Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Madeleine_Smith_Choppi    20/04/2021    2 recensioni
C’era qualcosa di profondamente sbagliato in lui, ed Eren ne era a conoscenza.
Non era il fatto che la sua pelle si rigenerasse anche dopo aver perso un intero arto.
Non erano nemmeno gli incubi, o la voce di suo padre che lo faceva sobbalzare nel sonno, intento a svelargli un mistero con parole che per quanto si sforzasse non riusciva a carpirne il significato.
Eren si sentiva sbagliato.
Fuori posto.
Incompreso.
Ma c’era un posto che lo faceva sentire dannatamente giusto, libero. Uno solo.
.
-“E adesso Eren, ti senti ancora come un Dio?”-
.
.
.
[EREN!centric][Ereri/Riren]
[Spoiler!]
Genere: Angst, Erotico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Note: consiglio durante la lettura l’ascolto della canzone che mi ha ispirato: Halsey – Young God
Note2: è consigliata la lettura a chi è in pari con la fine del manga. (non ci sono spoiler espliciti ma riferimenti alla fine del manga).
 



 
 
Do you feel like a Young God
 



 
He says Oh, baby girl, you know we're gonna be legends
I'm the king and you're the queen and we will stumble through heaven
If there's a light at the end, it's just the sun in your eyes
I know you wanna go to heaven but you're human tonight
 
 

Il petto era pesante. Troppo pesante. Ansimava alla ricerca spasmodica dell’aria, le labbra erano secche per lo sforzo, i palmi sudavano e si attorcigliavano alle coltri intrise del suo stesso calore.
Eren Jaeger si svegliò di soprassalto, alzando con uno scatto la schiena umida dal giaciglio, stringendo tra le dita di una mano la coperta di lana e portando l’altra automaticamente al petto, che si alzava e abbassava troppo velocemente.
Gli doleva a ogni respiro, come se avesse appena rischiato di annegare in uno dei suoi frequenti incubi.
Ogni notte la rivedeva.
Sempre la stessa scena.
Sempre lo stesso dolore che sembrava così reale, di nuovo. Ancora e ancora.
Le fauci che affondavano nella carne tenera della madre, il sangue che zampillava e sporcava ogni anfratto della sua mente, il sorriso inquietante di quel mostro che continuava ad avanzare.
Poteva sentire i suoi passi e la terra tremare come se si trovasse ancora al suo cospetto, indifeso come la prima volta.
Ed Eren soffriva così tanto ogni volta, si risvegliava con le unghie conficcate nei suoi stessi palmi, infliggendosi un ulteriore dolore. Per fortuna non si era mai trasformato mentre dormiva, o lo avrebbero ucciso sul serio.
Doveva mantenere il controllo ad ogni costo.
 
Ironico.
Questo aveva pensato la prima volta in cui si era ritrovato solo in quella cella sperduta negli umidi sotterranei, dopo aver appreso le sue potenzialità.

Ironico.
Che Lui, che aveva perso la madre per colpa di uno di quei mostri  – che per inciso sognava ogni notte – si fosse ritrovato a farne parte.

Ironico.
Come da quel momento l’umanità iniziò ad usare il mostro che celava sotto la sua giovane pelle per sconfiggere un nemico dalle sue stesse sembianze.

Ironico.
Perché Eren iniziò a usare la forza del suo gigante per sterminare ogni mostro che incrociava il suo cammino, sapendo bene di avere una lama che pendeva sulla nuca, pronta a scattare al primo fatidico errore.

Ironico, perché né Armin né Mikasa potevano aiutarlo, per quanto ci provassero, per quanto avessero vissuto la stessa cosa. Eren era solo.

Eppure Eren Jaeger, nonostante i continui incubi, nonostante la lama immaginaria – ma non troppo – che pendeva perennemente sulla sua collottola, nonostante la paura di fallire, continuava a impugnare le sue lame seguendo con totale devozione gli ordini del Capitano Levi Ackerman.
Levi Ackerman. Il soldato più forte dell’umanità.
L’uomo di ghiaccio.
L’uomo imbattibile.
Eren ne aveva sentite molte sul suo conto.
Aveva sentito del suo passato.
E forse era proprio per quello che riusciva a non sentirsi giudicato per la sua sete di vendetta e di sangue quando incontrava i suoi occhi grigi e duri.
Levi Ackerman non ci avrebbe pensato due volte a tranciargli il collo. Né avrebbe fatto troppa fatica.

Eppure, c’era qualcosa di stranamente rassicurante nell’essere guidato da un uomo come lui.
Forse dipendeva tutto dalla sua fama che lo precedeva in ogni angolo del regno, o forse dal fatto che incutesse effettivamente timore; Eren non lo sapeva.
Ma ogni giorno passato a combattere al suo fianco lo faceva sentire euforico, lo faceva sentire parte della leggenda del corpo di ricerca.
E quando aveva il permesso di trasformarsi, prendendo a calci i giganti che incontrava, si sentiva potente.
Invincibile.
 
 
-Eren, ti atteggi come un Dio, ma non sei invincibile –
 

But do you feel like a young God?
You know the two of us are just young Gods
 
 

C’era qualcosa di profondamente sbagliato in lui, ed Eren ne era a conoscenza.
Non era il fatto che la sua pelle si rigenerasse anche dopo aver perso un intero arto.
Non erano nemmeno gli incubi, o la voce di suo padre che lo faceva sobbalzare nel sonno, intento a svelargli un mistero con parole che per quanto si sforzasse non riusciva a carpirne il significato.
Eren si sentiva sbagliato; solo. 
Fuori posto.
Incompreso.

Ma c’era un posto che lo faceva sentire dannatamente giusto, libero. Uno solo.
E Mikasa, Armin, Jean e tutti gli altri, non ne facevano parte.
Era un posto tutto suo.

E ne era dannatamente geloso.
Lo custodiva come il segreto più prezioso, l’unica cosa che riusciva davvero a fargli svuotare la mente da ogni pensiero, preoccupazione e paura.

Ed era ironico.
Perché quel posto era assolutamente sconveniente.

Era l’ultimo posto che avrebbe dovuto donargli quelle sensazioni. Le ultime mani che avrebbe mai potuto immaginare su di sé, a strappargli con una dolce irruenza la sua verginità, a farlo ansimare in modo così osceno e a fargli inarcare la schiena e schioccare le vertebre ad ogni spinta.

Eren Jaeger non avrebbe mai immaginato che qualcuno sarebbe riuscito a sottomettere il suo gigante, a zittire la sua sete di sangue e vendetta, anche se solo per una notte – ma abbastanza perché potesse accasciarsi stanco e sprofondare in un sonno senza incubi – .
Ma soprattutto, non avrebbe mai immaginato che sarebbero state proprio quelle mani: piccole e forti, le stesse che impugnavano le lame che pendevano sul suo collo ogni giorno.
Non ricordava bene nemmeno come fosse iniziato quel circolo vizioso.
Le sue sinapsi erano confuse. Ricordava però che era stato lui ad avventarsi sulle labbra del suo capitano. E non se ne era pentito.
Eren non si pentiva.
Non più.

Aveva deciso di essere forte e avrebbe accettato ogni conseguenza di ogni suo stupido gesto.
Ma quando afferrò il fazzoletto candido del capitano, per strattonarlo con rabbia verso di sé,  – il cervello spento e il corpo comandato solo da un viscerale istinto – aveva capito che quella era stata la scelta più giusta.
Levi riusciva ad annientare ogni suo pensiero coerente, spegneva il fuoco che divampava nelle sue vene solo per accenderne un altro totalmente diverso e notevolmente più appagante della vendetta.

Ed era proprio nel momento in cui le mani di Levi gli stringevano spasmodicamente le cosce ed affondava in lui velocemente e senza gentilezza, facendolo inarcare, che Eren si sentiva invincibile.
Potente e completo.  
Libero dal peso che portava.
Eren non era più solo.

Si sentiva morire e poi risorgere tra quelle mani che erano le sole ad avere quel potere.
La sua fame moriva e si riaccendeva sulle labbra di Levi, nei suoi gesti prima calmi e poi irruenti.

Era facile dimenticare di essere un mostro sotto le spinte del capitano. Era semplice sorridere a Mikasa ed Armin durante le ronde o gli addestramenti dopo che Levi aveva spento l’incendio che consumava la sua anima. Era più facile rincorrere la libertà col cuore un po’ più leggero.

Era ironico;
Levi era il suo aguzzino e il suo salvatore.
Gli incuteva timore e gli faceva perdere e ritrovare il controllo.

Era ironico il fatto che un uomo giudicato tanto freddo, sapesse scaldarlo così tanto.
Era ironico il fatto che Eren si sentisse al sicuro tra le braccia di Levi, tanto da abbassare ogni sua difesa.

Ed era bello vedere Levi abbassare le proprie nello stesso momento. Sarebbe stato facile ferirsi; affondare di più i denti nel suo collo, ingoiare la carne tenera del più grande e affermare la sua supremazia. Ma era più bello sentire le sue dita scivolare lungo la sua spina dorsale, le sue labbra cercarlo fameliche, i loro respiri affaticati riempire quella stanza fatta di mattoni e pietre.

Era appagante perdersi nel candore dell’orgasmo e mettere in pausa la frustrazione, i pensieri e i piani per raggiungere la vittoria.
Era bello il lato umano che lui e Levi nascondevano con tanta dedizione.
Era bello perdersi in quei gesti dopo giornate intere di esperimenti, fallimenti e finti sorrisi.

A volte Eren voleva solo arrendersi, ma poi vedeva i suoi amici, i suoi superiori, che contavano su di lui. E rivedeva se stesso da bambino, che correva spensierato all’ombra di quegli alberi.
Rivedeva il sorriso gentile di sua madre e sapeva che non poteva arrendersi, nemmeno quando faceva troppo male.

In qualche modo però, Levi sapeva sempre la cosa giusta da fare o da dire, nonostante fosse un uomo di poche parole.
Lo seppe anche quando finalmente videro il mare.
Peccato, che le sue fossero solo parole.


 
-“Al di là delle mura c’è il mare… e al di là del mare c’è la libertà, questo è quello che ho sempre pensato… ma mi sbagliavo, al di là del mare c’è il nemico” – “Dimmi, se uccidessimo tutti i nemici che ci sono dall’altra parte, noi saremmo finalmente liberi?” –


Nessuno gli rispose.



He says, "Oh, baby girl, don't get cut on my edges
I'm the king of everything and oh, my tongue is a weapon
There's a light in the crack that's separating your thighs
And if you wanna go to heaven you should fuck me tonight"



Eren stava diventando un uomo forte.
Ma Levi lo era di più, lo era sempre stato.
Lo aveva dimostrato quando aveva lasciato andare Erwin, dandogli un silenzioso addio.
Da quel momento il loro rapporto era diventato complicato.
Turbolento. Altalenante tra la comprensione e il rancore che innalzava muri invisibili tra loro.

Levi questa volta non poteva capire, non fino in fondo.

La sensazione che quell’incendio divampasse ancora nella sua anima lo tormentava. La consapevolezza delle conseguenze di ogni suo gesto lo sfiniva.
Lo sguardo perplesso di Levi e dei suoi amici che gli si posava addosso lo facevano sentire frustrato.

Sentiva ogni giorno la sua vitalità scivolargli dalle mani come granelli di quella sabbia che aveva avuto occasione di tenere solo una volta tra le mani.
Tutto quello che avevano fatto, lo avevano fatto nel nome della libertà.

Era ironico che si ritrovassero ancora più ingabbiati, in una verità troppo amara da accettare.
Eren lo sapeva, stringeva i denti e indossava la sua maschera di finta indifferenza.
Lo aveva imparato da Levi.
Aveva imparato a mentire.
Aveva imparato a leggere il volto di ognuno dei suoi compagni, dei suoi alleati e dei suoi nemici.
E aveva imparato a soffrire in silenzio, a non destare sospetti.

Nessun pianto, nessun urlo rabbioso.
Nessuno sfogo.

Eppure, quando conobbe il suo destino, prese la sua ultima decisione stupida.
Tornò in quel posto, per l’ultima volta.

Ignorò le silenziose domande dell’uomo che lo aveva guidato per gli anni più belli della sua giovane vita, assaporò per l’ultima volta il sapore della sua pelle e il suo profumo maturo e pulito.
Sentì le sue mani sfiorargli per l’ultima volta ogni anfratto di pelle tesa e disumanamente calda, le dita percorrere percorsi invisibili sulla sua schiena.
Eren affondò per l’ultima volta i polpastrelli nelle ciocche nere dell’uomo, senza sentirle davvero.
Lasciò che spegnesse l’incendio che lo stava consumando in silenzio da troppo tempo.
Abbracciò nelle sue membra la sua presenza e si rese conto che la libertà aveva un sapore decisamente diverso da quello che si era sempre immaginato da bambino.
Che abbattere quelle mura, aveva un prezzo molto più alto di quello che avevano anche solo osato immaginare.
Che quella volta, spegnere l’incendio non sarebbe bastato per zittire i suoi demoni.



But do you feel like a young God?
You know the two of us are just young Gods
 

Quella volta, Eren Jaeger era solo. Di nuovo.
Era solo mentre si lasciava sopraffare dalle mani calde del corvino; era solo mentre la sua mente si spegneva per qualche attimo, ed era solo quando si alzò dalle coltri nel pieno della notte ed uscì dalla stanza del capitano senza nemmeno salutarlo.

Era solo quando si appoggiò contro il legno duro della porta. Nella sua mente scattava un addio silenzioso a quella che era stata la sua casa, la sua patria, i suoi amici e il suo amante.

Era solo a osservare dall’alto quel che rimaneva della sua vita passata, mettendo in ordine i tasselli di ogni ricordo che gli inondava la mente, di ogni previsione, di ogni possibilità. Osservava l’alba con lo sguardo vuoto di chi sapeva che non aveva via di fuga, sapeva di dover perdere per giungere alla vittoria.
Si sentì vuoto quando la testa per un attimo tornò ad essere quella di Eren Jaeger, un ragazzo alla fine dell’adolescenza, pieno di sogni e speranze e si rese conto che non ne avrebbe realizzata nemmeno una.
Era per quel motivo se l’ultima cosa che aveva fatto prima di andarsene era ricongiungersi con Levi.
Levi che con i suoi modi bruschi e la sua lingua tagliente aveva sempre quietato il suo animo; Levi che con le sue mani gentili ma decise gli avevano ridato un po’ di pace e lo avevano reso un uomo.
Levi che era cambiato con gli anni.
Rimanendo pur sempre austero, a occhio esterno impenetrabile ma Eren aveva imparato a leggere le sue emozioni.
E aveva voluto dirgli addio a quegli occhi. Loro meritavano un addio, prima che l’odio consumasse ogni ricordo.

Era solo, quando i suoi piedi si mossero verso il suo destino, alla ricerca della libertà che tutti avevano sempre desiderato, ma che Eren aveva bramato più di tutti.
Era solo quando iniziò il suo sacrificio, nella mente portava il sorriso di Mikasa, gli occhi intelligenti di Armin e le mani fiere e coraggiose del capitano: erano la motivazione giusta per andare avanti e ignorare il dolore martellante nel petto.
Era giusto il sacrificio che stava compiendo.
Era un sacrificio in nome della libertà. In nome della patria. Nel nome di suo padre e di sua madre. Nel nome di tutti quelli che avevano sacrificato la loro vita per quell’ideale dal sapore amaro e pungente.

Era forte Eren, ma dentro si sentiva immensamente Debole.
Rise, ricordando nella sua mente le parole poco gentili che gli aveva riservato Levi durante gli addestramenti e le missioni fuori dalle mura e a come lo avevano plasmato giorno dopo giorno.
Gli sarebbe mancato Levi. Gli sarebbero mancati tutti, tanto da mozzargli per un attimo il fiato.
Dopotutto, Eren Jaeger era ancora un moccioso seppur carico di un peso enorme sulle spalle.
Faceva male. Faceva dannatamente male; ma lo avrebbe portato ancora e ancora, per proteggere il sorriso di Mikasa e Armin e per donare la libertà a Levi ed Hanji. Per dare un significato a tutte quelle morti e a quelle battaglie.


 
Ed era ironico.
Perché tutto ciò per cui avevano combattuto assieme era stato inutile.
Era lui ad avere il potere di un Dio: lo aveva ricercato, bramato, ottenuto con sacrificio, sudore e fatica.
Ma era ironico;
Perché l’eroe nonostante tutto, non sarebbe mai stato Lui.
 
 
 
-“E adesso Eren, ti senti ancora come un Dio?”-
 


 

 
Note dell’autrice:
Ormai sono passati parecchi giorni dalla fine di AOT e non riesco proprio a riprendermi.
Sono sconvolta perché Eren non l’ho mai amato come personaggio, ma alla fine mi ha fatto una gran pena, avrei voluto abbracciarlo…
E niente, ho finito di scrivere questa cosa alle 3.06 del mattino. Quindi abbiate pietà di me se ci sono errori o se non è un granché; ad ogni modo, so che Eren e Mikasa one love forever ma onestamente a me non piacciono come coppia, quindi ho deciso che Eren bombava con Levi. Non so se è uscito qualcosa di decente, ma mentre nella mia insonnia ascoltavo la mia playlist di Halsey all’improvviso mi sono tirata su e ho iniziato a scrivere quello che mi diceva la testa.
Scherzi a parte,
mi sento veramente triste per la fine di AOT. T.T
Mi mancano tantissimo tutti quanti, voi come state sopravvivendo?
Spero sia stata di vostro gradimento, se vi va fatemi sapere cosa ne pensate e grazie per aver letto <3
Alla prossima ,
-Mad 
   
 
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