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Autore: mgrandier    20/04/2021    7 recensioni
La vita è un rincorrersi di fasi differenti, nelle quali si alternano sentimenti, emozioni e priorità diverse, che ci inducono a compiere scelte e finiscono per dare un’immagine di noi parziale, evidenziando un aspetto piuttosto che un altro. Per questo, in un puzzle di fasi e punti di vista, ogni storia corre tra alti e bassi e modifica continuamente lo spunto per la lettura di quello che sta accadendo; per questo, volta per volta, è questione di …
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Nuovo personaggio, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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31. … casa
 
- Quando mio padre ti ha chiesto cosa avessi intenzione di fare durante questi giorni a Nankatsu e tu gli hai risposto che avresti semplicemente rapito Yuki per tenerla con te finché non fosse arrivato il momento di partire per Amburgo, per poco non mi soffocavo con quello che stavo bevendo! –
Tsubasa guida agile tra le vie dei quartieri residenziali di Nankatsu e lancia un’occhiata di traverso a Genzo, seduto al suo fianco, provocandolo bonariamente.
- Ho voluto essere chiaro. – Genzo si spiega e assottiglia lo sguardo in una espressione furba –   Gli avevo già detto che sono qui per lei e lui stesso ha ammesso che Yuki ha bisogno di distrarsi dallo studio: mi sembrava un’ottima occasione per ottenere quello che volevo. Se si fosse opposto, avrebbe rimangiato quello che mi aveva detto poco prima che arrivaste. –
- La mamma però non sembrava esattamente dello stesso parere … - Yuki si sporge in avanti sostenendosi al sedile di Genzo - … non credo che ne avessero parlato prima, né che avessero anche solo considerato la questione, ma probabilmente non ha voluto contraddire papà. –
- Non l’hai lasciata nemmeno fiatare! – si intromette Sanae con un’alzata di spalle – Ti sei fiondata a preparare i bagagli senza nemmeno sapere dove esattamente sareste andati, ringraziando tuo padre che aveva a mala pena annuito come se non stessi aspettando altro che fuggire, senza lasciare a tua madre il tempo di dire nulla, ma ti sei persa le occhiate che lei ha dato poi a me, come a verificare che io ne sapessi qualcosa di più. –
- Non ne sapevo di più nemmeno io, – ammette candidamente Genzo, provocando l’ilarità di Tsubasa e l’incredulità di Sanae – ma non potevo lasciarmi sfuggire il momento propizio: adesso abbiamo tutto il tempo che vogliamo per organizzare qualche giorno di vacanza insieme. –
Yuki osserva il suo profilo soddisfatto e allunga un braccio fino a sfiorargli la spalla richiamando la sua attenzione – La tua famiglia è alla villa? –
- I miei genitori dovrebbero arrivare attorno al 26[i], mentre Eiji[ii] e la sua famiglia vivono lì ma trascorreranno questa settimana dai parenti di sua moglie, a Sapporo, perciò noi avremo qualche giorno di pace e potremo andare in centro a fare passeggiate e acquisti, rilassarci … insomma, siamo liberi. Oppure potremmo andare a Saiko, sul lago: conosco abbastanza bene la zona. –
Tsubasa ferma la marcia di fronte ad un semaforo rosso, smanetta un istante con la radio e poi si volta verso l’amico – Non dimenticatevi l’uscita Nankatsu: credo che Ishizaki stesse organizzando per il 28 nel solito locale. –
- Mi basta riuscire a passare almeno Natale in pace con Yuki[iii]. – la cerca con lo sguardo e trattiene la sua mano sulla propria spalla, stringendola appena e trovando subito la sua approvazione – Se anche dovessimo optare per il lago, per il 28 saremmo di ritorno. -
L’auto riparte e svolta per costeggiare una recinzione chiusa da una siepe imponente e ben curata, fino a fermarsi in prossimità di una cancellata oltre la quale Yuki riconosce il profilo elegante della villa di famiglia di Genzo.
– Eccovi a destinazione. – annuncia Tsubasa voltandosi a cercare Yuki, mentre Genzo sta già aprendo lo sportello per scendere dall’auto – Mi raccomando: niente libri! –
Lei gli sorride di rimando, scuotendo il capo – Ho portato solo qualche appunto per un po’ di ripasso e il romanzo che sto leggendo, ma … -
- … ma penserò io a distrarti, Yuki. – termina Genzo aprendo la portiera posteriore, invitandola a scendere, e poi passa al bagagliaio per occuparsi del suo trolley – Non sono certo volato qui da Amburgo per stare a guardarti china sui libri. –
Stringe la sua mano per accompagnarla mentre lascia l’auto e si china a salutare gli amici che li hanno accompagnati – Grazie, Tsubasa. E grazie anche a te, Nakazawa. Ci sentiamo presto. -
Yuki segue ogni suo gesto, in silenzio; nonostante lui sia comparso da alcune ore e lei abbia trascorso con lui, con la famiglia e con Sanae l’intero pomeriggio, ancora fatica a capacitarsi del fatto che Genzo sia veramente di nuovo al suo fianco. Si lascia condurre per qualche passo, avverte il suo braccio circondarle le spalle e risponde quasi meccanicamente ai saluti di Sanae e Tsubasa, osservando senza parlare la piccola auto ripartire e allontanarsi lungo la via, fino a sparire oltre l’incrocio in fondo alla strada.
Solo quando sente l’abbraccio farsi più saldo sulle sue spalle, Yuki realizza davvero di essere rimasta con lui, finalmente insieme dopo tante settimane di separazione, e allora si volta, cerca il suo sguardo e trova il suo sorriso, le labbra morbide tese in una espressione di una dolcezza unica, solo sua, che poi si muovono in un invito che non può rifiutare.
- Entriamo? –
 
Osserva il parco attraverso una delle grandi finestre aperte sulla proprietà di famiglia e lo sguardo scivola sull’erba curata, un tappeto morbido che diventa imperfetto in prossimità della struttura metallica della porta dove Genzo si allenava da ragazzino. Il metallo smaltato di bianco brilla sotto la luce calda dei lampioni che corrono lungo la recinzione e nel cono d’ombra riesce appena a scorgere i sostegni che certamente portano lampade ben più potenti, destinate agli allenamenti serali di cui ha sentito parlare in passato. Ha un vago ricordo dei discorsi di Tsubasa e dei compagni in cui si faceva cenno al fatto che Genzo non si allenasse solo con la Shutetsu, ma soprattutto con il suo mentore, ma non aveva mai realizzato cosa significasse veramente quel dettaglio che ora invece si è concretizzato sotto i suoi occhi. Genzo deve essere cresciuto tra quei pali dedicando ore e ore della sua vita al suo ruolo, in un intreccio dove determinazione, talento naturale e spirito di sacrificio hanno realizzato la struttura portante di ciò che è diventato. Riesce quasi ad immaginarlo, ripensando agli scorci di quella famigerata partita con la Nankatsu e si lascia sfuggire un sorriso di fronte all’idea di quel ragazzino inavvicinabile per il quale Tsubasa aveva solo parole di assoluta ammirazione, che ora è cresciuto nell’uomo che ama e del quale non può fare a meno.
Il rumore del getto dell’acqua, oltre la porta della stanza da bagno, richiama la sua attenzione; resta come in attesa, giocando con i capi della cintura dell’accappatoio e poi, quando le giunge la voce di Genzo che prende a cantare sotto la doccia, soffia un lungo sospiro, quasi commossa nel riconoscere un dettaglio che la riporta direttamente a lui, al ragazzo che ha conosciuto, a cui si è legata in modo viscerale durante le settimane trascorse insieme, di cui si è innamorata senza nemmeno rendersene conto e che, deve ammetterlo, aveva temuto di non poter ritrovare.
E’ frastornata dagli avvenimenti della giornata, dall’arrivo inatteso di Genzo, dal pomeriggio trascorso con Tsubasa e Sanae, dalla sua proposta di fermarsi alla villa per poi spostarsi sul lago; tuttavia, ora che è sola con lui si sente come catapultata ad Amburgo. Non riesce a spiegare la ragione della propria sensazione, ma da quando si sono ritirati in camera, ha come l’impressione di essere tornata a casa, perché tutto, attorno a lei, ora parla di lui.
Deve ammettere di essere rimasta intimidita, in principio, dalla grande residenza della famiglia Wakabayashi, dall’immenso atrio a doppia altezza, dalla scala con la ringhiera in bronzo decorato, dalle dimensioni assolutamente inconsuete di ogni ambiente che ha attraversato, se paragonate all’idea che ha sempre avuto di spazio abitativo. Dai salotti alla sala da pranzo, fino alla stanza da letto di Genzo che, riflette, ha più o meno la stessa dimensione dell’intero appartamento di Amburgo, tutto di questa dimora elegante e curata la lascia senza parole; dopo il primo impatto, tuttavia, accompagnata per mano da Genzo stanza dopo stanza, ha iniziato a guardare la villa con occhi diversi, fino a restare affascinata da ciascuno dei suoi elementi: il bianco delle boiseries e dei soffitti che crea ambienti luminosi e puliti, pervasi da una calma avvolgente, o i toni chiari, pur sempre caldi, dell’arredo, pezzi moderni e dalle forme lineari, come gli imbottiti, accostati a mobili antichi perfettamente integrati tra loro in una armoniosa miscellanea di stili che rimanda all’occidente in ogni dove, ma che, nel sussurro di dettagli dal sapore giapponese, riesce a mantenersi ancorata alla realtà in cui è immersa. Ha notato le sete dipinte e i quadri dai colori neutri che decorano i salotti, ha riconosciuto persino qualche tela dai tratti famigliari, forse ricordi delle immagini dei libri di arte delle scuola superiori …
Soffia un leggero sospiro mentre si volta e si guarda attorno; più che in una abitazione, si sarebbe immaginata di trovarsi in una sorta di museo e invece … di nuovo Genzo e il suo mondo sono riusciti a sorprenderla e a farla sentire incredibilmente a proprio agio. Muove qualche passo, lo sguardo abituato alla luce calda degli abat-jour, e supera il salotto, sfilando alle spalle del divano e accarezzandone la sommità, per avvicinarsi alla grande scrivania dove Genzo certamente studiava da ragazzino; alle sue spalle, su una libreria a giorno, tra volumi scolastici e non, sono in bella mostra una serie incredibile di trofei, targhe e riconoscimenti di ogni tipo. Si avvicina, incuriosita, perché quando sono arrivati in camera li ha intravisti, ma era troppo occupata a realizzare quanto fosse spazioso e incredibile l’ambiente, per potersi soffermare su certi dettagli. Allunga un braccio, sfiora appena una targa dove, strizzando un po’ gli occhi riesce a decifrare l’incisione in tedesco …
- Che guardi? – la voce di Genzo, ad un soffio dalla sua spalla, la fa trasalire ma poi l’abbraccio in cui lui la stringe, chiudendola contro il proprio petto, la induce a rilassarsi.
- Curiosavo tra i tuoi cimeli: ora ho compreso perché ad Amburgo non ce ne siano, nonostante tu ne abbia meritati chissà quanti. – Yuki si volta appena verso di lui, cercando il suo viso oltre la propria spalla e poi reclinando il capo all’indietro – Li raccogli tutti qui … -
- Non mi piace averli sotto il naso, a casa. – lascia un bacio sulla sua guancia, il suo profumo, quella nota inconfondibile, fresca e sensuale, la avvolge ancora più pungente, e poi prosegue – Se li vedessi ogni giorno, avrei l’impressione di aver già vinto abbastanza; ma abbastanza non fa per me. Io ho bisogno di traguardi sempre nuovi … -
- Di una mensola vuota da riempire? – azzarda lei mentre lui sta già annuendo lentamente, sfiorando la sua guancia con la propria in un movimento inconsapevolmente sensuale.
- Forse anche di quella, ma soprattutto di guardare avanti, a ciò che può essere, e non solo a quello che è stato. – la sua voce è calda e Yuki chiude gli occhi, lasciandosi cullare dalle sue parole appena sussurrate.
- Non ti accontenti mai, vero? – gli chiede appoggiandosi un poco di più a lui, che soffia leggero sulla guancia per poi scendere fino ad appoggiare le labbra alla base del suo collo, in un gesto che lei riconosce all’istante e che adora, portando brividi leggeri lungo la schiena.
- Mi piacciono i grandi progetti. – bisbiglia sulla sua pelle, le labbra che scivolano lente, appena trascinate –Mi piace ciò che è solido, ho bisogno di certezze … - fino a percorrere il filo della spalla, spingendo appena il tessuto mentre le mani percorrono la cintola e si fermano dove è annodata.
Yuki si lascia condurre dalla sua voce, dalla carezza delle sue labbra e dal tocco gentile delle mani che giocano con la stoffa senza slegarla; ha ancora gli occhi chiusi, il suo respiro lento segue il ritmo di quello di Genzo, e il capo si piega di lato quando lui risale dalla spalla al collo, fermando un bacio leggero dietro il suo orecchio. Le labbra indugiano, sfiorano la pelle e poi si muovono, seguono il filo della mascella e risalgono lente alla tempia, fermandosi leggere, fino a svanire. Lo sente, avverte il suo abbraccio e il movimento con cui piega il capo poggiando la propria guancia sui suoi capelli, e lo conosce abbastanza da intuire una nota dissonante in quel muoversi a ritroso fino a lasciare in sospeso quel filo di baci …
Aspetta, governa il respiro nell’attesa che Genzo si scopra, ma percepisce solo il soffio del suo respiro che, d’un tratto, si è fatto teso e allora dischiude gli occhi, assottigliando lo sguardo sui quei trofei allineati, cercando di comprendere cosa stia davvero accadendo.
- Genzo? – lo chiama, la voce che certamente tradisce un principio di preoccupazione e lui per un attimo si irrigidisce, quasi colto in fallo – Genzo, tutto bene? –
Avverte il movimento con cui annuisce ma sa perfettamente che sia solo una risposta di cortesia, perché continua a cogliere una stonatura, nel suo modo di fare. Prende fiato, tenta di muoversi, ma lui stringe un poco la presa e non le permette di voltarsi, dandole la conferma che cercava.
Un brivido la percorre, il dubbio che qualcosa, nonostante tutto, non vada per il verso giusto si insinua strisciando nell’animo, macchiando la pace in cui si era adagiata e riaccendendo quel pensiero che a lungo l’ha resa fragile, nei giorni passati e durante l’intero pomeriggio. Non si incontrano da settimane, sulle labbra trattiene ancora il bacio che si sono concessi in aeroporto, appena prima della sua partenza, e per tutto il pomeriggio non hanno potuto restare davvero soli nemmeno per un istante; dopo l’abbraccio in cui si è rifugiata quando lo ha trovato, al rientro dal giro di acquisti con Tsubasa e Sanae, non hanno avuto modo di concedersi altro che pochi contatti furtivi, le dita a sfiorarsi e intrecciarsi quasi di nascosto, gli occhi a cercarsi per regalarsi un sorriso imbarazzato. Tutto in sospeso, quasi in attesa, in un continuo rimandare il momento in cui avrebbero potuto essere finalmente di nuovo soli e ora che lo sono … ha la netta sensazione che ancora qualcosa sia rimasto indefinito, perché Genzo è strano, lui non torna indietro, come ha fatto poco prima; lui si ferma, se qualcosa gli impone di farlo, ma non percorre a ritroso i suoi passi, non per disfare ciò che un attimo prima ha fatto intendere.
- Genzo, c’è qualcosa che non va? – non riesce ad impedirsi di insistere, perché la preoccupazione è troppa per poter lasciar correre, e allora forza la sua stretta e si volta nel suo abbraccio, fino ad averlo di fronte a sé, anche se il suo sguardo è rivolto lontano, verso il giardino; lo vede, mentre si morde le labbra e poi le inumidisce, e subito comprende cosa stia cercando di fare.
– Genzo, devi dirmi qualcosa? – gli chiede preoccupata e la sua reazione è immediata; lui scatta e punta gli occhi nei suoi.
- Devo chiederti una cosa. – ammette tutto d’un fiato – Una cosa importante. – e Yuki si blocca, cercando di nascondere la preoccupazione crescente nel movimento distratto con cui porta la mano al risvolto del suo accappatoio, annuisce e resta a fissarlo, in attesa.
- E’ una cosa a cui penso da tempo … ma non potevo parlartene prima. – si inumidisce di nuovo le labbra e il suo viso perfetto appare teso, il profilo disegnato dalla luce calda della stanza sottolinea ancora di più la piega grave della sua fronte.
Lei resta in silenzio, attende che lui prosegua; annuisce appena mentre un brivido risale lungo la schiena e le mani si chiudono sulla stoffa morbida del suo accappatoio.
- Yuki, noi abbiamo sperato in un nuovo stage … io ci ho sperato davvero, ci ho creduto, ma poi hai dovuto tornare qui e non abbiamo fatto altro che aspettare, aspettare che io potessi raggiungerti. – Genzo parla a fatica, forse vorrebbe dire molto altro, ma i pensieri sembrano accavallarsi – Ecco … prima di partire, prima di lasciare Amburgo, io … io ho pensato a lungo a cosa fosse giusto fare. –
Yuki dischiude le labbra, vorrebbe intervenire, ma lui le porta una mano al viso, la accarezza e la ferma – Aspetta; ascoltami, ti prego. – e attende il suo cenno di assenso.
- So che non è stato facile, Yuki. Tu non ne hai mai parlato apertamente e io … io non me ne sono reso conto subito, non ero in gradi di farlo … ma poi l’ho capito. – la sua mano grande si muove leggera sulla guancia, il pollice sfiora un sopracciglio, disegna un arco lungo il filo esterno del viso e poi si ferma poco sopra la guancia – Sei provata, Yuki; porti i segni di ogni minuto di sonno perso a causa mia … e di ogni minuto rubato alla notte per nasconderti nello studio … -
- Non prenderti colpe, Genzo! – reagisce allora negando con il capo – Io volevo solo … -
- Lo so. – la anticipa ancora, posando il pollice sulle sue labbra – Lo so, Yuki, perché anche io ho cercato di ubriacarmi al campo, di stordirmi per non sentire la stretta che mi soffocava quando ero fuori dai pali, quando la mente non aveva un rifugio in cui scappare dal pensiero fisso dei giorni che ci separavano ancora … -
Lei china il capo, sporge le labbra per sfiorare le sue dita in un bacio leggero e chiude gli occhi, mentre l’eco delle parole che ha appena udito le insinua un dubbio che è appena un germoglio, ma è anche gramigna da estirpare immediatamente – Ce la posso fare, Genzo! Fidati, per favore! Io … -
- Aspetta: non tirare conclusioni affrettate e, ti prego, ascoltami davvero. – prende fiato, cerca i suoi occhi per poi riprendere – Dimmi solo una cosa, lascia perdere tutto il resto e pensa solo a questo: se fosse possibile, tu prenderesti in considerazione l’idea di tornare ad Amburgo? Di … stabilirti là con me? –
Per un attimo, non crede di aver compreso la sua domanda; Yuki fissa lo sguardo nel suo, affonda nell’ombra inquieta con cui lui la osserva, in attesa, e comprende di dovergli una risposta – Genzo, io partirei anche ora ma … -
- Yuki hai capito davvero cosa ti ho chiesto? – incalza lui, il tono preoccupato a incrinare la sua voce – Io non ti sto chiedendo se ti piacerebbe fare un nuovo stage, né una vacanza ad Amburgo: io ti sto chiedendo di trasferirti, di venire a vivere con me. Ad Amburgo. Noi due insieme. Per tutto il resto … una soluzione si trova. –
Non riesce a trattenere la sorpresa, aspira a vuoto, le labbra dischiuse e il respiro strozzato nascosto dalla mano che porta d’istinto alle labbra e Genzo ritrae la mano dalla sua guancia, il timore di essere andato troppo oltre lo induce a mordersi le labbra mormorando – Scusami … - e nel frattempo accarezza le dita che lei trattiene sulle labbra, sfiorando con le proprie l’anello che ancora indossa, la stessa fedina che lui le ha regalato il giorno della sua partenza – Scusami, davvero. Io … -
- Genzo, - lo ferma, allora, comprendendo che lui abbia frainteso - tu mi stai chiedendo di venire con te stabilmente. Come … - ma poi non osa continuare e anche Genzo, ora, sembra aver capito che lei non si sta tirando indietro ma, semplicemente, stenta ancora a crederci; così prende coraggio.
- Come coppia: noi, a vivere la nostra vita insieme ad Amburgo. – conclude con maggiore decisione, le dita che si fermano sull’anello di Yuki, stringono appena per muoverlo sulla sua pelle, e lo sguardo che cerca il suo, in attesa di una risposta.
– Vieni a vivere con me. – ribadisce ancora.
L’istante sospeso in cui Yuki distende le labbra in un sorriso che diviene presto molto di più porta anche Genzo a riprendere fiato, l’espressione che vira verso la gioia assoluta, gli occhi lucidi e il respiro che poi incespica nel bacio con cui, rapido, coglie le sue labbra. 
 
E’ davvero questione di un attimo: Genzo la stringe, chiude le braccia fino a sentirla contro di sé, mentre il bacio che si scambiano diventa salvezza dal timore che lo aveva colto e insieme ristoro per la sete che ha di lei, delle sue labbra e del suo corpo. Le mani corrono veloci ai fianchi, l’accappatoio è morbido tra le dita e non nasconde la curva della schiena che sotto il suo tocco si tende, vibra e sfugge quasi, mentre lei solleva a sua volta le braccia per sorreggersi a lui. Genzo sfiora ancora la stoffa, percorre la schiena dalla base fino al collo e sorride del fatto di non trovare ostacoli.
– Nessun fermaglio, nessun indumento … - sussurra sporgendo le labbra ad un soffio dal suo orecchio prima di cercarla con maggiore foga. Porta le mani alle cosce e la solleva arretrando un poco finché non si appoggia e poi si siede sulla scrivania dove Yuki punta le ginocchia fino quasi a sovrastarlo; affonda il viso tra i lembi di stoffa, li separa cercando la pelle e tra i baci che nasconde ritrova il suo profumo, quella seta morbida che lo stordisce ad ogni nuovo contatto e al muoversi disordinato del suo sterno, spinto da respiri sempre più affannati. Si sente ubriaco, la testa gira e quando chiude gli occhi poggia la fronte al suo petto, cercando di governare il respiro; le mani di Yuki affondano tra i suoi capelli, le sue carezze lo riportano con i piedi per terra e quando solleva il capo e la cerca, i suoi occhi sorridono, rivelano ancora l’emozione rimasta in sospeso quando lui l’ha travolta, senza nemmeno darle modo di rispondere, né di porre le domande che, immagina, vorrebbe fargli.
- Le … altre cose? – azzarda lei con l’espressione incerta e un po’ colpevole, per averlo interrotto, le guance arrossate, e la fronte aggrottata. Genzo sa di doverle delle spiegazioni, cerca riprendere fiato e lascia un bacio delicato sul suo seno, prima di parlare sulla sua pelle.
- Puoi trasferirti all’Università di Amburgo, Yuki: ho parlato con il rettore e con chi di dovere. – sostiene il suo sguardo sorpreso e prosegue – Forse non avevi nemmeno osato pensarci … ma si può fare[iv]: devi chiudere quello che hai in sospeso e fare richiesta di trasferimento entro fine anno. Mi hanno promesso che si potrà trovare un modo per ottimizzare la riconversione dei crediti; credo che tu possa rifletterci. –
Yuki, soffia un lungo sospiro, sembra ponderare la proposta, forse è spiazzata da una possibilità che non aveva davvero mai considerato e Genzo allora si allontana dal suo seno, la accompagna a scendere fino a far sì che si appoggi sulle sue cosce, e poi torna a muovere le mani sulla sua schiena, sorreggendola – Ricordi? Mi dicesti che non volevi che io mi trasferissi in JLeague e, in questo modo, non dovrei farlo, ma non dovremmo nemmeno rinunciare a noi. Tu avrai la laurea che meriti, io sarò in Bundesliga e … saremo insieme. –
La osserva, mentre socchiude gli occhi, e si accorge del punto in cui il suo sguardo si è fissato, proprio sull’anello con cui lui stesso ha voluto dare un prima forma visibile al loro legame. Quando lei solleva il viso, i suoi occhi brillano e Genzo ci affonda, leggendovi il senso del sorriso che riflettono; le sue mani sottili tornano tra i capelli, le sente sfilare e muoversi lente in una carezza che poi scende fino al collo e lungo le spalle, scoprendo la pelle fino ad incastrare la stoffa nell’incavo dei gomiti. Resta a fissarla, mentre sente le sua mani muoversi ancora, percorrere la cintola e infilarsi tra i lembi stretti nel nodo fino a scioglierlo e trattiene il respiro quando le sue dita si infilano sotto la stoffa, sfiorando la pelle e percorrendola fino a che lei non posa i palmi poco sotto le scapole.
Sospira, Genzo, al contatto fresco delle sue mani, e ancora quando lei si china su di lui, le sue labbra raggiungono la base del collo e il tocco delicato delle sue labbra diventa solletico umido e caldo che scivola lento, lentissimo come una dolce tortura, fino a mordere, sfiorare e stuzzicarlo ancora. Trattiene il fiato, la lascia fare, reclina il capo all’indietro e cerca aria, quando alle labbra lei aggiunge il tocco delle dita, dolce e insistente, che poi scende lento sulla pelle ormai scoperta in una carezza sempre più insinuante. La sostiene ancora, quando lei si solleva dalle sue cosce per farsi più spazio, ma poi deve lasciarla, perché Yuki lo spinge a distendersi sul ripiano, fino ad appoggiare la schiena ad esso e sollevare le braccia sopra il capo, mentre lei lo sovrasta, e sono ancora baci, morsi, e una scia che sfiora l’ombelico, prima di tornare a scendere …
E’ il rumore sordo di qualcosa che Genzo si accorge di aver spinto con le braccia fino a farlo cadere a terra, a risvegliarlo per un attimo dal vortice in cui si è lasciato cadere; allora si solleva sui gomiti, osserva per un istante Yuki, a mala pena coperta dall’accappatoio che ancora porta legato in vita, ma di traverso sulle spalle, e la vista della sua pelle, del suo riflesso d’avorio sotto la luce calda della stanza, lo induce a muoversi deciso.
Si mette seduto, cattura le sue labbra con un nuovo ardore, le cerca, le dischiude e le morde, mentre le mani percorrono ancora le sue cosce e poi la sorreggono.
- Non qui … - mormora sulla sue labbra e stenta a riconoscere la sua stesa voce mentre si solleva dalla scrivania e induce Yuki ad ancorare le gambe ai suoi fianchi. E’ deciso e in pochi passi raggiunge il letto, ci sale e adagia Yuki sul morbido piumone, chinandosi su di lei, cogliendo di nuovo le sue labbra e poi scendendo sul collo, sul seno e verso la cintola che stringe tra i denti, allentandone il nodo fino a scioglierlo, per poi sollevare il capo e puntare lo sguardo in quello di Yuki.
Lei ha il fiato spezzato, si sorregge sui gomiti e lo osserva con gli occhi stretti in due fessure e le labbra rosse, tese in un sorriso che è fame, desiderio che vuole essere soddisfatto il prima possibile … che lo investe di riflesso con la stessa prepotenza. In un attimo le mani frugano tra la stoffa, il corpo di seta finalmente scoperto e la pelle sotto le labbra, morbida e dolce come il sapore che ricorda, che ha sognato per settimane e che desidera oltre ogni limite.
Sfila quasi con stizza il suo stesso accappatoio, si piega sulle sue labbra e la mente si annebbia, insegue i gemiti con cui lei risponde ai suoi baci e si perde sulla pelle che accarezza, scendendo lungo i fianchi e piegando verso quello che desidera più di ogni altra cosa. La sente, sotto le dita, avverte il movimento insinuante con cui lei solleva appena i fianchi e insegue le sue carezze, un invito per il suo desiderio che ormai sembra non poter più aspettare oltre, perché le settimane sono sembrate infinite e il bisogno di averla supera ogni altro pensiero e diventa vitale … Si solleva di scatto, il fiato corto che sibila tra i denti stretti; si sorregge ancora e la sovrasta, incrocia il suo sguardo per un attimo e poi fa per allontanarsi, come rinsavito, ricordando che deve …
Eppure non riesce a sollevarsi, perché Yuki lo trattiene, le mani strette alle sue braccia in una presa salda, e allora non può che tornare a lei, cercando di capire.
- No. – il suo sguardo è deciso, la presa non ha perso fermezza; Genzo non si muove, inumidisce le labbra, un dubbio rimasto in bilico e lei, ancora più decisa a ripetere – Non serve, Genzo. Non … -
Gli basta il suo sguardo per comprendere, per essere certo che lei sappia quello che sta dicendo; la fiducia, assoluta e immediata, rende il respiro lento, per qualche istante, mentre la consapevolezza si fa strada nel petto, un calore che si diffonde insieme al pensiero che rimbalza nella testa, quello di poterla avere davvero, di sentire la sua pelle e il suo calore senza nessuna barriera e di essere finalmente un corpo solo, umore, passione e piacere assoluto.
Si insinua lento tra le sue ginocchia, i fianchi che scendono mentre lei lo accoglie, e il primo contatto lo stordisce, mentre ancora punta i gomiti sul letto e si sostiene; i fili dei ricordi rimasti sotto pelle si stringono in un'unica percezione di completezza, nell’immagine di loro insieme che sfuma nella mente e perde i contorni quando cerca di metterla a fuoco, troppo anche per lui, per la sua mente esausta e per il suo corpo che urla il bisogno di lei.
Socchiude gli occhi, la sensazione che lo investe annulla ogni pensiero coerente. Non c’è nessuna coscienza nel modo in cui il suo corpo si muove, nella risacca istintiva con cui la cerca, si ritrae e ancora la insegue, mentre il corpo si tende e sa di non poter scegliere, perché è l’istinto a muoverlo, a spingere e scavare, a stringere e percorrere senza scampo. La bacia e sente i suoi denti affondare nelle labbra, i suoi gemiti attraversare la sua mente dando ancora più vigore; le sue mani stringono, le unghie graffiano la schiena e il moto impudico dei suoi fianchi lo fa precipitare ancora più a fondo in quel torbido gorgo che sono diventati. Per un attimo, fatica a riconoscersi, crede davvero di aver perso la ragione e che niente potrà mai riportarlo a terra, perché il corpo trema, incontrollato, ma non può rallentare la sua corsa. Si sente folle, incapace di comprendere cosa gli stia accadendo, e l’oblio lo avvolge, quando comprende che a guidarlo è un istinto che ha la voce flebile del suo piacere e realizza che sta accadendo, che sono insieme, davvero, e che lo saranno ancora … sempre.
 
E’ uno strano ronzare insistente a disturbare il suo sonno e quando realizza che possa trattarsi della suoneria silenziosa suo telefono, Genzo apre gli occhi e si guarda attorno, nella penombra che avvolge la camera, individuando immediatamente il bagliore proveniente dal comodino. Allunga il braccio per afferrare il cellulare, fissa per un istante il display e si lascia sfuggire un grugnito di disappunto, prima di aprire la comunicazione e di venire immediatamente investito dalla voce proveniente dall’altro capo.
- Cazzo Gen! Ma dove sei finito? Possibile che sei partito ieri mattina e ancora non ti fai sentire? – Kaltz è decisamente su di giri e, ora che ci pensa, gli aveva promesso di tenerlo aggiornato.
- Non gridare, Kaltz, è la una e mezza di notte … - cerca di riportarlo alla calma, mentre si mette a sedere, sistemandosi un cuscino dietro la schiena – Stavo dormendo e … -
- Allora? Cosa ti ha risposto? – evidentemente meno annebbiato dal sonno, Kaltz punta dritto a quello che gli interessa - Torna con te? –
- Calma, calma … in realtà le ho solo accennato qualcosa, ma non abbiamo ancora avuto modo di parlarne davvero, di definire quei dettagli. – lo ferma lui, mentre l’altro sgrana gli occhi, incredulo.
- Ma come sarebbe a dire?! – tuona il tedesco provocando l’immediata reazione di Genzo.
- Abbassa il tono! – intima controllando la propria voce - Sta dormendo e … credo che abbia bisogno davvero di recuperare parecchie ore di sonno … - aggiunge, muovendo per un attimo la videocamera ad inquadrare la parte di letto alla propria sinistra dove, tra la stoffa morbida del copripiumino e quella delle federe, si intravede appena qualche ciocca di capelli scuri; – Si è infilata lì sotto e si è addormentata in mezzo secondo! – aggiunge poi, allungando una mano per accarezzarle il capo al di sotto delle coperte.
- Ma … ma in tutto il giorno non sei riuscito a parlarle?! – realizza ancora più sconvolto – Te lo dico io come devi fare, Gen: tu devi tenerti addosso dieci minuti di fila le mutande e importi di parlare con lei, cazzo! –
- Siamo stati a casa sua tutto il giorno: non potevo di certo mettermi a parlare di certe cose davanti a suoi … o con Tsubasa! Dammi il tempo di discutere con calma con lei e poi potrai fare quello che devi. – cerca di farlo ragionare, controlla il tono della voce e abbassa al minimo la luminosità della schermo, ma al suo fianco avverte qualche movimento, sotto il piumone.
- Quelli non aspettano, Gen: Amburgo è in Europa e tra pochi giorni qui sarà tutto chiuso per Natale; le scartoffie vanno portate al più presto! –
- Quali scartoffie? – la voce di Yuki, tra l’assonnato e il curioso, giunge a confermare il fatto che lei sia ormai sveglia, mentre le coperte si smuovono e fa capolino, con un polso a riparare gli occhi dalla luce.
- Buongiorno Hälfte! – il saluto di Kaltz spazientisce Genzo che lo zittisce immediatamente.
- Adesso sei contento, immagino. Hai ottenuto quello che volevi … -
Kaltz si immusonisce, ma si rasserena appena un poco quando Yuki lo saluta, allungando un braccio nudo oltre le coperte per agitarlo davanti al display, cercando di ammorbidirlo – Salutami Amburgo, Kaltz … e fai il bravo! –
- Per fortuna che hai lei presente, altrimenti ti avrei già … - Kaltz però si blocca, assottiglia lo sguardo e sembra che stia cercando di vedere meglio cosa ci sia alle spalle di Genzo. – Ma … sei alla stamberga? – chiede di punto in bianco – Hai già inaugurato il talamo imperiale? –
Genzo sbuffa e scuote il capo, prima di confermare – Sì, siamo a casa, ma domani, ammesso di riuscire a riposare stanotte, pensavamo di andare al lago. Così avremo tempo di discutere … anzi, mi appunto di chiamarti esattamente quando sarai nel cuore della notte, per darti maggiori delucidazioni! –
Non attende repliche dal tedesco, ma chiude la chiamata – Stammi bene, Kaltz! - e lancia il telefono sulle coperte con un gesto liberatorio – E’ pazzo … ma resta pur sempre un buon amico: è davvero preoccupato per te … -
In un attimo avverte Yuki muoversi e il suo braccio sfiorargli la pancia, prima di chiuderlo in una sorta di abbraccio, mentre lei gli si accoccola accanto. Genzo scivola di nuovo sotto le coperte, lasciandosi cullare dal contatto morbido con il suo corpo di seta, chiude gli occhi, si rilassa e posa una mano su quella di lei, stringendola appena, per poi lasciarsi cullare dal buio e dal calore della loro notte, fino a che la sua voce non spezza l’incantesimo.
- Di quali scartoffie parlava, Kaltz? –
 
[i] 26 dicembre, naturalmente; non avendo gra che da festeggiare, ho programmato il loro rientro dopo Natale, ma per le feste di fine anno.
[ii] Prendo per buona la coppia Suichi e Eiji per i due fratelli maggiori di Genzo, così come trovati su https://captaintsubasa.fandom.com/wiki/Wiki su cui mi capita di spulciare…
[iii] Tra le curiosità che mi hanno fatto sorridere, a proposito dei giapponesi, il fatto che festeggino il Natale come una specie di festa per innamorati è quella che mi ha più sorpreso. Sorvolo sul fatto che a quanto pare mangino il pollo fritto in questa occasione…
[iv] Almeno per gli atenei europei, si può ottenere il trasferimento ad altro ateneo inoltrando la richiesta entro il 31 dicembre; da quanto ho potuto verificare, si perdono le tasse universitarie, ma si evita di perdere l’intero anno. Ho deciso di farlo funzionare anche per gli atenei giapponesi.

Angolo dell'autrice: mi scuso tantissimo per il ritardo... ieri non sono riuscita a trovare un attimo per l'aggiornamento consueto ma spero di farmi perdonare oggi. In realtà volevo dedicare il capitolo al lettore affezionato che compiva gli anni domenica (e sarei stata già in ritardo) ma il ritardo ora è pure raddoppiato. Vale lo stesso?
Comunque, ci siamo quasi... ormai le carte sono tutte scoperte e l'epilogo molto vicino.
A proposito della villa della famiglia Wakabayashi, in bilico tra immagini degli anime e ricerche online, ho definito una possibile villa tra le costruzioni vittoriane effettivamente esistenti in Giappone, valutando immagini di interni in stile, dettagli delle ville vittoriane giapponesi e annunci immobiliari in zona. Alla fine, la villa che ho raccontato è una miscellanea di tutto quello che trovato e che mi sembrava adatto allo scopo. Spero che vi risulti accogliente!
Io ringrazio davvero tanto chi mi accompagna in questo tortuoso cammino... un abbraccio.
Maddy
  
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