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Autore: Obiter    18/04/2021    1 recensioni
Prendete Sherlock BBC e tutti i suoi personaggi, diminuite drasticamente la loro età anagrafica e metteteli tutti nella London High School durante il loro ultimo anno. (No, aspettate, non dileguatevi. Non è una storia di adolescenti, non sul serio. Okay, tecnicamente lo è, ma il narratore sarà il nostro maturo, disilluso e geniale Sherlock. Sarà forse un po' più insicuro, un po' più impacciato, un po' più con gli ormoni in subbuglio... Ma sarà sempre lui).
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Irene Adler, John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU, De-Aging | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Faccio una premessa: la mia vita ha subito un brusco scossone, un cambiamento radicale in circa tre giorni.

Sono accaduti due fatti, un fatto degno di nota e uno che ho deciso di ignorare completamente. 

Il fatto degno di nota riguarda John Watson, quello che ho deciso di ignorare riguarda Adler. Ma procediamo con ordine.

Per passarmi il tempo, stamattina ho fatto finta di essere un assassino. Ho immaginato di uccidere in ventisei modi diversi i miei compagni di classe, inventandomi una serie di ostacoli da raggirare per complicare ulteriormente le cose. Ovviamente dovevo passare inosservato agli occhi di un investigatore mio nemico, che nella mia testa aveva l’aspetto di Mycroft.

È stato divertente, ho fatto anche uno schema con le morti e gli ostacoli.

Peccato solo che in dieci minuti avevo già finito tutto. 

È davvero esasperante stare qui. Mi annoio in maniera indescrivibile, ho già guardato e analizzato tutto ciò che un occhio umano poteva vedere, persone incluse. Resto fermo e fisso lo sguardo sul muro. Ascolto, inspiro col naso e mi concentro. Sento gli sbuffi, i sospiri, le penne che rigano sulla carta, lo sfogliare delle pagine, il tasto di blocco di un cellulare, persone che rovistano, che si muovono, che bisbigliano, punte dei piedi che sbattono sul pavimento, ossa che scricchiolano, tic nervosi, il fruscio di capelli lunghi, il tintinnare delle monetine, di nuovo un cellulare, un temperamatite elettrico e tutto questo a ripetizione, uguale, in posti diversi, in modo diverso, ma alla fine sempre uguale, piatto, non cambia niente. A rotazione, i rumori sono questi per ore e ore tutti i giorni. E poi i profumi… Bhe, profumi, che parola grossa. Diciamo pure gli odori.

Bisogna avere un certo fegato per ispirare dal naso e sentire quali odori ci sono in una stanza piena di adolescenti. Si passa dai fetori micidiali a certi profumini da quattro soldi che si mettono le ragazze. Ecco uno dei motivi per cui cerco sempre di stare in banco da solo o al limite vicino a una ragazza: i maschi adolescenti hanno un rapporto molto controverso con il sapone. Non tutti, eh, io modestamente sono un cesto di rose in confronto a loro, e neanche Mycroft ha mai fatto odore di topo morto in età puberale. Lestrade va a giorni, John… La prima volta che l’ho visto da vicino, era appena tornato dal campo e non era nemmeno in condizioni pietose, la seconda volta aveva un odore di bagnoschiuma al finto pino che non era affatto male. Promette bene, devo dire che promette molto bene in questo senso. Ma le donne hanno una marcia in più. 

Vaniglia, zucchero a velo, fragola, il tanto amato Chloè, l’inflazionato Nr. 5 della ragazza ricca e il sofisticato profumo all’assenzio che ha sempre Adler. Mi piacerebbe entrare nello spogliatoio delle donne solo per mettere alla prova il mio olfatto e carpire tutti i profumi.

Detto, fatto: mi sono mentalmente catapultato di fronte alla porta del loro spogliatoio. L’ho aperta, ma come ho visualizzato le cheerleader nude e sorridenti, l’ho subito richiusa.

Okay, no. Pessima idea.

Ho cercato di concentrarmi su qualcos'altro che non fossero delle donne nude o dei film porno (gli unici film che posso vedere anche due volte senza mai annoiarmi…), ma il panorama era desolante.

Soggetto nr. 1 aveva le cuffiette nelle orecchie, e a giudicare dalla sua espressione bovina stava ascoltando della musica trash anni ottanta. Soggetto nr. 2 (diamogli un nome, lui è Lestrade) stava copiando come di consueto il tema di scienze che c’era per oggi e che nemmeno io avevo fatto (ops). Soggetto nr. 3. stava scrivendo al cellulare. Soggetto nr. 4 stava ripassando per l’ora successiva, inutilmente perché tanto non sarebbe stato lui il prescelto. Secondo un calcolo di probabilità che io stesso ho stilato durante l’ora di filosofia, sarebbero stati interrogati i soggetti nr. 6 e nr. 7, e così è stato. Anche il soggetto nr. 8 stava messaggiando a qualcuno sotto il banco e… Quel qualcuno ero io.

 

Cazzo guardi?” è stato il tenore del messaggio.

 

Ho alzato gli occhi verso di lui e Moriarty mi ha fatto l’occhiolino. Si è alzato in piedi e mi ha fatto segno di uscire e seguirlo. Non è il massimo quando due studenti escono dall’aula contemporaneamente, ma quando i due studenti in questione siamo io e Jim, i professori tendono a fare finta di niente.

Mi ha solo detto di avere in serbo una sorpresa per me, una “roba che mi piacerà da morire”. Ho pensato subito alla droga, a qualche nuova pastiglia particolare che avevano messo in circolazione. Ero stupidamente tranquillo.

Ebbene, il giorno dopo è successa una disgrazia. Mike Stamford ha fatto un terribile incidente mentre era in macchina con John. Ha inspiegabilmente perso il controllo del mezzo ed è andato a sbattere contro la macchina che procedeva nel lato opposto. Ora si trova in ospedale in prognosi riservata, con una commozione cerebrale e una gamba fratturata. John invece è rimasto miracolosamente illeso, giusto qualche graffio e un polso slogato. Sciocchezze rispetto a quello che sarebbe potuto accadergli. La macchina incidentata per la cronaca non era di Mike ma era di John, o meglio, di sua sorella Harriet. Al volante tuttavia c'era Mike.

L’incidente è successo esattamente un’ora dopo che io e lui c’eravamo scambiati i numeri di cellulare. Io gli do il mio cellulare e John rischia la vita, che curiosa coincidenza. E se fosse stato il fato a mettere fuori gioco Stamford per far scendere in campo me come nuovo migliore amico? 

Sì, lo so, è terribile da parte mia speculare sulle disgrazie altrui, ma Stamford non è mica morto e io non sto mica speculando. È poi non è colpa mia se lui ha preso la patente l’altro ieri e non sa ancora guidare una macchina con una frizione diversa. Io per inciso non ho la patente, ma so guidare da quando ho undici anni. La prima volta che misi in moto un’auto fu per accompagnare mio zio Larry in ospedale durante un veglione di capodanno, eravamo in montagna, di notte, Mycorft era dietro che vomitava e mia madre da casa aveva chiamato la polizia perché non ci trovava più. Fu una serata movimentata.

Personalmente, non ho mai creduto nelle coincidenze e non credo nemmeno nella predestinazione, ma credo nella scienza e un evento non è mai frutto del caso. C’è sempre una spiegazione a tutto, se uno muore per un colpo d’arma da fuoco significa che qualcuno gli ha sparato, la spiegazione sta nel dito che preme il grilletto. Se un guidatore perde il controllo dell’auto, o è colpa dell’auto (mancanza di manutenzione, obsolescenza, difetti di produzione e così via) o è colpa sua, perché ha agito con imprudenza, negligenza o imperizia. O infine è colpa di un terzo che ha manomesso gli ingranaggi dell’automobile, nella speranza di uccidere il conducente o il passeggero, se presente.

Ma non poteva essere quello il caso, chi mai avrebbe voluto uccidere John? Giusto? Beh, nel momento stesso in cui mi sono posto questa domanda, ho avuto un’intuizione, un flash cerebrale. Un viso beffardo è comparso nel mio campo visivo in modo nitido, chiarissimo.

È stato in quel momento che mi è sovvenuto questo ragionevole dubbio, mentre guardavo un talk-show con Mycroft e nostro padre. È così facile dare a Mike del principiante, chiunque incolperebbe lui e la sua inesperienza al volante. Il tipico agente di Scotland Yard lo farebbe. Nessuno si prenderebbe nemmeno la briga di approfondire o azzardare un’altra tesi, anche perché non esiste un caso. Non c’è un morto, nessuno ha denunciato, non è stata aperta un’inchiesta, si tratta semplicemente di un neopatentato che è andato a sbattere contro un’altra macchina.

Inutile dire che mi si stava montando nel petto un violento entusiasmo. C’era qualcosa che non mi quadrava. Ragioniamo. La strada, l’ho vista di fronte ai miei occhi, era come se fossi io al volante. La strada era completamente rettilinea, illuminata, c’era ancora il sole. L’asfalto era asciutto, Mike era sobrio, pieno di adrenalina sportiva in circolo. L’auto di John era una berlina di nove anni, vetusta ma non in modo eccessivo. Oltre all’errore umano, ciò che può portare una macchina a sbandare è il caso fortuito, come un malore improvviso del conducente, un animale che sfreccia improvvisamente nella carreggiata, un’unica e impercettibile scossa di terremoto, un corpo estraneo che cade dal cielo. Mentre pensavo, osservavo e sbandavo anche io, replicavo il testacoda per come lo potevo immaginare. Che Stamford avesse avuto un attacco di cuore? Un ictus? Che avesse visto qualcosa che lo ha distratto? Magari spaventato?

“Sherlock, mi puoi passare il telecomando per favore?” riconobbi la voce di mio padre per miracolo. Glielo passai senza nemmeno sbattere le palpebre.

Dovevo parlare con John. Mentre elaboravo questo pensiero sono scattato in piedi. Il mio corpo mi ha preceduto.

“Posso prendere la macchina?” ho domandato frettolosamente.

“Perché?” hanno risposto Mycroft e mio padre in coro. Avevo fretta, non avevo tempo per queste sciocchezze. “Posso dirvelo domani mattina?”

“Sherlock!” protestò mio padre. “Dove diavolo devi andare a quest’ora?” domandò invece Mycroft, ma senza alzarsi in piedi, troppa fatica. E dopotutto era seduto nella poltrona con la copertina sulle gambe e un pacco di biscotti Enerzona, nemmeno un terremoto avrebbe potuto schiodarlo da lì.

“Da Lestrade… Uh, Jerry, un mio amico” ho inventato mentre mi mettevo il cappotto sopra la vestaglia “Dobbiamo fare una… Ricerca insieme” 

“Immagino volessi dire Greg. E poi tu non fai le ricerche con gli altri, figuriamoci” ha puntualizzato Mycroft, pedante come al solito “Dove devi andare veramente?”

“Ve lo dico domani” ho tagliato corto.

“Non hai la patente, ragazzo!” mi ha esasperato mio padre, ma dov’è il laudano non scaduto quando serve? “Metti subito giù quelle chiavi!”

“Devo forse ricordarti chi ha accompagnato zio Larry in ospedale mentre tu eri ubriaco?!” l’ho zittito senza mezzi termini.

“Oh cielo, questa storia dello zio Larry ce la rinfaccerà per tutta la vita” si è lamentato invece Mycroft, a buon diritto. 

“Mike, accompagnalo”

“NO!” abbiamo gridato io e Mycroft in coro, io ho continuato: “Ho il cellulare, non farò tardi, non lo dico alla mamma, e sì, sto andando da una ragazza, quindi ti prego papà, resta lì. Ci vediamo dopo”

“Se lui va da una ragazza, io sono la regina d’Inghilterra”

“Perché, non lo sei?” ho replicato a Mycroft sull’uscio della porta, lui ha avuto la decenza di non controbattere, ha solo alzato una spalla in modo vagamente affermativo.

E detto questo mi sono arrotolato la sciarpa sul collo e sono uscito nel gelo invernale con le chiavi in mano. Ero felice come un bambino, avevo un caso-non-caso tutto mio e non avevo nemmeno Scotland Yard tra i piedi a inquinarmi le prove. Fantastico, stavo volando. Chiamai immediatamente John Watson, era sera inoltrata e lui aveva appena avuto un incidente mortale, magari era ancora in ospedale e certo non avrebbe voluto parlare con me, un tizio che ha conosciuto l’altro giorno e che lo chiamava solo per rompergli i…

“Pronto?”

“Ciao, John. Sono Sherlock” mi sono ripresentato “Holmes. Quello logorroico del corso avanzato di scienze”

“Sì, certo, Sherlock. Avevo salvato il tuo numero”.

Giusto, la gente “salva” i numeri. Io non lo faccio mai perché tanto me li ricordo tutti (più o meno). “Come stai? Ho saputo dell’incidente e volevo sincerarmi che tu stessi bene” ho improvvisato un po' di convenevoli mentre mettevo in moto la macchina. 

“Che gentile, ti ringrazio. Io in realtà sto benissimo, per fortuna non mi sono fatto niente, mi sono giusto slogato un polso, ma il medico che mi ha visitato, ha detto che più che una slogatura, si tratta di…”

“Meno male” ho tagliato corto brutalmente, ma tanto sapevo già che stava bene “Sei ancora in ospedale?”

“Sì, per sicurezza vogliono tenermi una notte, ma domani mattina mi dimettono senz’altro”.

“Fantastico. Sto venendo a prenderti” l’ho informato su due piedi. Lui ha esitato. “In che senso stai venendo a prendermi?”

“John” ho sterzato, avevo il cellulare tra la spalla e l’orecchio “Quello che sto per dirti sarà un po' difficile da accettare, ma tu devi essere forte e ascoltarmi fino in fondo, d’accordo?”

“Che cosa è successo?” mi ha incalzato subito, mi stava davvero prendendo sul serio. Questo era emozionante, gli ho risposto con la stessa moneta “Reputo probabile, altamente probabile, che quel tragico incidente in realtà non sia stato un tragico incidente, ma opera di qualcuno con evidenti intenzioni criminali” l’ho informato, serio “Ma non farti prendere dal panico, forse so già chi è stato. Ci sono solo un paio di punti che devo chiarire e se tu ci fossi, velocizzerei di gran lunga l’analisi”.

“Aspetta” mi ha fermato John “Stai dicendo che qualcuno ha sabotato la macchina di mia sorella per uccidere me e Mike?”

“Uccidere è una parola grossa, però… All’incirca, sì” ho ristretto gli occhi “Ma ti prego di non allarmarti. Ho tutto sotto controllo”

“Okay” si è limitato a dirmi, con un tono incredibilmente fermo e controllato. Tutto qui? “Okay”? Ero sinceramente perplesso, qualcun altro al suo posto avrebbe gridato o dato di matto. O mi avrebbe sbattuto giù il telefono.

“Okay” ho ripetuto anche io “Riesci a uscire di nascosto e a farti trovare nel parcheggio dell’ospedale? Sarò lì tra poco”

“Va bene” ha detto con rigore prussiano, sorprendendomi per la seconda volta.

“Magari procurati anche un coltello o un altro oggetto contundente” ho aggiunto, l'ho messo alla prova.

“Certo, sì”

Bene, in quel momento ho sentito di adorarlo.

“John?”

“Sì?”

“Stavo scherzando, non ci servirà un coltello” mi veniva da ridere.

“Ah…”

“A dopo” e ho riattaccato. Ho premuto forte sull’acceleratore, dopo circa dieci minuti sono giunto a destinazione e ho trovato John ad aspettarmi con un piumino più grande di lui che lo faceva sembrare l’omino Michelin, quello delle gomme. Notare che aveva appena avuto un grave incidente in macchina con un ragazzino e ora stava salendo di nuovo in macchina, di notte, ma con un altro ragazzino. Avverto un po' di sete di pericolo…

Comunque gli ho spiegato cosa stava succedendo, mentre il profumo del suo bagnoschiuma da uomo inondava l'abitacolo. Ho parlato a raffica, lui annuiva vigorosamente. Era d’accordo con me. Accettava l’idea che qualcuno avesse architettato il suo incidente con una tranquillità disarmante. L’avevo vista solo in me stesso finora. E ha confermato tutto quello che sospettavo: non c’era stato nessun animale, nessun corpo estraneo e Mike era rimasto lucido fino all’ultimo secondo. Mi ha anche detto che, prima dello schianto, l’ha visto muovere distintamente il volante a destra e a sinistra, ma senza alcuna risposta da parte delle ruote. Ruote e volante avevano smesso di comunicare all’improvviso, senza un apparente motivo. 

Ergo, qualcuno aveva sabotato l’auto di Harry e io sapevo già chi era stato. Bhe, diciamo che ne ero certo al 99,9%.

Siamo arrivati nel luogo dell’incidente, era tutto buio perché ormai erano le 23, ma John sapeva orientarsi. E poi c’erano le transenne e le strisce nere e gialle dei vigili che non lasciavano adito a dubbi.

Ho parcheggiato sul ciglio della strada e siamo usciti a perlustrare. E la cosa buffa era che eravamo entrambi in pigiama, io avevo perfino le pantofole. John mi ha guardato mentre mi chinavo sull’asfalto con la torcia del cellulare e ripercorrevo il percorso delle frenate. Avevo letteralmente il naso per terra e il culo per aria. Non dovevo essere un bello spettacolo, per quanto il mio didietro ben fatto contribuisse certamente alla buona resa della mia immagine. 

Ma sono stato a quattro zampe sulla strada per dieci minuti, non di più. Avrei dovuto visionare anche la macchina, anche se -lo ammetto- non me ne intendo molto di motori, conosco giusto le informazioni di base, ovvero niente.

In seguito ho riportato John in ospedale, abbiamo ovviamente continuato a parlare sopra le note di “Crazy in Love” di Beyoncé (mio padre e la sua autoradio). Lui era stupefatto del mio operato e ha borbottato un “Fantastico” che per poco non mi ha fatto sbandare e uscire di strada a mia volta. Io e il mio stupido orgoglio! Se fossi nato pavone, mi sarebbero comparse altre due code in quel momento. I toni però si sono incupiti quando gli ho rivelato il nome del mio primo sospettato, John ovviamente è rimasto sbalordito.

“Quel tizio un po' così che ha sempre la gomma da masticare in bocca?”

Un po' così, mi piace questo suo garbo diplomatico. Comunque ho annuito.

“Ma perché ha manomesso la mia auto? Non ci siamo mai parlati, cosa gli ho fatto di male?”

Quella era una bella domanda. I moventi che portano la gente a delinquere tecnicamente esulano dal mio lavoro, io devo solo trovare l’assassino, il resto non mi compete. Dico tecnicamente perché, di solito, comprendere il movente risulta un passaggio necessario se non addirittura indispensabile ai fini della risoluzione del caso e questo era uno di quelli.

“Ti sei seduto vicino a me durante il corso avanzato di scienze"gli ho quindi detto "Lui non ha gradito”.

John ha sbarrato gli occhi “Vorresti dire che ha quasi ucciso Mike e me perché mi sono seduto in banco con te?”

“Probabile” gli ho risposto, ho ovviamente omesso la questione della sorpresa “O meglio, diciamo che quello è stato un pretesto”

“Io domani lo ammazzo” ha sentenziato John, era nero.

“No, lascia fare a me”

“No, io domani lo ammazzo”

“John Hamish Watson” l’ho intimidito, quando lo fa mia madre con i miei tre nomi di solito funziona “Lascia fare a me. Tu non conosci Moriarty, io sì. Fidati, peggioreresti solo le cose”.

Lui continuava a scuotere la testa, aveva la mano sana chiuso a pugno, sbatteva leggermente il piede sinistro e aveva la bocca a lama di coltello. Era furioso. “È il tuo fidanzato? È per questo che non vuoi che lo uccida?”

Ho sgranato gli occhi, quella domanda mi aveva colto di sorpresa. “Scusami?”

“Quel pazzo scatenato si è ingelosito perché mi sono seduto vicino a te, vero?” ha intuito John, lasciandomi sbalordito “Ha pensato che ci volessi provare o qualcosa del genere?”

Sinceramente? Mi ha stupito. Avevo pensato subito a Jim, naturalmente, ma non  avevo preso in considerazione il movente passionale. Anche perché Moriarty non è gay, vivaddio. Però adesso avevo la pulce nell’orecchio.

“No, non… Hai frainteso” farfugliai, mi sentivo confuso e imbarazzato “Perché, hai forse avuto intenzioni equivoche quando ti sei seduto vicino a me?”

“No!” ha risposto subito John, ha sgranato gli occhi anche lui “Nient’affatto, io non sono gay. Non che ci sia qualcosa di male nell’esserlo, ma io non sono gay, davvero, non sono gay”.

L’aveva ripetuto un po' troppe volte e un po' troppo velocemente per i miei gusti, ma volevo credergli.

“Può darsi, sì” 

“Può darsi cosa?”

“Tutto quello che hai detto. Comunque, io sono fidanzato con il mio lavoro e se anche tecnicamente il mio lavoro è Moriarty, mi rifiuto di fare questo accostamento”.

“Quindi non state insieme?”

“No, nel modo più assoluto”

“E allora perché lui ha cercato uccidermi?”

“Perché i cambiamenti lo irritano” gli ho risposto subito, purtroppo eravamo arrivati “È una personalità amorale ossessivo-compulsiva con una forte propensione criminale, e ogni tanto soffre anche di gravi deliri d’onnipotenza. Ma a parte questo è un bravo ragazzo”

“Oh sì, immagino” ha annuito John, sarcastico “Che facciamo, allora? Chiamiamo la polizia?”

“No. Non abbiamo le prove, non ci crederebbe nessuno e poi Jim è un ottimo attore” gli ho detto, serio “Lascia fare a me, ci parlerò io. Se può consolarti, il fatto che tu sia ancora vivo è un ottimo segno. Se davvero voleva ucciderti, lo avrebbe già fatto. E non ti colpirà di nuovo, sarebbe troppo noioso per lui farlo una seconda volta”

“Sul serio?”

“Sì” non ero un criminale, ma stavo imparando a pensare come loro. E poi conoscevo James, John poteva considerarsi al sicuro.

“Cavoli, sei davvero un fenomeno in queste cose” mi ha lusingato, forse sono arrossito “Hai capito tutto questo così, dal nulla?”

“È ciò che faccio di solito” ho minimizzato.

“Wow, complimenti. Sei un genio”

Ero in apnea, non credevo di essere così pateticamente sensibile ai complimenti. Forse perché non ne ho mai ricevuti in vita mia. “Grazie” ho solo risposto, ma non in falsetto.

“Grazie a te per tutto ciò che hai fatto, dopotutto non erano affari tuoi”

La battuta mi ha fatto sorridere “Tutti gli omicidi e i tentati omicidi sono affari miei”

Lui mi ha sorriso, era davvero meravigliato. Si è voltato verso lo sportello, ma ha esitato prima di aprirlo. Voleva chiedermi qualcos’altro, glielo leggevo nella postura. E infatti si è girato di scatto verso di m e mi ha guardato negli occhi.

“Mai fai spesso queste cose di andare nei luoghi dei delitti?”

“Spessissimo” gli ho risposto, compiaciuto “Sarà il mio futuro lavoro”

“Ma che figata” ha esclamato sinceramente. Le mie labbra ebbero uno spasmo, forse avevo un’espressione molto simile a un sorriso in quel momento.

“Ho anche rincorso un assassino una volta” ho aggiunto, non sono riuscito a trattenermi “Mi ha quasi sparato”

“Giura!” ha sgranato gli occhi, il suo stupore era genuino, non stava fingendo. 

“Giuro!” ho giurato il falso.

“Ma i tuoi?”

“Non sanno niente. Mi credono in biblioteca” a quel punto probabilmente stavo sorridendo come un idiota. Gli ho detto anche di Lestrade, ho spiattellato tutto.

“Ma che figata pazzesca” ha ripetuto.

“Vuoi per caso accompagnarmi una volta?” le parole mi uscirono dalla bocca senza che riuscii a controllarle. John mi guardò negli occhi, per una frazione di istante temetti di avere detto una sciocchezza, ma poi lo vidi sorridere.

“Perché, potrei?”

“Ma certo che potresti, non devo chiedere il permesso a nessuno”

“Beh, allora, se non ti dispiace…”

“No, non mi dispiace” e dopo ciò ci siamo salutati. Lui è sgattaiolato dentro l’ospedale (la sua sete di adrenalina sfiorava il patologico) e io sono tornato a casa in stato confusionale. Ero felice come mai mi era capitato in quasi diciotto anni di vita. Certo, non lo avrei mai coinvolto in faccende troppo pericolose. E ammettiamolo, non era vero che mi avevano quasi sparato, volevo solo fare colpo. Però ho inseguito sul serio un assassino… Di canarini. Un bambino rom. Ma pur sempre un assassino, no? 

Ero comunque felicissimo. Ma come sono rientrato in casa, ho trovato mia madre sul pianerottolo con entrambe le mani sui fianchi.

“William Sherlock Scott Holmes!” ha minacciato furiosa non appena mi ha visto varcare la soglia. Mio padre e Mycroft erano in salotto ridotti al silenzio, io ho subito messo le chiavi dell'auto dietro la schiena.

Ahia. Uomo in mare…

 

 

 

***

 

 

 

La mattina dopo sono andato da Jim. Volevo fare il diplomatico e parlare con lui da persona civile, ma appena l’ho visto, ho perso le staffe. L’ho preso per il giubbotto e l’ho sbattuto contro gli armadietti davanti a tutti. Nessuno può torcere un capello a John Watson, adesso, nessuno. Solo io.

“Sei stato tu!” gli ho ringhiato contro, lui ha riso. Io l’ho sbattuto più forte.

“Non davanti ai bambini, amore!”

“So che sei stato tu a manomettere l’auto di John Watson”

Lui ha spalancato la bocca, le sue labbra avevano assunto una perfetta e beffarda forma rotonda. “Ma chi sei?” mi ha preso in giro “L’ispettore Poirot?”

Questa sua pazzia/genialità era pericolosissima, non riuscivo più a capire quale fosse il limite che demarcava lo scherzo di cattivo gusto dalla reale pericolosità sociale. Sicuramente, dopo ciò che aveva fatto due giorni fa, era chiaro che non scherzava.

“L’ho fatto per te, Sherlock. Ti è piaciuto il mio regalo? Ti sei divertito?”

“Avresti potuto ucciderli”

“Nah” ha minimizzato con un’espressione annoiata “Dai, Sherly, non deludermi. Sapevo che non avrebbe guidato lui, o forse ieri sera non ti ha detto che si era infortunato sul campo?”

No, John aveva omesso di dirmelo. Ecco perché aveva fatto guidare Mike. Un momento.

“Ieri sera?” ho ripetuto allarmato, lui mi ha sorriso.

“Al limite sarebbe morto solo Mike Stamford, ma in fondo chi se ne frega di Mike Stamford, dico bene?” mi guardò dritto negli occhi e io sentii del gelo scorrermi nella schiena. Era esattamente la stessa frase che avevo pensato anche io qualche giorno fa. 

“Nel prossimo gioco ci sarà una fanciulla, che ne dici?" mi ha provocato "La scelgo io, sarà una sorpresa”

Ho imprecato mentalmente. Dovevo correre subito ai ripari.  “Stai lontano da Adler” gli ho detto tra i denti, sperando di sortire l’effetto desiderato. 

“E che cazzo te ne frega di Adler?” mi ha subito risposto Oh, certo. Mi stai dicendo il nome di una di cui non te ne frega un cazzo a posta, vero? Birichino...”

Io lo guardai negli occhi, infuriato, ma dentro di me stavo semplicemente ridendo come un matto.

Ci era cascato. Uno a zero per Sherlock. 

E comunque lui aveva ragione: mi ero divertito ieri sera. Solo che ora mi sarebbe toccato tallonare Molly H24… Non gli avrei mai permesso di farle del male. Anche lei era sotto la mia protezione. 

Ma chissà, forse avevo un nuovo aiutante a cui chiederlo. 










 


Note dell'autore
Scusate se ho tardato ad aggiornare, ho avuto una serie di impegni. Spero che l'attesa sia stata in qualche modo ripagata! E ormai la storia sta prendendo forma...
Ditemi pure se avete qualche osservazione o critica da fare.
A presto,
Obi

   
 
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