Due intervalli prima della morte

 
 

Sono convinto che anche nell’ultimo istante della nostra vita
abbiamo la possibilità di cambiare il nostro destino ( Leopardi).

 
«Devi farlo, sei l’unico che può ».
Regulus nota il sinistro bagliore nei suoi occhi, il viso serpentesco non vuole tradire alcuna emozione.
Nel suo sorriso, la sua condanna a morte.
«Sarà fatto, mio signore».
La replica è misurata come l’inchino che la segue.
Nelle orecchie, il fruscio del lungo mantello nero; nella gola un groppo.
Le sue urla sono mute, solo lui le percepisce straziato.
Solo lui deve farlo, questo è vero. Perché non c’è altro modo, nessuno potrà mai cambiare quella sorte nefasta che gli pende sul collo.
L’aria di quella mattina è densa di nebbia che lo annienta poco a poco.
«Questo è folle. Scappa Reg, scappa. Ti prego».
Aspira avido la sua sigaretta, il vento si alza e sferza i lunghi capelli corvini.
Lui ha capito molto prima, nella sua feroce ostinazione.
Regulus sa molte cose-terribili- che vanno al di là della dignità di ogni essere umano.
Non è scappato quando ha potuto, ha deciso la sua parte mantenendo il sacro vincolo di sangue e odio che li contraddistingue; adesso però, ciò che scorre nelle vene è sbiadito, come il suo volto stretto in una morsa.
Regulus si sente paradossalmente vivo, in quel mortifero istante che gli anticipa ciò che sarà del suo corpo, della sua carne. Mai come in quel momento, ha toccato con mano il sapore amaro che si prova quando si compie la scelta giusta dopo tanti errori.
«Tu sei il mio servo più fedele, l’unico».
Ero.
Sono attimi e poi nulla più.

 

Don’t feel bad for me,
 I want you to know,
deep in the cell of my heart. I will feel so glad to go ( The Smiths).

 
«Non guardarmi così, questa è la cosa più giusta».
Non sa se l’ha detto ad alta voce, oppure se lo sta pensando.
Gli occhi verdi sembrano affogare in un mare di lacrime che non possono più essere versate.
Harry non vorrebbe farla piangere ancora, dopo tutti gli anni, dopo tutto quello che ha perso per causa sua.
Cammina, diritto con il gelo nelle ossa e nelle labbra suppliche ineffabili verso chi soffre a causa sua.
«Non è colpa tua».
La voce di suo padre rimbomba nel buio della notte, nell’oscurità della sua anima.
«Tutto questo doveva accadere».
Cammina ancora, senza rispondere perché sa che lui finalmente compie il destino che da tempo sta aspettando.
«Puoi scegliere di non farlo».
Nella voce una nota di preghiera, come tutte quelle delle madri che supplicano i figli di non andare. Il cuore di Harry si stringe, grato di aver almeno una volta ascoltato quella dolce carezza che l’apprensione di una madre ha.
Si volta quando sente che il tempo è giunto, li vuole guardare finalmente in viso.
«Non vi preoccupate. Io devo andare, sono grato di poterlo fare finalmente».
La sua voce è un sussurro distorto, nella notte della Foresta Proibita.
Sirius fa un cenno con la mano, gli occhi che ormai guardano altri cieli lo invitano a proseguire; il volto nasconde un sorriso fiero.
La Pietra cade, non si volta.
Harry è l’unico che può, da sempre. Sempre lo ha saputo, che il destino lo sta attendendo da anni.
Lui è pronto.
 
 

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Note.
Evviva l’angst e tutte le sue forme.
Beene, vi spiego un po’ come è nata questa sbilenca idea. Sapete che sto partecipando alla meravigliosa challenge di Bessie; leggendo questi due bellissimi prompts ho pensato subito che facessero al caso mio.
Nella prima parte, ho scritto qualcosa su Regulus Black.Nella seconda parte una sorta di riempimento del dialogo di Harry con i genitori; io sono del parere che Harry abbia vissuto un dissidio tremendo in quei momenti. Spero vi sia piaciuta.