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Autore: crazyfred    16/04/2021    0 recensioni
[FRANCESCO & EMMA] Non è proprio una storia continua ma una raccolta di one shot, dove alcuni capitoli potrebbero essere raccordati, altri meno, che raccontano la vita della nostra banda di matti andando avanti e indietro nel tempo, gironzolando attorno agli eventi della fanfiction "Noi Casomai". Una raccolta di piccoli quadri di vita più che di eventi in sé.
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Commissario Nappi, Emma, Francesco
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Canto di Natale
Capitolo 2 - Oh Tannenbaum



 
 
 
 
 
 
O Tannenbaum, O Tannenbaum
Wie grün sind deine Blätter!
Du grünst nicht nur zur Sommerzeit
Nein auch im Winter wenn es schneit!
O Tannenbaum, O Tannenbaum
Wie grün sind deine Blätter!
 
 
 
 
Dopo un'abbondante colazione e aver aiutato Emma con i bambini, Francesco iniziò a sistemare gli sci sul tetto dell'auto e Leonardo caricò il borsone con gli scarponi e un paio di maglie di ricambio e gli asciugamani che Emma aveva messo di nascosto dai suoi uomini che facevano sempre gli eroi e poi si beccavano i malanni. I Neri, pur non disdegnando il brivido della velocità e delle curve in discesa, erano fondisti. La calma e la bellezza dei paesaggi che può offrire una tranquilla pattinata tra i boschi o ai bordi di un lago, erano per loro impareggiabile. Avevano iniziato quando Sole era ancora una neonata e avevano scoperto che in Scandinavia i bimbi riuscivano a seguire mamma e papà sulle piste grazie a pratici slittini trasformati in culla. Dopo lo scetticismo iniziale di Francesco, non erano più riusciti a farne a meno.
"Luna, andiamo!" gridò il ragazzino e la lupa si fiondò al suo fianco, prima rotolandosi tra la neve alla ricerca di coccole, contenta di andare all'avventura con il suo padroncino, poi seduta composta e attenta, mentre Francesco apriva il bagagliaio per farle prendere posto nell'apposito trasportino. Tra tutti i membri della famiglia, Leonardo e Sole erano quelli che più di tutti avevano un rapporto speciale con l'animale: Leonardo l'aveva trovata e Sole era praticamente cresciuta insieme a lei. I loro nomi, Sole e Luna, ammiccavano quasi alla simbiosi tra le due.
Emma seguì i suoi ragazzi nello spiazzo davanti casa, gli stivali e il giaccone messi sul pigiama, Sole in lacrime silenziose in braccio a lei, altrettanto imbacuccata, il visino nascosto tra i suoi boccoli e quelli della madre.
"Piccolina che c'è?" domandò Francesco, carezzandole la guancia umida di lacrime con l'indice della mano guantata "volevi venire anche tu? La prossima volta andiamo tutti, promesso. L'inverno è appena iniziato." Ma la bimba scosse la testa "Voglio Luna!!!" "Principessa, anche Luna ha bisogno di un giorno di libertà, non può stare sempre a casa e mamma ha organizzato una gita speciale anche per voi oggi"
"Noooo papà!" esclamò Emma, fingendo di protestare facendo l'occhiolino "doveva essere una sorpresa!!!" "Ops!" La piccola rise alle facce buffe del padre, bastava poco per farle tornare il buonumore.
"Che sorpresa?" chiese poi, la boccuccia aperta quasi a formare una o per lo stupore, voltandosi verso la madre. "Se è una sorpresa non si può dire, sennò che sorpresa è?" spiegò Emma "su, dai un bacio a papino e corri dentro che fa freddo!"
Dalle braccia della madre, la piccola si buttò addosso al padre, che la strinse forte. Odorava delle mandorle che profumavano il bagnoschiuma e della camomilla che beveva tutte le sere prima di andare a dormire. Ancora non poteva credere che fossero passati 5 anni da quando gli avevano messo quello scriccioletto tra le braccia la prima volta, quando si perdeva quasi tra le sue braccia. Se non ci fossero stati Sofia e Matteo, avrebbe detto che erano trascorsi solo cinque minuti da quella lunga notte tra padre e figlia, forse la notte più felice e piena della sua vita.
La piccola, grandi occhioni verdi come i suoi, gli prese il volto tra le mani. Francesco non era mai riuscito a capire se avesse visto Emma farlo e avesse iniziato di riflesso o se, semplicemente, era un comportamento ereditario; francamente, gli interessava poco: riusciva a scaldargli il cuore con poco. "Mi raccomando …" disse, solennemente, quasi fosse un'adulta "ti voglio bene"
"Ti voglio bene anch'io, principessa" premendo forte le sue labbra sulla sua guancia morbida e profumata. La spedì dentro casa prima che potesse vedere la commozione nei suoi occhi, che sarebbe stata difficile da spiegare. Tirò su col naso, grattandosi la punta con il dorso del guanto fingendo nonchalance.
"Ciao papaaaà!!!" una voce acuta attirò l'attenzione. Sofia si era arrampicata sul cassettone appoggiato giusto sotto al davanzale e aveva aperto la finestra del salotto. "Sofi scendi subito da lì!" "Chiudi la finestra che ti ammali!" gridarono all'unisono i suoi genitori, mentre chiudeva la finestra ridacchiando, gli occhietti vispi che con lei sorridevano della marachella, sotto la frangetta bruna.
"Qualche giorno ci farà morire di crepacuore quella lì!!! Ma da chi ha preso?" domandò Emma perplessa e sconcertata. "Vediamo … chi è che si è buttata in un lago ad aprile senza saper nuotare o si è arrampicata su per le montagne con mezzi di fortuna e neanche la radio …" le ricordò il marito, strizzando l'occhio. "Ah quindi adesso è colpa mia?!" ribatté la donna, ridendo "non mi pare di capire che tu fossi tanto un angioletto da ragazzo". Francesco si morse la lingua "Touché!" esclamò, mani in alto.
"Sei sicuro che non volete portarvi neanche un panino?" "Amore, abbiamo fatto una colazione che sembrava un pranzo e poi per l'una andiamo al rifugio, così ci riscaldiamo anche un po'" la tranquillizzò, sistemandole una ciocca di capelli dietro le orecchie. "Non ti stancare troppo" si raccomandò l'uomo, lasciandole un lieve bacio sulle labbra prima di salire in auto. "E voi non fatemi stare in pensiero, non vi cacciate nei guai" disse Emma, affacciandosi nel finestrino dentro l'abitacolo "Leo, dico a te, hai capito?" "Mm mm" rispose distrattamente il ragazzo, seduto di fianco al padre, mentre smanettava tra telefono e computer di bordo. L'ultima volta che erano stati sugli sci, la stagione precedente, Leonardo si era avventurato da solo su una pista rossa, staccandosi da Francesco che lo stava inseguendo per raggiungerlo: lo aveva ritrovato fuori pista con una caviglia slogata, per via una curva che non era riuscito a gestire.
"Fate i bravi" "Ti amo" sussurrò Francesco, portandosi di nuovo sulle labbra di sua moglie.
 
Dopo la pennichella del pomeriggio, avvolti i bambini i giacche, sciarpe e cappelli, quasi all'imbrunire Emma si mise in auto direzione sorpresa.
Mentre guidava sbirciava la ciurma nel sedile posteriore, tutta in sicurezza nei rispettivi seggiolini. Matteo a pochi metri da casa si era già appisolato - il movimento dell'auto aveva un effetto talmente benefico su di lui che Francesco aveva dovuto fare la spola San Candido-casa durante tutto il periodo delle colichette in piena notte per farlo dormire un po', Sole guardava attenta e curiosa la strada, forse tentando di capire dove stessero andando e Sofia invece giocherellava con due cavallini giocattolo della sua collezione. Le sue storie della buona notte erano le avventure del suo papi a cavallo e non passava giorno che non chiedesse quando avrebbe potuto iniziare a salire su un cavallo vero: per lei, i pony che lo zio Giulio aveva nel suo maneggio non contavano.
La strada, con la neve tutt'intorno, aveva cambiato le sue sembianze: Emma, nel suo primo inverno in Val Pusteria, aveva avuto serie difficoltà a muoversi nelle strade fuori dal centro abitato; ora, invece, aveva imparato a riconoscere anche il più stupido dettaglio per aiutare il suo orientamento, magari in una casa dalla porta rossa sul ciglio della strada oppure un adesivo su un cartello stradale messo da un ciclista di passaggio. Guardò sul cruscotto e l'orologio segnava le 5, la strada era ormai praticamente buia e di sicuro i ragazzi sarebbero tornati a casa a breve. Neanche il tempo di pensarlo e il suo cellulare segnalò con un  leggero scampanellio l'arrivo di un messaggio; accostando leggermente, lesse il messaggio: Siamo a casa. Doccia e vi raggiungiamo. Il tutto correlato dall'immancabile cuore finale, che lasciava sempre un sorriso sul volto della donna.
Quasi in dirittura d'arrivo, sul ciglio della strada, anche nel bel mezzo del bosco, le auto erano parcheggiate su entrambi i lati della carreggiata. Un vigile intimava alle automobili in fila davanti alla sua di fare dietro front per mancanza di parcheggio ma, non appena abbassò il finestrino, Emma fu lasciata passare con un saluto d'ordinanza. Non era mai stata tipa da favoritismi, ma con tre bambini e passeggino, in quel caso aveva fatto davvero comodo.
"Mamma ma siamo al lago!!!" esclamò la maggiore, appena arrivati al grande parcheggio. "Sì amore, ti piace la sorpresa?" "Sììì!!!"
Il lago era il loro posto speciale, tutti i bambini dei Neri lo sapevano, era la loro seconda casa, anche se non capivano bene il perché, ma le occasioni di passarvi del tempo libero e non solo qualche minuto di passaggio mentre papà era a lavoro diventavano sempre più rare, soprattutto d'inverno.
Emma si fece notare da un forestale che era di servizio, il quale la guidò verso il parcheggio della caserma senza che nessuno la fermasse.
"Scusate, cosa ci fate voi qui?" tuonò una voce dal tono minaccioso, con un forte accento locale "Questo parcheggio è riservato!" Emma, che nel vociare della folla non era riuscita a distinguere se appartenesse a qualcuno di sua conoscenza, sbuffò sonoramente, alzando gli occhi al cielo, mentre faceva scendere le bambine dall'auto. "Lo so bene, ma ho avuto il permesso dalla forestale" spiegò, senza voltarsi, entrando nell'abitacolo per sganciare Matteo dal seggiolino.
"Signora forse non ha capito, lei qui non può stare!" La donna si girò, nera in volto, pronta a rispondere per le rime. Valeria, la sua migliore amica, le scoppio a ridere in faccia non appena Emma ebbe messo a fuoco la forestale alla luce giallastra del lampione del parcheggio. "Vale stavo per mandarti a quel paese, sappilo! Non si fa così ad una madre che bada a tre figli da sola … dovresti saperlo"
Valeria, in borghese, era infatti in compagnia di Mela e Dominik, di un anno più grande di Sofia. Il nome era stato frutto di una lunga e dolorosa scelta, che aveva lasciato sul campo cadaveri del calibro di Giuseppe, Ciro e Gennaro perché Valeria non avrebbe mai permesso che suo figlio subisse la stessa sfortuna di Mela, salvata in extremis da un soprannome che fa tanto figlia di star di Hollywood. Alla fine la scelta era caduta su Dominik, compromesso che accontentava anche mammà a Napoli, visto che Domenico era il nome del padre di Vincenzo. Vincenzo però, continuava ad usare la versione italiana perché, nonostante i documenti, diceva che Dominik Nappi non gli suonava. Valeria, per ripicca, lo chiamava Domme, come tanti campioni di sci della regione. Vincenzo lo detestava e rispondeva con Mimì o anche Dummì. Neanche il matrimonio era riuscito a renderli meno cane e gatto, ma andava alla grande, nonostante tutto.
"Zia Valeria!" corse ad abbracciarla Sole "Guarda i miei stivali rossi!!!"
"Amore sono bellissimi!" esclamò Valeria, chinandosi verso di lei "Veramente chic! Sono nuovi?" Sole fece sì con la testa. "Siamo arrivati fino a Brunico per trovarne un paio come quelli della sua migliore amica dell'asilo" sottolineò Emma, caustica. La bimba, tutta orgogliosa per i complimenti ricevuti, si incamminò nella piccola discesa verso la caserma mano nella mano con la sua migliore amica, Mela, guardando le sue scarpine nuove ad ogni passo che faceva. Non era viziata - impossibile esserlo con altri tre fratelli - né si poteva dire che era appariscente, ma aveva sviluppato un proprio gusto nel vestirsi molto precocemente, a dispetto degli altri bimbi che alla sua età ancora si facevano guidare dai genitori.
Le due bambine ripetevano le battute del loro film d'animazione preferito, che vedevano ogni volta che Sole andava a dormire dai Nappi. Sofia, più indietro, imitava le più grandi, per attirare la loro attenzione.
A bordo del lago, dopo che per anni la tradizione era stata abolita, erano state installate delle minuscole casette per la vendita di decorazioni per gli alberi, ghirlande, dolci e vin brulé. Solo nel week end, le sponde del lago si animavano di visitatori all'imbrunire. Era una veste in cui Emma non aveva mai visto quel luogo, che era stato sempre e solo suo e di Francesco oltre il tramonto. Vederlo brulicare di vita era strano. Non le dispiaceva, ma lo rendeva diverso da quello che rappresentava per lei.
Sullo specchio d'acqua ghiacciato e coperto da un manto bianco battuto, una slitta con i dei cavalli prestati dalla forestale portava in giro lungo le sponde del lago turisti infreddoliti ma divertiti. Per riscaldarsi, punch caldo, vino speziato e sidro di mele erano la giusta soluzione che rinfrancava il corpo e lo spirito.
I canti di Natale, le luci delle decorazioni, le musiche dei corni alpini e i profumi delle feste, salivano sui costoni delle rocce, su fino in cima, dove la luna faceva brillare d'argento i crinali ricolmi di neve. I pini e gli abeti, appesantiti dalle abbondanti nevicate dei giorni precedenti, davano all'ambiente una colorazione a metà tra il bianco e nero, dove le luci della festa non arrivavano, e il rossastro.
"Il capo dov'è?" domandò Valeria, mentre passeggiavano tra le casette. "Giornata padre/figlio, sono andati a sciare. Tra un po' ci raggiungono" "E intanto a te ne ha lasciati tre … e non iniziare a difenderlo come al tuo solito" aggiunse Valeria, conoscendo bene l'amica. Emma alzò le mani, in segno di resa. Colpita e affondata.
Come Francesco aveva previsto, Emma non aveva dovuto temere la defezione da parte due suoi amici alla festa di compleanno del piccolino di casa e la rabbia nei confronti dell'amica era dissipato come una brutta nuvola. Ovviamente la tristezza del Natale separati rimaneva, ma se ne sarebbe fatta una ragione.
"Tuo marito invece?" "È di servizio … da qualche parte …" disse guardandosi intorno. Ma in mezzo a quella folla, era impossibile scorgere qualcuno a più di un paio di metri di distanza.
"Ma chi me lo doveva dire che avrei passato questo Natale a fare da paciere tra mia suocera e mia cognata?" si lamentò Valeria, tirando di fuori di nuovo l'argomento. "Ma non hanno ancora risolto?" domandò Emma, sorpresa. "Quella pazza di Manuela questa volta ha superato ogni limite. Mia suocera è su tutte le furie e tocca a noi andare a sistemare la situazione." "Pazza…dai Vale non esagerare!!!" "Emma … ha annullato il matrimonio con quel santo di Giorgio con cui stava da anni per mettersi con quel tizio che non voglio nemmeno nominare. Ti sembra normale?" "Non fare la provinciale, non è da te" "Non faccio la provinciale, potrebbe essere suo padre e ha distrutto una famiglia: vorrei vedere se fosse stato tuo marito!"
Emma ci pensò un attimo, perché c'era stato un momento in cui si era sentita la rovinafamiglie di turno, quando pensava di non avere il diritto di pretendere che Francesco ricambiasse i suoi sentimenti. Ma questi pensieri svanirono in fretta: il matrimonio di Francesco con Livia era finito da tempo, quasi si poteva dire non era mai veramente iniziato.
"Penso semplicemente che si è in due a fare le cose. Se lei si è messa in mezzo, lui le ha dato il permesso. La colpa è anche di lui. A maggior ragione se dici che è tanto più grande di lei." "Te lo garantisco, sembra sua figlia. Dovresti vedere le foto della vacanza alle Maldive che sono andati a fare il mese scorso: uno spettacolo veramente indecoroso. Gli sta attaccata come una cozza allo scoglio! Uno schifo." "Vincenzo che dice?" chiese Emma. Lei non era abituata a giudicare, ma Valeria era sempre stata un po' pettegola e la lasciava fare. "Lo sai com'è fatto. E nonostante voglia bene a sua sorella e di solito sia sempre permissivo, questa volta non transige. Ha detto che se si presenta a casa la sera della vigilia con quello - testuali parole - ce 'ntussicamm 'o Natale" proclamò, gesticolando per tentare in qualche modo di imitare il dialetto napoletano dell'uomo "è pronto a cacciare di casa la sorella."
"Insomma non andate a fare da paciere. Siete in guerra anche voi." "In poche parole sì."
Un cellulare squillò. Era Vincenzo.
"Vincenzo?! Vincenzo! Parla più forte perché c'è casino e non sento" Valeria tentava di capire il marito mentre Dominik e Sofia tiravano per salire sulla carrozza che si era fermata a pochi metri da loro e le bimbe più grandi invece avevano puntato ai bretzel caldi appena sfornati nell'angolo dove era stato allestito un forno a legna  "… sì … sì sono con Emma e i bambini … siamo più o meno al ponticello … dove? … alla chiesetta?  … Ok arriviamo"
Emma, mentre guardava i bambini non poteva fare a meno di buttare l'occhio oltre il piccolo ponte, dove il passeggio dei turisti, illuminato di tanto in tanto da lanterne, portava verso la sua vecchia casa. Nel cuore, non aveva mai smesso di esserlo. Era ancora loro, di fatto, ma la usavano solo d'estate di tanto in tanto, soprattutto Francesco ci andava per sbrigare qualche lavoretto di bricolage e manutenzione. Avrebbe voluto di più per la loro tana, meritava di più, ma con la casa, il lavoro e i bambini era già tanto che lei e Francesco riuscissero a ritagliarsi qualche ora per essere marito e moglie. Non avrebbe sostituito la sua vita presente con nessun'altra, ma ogni volta che vedeva quella casa sul lago le partiva la nostalgia per quei giorni, non facili, ma più semplici. Vedeva i turisti che si mettevano in posa davanti al casotto dell'ingresso per un selfie oppure i fotografi amatoriali che posizionavano le loro macchinette sul treppiedi e passavano ore a produrre lo scatto perfetto. Ognuno di loro pensava di cogliere la bellezza del luogo, ma nessuno avrebbe mai avuto il privilegio di conoscere la vera anima del lago o di avere un rapporto quasi viscerale con quel suo abitante tanto particolare.
"Bimbi è arrivato Babbo Natale, andiamo!" Valeria distolse Emma dai suoi pensieri ma, prima di incamminarsi verso la chiesetta, il cui esterno, eccezionalmente, per l'occasione, era diventato la casa di Babbo Natale, si girò a dare un ultimo sguardo, orgogliosa, a casa sua.
 
"Ma questo non è Babbo Natale!!!" puntualizzò Sofia, risoluta, indicando l'uomo vestito da vescovo con la barba lunga e bianca che stava davanti alla chiesetta a distribuire i doni insieme agli angeli, suoi aiutanti, e ai krampus, i diavoli che con i loro campanacci e le loro facce spaventose, erano pronti a spaventare ai bambini che hanno fatto i cattivi durante l'anno. Alcuni bambini più grandicelli e spavaldi tiravano le cose e i costumi dei krampus per provocarli e farsi scherzosamente aggredire, facendosi sporcare, come da tradizione, la faccia e i vestiti con la cenere. Dominik, stretto alle gambe della madre, si avvicinava a testa bassa, gli occhi fissi a terra, per paura di incrociare lo sguardo di quelle figure da brivido.
"Amore quello è San Nicolò" spiegò Emma, inginocchiandosi e cingendo con un abbraccio la vita della sua bambina, che poggiò il braccino sulla spalla della mamma, continuando a scrutare scettica la figura che aveva di fronte. Le spiegò che Babbo Natale si faceva chiamare in modi diversi e aveva costumi diversi nei vari posti che visitava e quello era il nome con cui era conosciuto in Alto Adige. La bimba, persuasa dalla spiegazione convincente di sua madre, prese coraggio e insieme alla sorella e a Mela si avvicinò al vescovo buono, che le salutò con affetto e le incoraggiò ad essere sempre brave ed ubbidienti. Anche Dominik, tra le braccia di Valeria, ricevette il saluto di San Nicolò, convincendosi alla fine che non c'era nulla di malvagio; Matteo invece, troppo piccino ancora per capire, fu spaventato da quei mostri con la folta pelliccia nera, le corna e i campanacci.
"Ma ditemi voi se è normale che una festa così bella come il Natale, deve essere rovinata da dei mostri che fanno impressione ai bambini?" domandò Vincenzo, che li aveva raggiunti, vedendo Teo scoppiare in lacrime. "Ma scusa nel resto d'Italia non esiste la Befana?" face notare Valeria. "Beh e mò che tieni da ridire sulla Befana?" ribatté il marito. "La Befana è una strega!" "Ma quale strega??? La Befana è una nonnina buona e poverina, non fa male a una mosca … mica come sti diavolacci dei krampus" "Commissario, insomma, vivi in Alto Adige da quasi 20 anni e non ti sei ancora abituato alle tradizioni?" domandò Emma, divertita, cullando il suo bambino per calmarlo. "Non è questione di abitudine su…è questione che i bambini qui li traumatizzano. Poi vedi come si spiegano soggetti come Huber …" "Vincenzo!!!" lo sgridò la moglie. Huber, che finiva sempre per beccarsi la nomea dell'eccentrico del gruppo, aveva solo la colpa di vivere il suo quotidiano come se l'Alto Adige fosse veramente come in una manifestazione folkloristica per turisti, ma aveva il pregio di essere sempre di buonumore, sempre positivo e sempre propositivo, a differenza di quel brontolone di Vincenzo.
Nella folla, Emma scorse Francesco che si avvicinava assieme a Leonardo, sbracciandosi, dalla zona delle stalle, per farsi notare. Indicò subito il padre alle bambine, che corsero ad attaccarsi praticamente alle sue caviglie, dopo aver trascorso una giornata senza vederlo.
"Ce ne avete messo di tempo!" disse Emma, salutando suo marito con un bacio. "Eh si. Abbiamo dovuto sistemare un paio di cose" farfugliò Francesco, lanciando un'occhiata di intesa a Leonardo che semplicemente annuì. Emma lasciò correre, pur notando che qualche complotto era in corso; aveva imparato negli anni che, con Francesco, in certe occasioni era meglio non sapere, per non arrabbiarsi o, meglio ancora, non rovinarsi le sorprese. Lasciò immediatamente Matteo, al quale era passata ogni angustia, tra le mani sicure ed affettuose del padre per abbracciare Leonardo che, per una volta, sembrava in vena di coccole.
"Ecco i nostri sciatori!!" salutò Vincenzo, abbracciando il suo compare. Poi, gli si avvicinò all'orecchio, discretamente "Una giornata da solo senza donne …" commentò Vincenzo, ammirato "dimmi come fare che la prossima settimana ce sta Napoli-Juventus…. me la vorrei godere in grazi'e Dije!" "Hai proprio sbagliato persona" gli rispose a tono l'amico "non ho proprio bisogno di fuggire da casa mia. Era solo una promessa fatta a Leonardo"
Vincenzo lasciò perdere: lui e il suo compare andavano così d'accordo proprio perché complementari, due pianeti opposti che in qualche inspiegabile modo, si attraevano.
"Com'è andata la giornata?" domandò Emma al ragazzino, che ancora si stringeva alla madre appoggiandosi a lei insonnolito. Ormai Leonardo aveva superato il metro e cinquanta ed Emma faticava ad abituarsi all'idea che a breve non sarebbe stato più il suo bambino. Quei pochi sprazzi di infanzia che ancora si concedeva, con i compagni di squadra dell'hockey che lo facevano sentire già più grande di quello che era, Emma se li gustava tutti, sempre consapevole che potevano essere gli ultimi. "È stata bellissima" disse, sbadigliando "ora sono stanco però" "Dai che tra un po' torniamo a casa, che ne dici se preparo i tortellini panna e prosciutto che ti piacciono tanto, eh? E ho preso anche la Sacher in pasticceria." "Mmm!!! Grazie mamma!" Emma gli posò un bacio tra i capelli. "Alla faccia …" commentò Vincenzo "ci andiamo leggeri uagliù!" "Ehi! Mio figlio deve crescere grande e grosso, mica posso dargli la pastina con il formaggino...vero Leo?!" Il ragazzino annuì deciso e felice che la madre gli riservasse quelle attenzioni particolari.
Le nuvole della settimana passata si erano diradate: Leonardo non aveva mai sofferto particolarmente di gelosia nei confronti dei fratellini più piccoli, né i suoi genitori adottivi gli avevano mai fatto sentire la differenza tra lui e gli altri, tuttavia la mancanza di qualcuno, in famiglia, più vicino a lui d'età, si faceva sentire, così come la presenza di tanti bimbi piccoli in casa finiva, a suo parere, per togliergli quel tempo tutto speciale che aveva passato tutto solo con Emma e Francesco. Ecco perché quella giornata con il padre e la premura della madre lo riportarono in dietro a quei giorni magici. Ma Sole e Sofi erano le sue protette e non vedeva l'ora che Teo crescesse un po' di più per insegnargli lui stesso ad andare in bici o a fare tante altre cose, insieme.
"A proposito di mangiare" disse Valeria "si è fatta ora di tornare a casa…noi stiamo qui dalle quattro. Se stiamo qui un altro po' i bambini inizieranno a pretendere tutte le schifezze che vendono negli stand. Vieni anche tu, Vincenzo?" "No, amò, vi accompagno alla macchina, ma devo passare prima in commissariato a sistemare alcune cose." "Il crimine non dorme mai, eh commissario?" domandò Francesco, prendendo in giro l'amico. "Eeeeh sfotti, sfotti tu…ha parlato l'Indiana Jones della Val Pusteria"
 
Le due famiglie di amici si separarono, Francesco ed Emma rimasero con i bambini ancora un po' al lago. Non si concedevano spesso delle serate in mezzo alla folla, specialmente in occasioni di fiere o mercatini: era difficile, infatti, muoversi tra la folla con il passeggino o frenare le voglie dei bambini. Ma era un'occasione speciale in un posto speciale e non potevano mancare.
Arrivati alla fine degli stand, dove il rio Braies nasceva dal lago per andare verso valle, Emma fece per girare il passeggino. Francesco, invece, con Sofia seduta sulle sue spalle, la invitò a proseguire, attraversando il piccolo ponte. "Ma non c'è niente di là" disse la donna. "Questo lo dici tu, vieni" bastarono quelle parole, un piccolo cenno e la risarella di Leo per convincere Emma. Da lì, si incamminarono verso la palafitta ed Emma sentiva il suo cuore battere forte. Anche se quella fosse stata la loro destinazione finale, non riusciva veramente a spiegarsi perché si sentisse improvvisamente così agitata, come se fosse la prima volta che la vedesse.
Arrivati davanti alle scalette dell'ingresso, Francesco fece scendere Sofia dalla "groppa" e si avvicinò al portoncino di legno, per rimuovere il lucchetto, intimando alla folla di stare indietro. "È proprietà privata, non c'è niente da vedere…forza bambini entrate!" "Ma che stai facendo?" chiese Emma, mentre il marito chiudeva il portoncino del piccolo casotto alle loro spalle. "Ti fidi di me?" le domandò, la voce resa più cupa e risonante dall'acustica di quel piccolo porticato. "In teoria…" rispose lei, titubante. Francesco si lasciò andare ad un leggero ghigno soddisfatto. L'emozione di Emma era forte. Solcare quelle travi dopo mesi, in pieno inverno, era qualcosa che non capitava più tanto spesso. L'odore del legno bagnato, la neve fino alle ginocchia da dover spalare per aprire la porta, il freddo delle acque ghiacciate che saliva fin dentro le ossa, la riportava indietro a giorni felici, di attesa e di speranza verso quel futuro che era ora il loro presente.
Francesco tirò fuori una torcia da una cassetta degli attrezzi che aveva lasciato in quella piccola anticamera e la accese per illuminare il pontile che univa la casa sul lago alla terraferma. La neve, che fino a qualche giorno prima copriva il corridoio fino al corrimano, era stato spalata per creare un corridoio in cui passare. Restava un leggero strato, frutto dell'ultima nevicata della notte precedente.
"Mamma che dobbiamo fare?" domandò Sofia mentre, ferma davanti alla porta d'ingresso della casa, aspettava che il padre aprisse anche il lucchetto della seconda porta. "Non lo so amore, papà stasera è in vena di sorprese" "Un'altra sorpresa? Ma non è ancora Natale!" sentenziò Sole. Emma rise e ringraziò che attorno a loro era tutto buio, perché la maturità del modo di parlare di sua figlia la disarmava e la divertiva in una maniera che le sembrava scortese nei confronti della piccola.
"Prego signora Neri, a lei l'onore …" la invitò ad entrare, cortese, il marito. Nonostante l'unica luce accesa fosse la torcia che Francesco aveva passato a Leonardo, i loro occhi, incrociandosi, affermavano la comune gioia di entrare in quel luogo a loro tanto caro. Quegli sguardi pieni commozione e fierezza li riportarono indietro alla prima volta che Emma aveva dormito in palafitta, su un giaciglio di fortuna: nonostante la scomodità, avere Francesco a vegliarle la fece dormire tranquilla come non le accadeva da tanto tempo.
Mentre entrava, tutto ancora al buio, si accorse di Francesco che le scivolava affianco, per far partire il generatore elettrico. In men che non si dica, i suoi occhi vennero abbagliati dallo scintillio di luci rosse e gialle attorno ad un grande abete posizionato dove in passato c'era il tavolo che ora era nel loro giardino. Come tante fiammelle, facevano risplendere anche i rami verdi dell'albero. Al suo fianco due renne luminose, una che sembrava brucare a terra e l'altra alta e fiera. Man mano che gli occhi si abitavano a quella luce e che lei stessa si riprendesse da quel colpo, Emma riusciva a mettere meglio a fuoco tutti i dettagli, accorgendosi delle lampadine che formavano il contorno della facciata della casetta e la ghirlanda che correva lungo tutto il parapetto della terrazza, trapuntata delle stesse luci che adornavano l'albero.
La piccola Sole iniziò a canticchiare le parole di una canzone che aveva imparato all'asilo per la recita di Natale  "O Tannenbaum, O Tannenbaum! Wie grün sind deine Blätter!" e Sofia, che l'aveva imparata assieme lei, le andava dietro.
"È una stupidaggine …" si giustificò Francesco, imbarazzato. "No, non lo è affatto. Anche se l'albero fosse stato spelacchiato e le luci fulminate mi sarei commossa allo stesso modo" ammise, candidamente, accarezzandogli il volto. Lui e quel suo bruttissimo difetto di minimizzare ogni cosa.
"Tu fai tanto per noi e noi non facciamo mai abbastanza per te" spiegò Francesco "così Leo ha pensato …" "Leo?" domandò, voltandosi ammirata verso il ragazzino. "Sì Leo." Affermò Francesco, con una punta di orgoglio nella sua voce "È una sua idea, sai: una winter wonderland - o come cavolo si dice - in palafitta." "Il nostro primo Natale insieme" disse il ragazzino, telegrafico, ma dietro quelle parole c'era un universo di emozioni e ricordi che Emma coglieva e condivideva a pieno. Un albero in terrazza con pochi addobbi in legno perché in casa non c'era spazio, il tavolino troppo piccolo per tre posti a sedere dove mangiarono stretti stretti e la calza con dolci appesa alla stufa accesa e un sacco con la scritta Polo Nord, pieno di regali, accanto a quello del carbone.  Allora non lo sapeva nessuno di loro, ma in realtà era stato con ogni probabilità il loro primo Natale in quattro.
"Oh il mio bambino!" "No, mamma, ti prego no!" Leonardo tentò di ritrarsi dal suo abbraccio e dai suoi baci, ma la realtà era che neanche lui ci teneva particolarmente, le voleva troppo bene.
In lontananza le luci e i suoni dei mercatini si confondevano con il vociare della gente che, incuriosita dalle luci che venivano dalla palafitta, si stava accalcando sul viale. Emma rise, sedendo accanto a Francesco sulla panca appoggiata alla parete, pensando al lavoro extra che avevano dato al commissario e ai suoi uomini per disperdere la calca.
Mentre i bimbi giocavano con quel po' di neve che era rimasta, loro se ne stavano con una tazza di caffè fumante, i bretzel dolci che aveva comprato e una copertina ad ammirare il paesaggio come erano abituati a fare prima che quella brigata rumorosa, disordinata e a volte anche maleodorante riempisse loro le giornate.
"Insomma hai pensato a tutto … il thermos con il caffè, il plaid … quasi mi viene il sospetto che la gita padre figlio fosse tutta una montatura" "No, lo giuro, stamattina siamo andati davvero a sciare" confermò l'uomo aprendo le braccia, mentre la moglie, poggiata la tazza vuota a terra, si stringeva a lui per scaldarsi meglio. Emma poggiò il suo viso contro la guancia di Francesco, ma il naso ghiacciato lo fece sussultare per un istante; entrambi ridacchiarono, stringendosi ancora più stretti.
"Abbiamo fatto tutto in settimana, quando ti abbiamo detto che gli allenamenti di hockey si erano dilungati più del previsto" "Dovrei tirarvi le orecchie per le bugie, ma questa è stata una bella bugia …" ammise, ancora commossa.
"Ti manca stare qui?" domandò Francesco. "Sì ovviamente, ma non potrei mai rinunciare a quello che abbiamo ora. E non parlo della casa" "Ovvio che no" "Ogni tanto ci penso …" confessò Emma "alle mattine sotto il piumone stretti stretti per il freddo … non doversi preoccupare di biberon, pannolini, cucinare per ognuno qualcosa di diverso…" "…e le lavatrici, le pulizie… il cane … il giardino" continuò Francesco, guardando i bambini. Leonardo era sceso fino al lago tramite le scalette del molo, dove la neve era accumulata sul ghiaccio per giorno, raccogliere tanta neve quanta ne bastava per fare un pupazzo. Le sue sorelle gridavano di gioia. Anche Matteo, camminatore precoce, stava in piedi mano nella mano delle sorelle, al caldo della sua tutina da neve blu e del passamontagna, ad osservare quello che faceva Leonardo. Magari avrebbe voluto imitarlo, ma Sole, da buona sorella maggiore, gli raccomandava di non muoversi, che lui era ancora troppo piccolo. E Matteo obbediva, giudizioso.
"Ma non rinuncerei mai a quegli occhioni pieni di lacrime da consolare, o ai sorrisi piedi gioia" decretò il forestale. "O quei mamma e papà detti come se fossimo l'unica cosa conta" aggiunse Emma. "Voglio ben sperare che alla loro età siamo l'unica cosa che conta!"
Entrambi risero. I giorni che avevano trascorso in quella casetta sul lago erano scivolati con l'impazienza e la rapidità con cui vola il tempo quando si aspetta qualcosa. Quel qualcosa era una vita insieme fatta di piccole cose, semplici, anche banali. Una vita che smettesse di essere vissuta alla giornata, nell'auspicio di poter aggiungere un altro giorno a quello appena trascorso.
Quel sogno era diventato presente, aveva preso le sembianze di un ragazzino alto e atletico, complicato ma dal cuore tenero, di una bambina dai lunghi capelli biondo cenere e dagli occhi verdi come le acque del lago, dolce e affettuosa, di un'altra con gli occhietti caldi e vispi e il caschetto alla francese, temeraria ed esplosiva ed di un piccolo batuffolo dalle guanciotte rosse e gli occhi verdi, con un carattere ancora tutto da scoprire.
Nessuno di loro, la prima volta che avevano messo piede in quella vecchia casetta sulle acque del lago, avrebbe mai potuto immaginare una prospettiva simile. Con le loro vite distrutte, con il futuro spezzato, un'immagine del genere sarebbe stata, ai loro occhi, più una presa in giro che una speranza di rinascita.
Trovarsi ora lì, invece, pieni del loro presente e con il futuro davanti ai loro occhi, non c'era più nulla che facesse loro paura.


 

Angolo dell'autrice

Salve a tutti! Eccoci con un nuovo appuntamento con gli extra di "Noi Casomai". Questo nuovo capitolo, è il seguito ideale del capitolo precedente. Abbiamo ritrovato Valeria, Vincenzo, Mela e ... anche Dominik, Domenico, Domme, Dummì...insomma, c'è un po' di discussione ancora in famiglia su come chiamare questo bimbo, ma gli vogliono tutti molto bene XD.
Piccola precisazione: io non ho niente contro Manuela Nappi, sia ben chiaro, per me con Giorgio stava benissimo. Ma da quando l'anno tirata fuori dal cilindro per affiancarla a Francesco nella serie tv, non è che mi vada proprio giù questa cosa. E ho voluto vendicarmi un po', con l'unica arma a disposizione: la scrittura. Spero possiate perdonarmi ahahah!!!
A presto!

crazyfred
   
 
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