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Autore: arashinosora5927    17/04/2021    2 recensioni
Io prima di te, o più nel dettaglio il passato di Gokudera dalla nascita con particolare focus sul giorno in cui abbandona il castello, passando per il canon di Bakudan Bambino, esplorando i cinque anni che ha trascorso a vivere per strada prima che incontrasse Tsuna.
[accenni5927] [59 centric]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Bianchi, Hayato Gokudera, Tsunayoshi Sawada
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Il compleanno trascorso con Shamal sembrò uno dei più fighi del secolo dall'instante in cui lo venne a prendere con una Cadillac rossa del '70 fino a quando non rientrarono al castello verso le undici di sera.

Shamal aveva deciso di andare in spiaggia perché quel giorno si teneva un concorso molto simile a "miss maglietta bagnata" e non voleva perderselo.

La spiaggia di Mondello già normalmente piena non era mai stata così gremita di gente. Shamal prenotò un ombrellone in prima fila con relativi lettini per godersi lo spettacolo. Si premurò che Hayato rimanesse all'ombra per tutta la durata dello show invitandolo continuamente a spostare il lettino seguendo la direzione del sole.

Giovani ventenni si alternarono mostrando i loro fisici abbronzati e formosi, nudi se non per i due pezzi di stoffa che costituivano i bikini.

Shamal aveva l'acquolina in bocca, ma non era l'unico, uomini di tutte le età non facevano che urlare e fischiare, facendo apprezzamenti volgari.

Hayato non era sicuro di essere interessato alla sfilata, più che altro lo affascinava il modo in cui le ragazze riuscivano a camminare sulla sabbia senza perdere il portamento. Inoltre l'aria era così tersa e il castello talmente lontano che si sentiva leggero.

Shamal iniziò a urlare il nome di una brunetta con un davanzale da paura quando il presentatore annunciò che era giunto il momento di votare, Hayato ricercò tra le concorrenti se ce ne fosse qualcuna che assomigliasse anche solo vagamente a Lavinia, ma la sua amica era unica al mondo e lui lo sapeva.

Quel giorno scoprì che le donne hanno un debole per i padri single, cosa che Shamal assolutamente non era, ma che Hayato era stato più che felice di far passare per tale. Per un attimo si era domandato se non avesse accettato di passare la giornata con lui solo con quel secondo fine, ma si era dovuto ricredere quando Shamal gli aveva sorriso e senza il suo solito atteggiamento spavaldo aveva detto "ti voglio bene, sai?" per poi scompigliare i suoi capelli con una mano.

Forse era stato questo il momento più elevato della giornata, più ancora di quando al ristorante avevano condiviso un piatto di pasta e vongole, più ancora di tutte le scuse che aveva avuto per reclamare contatto fisico, più delle storie assurde che avevano entrambi inventato circa la morte prematura della mamma di Hayato.

Per un attimo si fermò a pensare che era proprio così che aveva sempre desiderato che fosse il suo rapporto con Alfonso, risate, affetto, ma soprattutto complicità e dialogo.

Shamal gli aveva raccontato tutto circa le sue tecniche, specialmente la trident mosquito, Hayato non le aveva mai viste in azione, ma era sicuro che fosse uno spettacolo.

Non si badò a spese quel giorno: non avendogli fatto un regalo Shamal comprò qualsiasi cosa Hayato manifestasse il desiderio di avere, da un tranquillissimo gelato alla vaniglia fino a una riproduzione fedele del sistema solare in miniatura.

Al fianco di Shamal sentiva davvero di essere qualcuno, qualcuno che persone pagherebbero per essere, una specie di celebrità, qualcosa che lo faceva finalmente sentire come se in fondo un valore ce lo avesse.

Shamal lo lasciò davanti alla sua stanza nel castello e non attese che entrasse prima di andarsene. Hayato realizzò che il sogno era finito e che l'indomani si sarebbe risvegliato tra quelle fredde mura e sarebbe anche stato costretto a suonare per un altro di quei maledettissimi gran balli.


Quel piano che gli aveva sempre dato conforto stava iniziando a odiarlo costretto a esibirsi per non si capiva bene quale altra ragione se non gonfiare l'ego di suo padre che reclamava i meriti del suo talento.

Lo guardò, nero lucido, più grande di come lo ricordava e al contempo più piccolo. Nessuno lo stava guardando, né Alfonso, né Clara, né qualunque altro adulto presente. La maggior parte degli invitati erano seduti a tavola e stavano consumando la cena, altri erano in piedi a sorseggiare dai calici del buon vino.
Come al solito lui e Bianca erano gli unici bambini in tutta la sala.

Lo sguardo si spense, una tristezza vuota si impadronì di lui: che cosa lo fermava dall'andarsene da quella stanza e raggiungere Shamal nella sua?

"Il mio prezioso Hayato", ecco cosa lo fermava. Quell'adulazione, tutti i complimenti che riceveva dopo ogni esibizione da parte di suo padre, l'affetto che era finalmente riuscito a comprare e di cui suo malgrado non poteva fare a meno.

Avrebbe voluto un amore costante e non che dovesse guadagnarsi con la sua condotta, tuttavia consapevole o meno che fosse, Alfonso aveva trovato il modo di manipolarlo e Hayato non riusciva a prendere delle forbici per tagliare i fili attaccati al suo cuore che vedeva tanto lucidamente.

Fu in quel momento che Bianca gli venne vicino, teneva tra le mani una teglia di biscotti che cercava di mantenere a distanza dal vestitino nero che ricordava quello di Mercoledì Addams.

"Ho fatto questi per te, mangiali" disse con un sorriso gentile.

Il loro rapporto aveva subito molte botte ciò nonostante entrambi erano pienamente intenzionati a recuperare superando i propri limiti, quel gesto di Bianca ne fu la conferma.

"Grazie" disse Hayato con entusiasmo, immediatamente gli tornò il sorriso.

"Li ho fatti con ingredienti sicuri, ho chiesto a Diana prima di mettermi a cucinare. Spero ti piacciano" spiegò Bianca, Hayato si soffermò per un istante a constatare quanto fosse cresciuta, cominciava a somigliare a tutte quelle donne che aveva visto in spiaggia il giorno prima a causa di quel leggero accenno di seno.

Assaggiò incuriosito e masticò piano, l'aspetto non era dei migliori, ma nella sua vita aveva conosciuto un tipo di biscotti chiamati "brutti, ma buoni" che erano a dir poco deliziosi e non era solito giudicare un libro dalla copertina.

La sua espressione distesa, passò per un frangente di secondo nella perplessità e poi si tramutò in disgusto. Era uno di quei casi in cui è esattamente come sembra.

I biscotti erano viola, sembravano avere degli strani vermicelli di gelatina sopra ed emanavano un fumo nero.

Gli occhi di Bianca brillarono, era talmente fiera della sua opera che Hayato non se la sentì di sputare e suo malgrado mandò giù il boccone.

La sua performance stava per iniziare, ma Hayato sentiva un crescente senso di nausea e si domandava cosa sarebbe successo se avesse vomitato davanti a tutti in modo così plateale. Percepiva come se gli avessero dato un pugno nello stomaco, lo avessero aperto a metà e vi avessero poi fatto un nodo attorcigliandolo su se stesso.

Le vertigini accompagnavano il tutto. Forse si sbagliava, forse non era vero che un biscotto dal brutto sapore non aveva mai ucciso nessuno.

La sua vista si stava annebbiando, il respiro accorciando. Si ritrovò ad aprire la bocca sentendo la saliva condensarsi e poi scivolare verso un lato.

Suo padre dovette pensare che stesse inscenando qualcosa dal momento che lo presentò e lo costrinse anche a suonare.

Più che accarezzarli ad Hayato sembrò di aver picchiato i tasti, premendoli a casaccio visto che non riusciva a vederli, né a dosare la forza impressa nelle dita. Voleva solo che finisse alla svelta così da poter andare da Shamal e farsi curare, se non altro aveva una buona scusa per vederlo.

Decise lui quando smettere di suonare e si domandò quanto sarebbe rimasto deluso suo padre, quanti insulti si sarebbe beccato, quante risatine odiose e quanto avrebbe bucato il suo ego mostrandolo nella sua fragilità.

Affatto, un applauso si levò e alcuni critici venuti per l'occasione definirono Hayato un genio, un visionario e gli offrirono di incidere un disco con quella sua composizione.

Alfonso estasiato chiese pubblicamente quale fosse il segreto per una simile esibizione e Bianca dichiarò prendendo il microfono che era merito dei suoi biscotti, fatti con tanto amore per il suo fratellino.

Hayato diede una testata contro il pianoforte quando sentì suo padre dire "Benissimo Bianca, voglio che glieli prepari sempre, prima di ogni esibizione."

Fu ignorato nella confusione generale e lo fu anche quando barcollando si avvicinò a suo padre per chiedergli di fargli tutto ma non questo.

"Oh Hayato, sei un lenzuolo, ti mando da Shamal" disse Alfonso come se la cosa non fosse assolutamente di sua competenza, lo scortò personalmente.

Hayato attese che suo padre se ne andasse per parlare con Shamal e dirgli cosa fosse successo. Il medico iniziò immediatamente a esaminarlo e quando decretò la diagnosi rabbrividì, i suoi occhi fieri lo tradirono e Hayato vi lesse paura.

"È cianuro..." mormorò Shamal, prese un macchinario, da Hayato non meglio identificato, di fretta e furia.

Fece distendere Hayato sul lettino posizionandolo sul decubito laterale sinistro, si avvalse della sonda oro-gastrica piccolissima per effettuare il processo.

Disse a Hayato di aprire la bocca conscio che ogni secondo di ritardo potesse essere fatale e senza dare spiegazione alcuna iniziò a utilizzare quello strano macchinario che diede al piccolo un senso di rigetto.

Osservò tremante l'acqua che veniva iniettata in quel tubo piccolo che doveva essere arrivato in profondità dentro di lui, sentiva il cuore battere così forte ed era sicuro di stare per perdere coscienza.

Shamal gli diede uno schiaffo in faccia, Hayato ci vide meglio improvvisamente.

"Tu non muori, hai capito?!" urlò Shamal, continuò a effettuare la lavanda gastrica finché non riuscì a ripulire tutto l'apparato gastro-intestinale.

Quando lo liberò da quello strano apparecchio Shamal gli porse una bustina e gli disse "mangia!".

Era carbone vegetale attivo, una sostanza assorbente che lo avrebbe protetto da eventuali residui di veleno.

Quando il pericolo poté dirsi scampato Shamal tirò un sospiro di sollievo e si permise di abbracciare il piccolo.

"Non posso credere che abbiano provato ad avvelenarti" mormorò.

Hayato tremando ricambiò l'abbraccio, non aveva nemmeno la forza di piangere. Cercò di convincersi che non fossero stati i biscotti di sua sorella, che ci fosse stato altro, ma la conferma divenne evidente quando Shamal parlò nuovamente.

"Eppure è strano sai? Col cianuro si muore immediatamente, invece dalle analisi che ho fatto è risultato che è passata più di un'ora da quando lo hai ingerito."

Hayato non disse niente.

"Voglio controllare una cosa" sottolineò Shamal, gli tolse la giacca e sbottonò la camicia scoprendo tutta la zona addominale. Prese poi del liquido non meglio identificato e un altro apparecchio assolutamente sconosciuto ad Hayato.

"È proprio come pensavo... allora è vero..." mormorò Shamal.

"Lo vuoi dire anche a me, che dici?" incalzò Hayato con un tono talmente avvelenato che rispecchiava la situazione.

Shamal guardò il monitor con sommo sgomento.

"Il tuo stomaco è intatto, non presenza neanche la minima lesione" spiegò.

"La mia voglia di vomitare non è d'accordo" ribatté Hayato.

Shamal sorrise appena, gli fece una carezza sul viso.

"La tua famiglia, la tua famiglia è conosciuta per avere una straordinaria resistenza ai veleni. Per questa ragione è così temuta in tutto il mondo della mafia. Si dice che il tuo trisavolo mangiasse I biscotti inzuppati nell'acqua tofana per colazione."

Hayato ascoltò attentamente la spiegazione, messa in questi termini aveva senso e non poteva neanche davvero dispiacersi per ciò che Bianca aveva fatto. Non era un tentato omicidio, ma solo una prova, una specie di battesimo probabilmente che bisognava ricevere al sesto anno. Per questo Alfonso non era spaventato.

"Allora non mi odiano..." mormorò Hayato tirando un sospiro di sollievo.

"Però io sono stato di merda... e se non lo avessi ereditato? O se lo avessi ereditato solo in parte?" tremò.

"Sta tranquillo, forse ci sarà bisogno di allenamento, ma nelle tue vene scorre il sangue di Alfonso Bianchi quindi anche la sua resistenza al veleno."

Hayato si convinse, ma questo non rese meno dolorose tutte le altre performance anticipate da una scorpacciata di biscotti avvelenati.

Bianca non gli dava tregua e Hayato finì per odiarla davvero al punto tale che solo guardarla in faccia gli faceva venire i conati vomito, al punto tale che qualche volta svenne solo per averla incontrata in corridoio.

Bianca dal canto suo stava diventando una signorina e aveva letto da qualche parte che gli odori della pubertà di una femmina avevano uno strano effetto sui maschi più piccoli o della sua età e attribuiva a questo le bizzarre reazioni di Hayato dalle quali si sentiva paradossalmente lusingata.

Il mondo della ricerca del partito perfetto assieme alla sua crescente consapevolezza in fatto di veleni la spinse improvvisamente a togliersi i panni della futura mogliettina perfetta.

"Padre, io voglio essere un'assassina, voglio sposare l'assassino professionista migliore al mondo ed essere conosciuta in tutto il mondo come la temibile Alessandra" dichiarò a tavola una sera di punto in bianco.

Hayato sgranò gli occhi, ma non osò alzarli dal piatto per paura di vomitarci il contenuto appena ingerito dentro una volta incrociato lo sguardo della sorella.

"Perché Alessandra?" domandò Alfonso.

"È tutto quello che hai da dire?" urlò Clara.

"Tua figlia, la tua unica bambina, ti dice che vuole diventare un'assassina e tu le chiedi perché ha scelto quel nome. Roba da non crederci."

Clara si pulì la bocca con un tovagliolo e sorrise come Bianca non le aveva mai visto fare prima.

"Così si fa, figlia mia, hai reso la tua mamma orgogliosa. È ora che gliela facciamo vedere a questi uomini chi siamo. Finora siamo rimaste in panchina, ma adesso cambierà tutto. Mia figlia Alessandra sarà la migliore assassina in circolazione e nessuno oserà mai più guardarla solo come una casalinga."

Alfonso non riuscì a opporsi, non ci riusciva mai quando si trattava di Clara e del suo volere. Complice la diagnosi di schizofrenia, era semplicemente impossibile per lui contraddire la moglie.

Bianca sorrise a propria volta, non ebbe cuore di dire a sua madre che aveva scelto quel nome proprio per il significato opposto. Aveva capito che gli uomini della sua famiglia erano molto più deboli di lei e voleva proteggerli.

"Da domani ti farò allenare dai più rinomati al mondo. Chiamerò la famiglia Vongola e chiederò i tutor professionisti migliori che hanno da offrire" disse Alfonso in un certo qual modo fiero della forza d'animo della sua bambina.

"P-Padre..." tentennò Hayato.

"Vo-Vorrei diventare un assassino anche io" disse.

Clara sbatté ambo le mani sul tavolo facendo tremare i bicchieri.

"Smettila di imitare Bianca, cazzo!" urlò.

Alfonso sospirò, cercò di placare la furia di Clara con della parole gentili.

"È ancora piccolo, è normale che voglia imitare i grandi."

Hayato sbottò.

"Mamma, ma ti vuoi decidere? Bianca lo fa meglio e devo prendere esempio da lei, ma quando ci provo mi scusi di imitarla. Che cazzo vuoi da me?!" urlò a propria volta.

Clara tremò, divenne un cencio.

"Porta quell'essere lontano da me" strillò indicando Hayato come se fosse un topo.

"Fallo sparire" rincarò la dose.

Hayato scoppiò in lacrime, si allontanò con passo spedito.

"Tolgo il disturbo" disse.

Alfonso lo rincorse, lo fermò fuori dal corridoio, si abbassò e gli accarezzò le spalle.

"Tua madre non dice sul serio..." disse.

"Come no..." ribatté Hayato asciugandosi le lacrime con i pugni.

"Per me va bene che tu voglia essere un assassino, un bravo boss deve sapere anche quando è il caso di uccidere" spiegò Alfonso benevolo.

"Io non voglio essere il boss di questa famiglia, padre. Voglio diventare un assassino indipendente, voglio essere come Shamal."

Alfonso fu sicuro che le sue mani prudessero e sentì il bisogno di grattarsi nervosamente in viso.

"Zitto Hayato, tu sarai il Decimo Boss di questa famiglia, che ti piaccia o meno. Shamal è un perdente, un pervertito che va dietro alle gonne e l'unica ragione reale per cui ho accettato che venisse qui è perché Lavinia avrebbe voluto così..." Hayato lo interruppe.

"Che c'entra Lavinia con Shamal?" domandò confuso.

Alfonso sospirò, si massaggiò le tempie.

"Anche Shamal le voleva bene, erano amici. Sono cresciuti insieme...sì, bravo adesso va pure da Shamal a farti raccontare di Lavinia..." sbraitò Alfonso.

"Almeno lui mi risponde, almeno lui si comporta come se fosse realmente mio padre a differenza tua, Alfonso."

Hayato si allontanò, il boss della famiglia Bianchi non ebbe cuore di fermarlo, non riuscì neanche a proferire parola.

"Scelgo io che cosa voglio essere. Trovati un altro erede."
   
 
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