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Autore: crazyfred    10/04/2021    1 recensioni
[FRANCESCO & EMMA] Non è proprio una storia continua ma una raccolta di one shot, dove alcuni capitoli potrebbero essere raccordati, altri meno, che raccontano la vita della nostra banda di matti andando avanti e indietro nel tempo, gironzolando attorno agli eventi della fanfiction "Noi Casomai". Una raccolta di piccoli quadri di vita più che di eventi in sé.
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Commissario Nappi, Emma, Francesco
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti!!! Qui di seguito troverete un piccolo e personalissimo esperimento. Il seguito di "Noi Casomai" ma in una chiave diversa: una serie di one shot, concatenate o meno, dei piccoli quadri riguardanti la nostra amata tribù. Andremo avanti o, perché no, indietro nel tempo, rispetto alla fanfiction "madre", colmando dei vuoti e soddisfacendo dei desideri personali. Senza scadenze precise, per lasciarmi e lasciarci una porta aperta su questo universo.
Non vi tedio oltre e vi lascio alla lettura.
Fatemi sapere cosa ne pensate. A presto!
 

 

Canto di Natale
Capitolo 1 - Stille Nacht

 
 
 
 
 


 
Stille Nacht! Heilige Nacht!
Alles schläft, einsam wacht
Nur das traute hochheilige Paar.
Holder Knabe im lockigen Haar,
Schlaf in himmlischer Ruh!
Schlaf in himmlischer Ruh!
 
 
 
 
 
Il SUV avanzava sicuro sulla neve compatta sul manto stradale. Francesco percorreva quella strada dalle due alle cinque volte al giorno e ormai la conosceva come le sue tasche: era una fortuna perché con la neve che era caduta nel fine settimana, si era trasformata nel tracciato di una pista di fondo e tutti i punti di riferimento erano sommersi da quella fitta coltre bianca. Ancora fioccava e altre spolverate erano previste nelle serate a venire. L'inverno, dopo un inizio stentato, era arrivato anche a San Candido. Per la gioia di grandi e piccini, era arrivato nel pieno della stagione turistica, a dare quel giusto tocco di magia alle casette di legno dei mercatini e al paesaggio montano tutto intorno.
Appena il bosco si apriva nella piccola radura dove era situato il maso, la casa già da lontano gli dava il suo benvenuto con le luci provenienti dall'interno e l'illuminazione calda natalizia che contornava la sagoma della baita. Già solo così, sentiva meno freddo. Parcheggiata l'auto, non fece a tempo a girare la chiave nella serratura che fu accolto all'ingresso dall'abbaiare gioioso e selvaggio di Luna, che gli saltava attorno festosa. Il forestale a malapena riuscì a sfilarsi di dosso il giaccone e a mettere gli scarponi ad asciugare. La lupacchiotta aveva ormai raggiunto le 5 primavere, ma era rimasta la cucciola giocherellona e un po' testarda che era quando era arrivata in famiglia: cresciuta assieme agli altri piccoli di casa, il suo istinto predatore veniva fuori solo quando la portavano a spasso per i boschi, tra gli odori della terra e le tracce di altri animali.
Nel salotto le luci dell'albero e del piccolo presepe erano accese, fonte di luce nella stanza vuota, e due delle quattro fiammelle della corona dell'avvento alzavano altrettante piccole colonne di fumo. Era dal fondo del corridoio, però, che arrivavano i suoni e gli odori di tutta la vita che riempiva la sua casa. Man mano che si avvicinava s'imbatteva in un aroma diverso: il dolce della cannella, l'intensità della noce moscata, la freschezza un po' piccante dello zenzero e il forte calore dei chiodi di garofano. Era come se il Natale si stesse spandendo nell'aria.
"Buonasera famiglia!!!"  proclamò l'uomo, entrando in cucina. "Papà!" urlarono le sue bambine, in coro, scendendo goffamente dalle sedie dove erano salite per arrivare al piano di lavoro, i grembiuli da cucina adattati, ma sempre troppo grandi, e gli corsero incontro, gettandoglisi al collo. "Bambine siete tutte sporche di farina, non sporcate papà!!!" "Ecco le mie principesse pasticcere!!!" esclamò, prendendole in braccio, una per lato. Aveva festeggiato 50 anni a primavera, ma quando aveva i suoi figli attorno se ne sentiva addosso la metà.
Il piccolino di casa, Matteo, era seduto nel seggiolone, biscottini mangiucchiati in entrambe le manine, le gambine scalpitanti che penzolavano, reclamava l'attenzione del padre con dei piccoli gorgheggi e delle sillabe che non erano ancora classificabili come paroline vere e proprie. Era da un po' che ci provava e sia lui che Emma erano sicuri che la prima parolina sarebbe arrivata a breve.
Fatte scendere le piccole Sole e Sofia, che tornarono al bancone della cucina a maneggiare con la frolla speziata e le formine dei biscotti, Francesco prese in braccio il beniamino di casa, spupazzandosi quelle guanciotte tonde e rosse. La risata del piccolo, solleticato dalla barba del padre, gli ridava tutta l'energia che aveva consumato a lavoro.
"Luna stai lì" protestò Emma, accorgendosi che la lupa si era addentrata furtivamente in cucina, fingendo di annusare le caviglie del suo padrone. "Luna dov'è Leo?" le chiese l'uomo. Al nome del padroncino, gli occhi della cagnolona si illuminarono "Vai a chiamarl0 … dai! Dai!" Come se potesse capirlo, Luna si precipitò fuori dalla cucina e via su per le scale. L'avrebbe distratta per un po'.
"Buonasera signora Neri!" con il piccolo ancora tra le braccia, stampandole un lungo bacio. Era passato quasi un decennio dalla prima volta che si erano visti, quasi un decennio da quando si era innamorato di lei, ma non c'era un giorno in cui non gli togliesse il fiato, non un giorno in cui non sentisse d'amarla come quando si era dichiarato la prima volta.
"Ah buonasera signor Neri!" rispose, con un sorriso sarcastico, mentre infornava una teglia di biscotti "mi chiedevo quanto ancora avrei dovuto aspettare per essere salutata … ormai sembra che bisogna prendere il numero come al supermercato …"
Francesco sorrise, compiaciuto, di farle ancora questo effetto. Mise Matteo di nuovo nel seggiolone, distraendolo con un sonaglino e tornò da sua moglie, che non lo aveva mai perso di vista con la coda dell'occhio. Dopo tutti quegli anni, la stupiva che riuscisse ancora ad approfittare di ogni singolo attimo; che ancora, ogni secondo insieme, per Francesco era come miracolo che accadeva davanti ai suoi occhi, pieni di meraviglia: per Emma, suo marito era come un libro aperto, non c'era poro della sua pelle che non le parlasse della gratitudine dell'uomo per la loro vita insieme.
"Tu sei la prima cosa che vedono i miei occhi quando mi sveglio … e l'ultima quando vado a dormire. E mi sono impegnato che sia così per tutta la mia vita. Penso che questa possa bastare come rassicurazione, no?" domandò, ironico e suadente. "Finché Teo continuerà a fare incursione nel lettone credo che la prima cosa vedrai al mattino per un po' sarà il suo sederino spiaccicato sulla tua faccia" esclamò la donna, scoppiando a ridere e Francesco insieme a lei. Francesco passò le grandi mani attorno alla vita di Emma, accarezzandola lievemente, stringendola a sé. "Signor Neri, ci sono dei bambini…" sussurrò Emma. "Mmmm, che fa?!" rispose, chinandosi verso di lei leggermente "Al massimo impareranno come sono nati."
Questa volta il bacio non fu casto, ma lento, appassionato, di quelli che facevano tornare Emma ad essere la giovane ingenuotta, sognatrice e un po' folle che era arrivata tra quelle montagne e, invaghita persa per quell'uomo bello e tenebroso, si era fatta avanti a baciarlo senza sapere se fosse ricambiata o meno.
"Guarda, si baciano.." era la voce di Sole, che bisbigliava a sua sorella. "Eeeeuh che schifo!" esclamò Sofia, meno attenta a non farsi sentire. I due fecero finta di nulla, affogando la risata l'uno sulle labbra dell'altra. Fu solo la sveglia del forno a tirarli fuori dalla loro bolla.
"Ma  Leo?" domandò l'uomo "com'è che neanche Luna è riuscita  a portarlo giù?"
"Chiedilo a lui …" rispose Emma, ricompostasi, tirando fuori la teglia del forno e infornando l'ultima "ha passato tutto il pomeriggio fuori sulla neve e ora ha l'ordine tassativo di non alzarsi dalla scrivania finché non termina i compiti per domani" "Sei troppo severa … la mattina va a scuola, alle cinque è già buio. È normale che voglia sfogarsi un po' sulla neve" "E tu sei troppo permissivo, non ho un minimo di autorità con te che arrivi e disfi ogni regola" sbuffò, ma un sorriso furbesco dell'uomo era quanto serviva per renderla incapace di rimanere ferma sulle sue posizioni.
"Bimbe aiutate la mamma a riordinare e poi di sopra a fare il bagnetto" per la maggior parte della giornata era ancora Emma ad occuparsi della casa e dei bambini. Il suo lavoro di ricerca le permetteva, soprattutto d'inverno, di lavorare da remoto e Francesco aveva preso l'abitudine, fin dall'arrivo di Leo, di darle il cambio con i bambini e con la casa appena rientrato dal lavoro. Si poteva dire, a fine giornata, che era stato un lavoro di squadra e i bambini non sentivano mai la mancanza di nessuno dei due.
Salito al piano superiore, trovò Luna stesa sul parquet della stanza di Leonardo, afflitta per non essere riuscita a svolgere il compito che le era stato affidato. "Giovanotto!" esclamò, fermo sull'uscio. Ma Leonardo non rispose, la testa bassa sui libri. Francesco allora si fece avanti, portandosi alle sue spalle e massaggiandogliele brevemente, prima di lasciargli un bacio sulla guancia. Ma il bambino si scansò, urtato da quella smanceria. Bambino, pensò Francesco, aveva da poco compiuto 10 anni, ma dopo la prima comunione era diventato improvvisamente più alto, un uomo in miniatura. Ogni giorno assomigliava sempre di più a Livia e a Marco e Francesco non poteva smettere di pensare, quando guardava il figlio, che mancava davvero poco a quel momento, il momento in cui Leonardo sarebbe diventato più grande di quanto fosse Marco al momento della sua morte. Questo però non lo rendeva triste. Malinconico forse, ma davanti a sé aveva un'avventura che non aveva mai vissuto: avere un figlio adolescente. Sarebbe stata una bella sfida; non la temeva, aveva al suo fianco la migliore alleata possibile.
"Che fai?" "Tedesco" "Ahia … mi dispiace ma non ti posso aiutare molto, meglio se chiedi a mamma. È molto più brava di me" "Io non ci parlo con quella lì" "Ehi!" lo richiamò il padre, la voce ferma "Si dice così?"
Leonardo non rispose e Francesco rimase in silenzio accanto a lui, sedendo sul letto. Sbirciò il diario che furtivamente aveva preso dalla scrivania e notò il lungo elenco di compiti che gli erano stati assegnati. Se quello era l'ordine in cui li aveva svolti, era solo a metà lista. Ed erano le sei di sera.
"Mamma lo dice per il tuo bene, perché non vuole che fai i compiti a tarda sera, quando sei stanco e rischi di farli in fretta e male" spiegò, calmo ma risoluto "perché se dobbiamo aiutarti, anche noi siamo stanchi e ci sono i tuoi fratelli che fanno i capricci"
"Non è giusto però" protestò Leonardo, finalmente degnando il padre di uno sguardo, seppur lagnoso "io qui a studiare e Sole e Sofi a giocare nella neve!"
"Ti fidi delle mie promesse?" il bambino annuì. Le promesse di Francesco erano il modo in cui l'uomo era riuscito a vincere il cuore del suo bambino quando era ancora un orfanello spaventato e diffidente nei confronti di tutto e tutti. "Ti prometto che questa neve non si scioglie né domani, né tra una settimana. E se fai i compiti quando te lo dice mamma, domenica ce ne andiamo io e te a sciare da soli" "Soli soli?" "Parola di forestale!" pronunciò l'uomo solennemente, mettendo una mano sul cuore e l'altra alzata a mo' di giuramento.
"E comunque" proseguì l'uomo appena Leo accennò ad un sorriso "quel modo di parlare nei confronti di mamma non è tollerato in questa casa. Né la gelosia nei confronti di Sole e Sofia che vanno ancora all'asilo." "Ma…" "È chiaro?" "Sì papà" rispose il ragazzino, triste per strigliata ricevuta. "Noi non ti neghiamo niente, ma ci fa stare più tranquilli sapere che oltre ai diritti rispetti anche i tuoi doveri. E questo è quello che fa un fratello grande. Da l'esempio … vuoi che Sole, Sofia e Matteo diventino capricciosi?"
"No, fanno già troppo rumore così"
"Papaaaà!!!" una vocina lagnosa preannunciò l'arrivo di Sole "Appunto ..." commentò Francesco, gli occhi al cielo, mentre la maggiore delle figlie entrava nella stanza del fratello. "Sofia vuole fare il bagno per prima, ma io ho fatto i dolci con mamma, sono più sporca" spiegò, mostrando al padre la maglietta sporca di farina. "Non è verooo!!!" ecco che spuntava anche la seconda, 3 anni e un caratterino che non si faceva per nulla intimidire "anche io ho cucinato!"
"Innanzitutto non vedo ancora i pigiamini e la biancheria puliti. E le principesse senza pigiamini puliti non possono fare il bagno" esordì Francesco, inginocchiandosi davanti alle bambine "e poi la vasca è grande abbastanza per tutte e due." "Come in piscina?" chiese la più grande. "Ma con le bolle!" esclamò Francesco, sgranando gli occhi per impressionare e convincere la piccola.
Alla parola bolle, entrambe le bambine corsero urlanti verso la cameretta, per preparare tutto l'occorrente. "Fammi andare … prima che aprano i rubinetti e allaghino casa. Se hai bisogno …" "…chiamo mamma" concluse la frase il ragazzino.
Francesco scompigliò la chioma di Leo, perennemente folta e disordinata. Era diventato ufficialmente Leonardo Neri da un paio d'anni, ed era stata festa grande, come se fosse nato una seconda volta, eppure nessuno ci credeva quando veniva fuori che era stato adottato. Non si poteva dire che somigliasse fisicamente ai fratelli, né ai genitori, ma sia nei manierismi, sia nel carattere volubile spesso ricordava Francesco. E il suo buon cuore … quello, per Francesco, era tutto uguale ad Emma.
 
Dopo cena, Emma stava allungata in poltrona. Un libro aperto sottosopra sul tavolino davanti al divano che non aveva voglia di leggere, la tv accesa ma tenuta a volume bassissimo, un ronzio più che altro, che non stava trasmettendo nulla di interessante, si mise a canticchiare una canzoncina di Natale al piccolo Teo, che se ne stava sonnacchioso tra le sue braccia dopo aver scolato l'ultimo biberon della giornata, in procinto di cadere nel sonno più profondo.
Non si poteva dire che fosse il preferito di Emma, avrebbe fatto l'inverosimile per ciascuno di loro, ma Teo era il suo Francesco in miniatura ed era innegabile che ci fosse un'alchimia particolare tra loro due, la stessa che Francesco aveva con Sole, la mini-Emma della famiglia.
"Sia benedetta l'ora del bagnetto" esclamò Francesco, entrando nel salone, con aria soddisfatta "sono crollate". Emma, mentre il marito sedeva al suo fianco, portando le gambe di lei sulle sue, gli porse il telecomando, ma l'uomo spense la tv prontamente. Prese a massaggiare i piedi di Emma, delicatamente.
"Mmmm…se continui ancora un po', dovrai portarci entrambi su in braccio" rilassandosi completamente, sciogliendo quello che rimaneva di uno chignon tutto scompigliato che sopravvissuto ad una giornata in compagnia dei suoi figli in età prescolare. La sua folta chioma lunga e setosa celebrava la ritrovata libertà.
"Non c'è problema" rispose lui, gentile e tranquillo. Dopo il ritorno a casa, quello era in assoluto il momento della giornata che preferiva, quando l'unico rumore era il ronfare di Luna nella sua cesta nel corridoio del piano di sopra, a guardia delle camere da letto.
"Leo?" "Dorme anche lui … era stanco. Oggi, oltre a quelle di scuola, ha imparato una grossa lezione qui a casa." "Sono stata troppo severa, non è da me. Ma Teo faceva i capricci e le bambine mi assillavano con i biscotti … non avevo la forza per stare a sentire anche lui che faceva storie. A volte sono proprio capaci di farti sentire schiacciato …" "Non è colpa tua. Tu hai fatto semplicemente la mamma, a volte ci vuole tenerezza, altre rigore. Non sentirti in colpa. E per favore, promettimi che la prossima volta che ti senti così mi chiami, non voglio che lo affronti da sola" Emma cercò di minimizzare la cosa con un verso, ma Francesco non era dello stesso avviso "Non sto scherzando Emma, li abbiamo voluti insieme, insieme condividiamo tutto. Mmh?"
Emma annuì, toccata dalle attenzioni che mai Francesco le faceva mancare. Era solo la consapevolezza di potersi aprire con lui, ma ance il poter contare sulla sua presenza e sul suo supporto concreto. Non erano solo parole.
"Come è andata a lavoro, oggi?" gli domandò. Calati il silenzio e la calma in casa, i due coniugi potevano prendersi un momento per raccontarsi, cosa che non potevano fare con i bambini intorno che reclamavano le loro attenzioni e facevano baccano e disordine. "Questa neve è stata un disastro" spiegò lui, oggettivamente provato "abbiamo passato la giornata a portare generatori e generi di prima necessità alle case che sono rimaste senza corrente e nelle frazioni più isolate."
Mentre per loro la tormenta del ponte dell'Immacolata era stata una manna, la scusa ideale per tenere i bimbi sotto le coperte e recuperare un po' di sonno e di coccole arretrate, alcune famiglie non erano state altrettanto fortunate.
"Posso immaginare… la preside della scuola di Leo mi ha chiamato oggi per rimandare alla prossima settimana gli incontri con le classi per il progetto. Molti bambini non sono andati a scuola stamattina e non ce la faranno nemmeno nei prossimi giorni. Mai mi sarei aspettata una cosa del genere qui dove sono super organizzati."
Francesco annuì, pensieroso. Loro erano stati fortunati, ma quelli erano momenti in cui ponderava se una casa come la loro, lontana dal centro e che ha bisogno che si attraversi un bosco per essere raggiunta, fosse la soluzione migliore e più sicura. Ma poi si ricordava di dove aveva fatto vivere Emma - e soprattutto come - all'inizio della loro relazione: era stato un miracolo che non fosse scappata a gambe levate dopo un paio di giorni di convivenza. Ma era il loro posto del cuore e non aveva rimpianti.
"Comunque …" disse, ridestandosi "oggi ho parlato con Valeria" "Ah!" esclamò Emma, sarcastica "adesso parli pure con Valeria" "Beh, sì, può capitare quando si lavora insieme … del resto anche tu parli con il caro Andreas" Andreas era l'etologo che aveva sostituito Emma nel progetto di scuola nel bosco dopo la nascita di Sole ed, insieme, avevano iniziato a collaborare per ingrandire negli anni l'iniziativa, fino ad integrarla in un progetto di ricerca per il Parco Nazionale, allargando la loro squadra e il loro raggio d'azione oltre i confini del comune di San Candido. Francesco ne era, neanche troppo velatamente, geloso, e non mancava occasione per marcare il territorio.
Emma, che non tollerava quella ingiustificata gelosia, scattò, assestandogli un bel calcio sulla gamba, facendo attenzione a non svegliare Matteo che dormiva ormai beatamente sul suo petto.
"Devi fare sempre lo stronzo …" sbraitò a bassa voce. Con quegli occhi da cucciolo bastonato, a cui Emma non sapeva resistere, le domandò perdono, correndo con le mani dalle caviglie fin quasi alle cosce e posandovi un bacio. La donna mantenne un atteggiamento sostenuto, anche se dentro andava in autocombustione. "Sentiamo" sentenziò "cosa ti ha detto Valeria?" "Mi ha chiesto due settimane di ferie … quest'anno andranno a Napoli per Natale" "Cosa?" "Pare che Eva condurrà il capodanno in piazza lì e così per far passare le feste a Mela con la madre scendono loro" "E quando hanno intenzione di partire?"
Francesco non ne aveva idea, la sua vice aveva solo fatto richiesta per le ferie a partire dal 20.
"Cosa? Ma io la strozzo!!!" Emma scattò in piedi con così poca delicatezza, che fu un miracolo che il piccoletto tra le sue braccia non fece una piega. Per sicurezza però, Francesco corse ad afferrare il bambino mentre, furiosa, cercava il suo cellulare in giro per casa. "Il 21 è il primo compleanno di Matteo e Vincenzo è il padrino, non può mancare"
Non era solo per il compleanno del bambino: in 7 anni che erano diventati una grande famiglia allargata, non era mai successo, fino a quel momento, che avessero passato le feste separati. Poteva capitare di stare separati un giorno, per dedicare del tempo alle famiglie in visita, ma i Neri e i Nappi a San Candido erano considerati praticamente inseparabili. Lo sapevano anche il macellaio e il panettiere, il fruttivendolo e il salumiere che, per Natale, era come se le loro case avessero ingressi comunicanti e tavolate lunghe e chiassose erano apparecchiate dal 24 dicembre al 6 gennaio.
Trovato il telefono sul ripiano del mobile all'ingresso, Francesco glielo sfilò con un movimento fluido dalle mani "Mancano 2 settimane a Natale … evitiamo di litigare senza motivo." "Senza motivo?" "Adesso io metto a letto Matteo, tu ti togli questi vestiti di dosso e domani pensi a Valeria. Comunque penso sia impossibile che si sia dimenticata della festa di Teo … è un mese che non fate altro che parlarne" "Mi sono persa un passaggio …" lo interruppe Emma, fintamente perplessa, alzando l'indice come se dovesse fare una domanda "… tra il togliermi i vestiti e domani …"
"Non pensavo di dover essere ancora così esplicito dopo tutti questi anni, Giorgi" ammiccò l'uomo, mentre le sbottonava il primo bottone della camicia. Era una sua camicia a quadrettoni, regalo di compleanno di Huber, che aveva indossato un paio di volte giusto per farlo contento e che lei aveva preso in prestito a tempo indeterminato. Le piaceva perché era calda e comoda e perché, nonostante i tanti lavaggi, diceva di sentirci comunque il suo profumo addosso.
"Sai com'è … magari le mie impressioni erano sbagliate … magari eri stanco e volevi solo andare a dormire" spiegò, mentre saliva le scale, indugiando ad ogni passo; Francesco la guardava ancora come il primo giorno, con quel misto di orgoglio ed incredulità di averla al suo fianco.
 
In quella notte silenziosa, la neve aveva ripreso a scendere lenta ma sicura, rimbiancando le strade sgombre, le auto ferme nei parcheggi, i tetti alleggeriti, gli ingressi e i passaggi liberi. Il giorno dopo si sarebbe ricominciato a spalare da capo, come si faceva da sempre, come era sancito nel tacito patto tra uomo e natura in quelle zone, senza fiatare, a capo chino e braccia leste. Ma in quella notte, fredda e solitaria, c'è ancora tempo per dormire in pace, al caldo delle carezze e degli abbracci, nell'intimità dei baci.
   
 
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