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Autore: Fiore del deserto    20/04/2021    2 recensioni
Re Algol e la regina Lavandula hanno una seconda figlia, Lavernia, da sempre tenuta nascosta dai genitori in quanto ritenuta la figlia di Laduguer, dio della guerra e patrono di Dullahan. Dopo aver visto che fine ha fatto la primogenita di Algol, il dio obbliga il re di Dullahan a scegliere Lavernia come futura regina per riparare l’oltraggio del regno di cui è protettore, minacciandolo di togliergli tutta la sua potenza in battaglia e di maledire lui e il regno stesso con innumerevoli guerre con esito negativo. Messo alle strette, re Algol è costretto a chiedere a Jareth di sposare Lavernia per placare l’ira del dio, ma il re di Goblin ha appena chiesto la mano di Sarah. Ritrovatosi in un bivio tra i sentimenti e i doveri di re, Jareth deve fare una scelta.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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UNDERGROUND
 
Il cuore di Sarah picchia forte dentro il petto come sul punto di scoppiare da un momento all’altro. Batte come un tamburo di gioia palpitante alla vista di Jareth inginocchiato davanti a lei, con il viso in altezza del suo ventre mentre la guarda dritta negli occhi offrendole il suo dono, aspettando che pronunci una sola parola.
Sarah sente le proprie labbra muoversi da sole per formulare la piccola parolina che segnerà la decisione di accettare la proposta di matrimonio con il re di Goblin.
Una voce lontana che chiama ripetutamente Jareth interrompe il “sì” di Sarah, insieme alla magica atmosfera carica di sentimenti ed emozioni che circondavano i due.
«Maestà!» il capitano delle guardie si affretta a raggiungere il suo re, per poi fermarsi ed eseguire il dovuto inchino.
«Cosa c’è?» domanda Jareth seccato, ancora in ginocchio davanti a Sarah.
«Chiedo le mie più umili scuse, sire.» dice il capitano riprendendo fiato, offrendo a Jareth un rotolo di pergamena ancora sigillato da un nastro rosso.
Jareth si rialza da terra e afferra con modi bruschi, ancora adirato, la pergamena. Ne identifica immediatamente il sigillo, marchiato con la lettera “A” in un elegante corsivo gotico. Non può che appartenere al re Algol, ma per il momento non se la sente di leggere il messaggio mandatogli dal sovrano di Dullahan. Per lo meno, non davanti a Sarah. Riconosce, comunque, di essere pur sempre un re e come tale ha dei doveri da rispettare.
Schiarendosi la voce e tentando di nascondere un filo di imbarazzo, Jareth guarda Sarah.
«Riprenderemo dopo.» le promette afferrandole la mano, inserendole gentilmente l’anello all’anulare sinistro «Tu, nel frattempo, pensaci.»
«Ma, Jareth...» Sarah, chiaramente dispiaciuta anche lei, tenta di opporsi.
«Ogni cosa a suo tempo.» la ferma lui «Ti prometto che torneremo da dove abbiamo sospeso.» minaccia con lo sguardo il capitano delle guardie, incolpandolo di quell’interruzione.
Sarah, delusa, si limita ad annuire. Per consolarla, Jareth le posa un bacio sulla fronte prima di seguire il capitano in un luogo tranquillo, dove poter analizzare il messaggio del re di Dullahan.
 
Tre giorni prima
 
Tanta, ormai, è la vergogna addossata sui sovrani di Dullahan dopo l’irreparabile guaio causato dalla figlia Laryna. Considerata dalla nascita il motivo di orgoglio dei genitori, ora non altro che il simbolo del fallimento dal punto di vista genitoriale e politico. In fin dei conti, non c’è da meravigliarsi se una notizia che riporta una principessa divenuta un’umile sguattera sia volata velocemente di bocca in bocca. Non si era mai sentito in nessun regno dell’Underground un avvenimento simile, tantomeno nessuno avrebbe mai osato immaginare che proprio il regno di Dullahan sarebbe stato il primo a coprirsi di un tale disonore.
I sentimenti degli abitanti del regno sono alquanto contrastanti, anche se la maggior parte dei sudditi sembra ben rallegrarsi del destino a cui Laryna sia andata incontro. Qualcuno afferma che il potere le abbia fatto bere il cervello e che, dunque, abbia avuto quello che meritasse e che se la sia andata cercare. Qualcun altro - più che altro i parenti dell’ex principessa - sostiene che sia stata influenzata dalla malalingua della suocera Linaris. Altri ancora additano il re Algol e la regina Lavandula come dei pessimi genitori che, nuotando nell’oro e nel potere, hanno trascurato l’educazione della figlia che avrebbe dovuto un giorno occupare il ruolo di regina. Un giorno che, ormai, non vedrà mai più la luce.
Per quanto riguarda il re e la regina di Dullahan, entrambi non hanno fatto altro che manifestare la loro irreparabile frustrazione in maniera differente l’uno dall’altra. Re Algol passava le giornate nel totale silenzio, vivendo come un’ombra senza sentimenti, come avesse subito una crudele sconfitta da parte di un nemico ben più grande di lui. La regina Lavandula, invece, non faceva che versare fiumi e fiumi di lacrime, lamentandosi di eventuali pettegolezzi che giravano nel regno. Vanagloriosa com’è, azzardiamo, il suo unico pensiero ruota intorno alle malelingue che la coinvolgono, dipingendola come una regina dalla figlia sconsiderata.
Per tentare di trovare una soluzione di fronte ad una situazione così imbarazzante, così vergognosa e immorale, il re e la regina avevano saggiamente deciso di ricorrere all’aiuto divino. D’altro canto, si sa, di fronte alle situazioni più disperate può essere confortante cercare aiuto attraverso un aiuto di entità divina.
Nel caso di re Algol e della regina Lavandula, avevano scelto di avviarsi nel Tempio Grigio per rivolgersi al patrocinatore di Dullahan, nella tiepida speranza di poter ricevere un saggio consiglio. Laduguer, il feroce dio della guerra e dei suoi aspetti più spietati. L’edificio sacro si erge a pochi passi dal castello del re, perché quest’ultimo possa godere di tutta la sua protezione. Una volta arrivati in cima ai diciassette gradini di pietra, vi è una spianata rettangolare da cui si passa allo spazio interno riprodotto dalle fauci di un gigantesco leone in pietra, camminando su di un bassorilievo a mo’ di regale tappeto rappresentato dalla lingua del grosso felino.   
In entrambi i lati si ergono due sculture in pietra che rappresentano due valorosi guerrieri, riprodotti con addosso l’armatura, reggendo una lancia nella mano destra e lo scudo in quella sinistra, dando l’impressione di fare la guardia davanti all’ingresso del tempio.
Il nome del luogo di culto dedicato al patrono di Dullahan, deriva dal colore predominante riprodotto dai materiali con cui esso è stato creato, la pietra grigia e l’argento per l’appunto.
Il tempio è molto semplice e scarno, caratterizzato dalla presenza di prigioni e un’arena di battaglia.
Nell’abside è presente un semicerchio dove sono stati collocati ai lati due leoni d’argento su due capitelli, mentre al centro trionfa una statua colossale che ritrae fedelmente la divina figura del dio Laduguer.
La scultura lo fa apparire come un sidhe alto, calvo e un po’ magro, con una lunga barba e dal corpo robusto coperto da un’impressionante armatura. La sua posa in movimento, come se non vedesse l’ora di scendere in battaglia e fare assaggiare ai nemici il gusto amaro della sua enorme ascia doppia che regge tra le mani, coinvolge chi lo guarda una suggestione di pura ansietà.
Ai piedi della statua del dio, vi è un vassoio d’argento dove devono essere collocate delle offerte. A detta dei chierici di Laduguer, i quali passano molte ore pregando ripetitivamente, oltre a sottoporsi ad estenuanti prove di resistenza fisica per compiacere il dio della guerra, più l’offerta è generosa e prima Laduguer si occuperà di rispondere alle preghiere.       
Non deve lasciare sorpresi l’idea di quanto brillino gli occhi dei Chierici del Grigio – il nome dei sacerdoti – quando vedono entrare il re e la regina, in quel momento inginocchiati di fronte alla statua colossale.
Quel giorno, tuttavia, re Algol è stato chiarissimo: desidera pregare il patrono di Dullahan in totale pace con la consorte. Naturalmente, l’ordine non è stato messo in discussione.
Sebbene siano solo i Chierici del Grigio a riconoscere l’effettiva orazione che possa metterli in diretto contatto con il dio, questo discorso non vale per la regina Lavandula.
«Mio signore, abbiamo bisogno del tuo aiuto.» chiede lei semplicemente, annegando nei singhiozzi supplichevoli.
Per la risposta di fronte a tanta semplicità nel rivolgersi ad un dio così temuto bisognerà pazientare, per il momento possiamo solo limitarci ad affermare che la supplica della regina viene ascoltata nell’immediato. Davanti ai sovrani, la statua prende vita e assume la forma naturale di Laduguer. La divinità dai raggelanti occhi di ghiaccio e la pelle grigia trionfa all’interno del tempio a lui dedicato, nutrendosi del timore dei sovrani di Dullahan che gli si prostrano davanti.
«Perché mi disturbate?» domanda Laduguer, ben propenso alla malvagità.
«Mio signore,» è Lavandula a rispondergli con sorprendente genuinità «ti abbiamo invocato perché abbiamo disperatamente bisogno del tuo aiuto. Il regno che proteggi ha bisogno del tuo aiuto.»
Quando re Algol ottiene il permesso dal dio di poter spiegare, comincia a raccontare come la loro figlia Laryna li abbia trascinati nel fango. E con loro, l’intero regno.
Una fragorosa risata di Laduguer fa eco per tutto il tempio. Una risata da fare rammollire le ginocchia e le membra persino ad un re come Algol, simile ad un lugubre ilarità dell’oltretomba. Il dio torna ad essere improvvisamente serio.
«Non dovete considerare questo avvenimento come una disgrazia.» sibila lui «La vostra sciocca figlia si è rivelata più utile del previsto.» ride ancora di fronte agli sguardi confusi dei sovrani «La sua stupidità ha permesso che si togliesse dai piedi,» carezza maliziosamente una guancia di Lavandula con il grosso dito indice «così adesso, sarà nostra figlia a prendere il suo posto senza più nessun impiccio.»     
La regina Lavandula guarda Laduguer come se stesse per sciogliersi, scioccamente infatuata di fronte alle lusinghe del dio, ignorando la presenza del marito. Re Algol, con un sospiro di ansia, cerca di esprimere il suo parere.
«Mio signore,» dice abbassando la testa «confido nella tua immensa saggezza e mi inginocchio umilmente di fronte alla tua impareggiabile potenza, ma perdonami se mi permetto di aggiungere che...»
Laduguer picchia un piede contro il pavimento, facendo tacere re Algol.
«Voglio ricordarti» gli ruggisce contro «che come ti ho fatto salire così in alto, come ti ho lasciato distinguere in battaglia, posso anche farti scendere più in basso di quanto tu possa immaginare.» gli punta minacciosamente contro la doppia ascia «Se ostacolerai il mio volere, io cancellerò ogni traccia della tua potenza e Dullahan non sentirà mai più parlare di giorni di gloria.»
Re Algol, sospirando forte e tentando di non perdere la sua dignità regale, annuisce obbediente.
«Perdonami, mio signore.» si scusa «Non si ripeterà mai più un evento simile.»
«Molto bene.» si placa l’irascibile dio «Dichiara al regno che da oggi la figlia mia e di tua moglie occupa la primogenitura. Da questo momento in poi, Dullahan ha una nuova principessa.»    
«Sì, mio signore.» accetta re Algol rassegnato.
«Oh, grazie mio signore.» la regina Lavandula inizia a tempestare di baci la mano del dio della guerra.
Laduguer accenna un sorriso maligno, indietreggiando di qualche passo, ritorna sottoforma di statua colossale.
 
  
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