Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: biscotti_panati    19/04/2021    0 recensioni
Taehyung si sente inutile e perso, l'unica cosa che vorrebbe è che l'inverno non finisse mai.
Jimin è bellissimo, tanto angelico quanto diabolico, ma ha un sogno che sa di non poter realizzare.
Jungkook sta crescendo, ha paura del futuro e di quello che potrebbe diventare, ma sa cosa non vuole essere.
Jin sembra perfetto, eppure nasconde segreti che faticano a restare nell'ombra.
Namjoon è chiaramente un genio, uno scienziato pazzo esemplare... se solo riuscisse a trovare una soluzione alle sue ricerche.
Yoongi non riesce ad accettare se stesso e quello che prova, ma seppellire i suoi sentimenti è impossibile.
Hoseok è interamente perso nel suo mondo, ma farebbe di tutto per i suoi amici.
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Wolf: Jin, Taehyung, Jimin, Jungkook
Human: Namjoon, Yoongi, Hoseok.
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Estratto
"Jungkook…" provò nuovamente a richiamarlo Taehyung, la voce poco più che un sussurro disperato. Dovevano andare via di lì alla svelta. Ma Jungkook ormai non c'era più e quello che emergeva era solo il suo lupo che cercava di prendere il sopravvento.
Dalla labbra del ragazzo uscì un urlo animalesco, di puro dolore, che non fece altro che sovraccaricare l'aria di tensione.
[...]
"È troppo tardi". Bisbigliò Jimin, il cuore stretto in una morsa.
****
Namjin, Sope
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Genere: Fantasy, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Seokjin/ Jin, Kim Taehyung/ V, Park Jimin
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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CAPITOLO 12






Maggio 2010 


Jimin si era accasciato a terra, sfinito. Taehyung lo aveva guardato ballare per due ore di fila, senza darsi un attimo di tregua. 

“Dovrei provare ancora una volta”. Disse, con il respiro pesante per lo sforzo. I capelli biondo platino se ne stavano acconciati alla bell'e meglio in un codino sbarazzino. Alcune ciocche, troppo corte per essere tirate nella presa dell’elastico, si allungavano verso l’altro, dandogli un’aria da bambino irrequieto e capriccioso. 

Taehyung guardò una goccia di sudore scendere dalle sue tempie fino allo zigomo, lasciando una scia luminosa. 

“Non credi di avere provato abbastanza per oggi?” Gli chiese.

“No. Non tengo bene le linee e mi cedono le gambe dopo i salti; e poi posso ballare fino a quando non mi sanguineranno i piedi”. 

“Si, beh, vorrei evitare di vederlo”. Affermò Taehyung, alzandosi dal divano per offrirgli una bottiglietta d’acqua. 

Quel giorno la scalcinata sala prove, per la quale Jimin si ostinava a voler buttare i suoi venticinque dollari settimanali, era prenotata. Da due giorni il proprietario stava allestendo una festa in onore del bar mitzvah del figlio, perciò non era ammesso nessuno che non si desse da fare per i preparativi. 

Jimin si era dovuto accontentare del minuscolo salotto del rifugio. In uno spazio così ristretto e ostacolato dalla mobilia, i suoi movimenti erano terribilmente limitati. Nemmeno uno dei passi a cui stava dando vita prendeva forma nel modo in cui avrebbe dovuto, eppure c’era qualcosa di incredibilmente bello in quello che faceva. Forse Taehyung si era fatto abbindolare da quello strano fascino e aveva così facilmente ceduto alle richieste del suo amico. Era stato facile per Jimin convincerlo a utilizzare tutta la batteria rimanente nel suo telefono cellulare per riprenderlo mentre danzava. Ogni singola volta che ricominciava la coreografia. Era ammirevole che volesse riguardarsi per correggere i suoi errori, ma adesso Taehyung aveva il braccio intorpidito e non sopportava più il motivo principale della canzone. 

Jimin bevve un lungo sorso d’acqua cercando di regolare il respiro, seguendo un ritmo più calmo di ispirazione ed espirazione. Si passò una mano sulla fronte, raccogliendo il sudore con un polsino, e strabuzzò gli occhi. 

Faceva caldo. La sua maglietta a maniche corte era zuppa di sudore e rimaneva incollata alla pelle della schiena e i pantaloncini erano di un materiale troppo pesante per dargli sollievo dalla calura. 

“Okay, pronto?” Chiese infine, rimettendosi in piedi. 

“Dovrei essere io a chiedertelo”. Taehyung prese in mano il telefono del suo amico, tornò a sedersi sul divano e fece partire per l’ennesima volta la traccia del balletto. 

Jimin aspettò il momento giusto prima di cominciare a muovere le braccia. Taehyung era costretto a guardare i suoi movimenti intrappolati dalla fotocamere del telefono. Sullo schermo il gioco di prospettiva faceva apparire il suo amico più piccolo di quanto non fosse in realtà. La cosa non gli piaceva. Non sapeva spiegarsi perché, ma in qualche modo sembrava che la magia della sua danza si perdesse una volta che veniva riprodotta da una videocamera. 

Jimin era un performer, la sua bellezza era questa: produrre un movimento nella vita reale e dargli una piccolissima sfumatura diversa ogni volta che lo eseguiva. 

Seguendo la coreografia, mosse un piede, curvando la gamba e facendo un movimento in affondo. I pantaloncini lasciavano intravedere il lavoro dei muscoli delle cosce e lo sforzo che faceva per mantenere la posizione. I suoi adduttori erano tirati e sottoposti al un lavoro faticoso, eppure Jimin faceva apparire ogni suo passo come il movimento più facile e naturale del mondo. Come se non ci fosse alcuna fatica a gravare sull’esibizione. 

Taehyung in realtà non capiva perché si impegnasse tanto. Jimin aveva un grande talento e una predisposizione naturale per la danza, ma le ore ininterrotte di pratica, l’ossessione nel voler migliorare la qualità di ciò che faceva, quello proprio non riusciva a capirlo. Perché impegnarsi tanto per un qualcosa che non gli sarebbe servita a nulla? Non poteva vivere di danza, non poteva essere ingaggiato in qualche compagnia teatrale e girare il mondo. Cambiare teatro, cambiare folla, cambiare occhi che si nutrivano di quella sua ballezza; nulla di tutto questo era alla sua portata, quindi perché estenuare il suo corpo fino a quel punto?

Forse Taehyung non poteva capirlo fino in fondo perché non aveva mai avuto una passione come la sua che gli bruciasse dentro e lo spingesse a migliorare solo per sé stesso. Forse avere amore e fede in qualcosa era il segreto giusto per migliorare sé stessi e forse lui stava sbagliando tutto perché non era bravo in niente. 

Un rumore sordo, talmente forte da sovrastare la musica metallica che fuoriusciva dalle casse del telefono, li interruppe. 

Nocche che sbattevano contro il vetro. I due ragazzi dentro al salotto voltarono il capo verso la portafinestra della cucina, scattando sull’attenti all'unisono. 

Jungkook aveva i capelli lunghi e arruffati, il viso scavato e gli occhi enormi. Quando si accorsero della sua presenza, il più piccolo gli sorrise debolmente. Era nudo e molto più magro di come Taehyung se lo ricordava. Le ossa delle clavicole sporgevano tanto che tra il collo e la spalla si era creato una conca triangolare. Sul petto si intravedeva la sagoma dello sterno. Le costole spingevano sulla pelle chiara del ragazzo come a voler essere messe in mostra. I fianchi magri e ossuti, le cosce secche e senza tonicità. 

“Kookie!” Urlò Jimin smettendo all’istante di ballare per andare ad aprirgli.  

Taehyung trafficò per spegnere velocemente il telefono, ma senza successo. Trafelato com’era, e colto dall’emozione, decise di abbandonare tutto sul divano e di raggiungere gli altri in cucina, dove Jimin già stava stringendo Jungkook in un abbraccio spaccaossa, ficcando il suo naso ovunque per sentire l’odore del nuovo arrivato.

Non c’era bisogno di annusarlo tanto. Quell’odore era così intenso che in poco tempo aveva riempito tutto il rifugio. D’altronde, Jungkook si era appena trasformato e aveva ancora tutta l’essenza del suo lupo addosso. Odore di frutta secca. Taehyung avrebbe potuto giurare di sentire profumo di noci e nocciole nell’aria. 

Stretto com’era tra le braccia di Jimin e stordito dai suoi schiamazzi, Jungkook non poteva fare altro che sopportare. Sorrise debolmente, mentre con lo sguardo cercava Taehyung, rimasto qualche passo più indietro a godersi la scena. 

 

Jimin stava aiutando Jungkook a preparare il suo bagno e, dal rumore che quei due stavano facendo, Taehyung potè intuire che in realtà Jimin aveva intenzione di preparare una vasca per sé stesso. 

Ridacchiò, spense il fornello e impiattò. Aveva cucinato quanto più carne era riuscito a recuperare e si era impegnato per farla rimanere succosa. Un chilo di petti di pollo troneggiava con fierezza sul piatto nel quale era stato impilato, rilasciando un profumino delizioso. Recuperò una forchetta e si diresse verso il bagno con passo leggero.

“Ahi, Jungkook, non tirarmi calci!” 

“Questa è la mia vasca rigenerante, perché ci sei dentro anche tu?”

“Perché ti sono mancato”. 

“Non mi sei mancato affatto”. 

“Bugiardo. Dai fammi spazio Kookie”.

“Lasciami in pace”.

“Ahi! Jungkook, stavi per beccare la zona proibita!” 

“Sarà Jin a beccare la tua zona proibita se bagni di nuovo il suo pavimento”. Disse Taehyung appoggiandosi con una spalla allo stipite della porta del bagno, godendosi la scena. Jimin aveva gettato via i suoi vestiti sudati e si era fiondato dentro la vasca insieme al corpo magrissimo di Jungkook. Il povero ragazzo stava disperatamente tentando di far riposare le sue ossa in un bagno d’acqua calda, ma con Jimin ad importunarlo non doveva essere facile. 

È carne quella?” La testa bionda si girò nella sua direzione non appena l’odore di cibo si diffuse nell’aria. 

“È per Jungkook”. Affermò Taehyung, raggiungendo gli altri che lo guardavano dal basso della vasca con la bava alla bocca. Taehyung infilzò un petto di pollo con la forchetta, come avrebbe fatto un primitivo delle caverne, e lasciò che questa si ergesse in verticale, poi porse il patto al ragazzo. 

“Sto morendo di fame”. Disse Jungkook, dedicandogli un sorriso incredibilmente ampio. I muscoli della faccia si stirarono e la pelle sulle guance si assottigliò come se dovesse spaccarsi da un momento all’altro. 

Anche Taehyung sorrise. Jungkook aveva perso peso perché cacciare da solo nel bosco era difficile. Anche per questo loro cercavano di aiutarlo come potevano. In genere ogni fine settimana organizzavano dei sopralluoghi per piazzare del cibo in giro per la foresta. Dovevano essere accorti e cercare posizioni strategici che tornassero utili: la conca di un albero caduto, le radici di un cespuglio, grossi massi ricoperti di muschio. Per non dare troppo nell’occhio, compravano coniglietti d’allevamento non scuoiati. Così persino gli escursionisti inesperti che bazzicavano da quelle parti, non si sarebbero straniti nel vedere un coniglio morto. 

Ma piazzare cibo era comunque un rischio: un pasto così facile poteva richiamare altri predatori nell’area, inoltre, se Jungkook non avesse trovato da mangiare entro un arco di tempo relativamente breve, i parassiti avrebbero potuto banchettare al posto suo. Un’intossicazione sarebbe stato sicuramente un guaio ben peggiore, e bisognava tenere conto anche del caldo incalzante di maggio che facilitava l’imputridire della carne. Inoltre non era un bene che Jungkook fosse abituato a consumare pasti con una certa regolarità, come se fosse un animale in cattività. Un lupo doveva essere in grado di procacciarsi da mangiare da solo, ma lui non ne era capace. 

“Danne un morsetto anche a me. Sono affamatissimo”. Jimin allungò una mano dentro la vasca, cercando di raggiungere la forchetta del ragazzo per rubargli il cibo. 

“Ahi. Jimin mi stai schiacciando”. Si lamentò l’altro. 

Taehyung spinse prontamente indietro la testolona di Jimin, tentando di rimetterlo al suo posto. “Dagli tregua Chim”. 

“Uffa, lo stai trattando troppo bene, con me non lo fai mai”. Sbuffò Jimin, mettendo su un finto broncio offeso. 

“Non fare il geloso”. Gli sorrise, spostandosi dietro di lui. Abbassò il coperchio del water e ci si sedette sopra, portando le mani sopra la spalle del suo migliore amico e cominciando a massaggiarle. Lui si lasciò scappare un sospiro di sollievo.

Con lo sguardo, Taehyung seguiva i movimenti di Jungkook che si ingozzava di cibo mentre il suo corpo se ne stava a mollo nell’acqua calda. Erano passati più di sei mesi dall’ultima volta che lo aveva visto eppure, se non si teneva conto della perdita di peso e dei capelli lunghissimi, Jungkook gli sembrava sempre lo stesso. 

La pelle del più piccolo era segnata da minuscole cicatrici biancastre; la testimonianza di tutte quelle volte che si era tagliato pur di restare umano, lottando contro l’avvento del suo tempo. Era anche più pallido di quanto lo ricordasse, come se rintanato nel folto della foresta per anni, non si fosse più esposto alla luce del sole. 

“Che giorno è?” Chiese il ragazzo, tra un boccone e l’altro. 

“È domenica. Il 23 di maggio”. Rispose calmo Taehyung, continuando a far scorrere i polpastrelli sulle spalle di Jimin. 

Jungkook spalancò gli occhioni. Erano così grandi che avrebbero potuto risucchiare l’intero mondo e annegarlo nelle iridi nere come la notte. 

“23 Maggio? Non pensavo fosse così tardi”. 

“In effetti lo è, ma ormai non c’è niente di cui preoccuparsi. Sei con noi ora”. Sorrise cercando di rassicurarlo. 

In realtà tutti loro erano stati in apprensione per il fatto che il più piccolo non fosse ancora tornato dal bosco, ma Taehyung non glielo disse, né tanto meno accennò ai problemi che la sua lunghissima assenza aveva causato. La scuola aveva chiamato. Jungkook mancava da troppo tempo e, malgrado tutto, il preside non poteva ignorare che da più di sei mesi non avevano nessun tipo di notizia del ragazzo. Avrebbe dovuto fare miracoli per recuperare il programma durante le vacanze estive se non voleva rischiare di ripetere l’anno. 

Jungkook accennò un piccolo sorriso e si ficcò in bocca un altro boccone di pollo. Questa volta masticò lentamente, assaporando la succosità della carne e lasciando che i suoi denti la riducessero in poltiglia. 

“Ci sei mancato un sacco”. Disse Jimin appoggiando la testa contro il braccio di Taehyung. 

In pochi secondi, Jungkook arrossì fino alla punta delle orecchie “A-ah sì?” Balbettò. 

“Sì. Mi mancavi così tanto che cominciavo a sentire come se ci fosse qualcosa che non andava. Come un dolore al petto”. 

Jungkook si fece ancora più rosso. Quelle dichiarazioni d’affetto lo imbarazzavano e lui non era per niente bravo ad assimilare l’amore incondizionato che Jimin gli riversava addosso. 

“Sei esagerato”. Sussurrò lui in risposta, abbassando lo sguardo sull’acqua piena di sapone per evitare quello di Jimin che sembrava volergli bucare lo sterno e stringergli il cuore.  

“No invece. Noi non siamo noi se non ci sei anche tu. Il branco non è al completo quando sei lontano”. 

Jungkook non resse. Lasciò la forchetta nel piatto e, tenendolo ben in alto, fece scivolare il corpo in fondo alla vasca. Le sue ginocchia urtarono contro quelle di Jimin, ma questo non gli impedì di farsi scivolare ancora più in fondo, fino ad immergere la testa nell’acqua. Taehyung scoppiò a ridere e diede uno scappellotto sul retro della nuca bionda del suo amico.

“Smettila Chim. Lo sai che non gli piacciono queste cose”. 

“Ma è vero! Non siamo al completo se non c’è lui. Non hai sentito anche tu un dolore al petto?” Gli chiese tranquillo, sistemandosi meglio nella vasca per dare più spazio al ragazzo che stava tentando di affogarsi. 

“No. Non ho sentito niente. Sento solo che adesso siamo quasi completi. Quando sta sera tornerà Jin ci renderemo conto della differenza”. Gli rispose.

“Beh io sentivo che c’era qualcosa che non andava invece. Non solo non mi sentivo completo, ma sentivo come se avessi un peso sulle spalle. Mi angosciava al punto che a volte mi mancava il respiro e sentivo una grande nostalgia. Una nostalgia fortissima”. 

Taehyung si sporse un po’ in avanti, verso il suo amico. Non voleva fissargli la testa mentre diceva cose così importanti. Quando portò il viso vicino al suo, cercò i suoi occhi, ma Jimin li teneva chiusi. Stava cercando di rilassarsi con la testa ancora adagiata tra le sue braccia e il corpo immerso nella stessa vasca di Jungkook. Anche quello gli bastò per capire che Jimin non aveva mentito nè aveva esagerato i suoi sentimenti solo per mettere in imbarazzo il ragazzo di fronte a lui. Aveva sofferto e adesso stava cercando di scacciare quella sensazione che lo aveva accompagnato per tutto quel tempo.

“Ora che è tornato mi sento meglio. Mi sento sollevato”. Disse Jimin, come rispondendo alla domanda silenziosa che Taehyung non aveva ancora posto. 

Jungkook riemerse annaspando prendendo una boccata d’aria. I suoi lunghi capelli castani ora gli ricoprivano il viso per metà, gocciolando rapidamente come una cascata. L’acqua che aveva smosso sciabordò nella vasca sollevandosi avanti e indietro verso le sponde, schizzando le braccia di Taehyung.  

“Non sapevo nemmeno cosa fosse quella strana sensazione. Sentivo solo che c’era qualcosa che non andava. Che fosse l’assenza di Jungkook a preoccuparmi, l’ho capito solo poco fa. Quando l’ho rivisto”. Continuò Jimin. 

È strano”. Commentò Taehyung. 

“Lo è. Ma credo sia una cosa soggettiva. Forse sentivo solo la sua mancanza e basta”. Disse Jimin, non perdendo quel suo fare rilassato. 

“Dici che potrebbe essere un problema per te?” Chiese Taehyung “Per quando partirai?” 

A quelle parole, Jungkook parve riscuotersi. Con una mano, spazzò via i capelli bagnati che ancora gli coprivano gli occhi e assunse un’espressione sbigottita. 

“Partirai? Che significa che partirai? Dove vai? Quando torni? Perché parti?” Chiese concitato. 

Jimin sorrise. “Rilassati Kook. Non è niente di ché”. 

“Si che lo è! Se tu parti dobbiamo partire tutti. E poi dove andiamo? E perché dobbiamo partire? Non possiamo andare dove c’è troppo freddo o io...” 

“Kookie, sta tranquillo”. Lo interruppe Taehyung. “Jimin non starà via per molto e tu non dovrai andare da nessuna parte. Noi staremo qui”. 

“Non capisco. Perché Jimin deve partire?” Gli occhi di Jungkook facevano avanti e indietro tra il viso di Taehyung e quello di Jimin. Erano bastati una manciata di secondo per farlo sprofondare nel panico. 

Taehyung si sentiva un po’ in colpa. Tornare umano dopo aver trascorso così tanto tempo lontano dal proprio corpo era già abbastanza traumatico. Non avrebbe dovuto tirare fuori la questione in quel modo. Avrebbero dovuto spiegargli così tante cose e sperava che potesse essere Jin ad occuparsi di tutto. Lui era più indicato per quel genere di spiegazioni. 

“Non devi preoccuparti di niente Kookie. In realtà mi sono fatto scappare qualcosa che non avrei dovuto dire. Non prima del ritorno Jin, almeno. Ma ti spiegheremo ogni cosa non appena saremo di nuovo tutti insieme”. Si affrettò a chiarire. 

Jungkook storse il naso, ma non disse nient’altro. Era chiaro che quella situazione non dovesse piacergli affatto. 

“Davvero. Non devi preoccuparti di niente se non di finire quel pollo delizioso”. Concordò Jimin, prima di scrollare le spalle. Taehyung abbandonò la prese che aveva tenuto solida fino a quel momento, allontanandosi da lui. Senza curarsi del piccolo tsunami che avrebbe potuto generare sul pavimento del bagno, Jimin si alzò in piedi. Aspettò qualche secondo che l’acqua finisse di scivolare giù dal suo corpo e poi uscì dalla vasca. Non si curò nemmeno di recuperare un asciugamano o un paio di ciabatte, semplicemente zampettò via, nudo come un verme verso la camera, lasciando le impronte dei suoi piedi bagnati ovunque. 

Taehyung fece roteare gli occhi al cielo. 

“Non asciugherà il pavimento, vero?” Chiese Taehyung.

“No”. Rispose Jungkook. 

“Vado a prendere il mocio. Tu rilassati, finisci il tuo cibo e non pensare a niente”. 

 

Spiegare la situazione a Jungkook fu più facile del previsto e lui fu molto più collaborativo di quanto Taehyung si era aspettato. Sapeva che Jungkook avrebbe voluto trovare un modo per rimanere fermo nella sua forma umana, e l’idea di farsi aiutare da qualcuno gli era piaciuta subito. Allo stesso tempo però si era mostrato molto preoccupato per Jimin: mandarlo in Canada da solo non era stata una notizia che aveva preso a cuor leggero. 

“Siamo sicuri che ci si può fidare?” Chiese dopo aver tirato su rumorosamente dei noodles dalla scodella. Piccole goccioline di brodo caldo schizzarono in aria e ripiombarono a picco sul bancone della cucina. Poco prima avevano ordinato ramen di manzo per festeggiare il ritorno di Jungkook e avevano chiesto a Jin se, rientrando dal lavoro, potesse ritirare l’ordine. Avevano rischiato la cena quando una scarica elettrica aveva attraversato la colonna vertebrale di tutti e quattro, mettendo in serie difficoltà Jin che stava cercando di destreggiarsi con le ordinazioni. 

“Vacci piano, o stanotte ti sentirai male”. Jin tolse il secondo piatto di ramen dalle grinfie di Jungkook approfittando del momento in cui il ragazzo aveva preso di mira le patate arrosto. 

“Ehi! Avevo intenzione di finirla”. Jungkook sputacchiò pezzi di patate dappertutto. 

“La finirai domani”. 

“Guastafeste. Comunque non è questo il punto del discorso”. Disse concitato Jungkook con la bocca ancora piena. “Siamo sicuri di voler mandare Chimmy tutto solo in Canada? Non credo sia molto sicuro”. 

“Io invece sono assolutamente sicuro di potercela fare anche senza di voi. Devo solo arrivare laggiù, quanto può essere difficile?” 

“Ma se ti succedesse qualcosa? Se fa freddo e ti trasformi o se questo tizio non ti lascia più andare via? Che ne sappiamo noi che tipo è!”

“Jimin non diventerà un ostaggio”. Intervenne pronto Jin, alzando gli occhi al cielo con fare teatrale, come se le parole del ragazzo fossero il risultato di troppi film d’avventura. 

“Non possiamo saperlo con certezza”. Disse invece Taehyung. Dando man forte a Jungkook, sorpreso della lungimiranza del ragazzo. 

“Okay, allora. Diciamo pure che c’è un margine di rischio”. Affermò Jimin. “C’è il rischio che mi possa succedere qualcosa di terribile. C’è il rischio che io possa non tornare indietro. Ma per come la vedo è solo una percentuale irrisoria”. 

“Irrisoria? Non sai cosa potrebbe succedere una volta di là. Non è esattamente una cosa legale quella che stiamo facendo. Senza contare che non sai nemmeno che faccia abbia questo tizio. Non sappiamo niente di lui. Non puoi dare un giudizio se non ti basi su qualcosa di concreto”. Il tono di voce di Taehyung uscì fuori più alto di quanto avesse voluto. 

“È comunque un mio rischio Tae. Non sto mettendo in pericolo nessuno di voi. Non spiattellerò tutti i nostri segreti al primo scienziato che incontro. È ovvio che voglio prima capire se c’è da fidarsi o meno, e quando lo saprò allora gli chiederò di venire qui, da solo. Ad essere onesto, questa è la parte che mi spaventa di più”. 

“Ti spaventa che lui non voglia venire da noi e non il fatto che potrebbe approfittarsi di te? O che potrebbe mettere in giro il nostro segreto?”. 

Anche il modo in cui erano seduti attorno al bancone della cucina sembrava sottolineare che tra di loro si fosse creata una fazione: Jin e Jimin da un lato, Taehyung dall’altro, Jungkook a capotavola, nel mezzo. In qualche modo, l’ultima parola spettava a lui. 

“Non lo farà”. Jin si mosse sulla sedia di fianco a Jimin.

“Come puoi esserne così sicuro?” Strepitò Taehyung. Come diavolo era possibile che Jin non dubitasse minimamente di una cosa tanto importante? 

“Perché vorrà lavorare con noi. Sta facendo ricerche su quelli come noi. Vorrà avere la nostra fiducia e farà esattamente quello che gli chiederemo”. 

“Quello ha un’intera equipe di studiosi sotto di lui che sarebbero disposti a fare carte false pur di vedere la riuscita del loro assurdo progetto, e tu pensi che voglia scendere a patti con noi?” 

“Proprio perché vuole vedere la riuscita del loro assurdo progetto, farà come gli diremo”. Jin congiunse le mani, intrecciando le dita tra di loro. Era calmissimo. Il suo atteggiamento era completamente diverso dalla prima volta in cui si erano ritrovati a parlare dello stesso argomento. Per ironia della sorte, gli eventi sembrano essersi ripetuti a loop. Le vicende nella vasca da bagno con Jungkook, meno caotiche di quella con Jimin, e la discussione a cena. A Taehyung sembrò di avere un déjà vù. 

“Ma c’è sempre la possibilità che non mi creda e che non voglia seguirmi oltre la frontiera. Gli stiamo chiedendo di vivere nascosto come un ratto di fogna, da solo e senza aiuti, lavorando fino al giorno in cui non ci trasformeremo di nuovo, e per quanto tempo poi? Credo sia molto probabile che non voglia scendere a patti con noi”. Disse Jimin. 

“Già”. Concordò Jungkook “Non è detto che voglia farsi coinvolgere; potrebbe non ritenerla una scelta valida. Magari crederà che tu sia un pazzo squilibrato”. 

“Quella sarebbe comunque la soluzione più piacevole. Almeno ti lascerebbe andare”. Boffonchiò Taehyung.

“Sono serio Tae”. Asserì Jimin. 

“Lo sono anche io”. 

Jimin lo ignorò “Stiamo facendo un sacco di congetture, quando probabilmente lui non sarà interessato o non accetterà le nostre condizioni. Credo che sia questa la vera sfida”. 

“Portarlo da noi?” Chiese Jungkook. 

“Già. Se io fossi al suo posto, non accetterei mai”. 

Ci fu un attimo di silenzio nel rifugio che fu rotto solo dopo che Jin si schiarì la voce “Vero, potrebbe non voler accettare”. Disse “Però sono fiducioso che tutto andrà bene. Non credo che Jimin corra nessun rischio e sono altrettanto convinto che riuscirà a portare a termine la missione”. 

“Come fai ad esserne così sicuro?” Jungkook sembrava sovrappesare ogni decisione. 

“Sesto senso”. Rispose solo, e Taehyung avrebbe voluto sotterrarlo. Stavano mettendo tutta la loro vita in bilico per un sesto senso a cui lui non credeva. Era terribilmente frustrante. 

Jungkook posò le bacchette ancora unte di cibo sul tavolo e fissò i suoi occhi in quelli di Jin. Gli occhi da cervo dell’uno erano perfettamente in sincronia con gli occhi dolci dell’altro, in un gioco di sguardo che non sembrava avere un senso. 

Jimin non disse niente, e nemmeno Taehyung si azzardò a dire una parola. Sembrava che Jin e Jungkook stessero parlando abbastanza per tutti, ma in quel momento c’era solo un grande silenzio a pesare sulla stanza. 

“Okay”. Disse infine Jungkook. 

“Okay?” Ripeté Taehyung. 

“Sì okay”. Ripeté il ragazzo. “Mi fido di Jin”. 

“Tutto qui? Mi fido di Jin? Un minuto fa non volevi mandare Jimin in Canada da solo e adesso saresti…”

“Non mi piace ancora l’idea che Jimin vada da solo”. Lo interruppe “Ma lui sembra sicuro di sé stesso e io ho piena fiducia in Jin. La sfida sarà portarlo qui”. 

Taehyung temette di avere un infarto. Era bastata una semplice occhiata per cedere? Erano tutti impazziti? 

Deglutì a fatica il grumo di amarezza che gli si era formato in gola e abbassò gli occhi sul bancone al quale era appoggiato. Non voleva incrociare lo sguardo di nessuno, né quello di Jin e Jimin, né tanto meno quello di Jungkook. Non avrebbe nemmeno dovuto essere così frustrato. Sapeva già quale sarebbe stato l’esito di quella conversazione. Era stupido che si fosse permesso di sperare in un’altra fine. 

Il silenzio calò sul rifugio per qualche secondo di troppo, poi Jin disse “Siamo tutti d’accordo allora?” 

Ed eccola, l’ultima possibilità di Taehyung. Se non avesse detto niente la discussione sarebbe stata archiviata e lui avrebbe iniziato un altro capitolo della sua vita. Uno che non voleva iniziare. Eppure, nel rifugio il silenzio era così denso che si poteva sentire chiaramente il ticchettio dell’orologio scandire i secondi. Uno, due, tre, quattro, cinque. 

“Bene. Allora partirò all’inizio di agosto, quando il clima è più caldo e quando saremo pronti”. Jimin si alzò facendo strisciare la sedia a terra rumorosamente e sparecchiò la sua scodella di ramen vuota. 

Taehyung rimase seduto con lo sguardo basso anche dopo che tutti gli altri avevano lasciato la stanza. 

 

“Puoi dormire con me stanotte?” Jungkook aveva aspettato che Taehyung fosse sgusciato nella stanza senza accendere le luci. Era notte fonda e Jimin stava già dormendo nel suo letto a castello. Il suo respiro regolare riempiva l’aria di un dolce suono cadenzato. 

Il rifugio era riempito dalla notte. Il buio sembrava estendersi come una nebbiolina sottile, dall’alto in basso, lasciando l’aria piacevolmente calda. 

“Pensavo stessi già dormendo”. Sussurrò Taehyung, voltando lo sguardo in direzione della voce. 

“Ti stavo aspettando”. 

Taehyung si affrettò verso il proprio letto e scavò sotto il cuscino, in cerca del pigiama. Si cambiò velocemente e si diresse verso il letto del ragazzo, ancora attrezzato con coperte pesanti e piumone. Faceva caldo per riuscire a sopportare di dormire stretti e coperti fino ai denti, ma Taehyung sapeva che Jungkook avrebbe preferito sudare tutta la notte pur di sentirsi umano. 

Scostò le coperte, facendolo rabbrividire, e si posizionò sul materasso morbido. 

“Sei arrabbiato con me?” Chiese Jungkook non appena riuscì a stringere la vita di Taehyung in un abbraccio. 

“Certo che no, perché dovrei?” Rispose. 

“Perché mi sembrava che non ti piacesse molto l’idea che Namjoon sapesse di noi”. 

Namjoon. Quel nome, pronunciato in maniera così confidenziale, fece contorcere le budella di Taehyung. Quante volte lo aveva già sentito quel nome? Quante ancora lo avrebbe udito. 

“Non sono sicuro di potermi fidare. Tutto qui”. Ammise infine, storcendo un po’ il naso. 

Jungkook cercò di attirare la sua attenzione facendo entrare in contatto i loro occhi, e Taehyung dovette cedere. 

“Avresti voluto che fossi rimasto dalla tua parte?” Gli domandò, con quegli occhi neri che si confondevano con la notte. 

Taehyung deglutì, di colpo in soggezione “Non devi stare dalla mia parte se non è quello che vuoi. Devi mandare avanti le tue idee Kook”. 

“Ma avresti voluto che avessi detto no”. Concluse, perché in fondo la verità la sapeva anche lui. 

Taehyung scosse la testa “No. Se tu avessi detto di no solo perché era una cosa che volevo io mi sarei sentito in colpa. E se io fossi stato tanto contrario non sarei di certo rimasto zitto, non credi? In più, se questa cosa dovesse andare a buon fine…” esitò. Se questa cosa fosse andata a buon fine la sua vita sarebbe stata stravolta. “Se questa cosa dovesse andare a buon fine,” riprese “tu potresti essere solo tu”. 

Jungkook rimase in silenzio per qualche secondo. Taehyung sentiva il cuore del ragazzo battere velocemente sopra il proprio petto e sentiva il suo sguardo addosso, ma la sua testa, quella già stava vagando altrove. 

“Secondo te è possibile?” La sua voce era talmente bassa che fece fatica a sentirlo. “Sarebbe possibile per me essere solo me?” 

“Se questa cosa funziona, sì”. Gli rispose. 

“Senza trasformazioni?” 

“Senza trasformazioni”. 

“Sarei solo io?” 

“Saresti solo tu, Kook”. 

Jungkook accennò un piccolo sorriso e finalmente nei suoi occhi esplose quella scintilla. Quell’emozione che Taehyung aveva cercato dentro di lui per tutta la sera si fece prepotentemente spazio in quel momento. Jungkook non era stato maturo e responsabile prima, quando tutti erano seduti al tavolo e stavano discutendo della partenza di Jimin. Jungkook non aveva preso in considerazione l’idea in maniera seria. Non l’aveva ancora realizzata. Non aveva soppesato cosa avrebbe significato essere solo sé stesso, perché era un qualcosa di così lontano dalla realtà da apparire impossibile. Un sogno, un desiderio nascosto, una piccola speranza.  

“Sarebbe bellissimo. Non mi ricordo nemmeno cosa significa essere solo me”. Disse il ragazzo. 

È più facile di quello che pensi. In questo momento sei solo tu”. 

“Si ma con te è diverso. Con te posso essere quello che voglio e sono io anche da lupo; ma con la gente normale, con loro non sono mai io. Con i miei amici non sono io. Con l’altra famiglia…” Jungkook lasciò cadere il discorso e Taehyung non lo obbligò a continuare. Rimasero in silenzio per qualche secondo, ascoltando solo il respiro calmo di Jimin riempire la stanza. 

“Se dovessi tornare io,” riprese il discorso dopo un po’ “se non fossi più vincolato al questo mio strano corpo, la prima cosa che farei sarebbe buttarmi nella neve”. 

Taehyung sorrise “Buttarti nella neve?” 

“Sì. Buttarmici dentro fino al collo. Starei una giornata intera immerso nella neve senza paura di cambiare forma”. 

“Potrebbe essere un po’ difficile sai, non nevica poi tanto spesso qui”. 

“La nonna di Hobi ha una baita. Gli chiederei di prestarmela per il resto dell’anno e starò a sorseggiare cocktail di neve in una vasca fatta di ghiaccio”. 

“Potresti morire congelato”. 

“Non mi importa, se devo morire voglio morire nel mio corpo, sommerso dai brividi di freddo, ma con la mia pelle”. 

“Non è un po’ estremo come pensiero?” Chiese Taehyung, ma nella sua voce si poteva intuire l’ombra di un sorriso. 

“Forse lo è”. Concordò Jungkook “Forse non dovrei cercare di morire per ibernazione. Non subito almeno. Forse prima dovrei cominciare a viaggiare un po’. Fare tutte quelle cose che adesso ho paura di fare”. 

Taehyung allungò un braccio per stringere il fragile corpo di Jungkook più vicino al suo. Parlare di neve gli aveva fatto venire i brividi lungo la schiena. Avvolse con la mano il suo fianco asciutto. Poteva toccare l’osso sporgente del bacino anche sotto il pigiama pesante che aveva indossato. 

“Dove vorresti andare?” Gli chiese sistemandosi meglio con la testa vicino alla sua. Respirò l’odore dello shampoo dei suoi capelli e socchiuse un po’ gli occhi. 

“In Canada”. Rispose il ragazzo. Le sue labbra sottili disegnarono un ampio sorriso. 

“Dovresti approfittarne allora. Non so se lo sai ma ad Agosto Jimin varcherà la frontiera. Se sopporti il suo costante bisogno di attenzioni potresti avere un valido compagno di viaggio”. 

Jungkook cercò di soffocare un risolino nel petto di Taehyung, ma quella spensieratezza durò poco. 

“Non adesso. È troppo presto per me. Viaggiare senza avere nessun timore, non è una cosa che posso fare. E poi non ho ancora diciassette anni. Sarei solo d’impiccio a Jimin”. 

“Tu dici? Secondo me potresti tirarlo fuori dai guai”. Taehyung sorrise e con lui anche Jungkook. 

“Ti voglio bene”. Gli disse il ragazzo di punto in bianco. 

“Anche io te ne voglio”. 

“No Tae, io ti voglio bene per davvero”. Disse ancora, lo sguardo basso, le guance leggermente arrossate. Il cuore di Taehyung mancò un colpo. 

“Perché me lo stai dicendo in maniera così seria?” Gli chiese. 

Jungkook sollevò le spalle senza alzare lo sguardo verso di lui. Taehyung lo strinse più forte. Il suo corpo, un blocco solido, era tutto quello a cui avrebbe voluto aggrapparsi per il resto della notte. Era Jungkook. Era tornato dopo tanto, troppo tempo, era lì con lui. Taehyung pensò di essere fortunato a stringerlo tra le braccia in quel momento. Fortunato ad avere il suo affetto e la sua considerazione. Voleva proteggerlo a qualsiasi costo. Qualsiasi cosa fosse successa, avrebbe solo voluto che Jungkook fosse al sicuro e felice. Voleva vederlo felice sempre. 

“Anche io ti voglio bene per davvero”.










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Capitolo revisionato

   
 
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