso di compiere.
Soprattutto se quella scelta implicava scappare da questioni irrisolte, dubbi del passato che non mancavano di tornare a tormentarlo ogni volta che abbassava la guardia.
 
*
 

You said you'll see me when we are
Home for the summer
We won't have to work so we're gonna
Do whatever the hell we wanna
'Cause we know that one day we'll be
Gone from each other

 
La palestra era vuota, se ne erano andati tutti.
Erano rimasti solo lui e Yachi a chiudere l’edificio, per l’ultima volta.
Sapeva che quella sarebbe stata l’ultima occasione a sua disposizione per parlarle, per esprimerle a parole quanto lei fosse importante per lui, quanto il suo supporto lo avesse aiutato in quei tre anni assieme, fuori e dentro al campo, e quanto l’idea di doverne fare a meno lo spaventasse.
Non voleva ancora dire addio a quel sorriso, a quella gentilezza pacata e sincera, alla preoccupazione e all’interesse che imprimeva in ogni cosa che faceva, all’emozione esagerata che spesso non riusciva a nascondere, e che traboccava da quegli occhi così limpidi e caldi.
Ma presto il destino avrebbe deciso per lui, disegnando strade e scenari sempre più vicini e concreti.
Sarebbe andata a studiare a Tokyo, e lui era sicuro che la città col tempo l’avrebbe inghiottita, senza restituirgliela più.
Sarebbe cresciuta lontana dai suoi occhi, avrebbe scoperto cose nuove e incontrato altre persone, si sarebbe appassionata a qualcos’altro, avrebbe pianto e avrebbe riso fino alle lacrime per qualcosa che lui non avrebbe mai conosciuto.
Non poteva fare niente per fermare quella ruota, ormai già in moto.
E anche lui presto avrebbe preso la sua strada, anche se ancora non sapeva quanto lontano lo avrebbe portato.
Certo, poteva ancora fare qualcosa, mettersi a nudo e aprirle del tutto il suo cuore, ma ne valeva la pena?
Lui, che aveva sempre disprezzato la paura, senza lasciarsi mai imbrigliare dai dubbi e dai tentennamenti, ne aveva finalmente scoperto il sapore.
Era il retrogusto amaro che aveva sentito quando per la prima volta si era accorto dello sguardo di Yamaguchi posato su Yachi.
Lo stesso che provava ora e che lo obbligava a mettere da parte ancora una volta quei sentimenti, a nasconderli in un cassetto della sua memoria fino a dimenticarsene, ingoiando quelle parole che bruciavano come braci incandescenti, destinate a spegnersi una volta per tutte.
 
*
 

We'd wait till after dark
2:00 a.m., we're laying on the ground, in my backyard
I told you I'd be waiting there the night that I get back
I hope you don't forget about that

 
Lo schermò del telefono si illuminò nel buio della stanza, facendola voltare e allungare verso il comodino.
Ti aspetto a Rio l’estate prossima! – Hinata
Sorrise, perdendosi per un momento nell’illusione che quella frase evocava.
Ma quel sogno a occhi aperti non durò che qualche istante, giusto il tempo di premere sui tasti la sua risposta, per poi schiacciare invio.
Certo, non mancherò! – Yachi
Sapevano benissimo quanto si stessero prendendo in giro, quanto suonassero false quelle parole, bugie su bugie pur di nascondere la verità che opprimeva entrambi.
Ma volevano continuare a portare avanti quell’illusione.
Perché forse si sarebbero visti davvero l’estate prossima, o quella dopo ancora.
E quel forse era tutto ciò di cui avevano bisogno, l’ultimo barlume di speranza rimasto a cui potersi aggrappare per affrontare il domani che attendeva entrambi.
 

We'll have lives in two different suburbs
We'll have families with different lovers
But for now, I know I'll see you when we are
Home for the summer

 

   
 
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