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Autore: Ivy001    19/04/2021    1 recensioni
Quando la felicità di una famiglia viene distrutta da un evento inaspettato e inspiegabile...qualcuno scompare, la Banda si riunisce
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bogotà, Nairobi, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I secondi che precedono l’arrivo di Nairobi in salone, sono vissuti da Tokyo con estrema ansia; questo perché conosce bene la Jimenez e sa che la questione “figli” è stato, da sempre, il suo tallone d’Achille.

“Cosa le diciamo?” – sussurra l’undicenne alla zia, riconoscendo la voce della mamma che, dall’ingresso, chiama la famiglia.

In quel momento, la Oliveira adagia il piccolo Sebastìan addormentato tra le braccia esili di Alba, e si prepara psicologicamente all’incontro con l’amica.

La gitana, dal canto suo, immagina di trovare il marito seduto sulla poltrona, con la tv accesa sul solito canale sportivo, mentre i bambini giocano sul tappeto.

Però la scena a cui assiste, non appena raggiunge il salotto,  è totalmente diversa.

È stupita di vedere Selene ancora lì, dato l’orario di cena. Però sorvola, considerando quell’occasione come l’unica per poter scambiare quattro chiacchiere tra donne.

“Ehi, come è andata la visita?” – domanda la Oliveira, chiedendo del controllo medico della sua migliore amica.

“Pff!” – sbuffa Nairobi – “Due ore d’attesa per dirmi che è tutto ok e che per fortuna non sono incinta!” – commenta, dopo essersi preoccupata di un ritardo del ciclo.

“Per fortuna?” – ripete, stupita, Tokyo, abituata ad ascoltare i discorsi della gitana su quanto è bello lo stato di gravidanza.

“Già, ammetto che tre piccole pesti mi bastano” – ridacchia Agata, volgendo lo sguardo ad Alba, per scherzare della questione.

Però è l’espressione di sua figlia a insospettirla, costringendola a cambiare tono.

“Che succede, amore mio?”

“Ehm…” – l’undicenne è scossa e di fronte alle domande della madre inizia a sudare freddo – “Io… mamma… ecco…” – spaventata dalla reazione del suo stesso corpo, la bambina lamenta improvvisamente delle forti palpitazioni e dolori al petto.

“Sei pallida come un lenzuolo. Non ti senti bene?” – si allarma la Jimenez,  controllando la temperatura corporea della bambina, ponendo una sua mano sulla fronte di lei.

“Nairo… ecco…c’è una cosa che dovrei dirti…” – intanto la compagna di Rio cerca di rivelarle l’accaduto.

“Non ora Tokyo, piuttosto…prendi Sebastìan e portalo a letto, così faccio stendere Alba sul divano” – con fare rapido e deciso, come è solita organizzare la sua vita, la donna di Bogotà sistema al meglio la sua primogenita, alzandole le gambe, temendo un improvviso calo di pressione e uno svenimento.

Terrorizzata da quanto sta accadendo, e quello che da lì a pochi minuti sarebbe potuto succedere alla sua compagna di squadra, Selene si dirige verso la stanza dei gemelli, coricando il piccolino come ordinatole. Lo libera degli abiti e lo veste con un comodo pigiama blu; con dolcezza gli rimbocca le coperte e lo bacia teneramente sul capo. Solo allora l’occhio le cade sul letto vuoto di Ginevra e il senso di colpa si trasforma in lacrime che gli solcano il viso.

“se solo fossimo stati attenti, cazzo!” – rimprovera se stessa per la distrazione, poi aggiunge, decisa – “Smuoveremo mari e monti per riportarti qui…!”

Pronuncia quelle parole fissando, determinata, la foto incorniciata alla parete che ritrae il primo compleanno dei piccolini di casa. Guardandola, molti flash le tornano alla mente, legati all’arrivo dei gemelli nelle vite di tutti. Quello che fa crollare emotivamente Tokyo è un flash, rimasto indelebile tra i suoi ricordi, vissuto in un pomeriggio invernale di quasi otto anni prima.

 

“Incinta? Dici sul serio?”

“Si, Tokyo e sono preoccupata! Se questa gravidanza dovesse andare male come l’altra?”

“Non spaventarti amica mia, il piccolo verrà alla luce sano come un pesce. La vita ti ha dato un’altra possibilità per allargare la famiglia!”

“Ehm…in realtà le possibilità sono due!” – confessa la Jimenez, emozionata.

“Cosa? In che senso?”

“Sono due gemelli e nasceranno a dicembre”

Tra lo stupore e l’euforia del momento, Tokyo le manifesta la sua commozione - “Nairobi, penso che con il loro arrivo regalerai a tutti noi e a Bogotà in primis, il più bel Natale degli ultimi anni”

“Il loro arrivo cancellerà i mesi di tristezza e dispiacere dovuti alla perdita del nostro secondo bambino”

“Il tempo cura le ferite e offre gioie come questa, che non ti saresti aspettata”

“Hai ragione, amica mia! E sai, ho deciso già che avranno anche loro i nomi di due città!”

“Così come hai fatto con Alba?”

“Esatto, e ho pensato al nome Sebastìan ,come la città basca di San Sebastìan..”

“E per una bambina?” – domanda curiosa Tokyo.

“Se ti dicessi che si trova in Svizzera?”

 

Quel flashback ricorda alla Oliveira quanto il tempo sia volato e quanto Nairobi avesse temuto per quella gravidanza, giunta a distanza di un anno da un aborto.

Sapere che la peggiore paura della sua migliore amica, ovvero quella di perdere l’ennesimo figlio, stava per realizzarsi, affligge Selene che, approfittando del momento di solitudine, piange e sfoga  la sua sofferenza.

Ed è proprio allora, in quell’attimo di fragilità, che la voce di Nairobi la pietrifica.

La gitana è alle sue spalle e le chiede – “Perché piangi? Si può sapere che cazzo sta succedendo?”

Con il cuore in mille pezzi, Tokyo si volta verso di lei mostrandole la tragedia che è appena accaduta.

Le indica il letto vuoto e a fatica pronunciare  parole che mai nessuno nella vita, neppure l’essere più crudele al mondo, meriterebbe di ascoltare.

“Ginevra è scomparsa da ore!”

“Che?” – esclama Nairobi, cadendo vertiginosamente vittima di uno stato di shock.

“Li abbiamo persi di vista due minuti, te lo giuro. Sono usciti di casa e si sono nascosti. Poi lei è… ecco… insomma… la troveremo, te lo giuro”

La gitana fissa il viso di Selene cercando di metabolizzare quanto appena udito. Le gambe le tremano, le sente indebolirsi improvvisamente, mentre avverte una fitta dolorante paragonabile a quella provata in seguito allo sparo subito nella Banca di Spagna anni addietro.

Gli occhi si coprono di un velo di tristezza tale da impedire persino alle lacrime di scendere.

Senza aggiungere nulla, né emettere un grido di rabbia, né un pianto di liberazione, Nairobi lascia la stanza di Sebastìan e corre via.

Tokyo la segue in tutta casa, cercando di esserle d’aiuto, di farle da spalla su cui sfogarsi. Eppure Agata in quei minuti non mostra lucidità. Cammina, confusamente, tra i corridoi, scruta ogni dannato angolo di quell’abitazione che, mai come in quel momento, le pare odiosamente enorme.

“Fermati, ti prego. Non è qui, abbiamo controllo ovunque”

Niente da fare! La Jimenez non ascolta, ha spento le sue emozioni e vaga senza controllo, preda di un secondo “proiettile” che ha colpito il suo cuore e che viaggia ora senza meta, distruggendo le sue più solide emozioni.

Tokyo singhiozza mentre la osserva agitarsi, con le mani nei capelli, mentre parla a se stessa come una folle – “Ginevra, vieni fuori. Non farmi arrabbiare”

Comincia solo allora ad urlare a gran voce il nome di sua figlia, convinta di averla a pochi passi da sé.

Alba, ripresasi dall’attacco di panico proprio grazie alle precedenti cure materne, raggiunge la zia all’ingresso, lì dove Nairobi manifesta ogni forma di delirio possibile.

Solo allora le due consanguinee si trovano faccia a faccia, guardandosi e specchiandosi l’una negli occhi dell’altra.

L’undicenne è spaventata dalla persona che ha di fronte e che sembra aver cancellato ogni espressione solita della gitana.

“Mammina, per favore, ascoltaci…non è qui! Non sappiamo dove sia…ma non è qui….”
La reazione di Nairobi non tarda ad arrivare.

Alza gli occhi al cielo, respirando profondamente, come a voler trattenere dei sentimenti così forti e intensi che le impediscono di ragionare. Poi inizia a ridere, una risata nervosa, a tratti inquietante, mentre le lacrime le scavano il viso.

“Alora vado a cercarla” – dopo quei minuti interminabili di silenzio e di irrazionalità, la Jimenez si dirige verso la porta d’uscita.

Le basta percorrere pochi metri per imbattersi in Bogotà, seguito a sua volta da Rio.

Moglie e marito si osservano, nessuno dei due ha la forza di proferire parola. L’ex saldatore fissa la sua compagna, trattenendo il pianto nel rivedere in lei l’esatta copia di Ginevra: gli stessi occhi grandi scuri, i capelli nero corvino, la carnagione olivastra… una somiglianza evidente anche con Axel. Ed è proprio questa similarità tra fratello e sorella ad essere da sempre la gioia e la condanna per Agata Jimenez. E’ sempre stata felice di poter ritrovare in Ginny alcuni tratti del suo primo figlio, ormai ventenne, lontano chissà dove. Però nei momenti di nostalgia, guardarla in volto le ricordava il dolore dalla distanza da Axel e la sua impossibilità di riabbracciarlo.

Bogotà avanza verso di lei a braccia aperte, pronto a stringerla a sé. Avverte proprio il bisogno di sentirla vicina, di respirare il suo profumo, di ricevere dalle sue labbra il calore familiare, specialmente di condividere un momento così difficile insieme.

Purtroppo Bogotá non ottiene dalla moglie la risposta attesa. La donna carica di rabbia, di dolore, di frustrazione, lo schiva, ignorando il contatto fisico, riprendendo il cammino da sola.

Così l’uomo, assieme a Tokyo e Rio, osserva la gitana allontanarsi, sentendosi impotente e sconfitto da una vita bastarda che non dà pace a nessuno, tantomeno ad una mamma, da sempre roccia inscalfibile, costretta a portare alla luce le sue più profonde fragilità…fragilità correlate al legame speciale con i suoi figli.

E così Agata percorre in solitudine l’intero quartiere, illuminata dalle luci dei lampioni di quel quartiere, nella città australiana di Melbourne, che le ha donato stabilità e gioia per quasi dodici anni e che improvvisamente si è trasformato nel suo più grande incubo.

   
 
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