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Autore: Yoshiko    23/04/2021    3 recensioni
"Il furgone gli era addosso, il paraurti quasi sfiorava la ruota posteriore della bicicletta. Si toccarono, Amy urlò. Julian perse il controllo, la bicicletta ondeggiò. La ruota anteriore oltrepassò il canalino di scolo e si addentrò nell’erba. Precipitarono lungo il declivio. Amy gridò ancora, poi l’acqua della risaia frenò la loro corsa in modo così brusco che la bicicletta si capovolse. Lei e Julian finirono nel fango, tra le rane e i germogli di riso." Un capitombolo, un'aggressione, un temporale, un tentativo di salvataggio mal riuscito e altre improbabili avventure accompagneranno i protagonisti della storia in situazioni sempre più assurde e inaspettate.
Genere: Avventura, Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Jun Misugi/Julian Ross, Kojiro Hyuga/Mark, Tsubasa Ozora/Holly
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Virtual Story'
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La stanza era perfetta, tutto era pronto. Nel camino il fuoco scoppiettava e il suo bagliore caldo intiepidiva l’ambiente in quella fredda e umida serata di pioggia. Sul basso tavolino che lo separava dal camino erano posati due calici. Nel secchiello del ghiaccio, una bottiglia di champagne era fresca al punto giusto e pronta a essere stappata. Il tavolo accanto alla finestra era apparecchiato, la tovaglia bianca non faceva una grinza. Tra i bicchieri svettava una rosa rossa in un vaso di cristallo. La fiamma di una candela faceva risplendere le stoviglie. Nell’angolo cottura dello chalet le tartine erano allineate in bell’ordine su un vassoio d’argento. L’insalata era pronta, l’arrosto era nel forno a intiepidirsi e il semifreddo al limone nel frigo.   
Si affacciò in camera da letto per dare l’ennesima ultima occhiata e controllare di non aver dimenticato nulla. Era tutto a posto anche lì. La stanza era spiccia, in bell’ordine, il letto ben fatto e accogliente, le coperte tirare alla precisione. Dalla porta del bagno padronale, proveniva un leggero profumo di lavanda.
Solo quel maledetto temporale scoppiato all’improvviso rovinava l’atmosfera. La pioggia scrosciava a fiumi e aveva allagato il piazzale. Per evitare che si bagnasse sarebbe dovuto andarle incontro con l’ombrello, era sicuro che lei non lo avesse con sé. Ma il suo gesto gentile e cavalleresco non le avrebbe impedito di inzaccherarsi nel fango del parcheggio. Avrebbero finito per infradiciarsi entrambi. Un lampo illuminò le finestre, la luce del salotto ebbe un sussulto. Il tuono che seguì penetrò così a fondo nelle pareti di legno che lo chalet sembrò oscillare.  
Lanciò un’occhiata all’orologio. Lei era in ritardo. Lei non arrivava mai in ritardo e che lo fosse quel giorno non era un buon segno. E se non fosse venuta? Se gli avesse dato buca? Quella doveva essere la serata risolutiva, la serata della svolta. Lei non poteva assolutamente non presentarsi all’appuntamento. Respirò a fondo per scacciare il nervosismo e la preoccupazione. La sua ospite era semplicemente in ritardo.
I colpi alla porta arrivarono improvvisi. Il fragore della pioggia che picchiava sulle travi del tetto di legno aveva coperto ogni rumore. Non aveva udito la macchina, non aveva neppure visto i fari illuminare il piazzale. Finalmente era arrivata, in ritardo ma lì. Corse ad aprire e il suo sorriso cozzò contro l’espressione arcigna e bagnata di Landers.
-Cazzo!- gli mancò il respiro ma reagì all’istante. Non ebbe neppure bisogno di pensarci. Gli sbatté la porta in faccia e si appoggiò al pannello con le spalle, caricandolo di tutto il proprio peso.
-Apri Price! Ti abbiamo riconosciuto!-
La porta risuonò di un colpo, la sua violenza gli si trasmise lungo la schiena. Schiacciò le spalle contro il pannello e puntò i piedi a terra. Mai. Non avrebbe aperto mai. Se l’avesse fatto, tutta quella combriccola guastafeste che aveva intravisto alle spalle di Landers non sarebbe più andata via. Col temporale che imperversava, avrebbero messo radici lì dentro. Udì la voce di Callaghan.
-Non vorrai lasciarci fuori con questo tempo!-
Sì che voleva. Non gliene fregava niente che piovesse. Come erano arrivati, dovevano sloggiare.
-Benji, per favore…- gli parve Amy -Sii gentile, apri. Siamo bagnati e abbiamo con noi due bambini…-
Le rispose gridando contro la porta affinché lo udissero forte e chiaro.
-E allora? Questo non è un asilo nido!- poggiò le mani sul pannello, scosso dai colpi insistenti dei compagni -Dovrete passare sul mio cadavere!-
Mark percosse stizzito la porta con un calcio, poi si volse verso gli amici. La pioggia scorreva su di loro. Avevano rovistato nel furgoncino e avevano trovato una boa, un sacco di pellet per una termostufa che nessuno di loro aveva, un ferro da stiro arrugginito, una cazzuola per il cemento, un raccoglitore ad anelli formato A4, la maniglia di una porta, una zanzariera bucata, una sedia pieghevole da spiaggia, lo schermo di un pc, un estintore, mezza persiana, una cassetta degli attrezzi, un tubo di gomma, una scala allungabile e pieghevole, la bici di Julian, insomma tutto tranne un ombrello. Erano fradici e infreddoliti. Amy rabbrividiva, le sue labbra erano diventate bluastre per il freddo. Teneva Peter per mano, anche lui grondante di acqua. Joy, in braccio a Jenny, starnutì. La ragazza se la strinse al petto cercando di ripararla.
Quando la bimba starnutì di nuovo, Philip decise.
-Sfondiamo la porta.-
Landers annuì.
-Purché paghi tu i danni.-
-D’accordo.-
-Price! Se sei qui dietro ti conviene spostarti!-
I ragazzi fecero spazio, Mark arretrò. Poi si diede lo slancio e partì. Incassò le spalle, pronto allo schianto, ma l’urto non ci fu. La porta si spalancò un secondo prima della collisione e Benji si tirò di lato quando bastava per non essere travolto.
-Benvenuto, Landers.-
I piedi di Mark incespicarono nel tappeto dell’ingresso e si spalmò sul parquet lungo disteso. L’urto gli tolse il fiato, stelle luminose gli brillarono davanti agli occhi. Si volse furibondo.
-Price! L’hai fatto apposta! Maledetto!-
-Ti sei fatto la bua?- chiese Peter accucciato accanto a lui, le mani puntellate sulle ginocchia.
Mark scattò in piedi.
-Figurati! Non mi sono fatto niente, io! Non sono mica una femminuccia!-
Il bambino si gonfiò come un piccolo gallo da combattimento.
-Io pure non sono una femminuccia. Quando cado non piango mai.- indicò la sorellina in braccio alla madre -Lei è una femminuccia e piange sempre.-
I ragazzi entrarono in casa sfilando davanti agli occhi di Benji che li fissava astioso, conscio dei loro piedi inzaccherati e del lago di fango che si stava formando sul pavimento.
-Vi ho aperto ma non potete restare. Fate quello che dovete fare e poi andate via.-
-Perché?-
-Perché ho da fare, Harper.-
-Che cosa?-
-Non sono affari tuoi.-
Amy si guardò intorno, togliendosi lo zainetto dalle spalle e poggiandolo a terra.
-Una bella casa accogliente! È tua?-
-L’ho affittata.-
-Sì, è carina.- Julian osservò il tavolino apparecchiato per due, notò i particolari. La tovaglia immacolata, la candela accesa, i calici di cristallo -Aspettavi qualcuno?-
-Certo non voi!-
-Una cena romantica.-
Benji incrociò le braccia.
-Una cena di lavoro.-
-Con lo champagne?- Julian sollevò la bottiglia dal cestello per verificarne la marca -Un lavoro davvero impegnativo.-
-Tieni a posto le mani, Ross. E non ti azzardare ad aprirla.-
-Quanto bendiddio!- esclamò Evelyn dall’angolo cottura, sbirciando nel frigorifero. Poi aprì il forno  e il profumo la fece quasi svenire -Di sicuro non moriremo di fame! Ce n’è per tutti.-
-Voi non toccherete nulla, non mangerete niente e non appena smetterà di piovere, ve ne andrete.-
-Questo è il tuo senso dell’ospitalità?-
-Sto aspettando qualcuno e non vi permetterò di rovinarmi la serata, Amy.-
-Sii realistico, Benji.- Philip gli fece un cenno verso le finestre -Chi pensi che verrà quassù in una notte come questa? Lì fuori si sta scatenando un temporale da un’ora.-
-Voi per esempio siete arrivati.-
-Sì, per pura fortuna.- Jenny si avvicinò al caminetto.
-Sfortuna, anzi sfiga nera vorrai dire, visto che…- il portiere s’interruppe quando il suo sguardo passò dagli occhi dell’amica a quelli identici della bimba che teneva in braccio. Mise a fuoco entrambe e, come se potesse trovare in lui la soluzione, si volse verso Philip. C’era anche un bambino, l’aveva visto poco prima accanto a Mark. Lo cercò e lo trovò seduto a terra a strappare con le sue piccole dita i folti peli del tappeto.
-Che stai facendo tu? Piantala!-
Peter smise immediatamente. Quando Benji incrociò i suoi piccoli occhi colpevoli, per un attimo gli  sembrò di guardare Philip. Il bambino era la sua copia sputata in miniatura.
-Che bella famigliola, Callaghan! Cazzo! Molla la forchetta!-
Raggiunse Philip in un lampo e gli strappò di mano la posata con cui aveva infilzato una patata.  Rimise al sicuro nel forno la teglia che Evelyn aveva tirato fuori senza neppure chiedergli il permesso.  
-Sì, una bella famigliola.- gli fece eco Bruce.
Philip alzò le spalle.
-Pensa che ho scoperto di averla solo da qualche ora e…-
-E come mai non lo sapevi? Non avrai mica tagliato la corda dopo aver concepito tutto questo bendiddio! Che siano tuoi non c’è dubbio, il più grande è la tua identica riproduzione.-
Philip spostò gli occhi su Jenny, in cerca di una risposta che lui non sapeva darsi. Ma la ragazza era troppo indaffarata con la figlia e non li ascoltava. Distesa Joy sui candidi cuscini del divano, le stava sfilando via le scarpine bagnate. Peter le si avvicinò.
-Mammi, ho fame!-
-Tra poco mangiamo, abbi pazienza. Amy, hai portato i pannolini?-
-Sì, aspetta che li prendo.-
Benji impallidì.
-Non vorrai mica cambiarlo lì sopra?-
Jenny tirò su di scatto il viso e gli lanciò un’occhiata torva.
-è una bambina, non lo vedi?-
Amy sorrise conciliante.
-Benji, non ti agitare. Abbiamo l’asciugamano e l’incerata, non sporcheremo niente.-
-Ho detto non sul divano!-
-E dove allora? Il tavolo è apparecchiato.-
-In bagno! Nessun posto è migliore del bagno!-
Mark non poté dargli torto.
-Almeno non ci appesterà con la puzza di merda.-
Jenny trasalì offesa, riprese Joy tra le braccia e a testa alta sparì nel bagno.
-Che ho detto di male?-
Amy guardò l’amico malissimo.
-Il concetto potrebbe anche essere corretto, ma le parole sono completamente sbagliate. Modera i termini davanti ai bambini.-
Mark fece spallucce e si avvicinò curioso a Peter, rimasto accanto al divano dove sua madre lo aveva lasciato. Li guardava e li ascoltava diffidente.
-Allora tu non saresti una femminuccia. Dì un po’, come ti chiami?-
Il bambino lo fissò dubbioso se rispondergli o meno. Non era sicuro che quegli sconosciuti non avrebbero fatto del male alla mamma come i tizi del supermercato. Dopo ciò che era successo nel parcheggio dubitava di chiunque. Ma il suo nome, a quel signore che guidava la macchina, forse poteva dirlo. Lo guardò dritto negli occhi.
-Peter.-
Anche Mark ebbe per un attimo la sensazione di fissare Philip, tanto quell’espressione guardinga gli risultò familiare.
-Quanti anni hai?-
Il bimbetto alzò la manina tenendo piegato il pollice.
-Quattro?-
Peter annuì e Bruce gli indicò l’amico che gravitava insistente nell’angolo cottura.
-Quello lì è il tuo papà, lo sai?-
Peter spalancò la bocca dalla sorpresa, i suoi occhi divennero enormi mentre si posavano su Philip, nei pressi del frigorifero, interessato più a trovare qualcosa da mettere nello stomaco che a loro.  
-Non lo voglio un papà! Mi basta la mamma!- corse verso suo padre e punì la sua esistenza con un calcio ben piantato nello stinco.
-Ma porc… Che accidenti fai?! Che cavolo! Piccola peste! Fa male!-
Peter scappò e Philip lo inseguì zoppicando intorno al divano e al tavolo, poi verso il bagno. Il bambino s’infilò dentro, lui lo seguì e si fermò sulla soglia furente. Jenny si volse spaventata, Joy invece lo accolse con una risata, tendendo le manine per farsi prendere in braccio.
-Che succede?-
-Mi ha dato un calcio!-
-Peter! Chiedigli subito scusa!-
Il bimbo si rifugiò dietro di lei e sprofondò il volto nella maglietta della madre. Ostinato, non disse una parola.
-Peter non si fa. Chiedigli scusa!-
Lui scosse la testa ma il rimprovero della madre di fronte a quel padre che non voleva fu così umiliante che i suoi occhi si riempirono di lacrimoni. L’ira di Philip implose.
-Lascia stare Jenny, non importa.-
-Sì che importa. Peter, sei o no un bravo bambino? Chiedi scusa a Philip.-
-Lui è cattivo!-
-Perché? Cosa ti ha fatto?-
-Non lo voglio un papà! Non ci serve!-
-Tutti i bambini hanno un papà e dovresti essere contento di averlo anche tu.- rispose Jenny ragionevole, finendo di allacciare la salopette alla figlia. Poi lo prese per mano -Vieni, torniamo di là. È ora di cenare. Hai fame?-
Il bambino annuì tirando su col naso.
Rovistando nell’armadio della camera da letto, Amy trovò una gran quantità di asciugamani che distribuì ai ragazzi. Le scarpe bagnate e infangate erano state accantonate vicino all’ingresso ed Evelyn aveva asciugato il pavimento per evitare che qualcuno scivolasse.
Intanto Benji si aggirava irrequieto nel salotto, sbuffava e borbottava scontento, lanciando continue occhiate alla finestra con la speranza che la pioggia cessasse. Poi ci ripensava e pregava che il temporale continuasse, che venisse giù tanta di quell’acqua da impedire alla sua ospite di raggiungerlo. Cosa avrebbe fatto se fosse arrivata e lo avesse trovato in compagnia di tutti quegli intrusi?
Evelyn vide Jenny uscire dal bagno.
-Hai finito?-
-Per il momento. Dopo vorrei fare una doccia.-
-Non c’è tempo. Dovete andar via.- disse Benji ma nessuno gli diede ascolto.
-Credo che tutti faremo una doccia, Jenny.- Julian guardò Amy che annuì.
Allora il portiere mutò tattica e pensò che prima si sistemavano, prima se ne andavano.
-C’è un altro bagno in camera da letto. È solo più piccolo.-
Per le ragazze era perfetto perché concedeva un minimo di privacy. Sparirono di là insieme ai bambini. Il salotto piombò nel silenzio, si udiva solo lo scrosciare della pioggia all’esterno.
-Quel bambino è la tua copia spiccicata.-
Philip guardò Benji dritto negli occhi.
-Chi stai aspettando? La conosciamo?-
-Non sapevo niente della tua prole. Era un segreto?-
Philip si avvicinò al tavolo e indicò la rosa nel vaso.
-Decorazione interessante per una cena di lavoro. C’è pure la candela. Non immaginavo che fossi capace di tanto romanticismo.-
-Come si chiama la bambina?-
-Cos’hai cucinato?-
-Quanti anni ha?-
-Aspetta… Hai cucinato tu la cena?- Philip indicò le vivande -Sai cucinare questa roba?-
-Rosticceria.-
-Ah, mi pareva.-
-Va bene Callaghan, facciamo una tregua.-
L’altro annuì.
-Però come si chiama la bambina puoi dircelo, no?-
-Il bagno è libero, Julian. Se non ci vai tu ci vado io.-
-Ah già…- Ross si sfilò la maglietta, la stese sul tappeto davanti al camino per farla asciugare e sparì dietro la porta.
-Allora, come si chiama?-
-Non lo so, accidenti!- esplose Philip.
-Non sai come si chiama tua figlia? Ma non farmi ridere!-
-No, Price! Non lo so, maledizione! Neanche sapevo di averli, dei figli!-
Nel silenzio che seguì, si udì lo scatto di una serratura. La porta della camera da letto si aprì, Peter si affacciò guardingo e li fissò uno a uno. Quello che vide sembrò soddisfarlo, sgattaiolò fuori silenziosissimo e richiuse piano la porta. Tornò vicino al caminetto e si sedette sul tappeto, davanti al fuoco, accanto alla maglietta di Julian. Tirandola un po’ qua e un po’ là con meticolosa precisione, eliminò tutte le grinze. I ragazzi lo osservarono curiosi pensando ciascuno ai fatti propri mentre Julian usciva dal bagno e Bruce ne entrava.
Peter alzò gli occhi su Benji.
-Ho fame.-
-Tua madre ti preparerà la cena.-
-Ho fame subito.-
-Anche noi abbiamo fame subito ma non facciamo la lagna.- lo zittì Philip, che non gli aveva ancora perdonato il calcio.
Due sguardi praticamente identici si incrociarono, emanando scintille.
Jenny entrò nel salotto. Profumava di sapone, ma gli abiti che indossava erano gli stessi bagnati di prima. Non aveva nulla con cui sostituirli.
-Peter, vieni a lavarti?- lo trovò seduto davanti al fuoco. A poco a poco i vestiti gli si stavano asciugando addosso.
-Ho già fatto il bagno con la pioggia.-
Sua madre sorrise.
-Cosa stai facendo?-
-La fila.-
-La fila per cosa?-
-Per il bagno.-
-Vuoi che ti aiuti?-
-Sono grande, mi aiuto da solo.-
-Va bene allora, fai da solo. Il bagno è libero.-
-Quello è il bagno delle femmine. Io uso quest’altro.- e indicò la porta chiusa dietro cui adesso c’era Philip.
-Tra quanto mangiamo?- s’informò Bruce ciondolando tra il frigorifero e il forno. Non poteva più aspettare.
Mark rispose subito.
-Quando saremo tutti pronti, Harper.-
-Cosa mangiate?- domandò Benji polemico -Avete fatto la spesa prima di venire qui a distruggermi la serata?-
-Hai il forno pieno, Price. Sgancia.-
-Mai!-
Jenny si avvicinò all’angolo cottura e cominciò ad aprire pensili e sportelli tirando fuori tutto ciò che trovò di commestibile.
Il portiere le corse accanto.
-Tieni le mani a posto! Non ho comprato questa roba per sfamarvi.-
Lei parlò calma, tranquilla, inesorabile.
-Mettiti l’anima in pace, Benji. Ci inviterai a cena, che tu lo voglia o no.-
Il ragazzo ammutolì, perché Jenny gli aveva appena spiattellato in faccia una verità che non voleva accettare ma che era l’unica via possibile. Ormai erano arrivati, ormai erano entrati e avrebbero mangiato tutto ciò che lui aveva acquistato per se stesso e per la sua ospite. Avrebbero fatto man bassa, non sarebbe riuscito e non avrebbe potuto fermarli in nessun modo.
-Cominciamo dallo champagne.- Julian prese la bottiglia, scartò con gesti esperti la stagnola e fece saltare il tappo che colpì il soffitto e rimbalzò sulla schiena di Bruce, che stava accorrendo con i primi bicchieri.
-Salute! Auguri! Congratulazioni! Cento di questi giorni, Julian!-
Philip, appena uscito dal bagno, rise di gusto.
-Gli stai davvero augurando un centinaio di giorni come questo?-
La voce di Amy arrivò dal camino. Nessuno l’aveva vista tornare in salotto con Joy in braccio.
-Cento viaggi di nozze?-
-Tutti rigorosamente ecosostenibili.- le fece eco Mark con una risata.
-E centro matrimoni?-
-Potrebbe.- non smise di ridere Philip -Con tutte le fan che ha…-
-Non sei per niente divertente.-
-Non te la prendere Amy.- le porse un bicchiere con il liquido paglierino -Stiamo scherzando.-
-Scherziamo sulla tua vita, Philip. Così rido anch’io.-
Il portiere si intromise.
-E cosa c’è da ridere? S’è scoperto padre disperso di due figli che non lo conoscono e neppure lo vogliono. E quel che è peggio, addio al sesso di coppia. Ende! Kaputt! Se vuoi suicidarti, Callaghan, ti passo un coltello!-
-Benji! Non davanti ai bambini!-
Ma i bambini erano molto occupati e non davano loro retta. Peter aveva dato a Joy il tappo dello champagne ripescato sotto il tavolo, convinto che chiudendole la bocca avrebbe finito una buona volta di frignare. La bimba aveva accolto entusiasta l’invito e adesso lo succhiava beata, incidendo il sughero al sapore di champagne con i suoi dentini appena spuntati. Peter si avvicinò quatto quatto al tavolino e rubò uno dei bicchieri per premiarsi. Perché quel giorno lui era stato bravo, aveva difeso la mamma dai signori del supermercato e dal brutto ceffo che diceva di essere suo padre e adesso aveva tutto il diritto di assaggiare quella cosa da grandi. Non era mica una femminuccia. Si portò il calice alle labbra e lo mandò giù tutto in un’unica sorsata. Spalancò gli occhi e cominciò a tossire. Sentì le bollicine pizzicargli il naso e uscirgli dalle orecchie. La mamma gli strappò il bicchiere di mano.
-Peter! Che fai?-
Bruce scoppiò a ridere.
-Se l’è scolato tutto!-
-Certe cose non si lasciano a portata di mano dei bambini.-
-E adesso?- Benji scrutò preoccupato Peter e ancor più preoccupato il tappeto -Vomita?-
-Si ubriaca?- Philip si sentì un filino responsabile. Forse avrebbe dovuto stare più attento e tenerlo d’occhio -Si vede che a questo bambino è mancata la figura paterna. È un cucciolo selvatico.-
Jenny restò zitta ma il commento non le piacque. Invece Mark, appena uscito dal bagno con i capelli ancora grondanti, ne approfittò per dare addosso al compagno.
-Esattamente, Philip. Dove sei stato tutto questo tempo? Quattro anni non sono mica pochi!-
Il ragazzo si volse verso Jenny.
-Forse lo hai adottato?-
Lei divenne scarlatta.
-Philip!-
-Non ci provare, Callaghan. Peter è la tua copia spiccicata!-
-Evelyn, quanto ci metti? Stiamo aspettando te per mangiare.- urlò Bruce verso la camera da letto.
-Non devi aspettarmi per forza!-
-Poteva dirlo subito!- borbottò lui fiondandosi verso il forno e tirando fuori l’arrosto.
Amy mollò Joy tra le braccia di Philip e corse in cucina, tallonata da Jenny.
-Fermo, Bruce. Facciamo noi le porzioni!-
Dopo cena, mentre Evelyn e Amy rassettavano la cucina, Philip si arrampicò sullo sgabello di legno dell’angolo cottura. Da lì poteva tenere sotto controllo tutta la sua famiglia. Peter era seduto di nuovo davanti al camino, il fuoco lo affascinava, e stava costruendo qualcosa con dei piccoli pezzi di legno che gli aveva dato Bruce. Joy aveva finito di rosicchiare il tappo e adesso, seduta sul divano, agitava in aria il pupazzetto che Jenny, in mancanza di giocattoli, aveva arrangiato con dei tovaglioli. Erano svariati minuti che Philip ci giocherellava soprappensiero rigirandosela intorno al dito, ma solo all’improvviso realizzò di avere la fede all’anulare sinistro. Balzò in piedi rovesciando lo sgabello con un frastuono che spaventò tutti e si precipitò davanti a Jenny. Tese il braccio, mostrandole l’anello.
-Quando ci siamo sposati?-
Jenny abbassò gli occhi, nessun cerchietto d’oro adornava la sua mano sinistra.
-Ci siamo sposati?-
-Tu non ce l’hai!-
Asciugandosi le mani in uno strofinaccio, Evelyn si avvicinò per gustarsi tutta la scena.  
-Forse l’hai gettata via quando lui ti ha abbandonata.-
-Non l’ho abbandonata!-
-A noi hai detto il contrario.-
Bruce rise.
-Ci avrei scommesso che era stata lei a lasciarti.-
Philip sprofondò confuso e scontento nella poltrona. Perché aveva la fede e lei no? Perché all’improvviso erano spuntati quei bambini?
Jenny alzò le spalle impotente e mise sul tappeto Joy che mugolava per scendere dal divano.
-Davvero, non ricordo.-
Stringendo il pupazzo in una mano, la bimba gattonò fino ai piedi di Philip emettendo gridolini contenti. Gli si aggrappò ai pantaloni, si tirò su in ginocchio e gli porse la bambola. Philip non la prese. In realtà neppure si accorse di lei. Aspettava da Jenny una spiegazione che non veniva. Allora Joy iniziò a gridare una serie di ta-ta-ta-ta-ta e continuò petulante finché lui, dopo un urlaccio snervato di Benji, la sollevò in braccio. Mark sorrise.
-Non sei contento, Callaghan? Almeno uno dei tuoi figli ti adora. Meglio di niente, no?-
   
 
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