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Autore: MaryFangirl    19/04/2021    1 recensioni
Kaede Rukawa riflette sulle relazioni e sulla propria natura apatica, che considera come un principio secondo cui vivere: dopo due anni, si ritrova su un aereo diretto a Kanagawa.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Haruko Akagi, Kaede Rukawa, Yohei Mito
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Kaede Rukawa era seduto scomodo in economy class, imprecando mentalmente contro la donna al check-in per avergli rifilato deliberatamente il posto vicino al finestrino dopo averlo rassicurato sul suo posto selezionato verso il corridoio. Strizzò gli occhi mentre spostava lentamente lo sguardo accanto a sé, sperando internamente che il sedile accanto a lui restasse vuoto. All'improvviso, come se fosse stato chiamato, un uomo muscoloso arrivò brancolando goffamente sul sedile, le mani occupate dai bagagli. I suoi movimenti scossero praticamente l'aereo mentre riponeva frettolosamente le valigie nello scompartimento sopraelevato. Guardò Kaede, fissando attentamente gli occhi su quel bel ragazzo. La sua espressione fu inizialmente di sorpresa, poi di colpo diventò imbarazzata. Kaede gli lanciò un'occhiata minacciosa, che gli fece immediatamente distogliere lo sguardo da lui.
 
“Scusami, ragazzo, mi serve spazio” l'uomo procedette a buttare il suo zaino gigante sotto il sedile,
spingendo il ragazzo con maggiore insistenza verso il finestrina, mettendolo praticamente all'angolo. Kaede lanciò un'occhiataccia all'uomo, il suo sguardo emetteva un livello di irritazione che sembrò catturare l'attenzione degli altri passeggeri, ma venne ignorato dall'uomo che si mise a sfogliare con disinvoltura la rivista di bordo.
-Deficiente- imprecò mentalmente Kaede. Se lo spazio non fosse stato così angusto, forse avrebbe dato il via a una rissa. Ma in fondo, così tanta energia sarebbe stata sprecata per un individuo così banale.
 
Kaede si appoggiò allo schienale del sedile, incrociando le braccia contro il petto mentre ricordava gli eventi che lo avevano portato a quel volo di 13 ore per tornare in Giappone. I dettagli non erano chiari ma ricordava i sogni, la sagoma di una figura familiare e un lampo rosso. Era uno schema ricorrente; i rimasugli di un certo individuo turbolento sembravano trovare la loro strada nella sua psiche. All'inizio si trattava di ricordi casuali, ricordi che gli rammentavano il crescente attaccamento tra lui e la testa rossa. Sguardi impacciati, confessioni silenziose e accettazione riluttante, il tutto aveva richiesto circa un anno. Ma più cercava di resistere ai suoi pensieri, più apparivano evidenti, come un'ondata di ricordi inesorabili che improvvisamente lo investiva.
 
Kaede fissò il biglietto che aveva in mano. Sospirò; i suoi occhi lanciarono uno sguardo esitante allo schermo di fronte a sé mentre si copriva stancamente il viso con la mano. Kaede aggrottò le sopracciglia, realizzando improvvisamente quello che la sua decisione suggeriva, come se avesse intenzione di rincorrere la sua passata relazione. Scosse leggermente la testa, affermando a se stesso che ciò era lontano dalle sue volontà.
 
Erano passati due anni dalla loro separazione e conoscendo Hanamichi, l'ultima cosa che avrebbe voluto vedere era la faccia di Kaede Rukawa di ritorno in Giappone.
 
Erano passati due anni da quando aveva lasciato Kanagawa e non aveva mai pensato di tornare indietro. La verità era che intendeva rimanere in America il più a lungo possibile, o almeno fino a quando non avesse raggiunto lo scopo che desiderava. La decisione di tornare era ordinaria, normale per la maggior parte degli standard. Alcune sere Kaede se ne stava in silenzio sul suo balcone, a osservare la visione notturna e iridescente di New York City, assorbendo i forti clacson e i lamenti delle sirene nella città insonne. Alcune notti si ricordava della differenza tra Kanagawa e l'America, e alcune notti gli mancava la semplicità del Giappone e la natura più calma di quello stile di vita.
 
Era passato un mese da quando aveva ricevuto una lettera da casa. I suoi genitori lo imploravano di tornare a casa perché sentivano la mancanza del loro unico figlio e gli avevano chiesto di farsi vivo per un'imminente riunione di famiglia. All'inizio aveva rifiutato, disinteressato ai piani che i suoi genitori lo convincevano sempre a mettere in atto.
 
Era stato un po' in conflitto, rassicurandosi che tornare avrebbe solo rallentato i suoi progressi. Ma forse una parte di nostalgia di casa lo aveva spinto ad acquistare i maledetti biglietti aerei. O forse era stato posseduto. In ogni caso, si era promesso che si sarebbe trattato solo di una breve visita.
 
Due anni erano un periodo lungo durante il quale rimanere lontani. Si domandò delle persone che conosceva e si chiese quanto le cose fossero o meno cambiate.
 
“Mi scusi” un leggero colpetto lo strappò rapidamente dai suoi pensieri. Kaede sbatté le palpebre quando noto che la hostess gli sorrideva vivacemente. “Può sollevare il finestrino, per favore? Stiamo per atterrare”
 
Kaede eseguì mentre i suoi occhi si strinsero per l'improvvisa luce accecante che penetrò dal finestrino.
 
“Signore? Signore, si svegli” l'hostess cercò di scuotere l'uomo accanto a Kaede per farlo svegliare. Con un rapido movimento, Kaede gli rifilò una gomitata. “Eh? Che succede?” l'uomo dagli occhi appesantiti esaminò l'ambiente circostante e notò Kaede che guardava intensamente fuori dal finestrino mentre l'hostess indicava l'insegna delle cinture di sicurezza illuminata. “Stiamo atterrando; per favore, raddrizzi il sedile”
L'uomo imprecò, irritato, e posizionò il sedile verticalmente.
 
Kaede si legò la borsa della Nike alle spalle trovandosi in mezzo alla fila di persone che reclamavano caoticamente i loro bagagli.
“Mi scusi, può aiutarmi per favore?” una ragazza bionda dagli occhi azzurri cercava invano di raggiungere la sua borsa in alto. Kaede la recuperò dallo scompartimento e porse alla ragazza il suo bagaglio rosso. “Grazie” sorrise lei educatamente prima di fermarsi un attimo a guardare attentamente il suo eroico sconosciuto. I suoi occhi si spalancarono ammirati quando notò i suoi bei lineamenti e la sua corporatura forte. Le sue guance diventarono rosso cremisi e i suoi occhi brillarono, istantaneamente incantati.
 
“Intende prenderla?” chiese Kaede semplicemente, con la borsa ancora in mano.
 
Lei afferrò in fretta il bagaglio e si diresse verso l'uscita, guardando di sfuggita Kaede un'ultima volta, sorridendo sfacciatamente prima di scomparire dalla visuale.
 
Kaede camminò con sicurezza lungo le strade familiari di Kanagawa, segretamente grato di essere riuscito a rientrare poco prima di mezzogiorno. Mentre osservava gli edifici noti, pensò all'America e alla sua prima settimana di adattamento alle strade energiche di New York. Il rumore, le persone, lo skyline e lo stile di vita elettrizzante erano molto da assorbire per un semplice ragazzo. Ma lentamente si era abituato alla città, alle persone e alla cultura. Tuttavia, c'erano state volte in cui aveva trovato difficile adattarsi a un luogo in cui le persone erano così informali.
 
Per una persona riservata come Kaede, era un passo al di fuori della sua comfort zone. Certo, amava il suo spazio personale come avrebbe fatto qualsiasi introverso, ma ciò non lo rendeva propriamente un eremita.
 
Stabilirsi in un altro paese era stata una delle cose più impegnative e strane che Kaede avesse mai vissuto. Senza contare l'inevitabile necessità di adeguarsi all'uso della lingua inglese. Si era pentito di non aver prestato attenzione durante le lezioni di inglese dato che era sempre stato beccato a dormire. Parlare era già abbastanza difficile, ma farlo in un idioma che sembrava così distante dalla sua lingua non era solo crudele quanto imbarazzante. Per un po' era stato terrificante, poi era diventata un'opzione a cui era stato in grado di uniformarsi.
 
Kaede sbadigliò, portandosi una mano alla bocca. I suoi occhi scrutarono l'ambiente circostante, fermandosi per osservare una struttura familiare dall'altra parte della strada. Si avvicinò ai cancelli aperti di quella che sembrava essere una scuola. Sulle pareti, un cartello diceva 'Liceo Shohoku'. Kaede si fermò e fissò il vecchio edificio. Fino ad allora, non aveva realmente pensato a cosa quella scuola significasse davvero per lui. In passato, non gli era importato di dove avesse deciso di andare; tutto ciò che contava era entrare nella squadra di basket. Ma osservando quel posto ora, si chiedeva se sarebbe stato lo stesso se fosse andato al Ryonan o al Kainan.
 
“R-Rukawa?” lo chiamò una voce femminile, il tono tra l'interrogativo e l'incredulo. Kaede si voltò e vide una ragazza dai capelli castani con luminosi occhi marroni che lo fissavano genuinamente sconvolti. I suoi occhi erano sbarrati e la sua bocca era aperta. Lui la guardò, le sopracciglia aggrottate, mentre cercava disperatamente di ricordare il suo viso.
 
-Oh, è la sorella del capitano...- pensò finalmente, imbarazzato dal fatto di non ricordare il suo nome.
 
“Sei tornato!” Haruko lo fissò con occhi spalancati, avvicinandosi all'alta figura. Kaede annuì semplicemente e fissò la ragazza. “È passato molto tempo, vero?”

“Più o meno”

“Com'è l'America? Ti piace?” chiese la ragazza entusiasta, lo sguardo raggiante per l'impazienza e la curiosità. Kaede si strinse nelle spalle e si strofinò la nuca incerto. “È...diversa”
 
“Sembra eccitante!” esclamò Haruko, battendo le mani con aria infantile. “Come stai, Rukawa? Non abbiamo sentito molto di te da quando sei partito per l'America”

Kaede si agitò leggermente, ricordando i numerosi tentativi falliti di inviare della posta. “Oh, sono stato impegnato...”

Haruko annuì, il sorriso ancora stampato sulle labbra. “Certo, immagino non sia stato facile. La squadra parla ancora di quanto fossero orgogliosi. Dovresti fare un salto a vedere gli altri. È l'ultima stagione di Sakuragi allo Shohoku e dato che Miyagi e Mitsui rimarranno per un anno finale, è la loro ultima stagione insieme”

“Ah, capisco” disse Kaede pensieroso.
 
Haruko fissò Kaede, i suoi occhi tracciarono attentamente i suoi lineamenti; dalla sua pelle di porcellana ai suoi capelli nero corvino che sembravano sempre coprire leggermente i suoi occhi color cobalto. Notò che era ancora bello come sempre e la sua espressione ancora indifferente, come quando si era innamorata di lui per la prima volta.
 
La ragazza gli sorrise, felice del suo ritorno. Kaede percepì lo sguardo su di sé ma guardò goffamente altrove sperando di spezzare quel contatto che lo metteva a disagio.
 
Bzzz...bzzz...
 
“Oh, sono in ritardo” disse Haruko fissando il telefono che teneva in mano. “È stato bello rivederti, Rukawa” si inchinò cortesemente, sorridendo allegra un'ultima volta prima di allontanarsi. Lui la osservò mentre camminava, continuando a salutare freneticamente. “Vieni a trovarci, okay!”
Kaede riuscì solo ad alzare la mano prima che la ragazza scomparisse dalla sua vista. Rimase lì per breve tempo, elaborando ciò che era appena accaduto prima di procedere sul suo cammino.
 
Dopo un po' raggiunse un'abitazione dall'aspetto modesto. Rimase lì, a familiarizzare con la casa di fronte a sé. Esaminò attentamente la struttura mentre diversi pensieri gli giravano per la mente. Strinse saldamente la borsa ed emise un pesante sospirò mentre procedeva per entrare nel cancello della casa.
 

 
  
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