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Autore: smartiess    14/04/2021    2 recensioni
Ambientata dopo il finale della serie tv Supernatural;
Il Paradiso è infinitamente bello, proprio come Dean se lo aspettava e, avendo ingoiato l'ingiustizia di quello che gli è accaduto sulla Terra, accetta la realtà in cui si trova: ora, si dice, può essere felice.
Cerca Castiel, lo chiama, lo prega di raggiungerlo perché ci sono delle parole che sostano da fin troppo tempo nell'oscurità del suo cuore e che spingono per uscire, per rivelarsi, per cessare di nascondersi.
Ma quando Castiel non arriva e Dean apprende il motivo, stringe i pugni e sospira.
È l'ultima guerra che deve combattere e questa volta
è una battaglia intima e profonda contro il bisogno di urlargli quelle parole e la consapevolezza di non poterlo fare perché, solo parlando, condannerebbe l'angelo al buio eterno.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Famiglia Winchester, Sam Winchester
Note: Missing Moments, Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro, Contesto generale/vago
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Le mura della casa sembrano stringersi sotto il suo fievole, accennato tocco. La luce che penetra dalla finestra inonda la sala di una calda ombra mentre  il pavimento si incrina con un suono acido sotto i suoi passi attenti.

«C'è qualcuno?» chiede Dean d'un fiato. E solo il silenzio gli risponde.

 

Cosí - la stanza vuota, l'eco tenera della sua voce che ora ondeggia, rimbomba e chiama a sé tra le pareti bianche, l'assenza di odore  rara in quel luogo - sembra un sogno. Se solo, infatti,  Dean si apprestasse ad aprire la porta scura che dista di qualche metro, è certo che l'odore del prato inonderebbe la stanza ed inebrierebbe le narici di chiunque si assesti solo per qualche attimo a lasciarsi avvolgere dal profumo.

 

Si muove di un passo, due ed aguzza la vista da parete a parete, cercando di catturare con lo sguardo tutto ciò che riesce a intravedere. La sua mano si posa su una cornice argentea, impolverata su un comodino altrettanto intriso di grigio, che potrebbe  applicarsi ad una foto come ad abbracciarla in motivi floreali se solo- nota Dean girandola- ce ne fosse una. La cornice è vuota, scarna, non c'è alcuna immagina dentro e Dean inarca le sopracciglia ed aggrotta la fronte, confuso. 

 

Poi, avanzando, la lascia andare. 

 

Ogni rumore che Dean potrebbe immaginare scompare, si dissolve nel suo solo sospiro e nello scricchiolare del pavimento sotto le sue scarpe ancora sporche di fango.  Ogni odore che vorrebbe sentire è assente e l'unica cosa percepibile diviene il sudore che gli imperla la fronte, il lascito del profumo del sapone sui suoi capelli. Quella stanza è vuota e l'unica cosa che diventa testimone di quella realtà è Dean stesso. Le stanze, così come le decine di altre case in cui oggi è entrato e che si era immaginato piene di persone, quasi fossero dei vicini  in quel luogo di pace che altro non è che il riposo dell'anima,  sono sgombre. È l'odore di Dean quello che inonda le pareti, è il rumore che Dean produce che incrina il silenzio, è il tatto di Dean che sembra donare luce agli oggetti che sfiora, altrimenti morte nell'ombra dove la luce della finestra non riesce ad arrivare. Ed è mentre Dean cammina da una sala all'altra, tutte vuote, uguali, silenziose e inodori,  che capisce che è solo  nella sua presenza che questa abitazione sembra viva.

 

  

Poi, quando anche l'aria sembra aggravarsi sul suo corpo per la troppa, insormontabile staticità, un fruscio di vento incrina la stanza e quando Dean, al suono, si volta,  Castiel lo sta giá guardando.

«Ciao, Dean» 

Dean indietreggia di qualche passo mascherando l'azione in un sussulto di sorpresa, come se lo avesse spaventato,  quando invece è solo la sua troppa  vicinanza la causa del suo veloce allontanarsi. 

«Hey» replica, accennando un lieve sorriso. « Anche tu da queste parti?»

 

Le labbra di Castiel si curvano leggermente in quello che per tutti non è nulla, ma che Dean sa ormai riconoscere essere un sorriso.

 

 «Ad ogni modo» dice allora mentre gli rivolge un viso contrariato e si posa una mano sul petto, sbuffando  in modo drammatico « Uno di questi giorni dovremo metterti un campanellino. A meno che tu non voglia mi prenda un infarto»

 

I loro incontri sono fugaci, brevi, rapidi. Durano attimi e Dean ad ogni incontro sente il desiderio di parlare ancora con Castiel. Prima, quando erano sulla Terra, erano rare le occasioni in cui restavano soli, in cui potevano parlare l'uno con l'altro perchè  la rabbia, l'angoscia ed i rimorsi che li incatenavano erano davvero troppi. Ora, ogni suo avvicinamento equivale ad una mancanza. Ed ogni sua mancanza equivale alla sensazione di averlo perso un'altra volta, per sempre. E ogni sua vicinanza equivale, allo stesso tempo,  a quella aspra, viscida  sensazione  che si fa strada nel suo corpo e gli provoca un brivido che si dirama in ogni suo arto e lo fa sentire paralizzato: lui con Castiel  non dovrebbe parlare. Se non lo facesse, tutto questo sarebbe molto più semplice.

 

« Le possibilità che il tuo corpo subisca una necrosi ischemica in un luogo come questo sono infinitamente ridotte, Dean. Senza considerare che un ipotetico attacco cardiaco non ti condurrebbe alla morte dato ch-»

 

« Sisi Cas, ho capito. Lo so» lo interrompe  Dean, la voce colorata di una risata solo brevemente accennata. «È solo un modo di dire» afferma poi, per rispondere alla confusa espressione in cui il volto dell'angelo è contratto. 

 

Castiel annuisce e rimane in silenzio per qualche attimo finchè non inclina il viso ed assottiglia gli occhi, guardando fisso negli occhi di Dean « Allo stesso modo non credo un campanellino risolverebbe il problema considerando...» E Castiel continua a parlare - il volto leggermente  inclinato, la fronte  aggrottata,  i suoi occhi investiti di blu  assottigliati- e Dean vorrebbe ridere, sollevare gli occhi e spiegargli, per l'ennesima volta, che si tratta solo di strane espressioni umane, ma tutto quello che il suo corpo riesce ad elaborare è l'improntarsi  della sue  labbra  in un piccolo, tenero, impercettibile  sorriso- e tutto quello a cui riesce  a  pensare è  a quanto gli piacerebbe baciarlo. 

 

                        

 

« Ti ho cercato questa mattina» afferma poi Castiel, mentre la sua mano si trascina distrattamente su una delle pareti della casa, quasi ad accarezzarla, quando l'unica risposta di Dean diviene un cenno del capo.

«Oh» riesce solo a dire Dean.

Castiel ritrae la mano e guarda nuovamente il suo volto in silenzio.Dean deglutisce e si passa una mano sulla nuca, distrattamente. 

«Ti... serviva qualcosa?» chiede allora, incerto.

 

Castiel lo guarda, ancora «No» afferma e poi, dopo qualche attimo: «Volevo solo parlare con te»

Dean, in assenza di parole, annuisce, ancora.

 

 

«Qualcosa in particolare?» suggerisce allora.

Castiel scuote piano la testa.

«Okay... beh sei come sempre di molte parole» dice, combattendo invano un sorriso di scherno «Allora... Stavo osservando le case qui intorno» inizia «Sono entrato in alcune, ma non c'è nessuno. Cioè vuote, completamente.»

«Vuote» ripete Castiel.

« Vuote, proprio come questa.» 

«Cosa significa?» chiede Dean, il volto fermo in un'espressione confusa  e derisoria « Che nel Paradiso ci siamo solo io, te, Sam e Bobby?»

 

« Il paradiso è costruito sui nostri ricordi, Dean. È un luogo fondamentalmente individuale nella sua universalità»

 

«Quindi tutto...questo» inizia Dean, allargando le braccia per enfatizzare le sue parole e guardandosi intorno « Sono solo ricordi accumulati»

 

« Esatto» afferma l'altro « La realtà che ci viene presentata è solo il ripresentarsi di luoghi già visti, già sentiti, ma rielaborati dalla nostra mente in quello che potrebbe far sentire maggiormente al sicuro la nostra anima»

 

Dean sospira, guardandosi ancora una volta intorno « Quindi la mia serenità è in.. cosa esattamente?» sbuffa in un riso  e mentre parla, quasi senza accorgersene, si siede sul pavimento della casa, incrociando le gambe «...Case vuote? Essere completamente dissociato da qualunque persona?»

 

Castiel lo guarda per qualche attimo e poi imitando Dean, si siede al suo fianco.

 

« Forse. Non lo so, Dean»

 

Poi si volta per guardarlo. « Hai avuto problemi nel rapportarti con le persone quando eri in vita?»

 

Dean sorride ed alza un sopracciglio, malizioso « Sessualmente, intendi? No, mai. »

 

Castiel assottiglia lo sguardo « Dean»

 

Dean sorride, ancora, ma stavolta è un sorriso piccolo, dolce, che si riflette sui suoi occhi verdi che così timidamente cercano di evitare il blu dell'altro. « Non saprei. Ma non credo che questo sia ciò che voglio. Anzi... so che non è ciò che voglio.  Ho perso così tante persone nella mia vita, ora che posso mi piacerebbe rivederle. Tipo rimpatriate o cazzate simili, capisci? Giusto per alleviare questo schifo.»

 

« La tua permanenza qui non ti soddisfa?»

 

E Dean non riece, non può e non vuole trattenersi e sbotta in una risata mentre si passa una mano sul viso « Dio, Cas. Non puoi dire questo genere di frasi! Sembra l'inizio di un porno»

 

Castiel ride leggermente e cosa Dean non farebbe per poter sentire quel suono più spesso. 

 

 È così diversa dalla sua:  Dean è rumoroso, un sorriso tutto denti ed una risata a piena voce, ma  Castiel... Castiel ha un suono così dolce, calmo, pacato  tanto che gli angoli della sua bocca quasi si dimenticano di aprirsi e sono principalmente i suoi occhi che mostrano il suo lasciarsi andare in quel  raro, timido sorriso. Non è una risata contagiosa la sua, ma il suono è così delicato che Dean ferma forzatamente la propria solo per ascoltarla e il suo stomaco si stringe in una fitta.   

 

Crede, talvolta, che quegli occhi blu, forti e vividi e decisi, che lo guardano e si illuminano e vengono incorniciati da piccole rughe ai loro lati quando esprimono un sorriso, siano di Castiel e Castiel soltanto. Non vi è alcuna traccia di Jimmy Novak. Lì, in quegli occhi blu, Castiel è più evidente che in qualsiasi parte del suo corpo e forse, pensa Dean, è per questo motivo che divertire dal suo sguardo è per lui un'impresa così ardua. 

 

In quegli occhi blu si cela Castiel e Dean sente di non poter fare a meno di guardarlo. 

 

Sospira mentre lo osserva e non può fare a meno di sentirsi così  incredibilmente vulnerabile. Lascia cadere il suo sorriso e parla, gli occhi fissi sul volto dell'altro «É complicato» risponde alla domanda precedentemente postagli.

 

Castiel ha uno sguardo tenero mentre cerca il suo sguardo  « Ognuno qui ha il suo piccolo angolo di Paradiso, Dean. Il fatto che tu non abbia ancora incontrato nessuno dei tuoi vecchi amici non equivale necessariamente ad una tua intima difficoltà. Forse semplicemente i vostri universi individuali non si sono ancora incrociati, forse non ti senti ancora pronto a rivedere alcune di queste persone»

 

Dean annuisce e poi la sua voce cala fino a divenire un mero sussurro. Si pente delle parole che dice  non appena le sente uscire dalle sue labbra, strette in una dura linea « A volte credo di non meritare di essere qui» 

 

Stringe gli occhi non appena il silenzio avvolge la stanza. Quando riapre gli occhi, Castiel è seduto di fronte a lui.

 

« Ho ucciso tante persone, Cas. Ho provocato la morte di altrettante. E si, certo ne ho salvate molte. Ma...» sente la sua voce bloccarsi. Sospira « Non lo so, insomma. Forse non sono mai stato destinare a vivere. L'unica volta che ne ho avuto la possibilità.Vivere davvero, intendo io... beh» cerca di dire e poi ride, indicando se stesso « Lo sai»

 

Il volto di Castiel è contratto in un'espressione tanto buona quanto preoccupata mentre dice: «Sei una bella persona, Dean»

 

« Non puoi saperlo»

 

« Lo so, invece»

 

La luce della finestra non arriva dove sono seduti: il buio della stanza li avvolge come una coperta in una notte invernale ed il silenzio discende su di loro tanto che il solo parlare risulterebbe strano, fuori luogo. 

 

Per questo se Dean vorrebbe dirgli "No, davvero. Non lo sai",non lo fa. 

 

Invece, piano, le sue dita sfiorano il polso di Castiel, coperto dalla camicia bianca. Ignora il tremolio che percepisce al solo contatto e sa che non sta ragionando razionalmente mentre lo  avvolge e  porta la mano di Castiel alla fronte. Quando le dita dell'angelo sfiorano la sua pelle timidamente,  un chiaro, forte lampo di luce si accende nella sua mano.

 

                                          ****

 

« Dove ci troviamo?» chiede Castiel.

 

« Lawrence, Kansas» replica Dean.

 

Due bambini, sullo sfondo,  stanno litigando. 

 

« Quello sono io» dice Dean. Il bambino che indica ha il viso ricoperto di lentiggini ed un'espressione autoritaria che nessun ragazzo di quell'età dovrebbe avere. Sta urlando, ma la sua voce esce comunque piccola e  bassa, come se non avesse la forza necessaria per gridare. « E quello» continua, indicando l'altro bambino «É  Sam»

 

Sam ha il corpo avvolto in una felpa che gli sta fin troppo grande e le sue mani scompaiono tra le maniche di questa. Ha un'espressione corrucciata, arrabbiata  ed urla quanto il fratello finchè d'un tratto Dean, che nel ricordo sfumato trattiene le lacrime a stento, non gli colpisce il volto con uno schiaffo.

 

È più simile ad una botta accennata che ad uno schiaffo vero e proprio, ma Sam posa la mano sulla sua stessa guancia, guarda Dean con confusione e corre verso il bagno, chiudendosi la porta dietro di sé. Dean tenta di raggiungerlo  "Sam, Sammy!".

"Lasciami in pace" urla di rimando l'altro dalla porta chiusa e Dean si accascia sul pavimento, guardandosi la mano.

 

« Non avevo mai alzato le mani contro mio fratello» dice Dean in un sussurro, mentre le parole dei due bambini si perdono nello stesso ricordo « Non ci avevo mai nemmeno pensato. Stavamo litigando ed io d'istinto l'ho colpito. Certo, non gli avevo fatto del male, ma ricordo che quella sera  non ho potuto fare a meno di pensare a quanto fossi simile a mio padre»

 

Dean si volta verso Castiel. « Ogni volta che tornava a casa ubriaco, ogni volta che gridava, che insultava, che alzava le mani.. Mi ripetevo che non sarei mai diventato come lui...»

 

Castiel non parla. 

Nella stanza vuota, mentre  l'unica fonte di luce è quella emanata dal palmo dell'angelo, Castiel tocca con maggiore intensità la fronte dell'altro ed il ricordo cambia.

 

Ancora una volta, il ricordo è rumoroso. Una decina di ragazzi più e meno grandi sono sul palco, vestiti in abiti medievali.

 

Fra gli spettatori, Dean in un sedile rosso come la felpa che indossa, ha  un sorriso sul volto. È più grande del ricordo precedente ed i suoi capelli  che schizzano in ogni luogo del suo capo, sono intrisi di gel.  Castiel direbbe che ha l'aspetto di un adolescente.

 

Dean appare contrariato dal cambio di ricordi, ma, allo sguardo attento dell'altro, si decide a parlare comunque. 

 

«Secondo anno di liceo» sbuffa, mentre alza le spalle « Mio padre non riusciva mai  ad andare ad uno degli spettacoli di fine anno di Sam, così ci andavo io»

 

Castiel rivolge nuovamente lo sguardo verso il palco e, con una spada di gomma in mano, Sam dice la sua battuta. È incerto, timido e visibilmente imbarazzato, ma incontra lo sguardo del fratello – fiero, attento, divertito e che conforma le mani in due pollici alzati come segno di incoraggiamento -  fra il pubblico annoiato e,  alla battuta dopo, il fratello più piccolo sembra più sicuro di sè.

 

Quando Castiel si volta nuovamente, Dean ha un rossore che gli colora il collo e le guance ed allo sguardo dell'altro, rotea gli occhi « Si beh, come ti pare» 

 

Sam sta ancora pronunciando la battuta quando il ricordo si incrina: le pareti sembrano cadere e danneggiarsi su se stesse. 

 

 

Il buio cala sulla scena. 

Dean è in una stanza e si lava le mani violentemente, ma il sangue non va via, non va via, non va via, e rompe lo specchio dinanzi a sé, mentre l'acqua scende in macchie e gocce rosse sul lavandino bianco. Ed il contrasto di colori fa quasi impressione.

 

Ha uno strano segno sul braccio, nota Castiel, ed è quando il Dean del ricordo passa in mezzo allo spazio che li separa e Castiel riesce a vedere quello  più chiaramente che espira un suono atterrito « Tu.. oh, Dean»

 

« Già, bello stronzo quel marchio» sospira « Non pensavo ne sarei mai uscito»

 

Il Dean del ricordo apre la porta e lì, nella stanza che attraversa con passo deciso, le occhiaie scavate ed alcuni capillari degli occhi rotti finchè non è il colore rosso quello che si appropria e prevarica il verde dei suoi occhi, ci sono diversi uomini e donne,  stesi sul pavimento bianco e senza vita. 

 

Dean volta lo sguardo.

 

 

 

Il ricordo cambia, ancora  e Castiel sente di non avere più  la forza di dominarli. Cerca Dean, perchè è la sua di mente ad aver preso il sopravvento e che passa da ricordo a ricordo come diapositive di un film che nessuno dei due vuole davvero guardare. 

 

Ma Dean non si volta e si allontana da un qualsiasi tocco dell'altro. Sospira e va avanti perchè se Castiel riuscisse  a vedere, per una volta, tutta la distruzione e null'altro che si cela dietro la persona che ha amato, forse, pensa Dean, questo paradiso finto ha una qualche possibilità di sussistere. Perchè Dean non vuole lasciarlo andare. Non può permettere che Castiel  si innamori nuovamente di lui.  

 

 

Nei ricordi, Dean uccide, urla, grida, si spacca le nocche fra i mobili di una stanza, beve finchè non vomita tutto il liquido che ha ingerito. Sono le scene peggiori della sua vita, alcuni dei quali ha soppresso e che ora si susseguono uguali in tutta la loro violenza, uno dopo l'altro, incessanti. 

Nessuno  dei due ha  la forza di elaborarli veramente.

 

 

Tra le pareti dell'abitazione vuota, il corpo di Dean sta tremando. La mano di Castiel si abbassa e si posa sulla sua guancia insieme all'altra mano. Stavolta la luce che emanano è più ferrea, più calda. 

 

« Non sei questo» gli dice Castiel e la voce rimbomba fra i corridoi ed i ricordi della sua mente.

 

« Non lo sai. Non lo puoi sapere. Tu non mi conosci» grida Dean, gli occhi ancora chiusi.

 

« So che sai di meritare questo posto, Dean. Dopo tutto quello che hai passato, so che lo sai»

 

I ricordi continuano, ancora  più cruenti, più dolorosi di quelli precedenti. 

Sono tutti rumorosi, forti, cattivi. 

 

Dean, mentre i ricordi sullo sfondo si susseguono, ha il volto abbassato e rifiuta di incrociare gli occhi dell'altro. Castiel è spaesato e confuso e non sa come richiamare la sua attenzione. 

" Dean" lo chiama. Ma Dean non si volta 

 

" Dean". 

 

Castiel gli posa una mano sulla spalla.  

 

Sul pavimento freddo della sala vuota, Castiel gli parla « Perché credi di non meritare di essere felice?» 

 

E Dean cede. I ricordi si dissolvono sotto le loro dita. Ora, il Dean dei ricordi sorride, ride.

 

Dean è piccolo ed aiuta una bambina  d'età inferiore alla sua a salire sull'altalena. La bambina lo ringrazia con un sorriso e Dean si mette le mani fra le tasche, alzando le spalle.

 

Dean è più grande e mentre John urla contro Sam- una bottiglia di birra ancora in mano, l'altra già rotta sulla terra ed il liquido che si espande incessantemente nella cucina inondandola dell'odore acre- il fratello più grande  si frappone tra loro due, finchè il padre con un riso di scherno alza gli occhi, rompe l'altra bottiglia ed esce dalla casa sbattendo la porta. Dean raccoglie i resti delle bottiglie  a terra, ma Sam gli rivolge un sorriso e per Dean è abbastanza. 

 

Dean è con Sam in un'abitazione. Sono vestiti in abiti eleganti e Dean sbuffa un "Vinci sempre tu" mentre la sua mano imita una forbice e quella di Sam è chiusa in un pugno. Dean attraversa la stanza e, quando sa che Sam non può vederlo, sorride perché sa che, perdendo, è lui quello che affronterà la parte più pericolosa o più noiosa del caso.

 

Ma Castiel non riesce a fare a meno di notare come in ogni ricordo, in ogni istante, anche in quelli più brutti presentatisi prima e  che Castiel aveva visto esplicarsi di fronte al suo sguardo, l'anima di Dean brillasse. E brilla sia nel più profondo  dolore che in un sorriso appena  accennato  ed anche quando tutto il buio sembra gravargli addosso, la sua anima è luminosa e Castiel ne è convinto: Dean è una bella persona. 

 

 

 

I ricordi si susseguono tanto quanto gli altri, ma nel buio della realtà Dean si rende conto che  il corpo di Castiel è troppo vicino al proprio.

La felicità dei ricordi si guasta. Dean è in una stanza altrettanto  buia, si tiene la testa fra le mani ed ha un'impronta rossa sulla spalla di una  giacca verde. Singhiozza e trema e sembra voler aprire la bocca per parlare, ma ogni sospiro gli muore in gola. Un telefono, al suo lato, squilla incessantemente, ma Dean non risponde.

 

Dean sussulta e Castiel, la mano ancora ferma sulla spalla dell'altro,  lo guarda.

 

« Avevo appena perso una persona» sussurra allora.

 

« Stavi... piangendo. Perché la tua mente  categorizza questo ricordo  come se fossi una persona cattiva?»

 

Ma Dean tace e il ricordo si rompe in frammenti sotto i loro sguardi.  

 

Quando entrambi riaprono gli occhi, Dean si allontana con uno scatto dal corpo dell'altro  e tenta  di riprendere fiato « Cazzo» dice, e si mette le mani fra i capelli e socchiude gli occhi, ancora. 

 

Castiel lo guarda in silenzio e respira con lui ed al gesto di Dean non può fare a meno di notare quanto questo sia simile a come nel ricordo di prima si  stringeva i capelli in quella stanza buia, seduto a terra con le lacrime che gli rigavano  le guance.

   
 
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