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Autore: Talitha_    24/04/2021    3 recensioni
Da quando lei ed Adrien hanno scoperto le rispettive identità, Marinette ha sempre negato, con ostinazione, ogni possibilità di un futuro insieme. ⁣
Sarebbe sbagliato, pericoloso. ⁣
Tuttavia, dopo ancora quattro anni, i suoi sentimenti per lui e gli errori del passato continuano a tormentarla. ⁣
È davvero esclusa in partenza ogni possibilità di trovare un lieto fine?⁣

« Perché c’è di peggio che non conoscere mai l’amore: trovarlo in un tempo della propria vita che lo rende impossibile. »⁣
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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VI. Toit

 

 

1.

 

Dopo aver mandato quel messaggio a Ladybug - Marinette - Adrien aveva subito avvertito l’impulso di cancellarlo. Rileggendolo, si era accorto che il suo tono suonava troppo formale e distaccato. Si immaginò Marinette, mentre lo leggeva, che ci rimaneva male perché lui non le aveva rivolto nessuna battuta (per quanto le avesse sempre sdegnate, Adrien sapeva che Marinette amava le sue battute). Se la immaginò, anche, mentre corrucciava le labbra rosate in una smorfia di confusione e disappunto. 

Alla fine l’aveva inviato lo stesso, quel messaggio, anche se suonava freddo e distaccato. Non aveva cambiato una sola virgola, e non sapeva bene neanche lui quale fosse il motivo. Forse non voleva darle false speranze, pensiero assolutamente assurdo dato che era stata lei a troncare ogni rapporto tra di loro. 

Adrien si morse un labbro, cercando di non pensarci troppo. Si sforzò anche di non iniziare a speculare sul momento in cui Marinette avrebbe letto quel messaggio, perché sapeva perfettamente che per riceverlo doveva prima trasformarsi. 

Plagg gli aveva suggerito subito di farsi dare da Nino il numero di Marinette, così che le interazioni tra di loro sarebbero state più immediate. 

Ma c’erano due motivi che avevano spinto Adrien a mettere subito da parte quella proposta. Innanzitutto, possedere il numero di Marinette gli sarebbe sembrato troppo invitante, quasi un richiamo irresistibile a chiamarla e a parlare con lei. Inoltre, Adrien pensava che aspettare qualche giorno prima di parlare con Ladybug gli avrebbe dato l’opportunità di prepararsi a quell’incontro, per evitare - come suo solito - di agire impulsivamente e rovinare tutto. Sentiva ancora il bisogno di un po' di tempo da solo, per pensare e varare ogni singola possibilità, poi sarebbe stato pronto a parlare con Marinette delle sue scoperte e dei suoi progetti, e chiederle il permesso di iniziare la sua ricerca. 

Dunque si era messo sin da subito l’anima in pace: probabilmente sarebbero passati alcuni giorni prima che lei potesse ricevere il suo messaggio. O forse un mese o due. Dopotutto, Papillon non c’era più. 

Non c’era più. 

Nonostante quelle ultime due settimane gli fossero sembrate le più lunghe ed estenuanti della sua vita e la morte di suo padre sembrava un miraggio lontano, Adrien faticava ancora ad abituarsi al pensiero che lui e Ladybug non avrebbero più affrontato un akumizzato di Papillon, suo padre. 

Non negava che in futuro si sarebbe potuta profilare una minaccia simile, ma ora che il Miraculous della Farfalla sarebbe tornato nella Miracle Box dopo così tanti anni (quasi due secoli), Adrien era sicuro che Marinette avrebbe fatto di tutto per proteggerlo. 

Adrien, ancora nelle vesti di Chat Noir, sospirò pesantemente. Si mise a sedere sul divano della sua camera, e volse lo sguardo verso il cielo oltre le vetrate, blu scuro e puntellato di timide stelle. La finestra era aperta, e lasciava entrare nella stanza una leggera brezza. Era talmente fresca e piacevole, carica di un sentore estivo, che Adrien se ne sentì quasi cullato. Rimase così, seduto sul divano, a rimirare il cielo notturno e a godere dell’odore dell’aria della sera. Intorno a lui tutto era calmo: neanche la presenza di Plagg, ancora nell’anello, poteva distoglierlo dai suoi pensieri. 

Adrien si scoprì stranamente calmo, nonostante le emozioni della giornata, e la consapevolezza di aver mandato un messaggio a Marinette. Che di lì a poco tempo l’avrebbe rivista e parlato con lei, e le avrebbe dato delle belle notizie. Più o meno. 

Ovviamente, Adrien ritornò con la mente anche ad Émilie, al suo incontro con lei, e si chiese quanto sarebbe stato bello tornare a guardarla negli occhi e sentire ancora una volta il suono della sua voce. E si sorprese nello scoprirsi quasi euforico al pensiero di poter trovare un modo per salvarla dal suo eterno torpore. Non importava quello che la sua ricerca sarebbe costata, Adrien non si sarebbe fermato mai. Non fino a quando la sua mamma gli avesse sorriso e chiamato per nome: “Adrien”. 

 

***

 

Lo squillo del bastone lo fece trasalire sul posto. Era talmente immerso nei suoi pensieri che un semplice squillo gli aveva fatto balzare il cuore in gola. Beh, forse non si trattava di un semplice squillo. Perché, d’improvviso, quell’insistente bip bip bip gli parve il suono più dolce del mondo. Significava che Marin… no, Ladybug lo stava chiamando. 

Aveva ricevuto il suo messaggio, e lo stava chiamando. 

Adrien si prese qualche secondo per elaborare quella situazione, lo sguardo perso nel vuoto. Era ancora seduto sul divano, improvvisamente scomodissimo, e si rigirava freneticamente il bastone tra le mani, quasi fosse fatto di un qualche materiale incandescente. 

Si rese conto di non essere in grado di mettere insieme nessun pensiero di senso compiuto, perché non avrebbe mai immaginato che Marinette si sarebbe trasformata così presto. Quanto tempo era passato da che aveva spedito il messaggio, un’ora? Forse meno, forse più. Adrien non avrebbe saputo dirlo con certezza. Comunque, sempre troppo poco. 

Entrò nel panico. Non era preparato, non sapeva ancora cosa dirle. Avrebbe finito col rovinare tutto, come suo solito. 

Si portò una mano al volto, cercando di ragionare in modo sensato sul da farsi. Sicuramente doveva risponderle. D’altronde, era stato lui a chiederle di chiamarla. Bene, bisognava risponderle. E poi? 

Adrien strizzò le palpebre, cercando di pensare a cosa Plagg gli avrebbe suggerito in un momento come quello. Ovviamente non poteva sciogliere la trasformazione e constatarlo di persona, perché la chiamata si sarebbe interrotta, e allora tutto sarebbe andato a rotoli. 

Dunque doveva rispondere. Poi avrebbe spiegato a Ladybug che le aveva mandato quel messaggio perché doveva parlarle, e il resto sarebbe stato rimandato al loro incontro. 

Adrien sospirò, si disse che poteva farcela. Portò un dito allo schermo del bastone. Osservò l’artiglio del suo pollice indugiare un secondo sulla cornetta verde, prima di scivolare leggermente verso sinistra e accettare la chiamata. Col cuore in gola, Chat Noir si portò il bastone all’orecchio. 

“L-Ladybug?”, chiese, tremante. 

Nessuna risposta dall’altro capo. Solo un silenzio pesante e angoscioso. Chat Noir portò per un secondo lo schermo del bastone agli occhi per accertarsi che la chiamata fosse effettivamente in corso, e non che avesse risposto troppo tardi facendo scattare la segreteria. 

No, constatò, la chiamata era in corso, i secondi scattavano lentamente. 

00.09

00.10

00.11

00.12

Si riportò il bastone all’orecchio, fece per chiamare di nuovo il nome della sua interlocutrice, quando le sue orecchie di gatto udirono un debole fruscio. 

No, non un fruscio. Un singulto. 

“L-Ladybug?”, chiese cautamente, tutta la tensione accumulata fino a quel momento sostituita da un inaspettato senso di preoccupazione. Marinette stava piangendo?

M-Milady, tutto bene?”, domandò allora, ogni arto teso in attesa di una sua risposta. “Marinette? Ti prego, rispondimi. Dove sei?”  

Un altro gemito, poi il rumore di un naso che tira su, e infine un fragile sussurro: “Adrien?”

Adrien avvertì una fitta al petto. “Sì, sono qui”, rispose, nella voce un trasporto che non era riuscito a trattenere. Dannazione. 

“A-Adrien”, mormorò ancora la voce di Marinette, rotta dal pianto. 

Adrien si passò una mano tra i capelli, senza sapere cosa fare. Come ci si comporta quando la ragazza di cui si è innamorati piange al telefono? A lui non era mai capitata una situazione del genere, prima d’allora. 

“Ti prego, Milady. Non piangere” sussurrò. 

Lei tirò ancora su col naso. Adrien la sentì annaspare come alla ricerca di parole, poi, con sguardo risoluto, scostò con decisione il bastone dall’orecchio e inserì il viva-voce, mentre, scorrendo il menù, andava alla ricerca del dispositivo GPS. Doveva andare da lei, provare a consolarla. Se avesse continuato a sentire i suoi singhiozzi al telefono, senza poterla toccare, guardare negli occhi, sentiva che sarebbe impazzito. 

“M-mi dispiace, Adrien. Io…”, si bloccò ancora, scossa da un fremito. “Non… non so neanch’io perché sto piangendo, e…”

Din din. Marinette era all’incrocio tra Rue Lagrange e Rue de l’Hôtel Colbert. Adrien si riportò il telefono all’orecchio e farfugliò un veloce ‘arrivo’. 

 

***

 

Marinette non era in grado di spiegare perché, non appena aveva udito la voce di Adrien che la chiamava al telefono, era scoppiata in lacrime. Prima che se ne accorgesse, la sua vista era offuscata da una patina trasparente, e le sue ciglia già imperlate sbattevano furiosamente cercando di mandarle indietro. Niente da fare. Era come se tutte le emozioni che aveva trattenuto fino a quel momento si fossero sbloccate in un solo istante, e fossero esplose scombussolandola tutta. 

Marinette aveva cercato di trattenersi, ma non c’era riuscita. Il pensiero di parlare al telefono con Adrien, dopo tutto quel tempo, dopo tutto quello che lui aveva passato, e il ricordo di come si erano lasciati, del loro ultimo incontro… fu tutto improvvisamente troppo da contenere. 

Allora aveva provato ad essere il più silenziosa possibile, sperando che Adrien non se ne accorgesse. Povera illusa. Al minimo singhiozzo imperfettamente soffocato, lui era balzato dall’altra parte, e da meraviglioso ragazzo qual era - quale continuava ad essere, nonostante tutto - aveva iniziato subito a preoccuparsi per lei, ansioso di capire cos’era che non andava. 

Marinette aveva avvertito distintamente il suo cuore fare una capriola quando Adrien aveva l’aveva chiamata Ladybug, e poi un’altra ancora, più forte stavolta, quando la sua voce aveva pronunciato il suo soprannome preferito, Milady

E poi, come se non bastasse, un’ultima piccola e perfetta parola, farfugliata contro l’orecchio prima di sentirsi richiudere il telefono in faccia. 

“Arrivo”.

 

2. 

 

Spesso, in quei giorni, quando aveva pensato a come sarebbe stato rivedere Adrien, Marinette si aspettava di trovarlo arrabbiato, addolorato, rannicchiato in un angolo a piangere e a serbarle rancore. Tuttavia, quando distinse la figura di Chat Noir balzare agilmente nella sua direzione, da un tetto all’altro sotto un cielo di stelle, Marinette si sorprese nel constatare tutto il contrario. 

Adrien le comparve davanti, bellissimo e innamorato, e una leggera scintilla di preoccupazione gli illuminava gli occhi. Forse, alla luce del sole e senza la maschera, Marinette avrebbe potuto notare le sue guance leggermente pallide ed emaciate, o le occhiaie che testimoniavano le lunghe notti passate in bianco. Ma quella sera era buio e Marinette non ci fece caso, e comunque non credeva le sarebbe importato. Chat Noir era di fronte a lei, con le braccia che si protendevano verso il suo corpo, ma senza toccarla. 

Forse… forse, se avesse fatto anche un solo passo avanti, le dita delle mani di Chat Noir le avrebbero sfiorato i fianchi, con quella delicatezza insita in ogni suo gesto. Marinette pensò che sarebbe stata proprio una bella sensazione, quella. Sentire le dita timide di Adrien solleticarle i fianchi. 

No no no. Scosse la testa, era sbagliato. E anche se non lo fosse stato - e Marinette era quasi certa che forse era lei quella ad essersi sempre sbagliata - sicuramente Adrien non l’avrebbe più voluta. Non dopo che lei l’aveva rifiutato e gettato via. Non adesso che suo padre era morto e che Adrien aveva cose certamente più importanti a cui pensare. 

per questo, invece di avanzare di un passo e permettere alle dita di Adrien di accarezzarle la vita, Ladybug indietreggiò un poco, in bilico su una tegola. 

Si asciugò velocemente le lacrime, e alzò i suoi grandi occhi blu fino ad incontrare quelli verdi di Adrien, e poi…

Tutto si fermò. Il tempo, l’aria, i respiri, i battiti dei cuori. 

Ma durò solo un attimo. Un attimo bellissimo, certo. Ma pur sempre un attimo. Un battito di ciglia, ed era tutto finito. 

Marinette strizzò le palpebre ed espirò, sentendo le gambe vacillare sotto il peso dello sguardo indagatore di Adrien. 

“Stai bene?”, lo sentì chiederle. 

Lei scosse leggermente la testa, come a risvegliarsi da un sogno. Poi le labbra si curvarono in un leggero sorriso. “Sì, s-sto bene.”

“Sicura?” Adrien si protese di poco verso di lei, senza volerlo. Quando si accorse di essersi avvicinato un po' troppo - tanto da riuscire ad avvertire il suo profumo di zucchero e miele - si allontanò. 

Ladybug annuì. “Sicura”, sorrise timidamente, le guance rosse, e Adrien sentì il cuore sciogliersi nel petto. Era questo quello che voleva, questo quello di cui si sarebbe felicemente accontentato. Godere della presenza di Marinette al suo fianco, preoccuparsi per lei e arrossire ad un suo sorriso. Questo nessuno poteva impedirglielo, giusto?

Rimasero qualche istante a guardarsi negli occhi, senza avere il coraggio di distogliere lo sguardo, né di pronunciare una singola parola che potesse rompere quella fragile armonia. 

Ladybug fu la prima ad infrangere il silenzio. “Ehm… di cosa volevi parlarmi?”, chiese con un velo di imbarazzo. Non lo guardava più negli occhi, non ne aveva le forze: le sembrava all’improvviso che quello sguardo fosse capace di leggerla fin dentro l’anima, e la cosa la metteva terribilmente a disagio, sebbene non riuscisse a capire bene il perché. 

Lui si ridestò, ricordando improvvisamente il motivo per cui aveva chiesto di vederla. 

Oh. 

Papillon, Mayura, Gabriel, Émilie. 

Marinette vide Chat Noir passarsi una mano tra i capelli, pensoso. 

“Tutto bene, Chaton?”, chiese senza pensare. Subito si portò le mani alle labbra quando si rese conto di averlo chiamato Chaton. Non aveva più pronunciato quel soprannome, non da quella sera gelida e vivida e lontanissima. Tuttavia, adesso era suonato così naturale sulle sua labbra che, forse… 

No no no. 

Era troppo tardi, ormai. 

Anche Adrien, all’udire quel dolce suono, era parso sorpreso quanto lei. Poi, però, un leggero rossore gli aveva imporporato le guance e un piccolo ghigno gli aveva curvato le labbra.“Chaton, eh?”, ripetè con tono malizioso. 

Ladybug lo guardò con occhi meravigliati e stupefatti. Da quanto tempo Adrien non osava far emergere quel suo lato da Chat Noir che da tanto aveva imparato ad amare? Il cuore le batteva fortissimo nel petto. Stava… stava per caso cercando di flirtare con lei?

Colta da un moto d’allarme, Ladybug indietreggiò di un passo. Il suo sguardo era pieno di timore, mentre le labbra erano partite alla ricerca disperata di una risposta adeguata. Avrebbe dovuto ribattere a tono e stare al suo gioco, oppure rimettere le cose bene in chiaro prima che la situazione potesse degenerare? 

Schiuse le labbra leggermente tremolanti e fece per rispondergli, quando sentì la  voce mortificata di Adrien prevenirla. “Scusami, io… mi dispiace, non avrei dovuto.”

Ladybug alzò gli occhi su di lui. Lo guardò contorcersi dalla voglia di rimangiare quelle parole, di tornare indietro e rispondere semplicemente che sì, andava tutto bene, e che aveva urgente bisogno di parlarle. 

Marinette si prese un labbro tra i denti, come faceva sempre quando era nervosa, e cercò di combattere contro la voglia che aveva di prenderlo per mano, baciarlo, accettare le sua avances e flirtare con lui fino a che, esausta, non si sarebbe addormentata cullata dalle sue braccia e dal respiro calmo del suo petto contro l’orecchio. 

“N-non preoccuparti” disse solo “è stata colpa mia. Non avrei dovuto chiamarti…”, si bloccò. Non osava ripetere quella parola. Chaton. Era pericolosa, pensò. Capace di rievocare sensazioni e ricordi che avrebbero fatto meglio a rimanere al sicuro nel cassettino della sua memoria. 

Lui scosse la testa. “Va tutto bene, lo capisco”, ridacchiò nervosamente. “Anche io, a volte, ti chiamo Milady senza rendermene conto”. 

Marinette sentì la terra mancarle sotto i piedi, o forse le gambe farsi improvvisamente troppo deboli per reggerla. Sbandò leggermente, riuscendo a recuperare subito l’equilibrio. D’altronde, la super agilità di Ladybug doveva pure esserle utile a qualcosa. Ad evitarle figuracce in momenti come questo. 

Adrien continuò ad osservarla, intensamente, e non potè far a meno di pensare che fosse adorabile, con le ciglia lunghe e gli occhi spalancati, le guance rosse e le labbra schiuse. Cercò di godere al massimo della sua presenza di fronte lui, e anche di capire se lei avesse ancora qualcosa da dirgli. Ma Ladybug non accennava a proferire parola (forse per paura di tradirsi ancora), e dunque Adrien si sforzò di tornare dritto al punto. 

Si rimise ben in equilibrio sulle gambe, un piede di fronte all’altro sulle tegole in cemento del tetto, e infilò agilmente il bastone al suo posto, dietro la schiena. 

“Ladybug”, iniziò, cercando di mantenere il tono di voce il più formale possibile. “Ho bisogno di parlarti. In qualità di Guardiana dei Miraculous. H-ho fatto alcune scoperte nell’ultimo periodo, e…”. Adrien si interruppe. Prese un respiro profondo, poi infilò una mano in tasca e ne estrasse due piccoli oggetti. Marinette seguì con estremo interesse ogni suo movimento: come le sue dita si richiudevano con cura intorno al contenuto del palmo guantato, come Adrien continuava a fissarla cercando di carpire ogni singolo pensiero che sfrecciasse nella mente di lei. 

Poi, vide Adrien avvicinare il pugno davanti a lei, e schiuderlo leggermente. 

Inizialmente, Marinette pensò che Adrien la stesse prendendo in giro, e che non era affatto divertente, perché non era un momento per scherzare, quello. Pensò che le due spille che giacevano sul palmo guantato del suo partner fossero dei giocattoli. A prima vista, l’azzurro e il blu e il viola le parvero colori troppo cangianti per una spilla da adulti. 

Poi, però, strinse gli occhi e sporse avanti il collo, aguzzando la vista - perché era buio e non si vedeva bene. Adesso, riuscì a distinguere perfettamente i contorni degli oggetti che Chat Noir le stava consegnando. 

Non erano spille giocattolo dai colori troppo vivaci. Forse, non era neanche uno scherzo. 

Ladybug strabuzzò i grandi occhi azzurri. “Ma dove… come…?!”

Vide Chat Noir sorridere, e con la mano libera prenderle delicatamente il polso e il dorso della mano, facendole scivolare le due spille sul palmo. 

Fu così che Ladybug si ritrovò tra le mani i Miraculous del Pavone e della Farfalla, da lungo tempo andati perduti. 

 

 

3. 

 

“Dove li hai presi?! Adrien, ti rendi conto del pericolo… Io…”, la voce di Ladybug si perse nel buio. Era ancora troppo scioccata per elaborare un pensiero di senso compiuto, per cercare di capire come, cosa…

Chat Noir richiuse delicatamente le dita di Ladybug intorno ai Miraculous. Marinette sussultò al tocco leggero delle sue dita. Poi scosse la testa, non era tempo né momento di farsi distrarre dai suoi sentimenti per lui. 

“Mi dici dove li hai presi, o…?”

Vide Chat Noir sorridere debolmente, poi alzare gli occhi su di lei. “Che ne dici se andiamo a sederci da qualche parte? Abbiamo… tante cose di cui parlare.”

Ladybug lo guardò allarmato. “Devo preoccuparmi? Perché non mi hai detto niente?”

“Te lo sto dicendo adesso”, sussurrò dolcemente Chat Noir. Poi prese il bastone da dietro la schiena e con un cenno della testa la invitò a seguirlo. “Vieni?”

Ladybug annuì, prima di prendere il suo yo-yo e riporre i due Miraculous con estrema cura al loro posto nella Miracle Box. Risollevò lo sguardo quando avvertì un fruscio di coda, e rimase a fissare per pochi istanti la figura di Chat Noir librarsi nel cielo. Sbatté le palpebre, e con un leggero slancio si issò al suo seguito. 

 

***

 

“Hai tante cose da dirmi.”

“Lo so.”

“Ogni cosa. Ogni singolo dettaglio.”

“Lo so.”

“Voglio sapere tutto. Tutto.”

Chat Noir annuì, e un fremito scosse le sue orecchie di gatto. 

Erano seduti sulla cima della Tour Eiffel, e sebbene quel luogo avrebbe potuto risvegliare in loro tanti e tanti ricordi, caldi e dolorosi, adesso non c’era spazio per nulla al di fuori della loro missione. Del loro lavoro da supereroi. Erano solo Ladybug e Chat Noir, un duo di partner perfetto, certo, ma pur sempre supereroi con un compito da portare a termine. O meglio, il compito spettava a Chat Noir, Ladybug doveva soltanto venire a conoscenza dei suoi piani. 

“Chat Noir”, chiese Ladybug, e nel tono con cui pronunciò il suo nome Adrien vi lesse un sentimento di formalità. Si stava rivolgendo anche lei al lui supereroe. Niente più Adrien e Marinette. Mai più. Che dire, faceva ancora male. 

“Mmh?” Chat Noir voltò la testa verso di lei, alla sua sinistra. 

Lo sguardo di Ladybug era forte e deciso, e Adrien non fu più in grado di leggervi l’emozione che li aveva fatti brillare solo qualche minuto prima, quando stava cercando furiosamente di asciugarsi le lacrime. 

“Voglio sapere tutto”, ripetè Ladybug a fior di labbra. Distolse lo sguardo, e tornò a fissare la città di luci in basso. 

“Va bene”, rispose semplicemente Adrien, e le raccontò tutto. Di quando suo padre era morto e lui aveva trovato la sua lettera, e aveva scoperto la sua vera identità, la sua storia e i suoi piani. Le raccontò che lui era Papillon, e che era stato contro suo padre che avevano combattuto contro tutti quegli anni, cercando disperatamente di scoprire chi fosse quando la verità era proprio sotto il loro naso. Le raccontò di Nathalie, da sempre sua complice, che forse era da biasimare, anche se in fin dei conti aveva sempre agito per amore della famiglia Agreste. 

Ladybug ascoltò attentamente, come fanno i bambini quando si legge loro una storia. Sì, le sembrava di star ascoltando una fiaba, lontana impossibile e magica, come se lei non fosse uno dei personaggi chiamati in causa, ma una semplice ascoltatrice incantata. Pendeva dalle labbra di Chat Noir, e beveva ogni sua singola parola, ma tutto le sembrava così irraggiungibile, certo affascinante, ma pur sempre una fiaba. 

Chat Noir, vedendo che Ladybug non dava segni di risposta, continuò con la sua storia. 

Le raccontò del viaggio in Tibet di Gabriel e sua madre, di quando avevano trovato i Miraculous del Pavone e della Farfalla e avevano iniziato ad usarli nella speranza di portare il bene nel mondo, fallendo miseramente. Émilie era caduta malata prima, addormentata dopo, e ancora adesso riversava in un sonno profondo da cui sembrava impossibile risvegliarla. Ma Adrien non avrebbe permesso che sua madre continuasse a dormire per sempre senza fare nulla per salvarla, senza portare a termine ciò che suo padre non era riuscito a fare. 

E lo avrebbe fatto da solo. Per questo aveva chiesto di parlare con lei. Per ridarle i Miraculous perduti, affinché lei potesse custodirli ed evitare che cadessero di nuovo nelle mani sbagliate. E per chiederle il permesso di partire alla ricerca di una soluzione, di un modo per tornare a rivedere il sorriso di sua madre e il verde dei suoi occhi. 

“Mi lascerai andare, Ladybug?”

Lei lo guardò incredula, ancora troppo scioccata da tutte quelle rivelazioni per comprendere appieno il significato della sua domanda. Gabriel Agreste era Papillon, Nathalie Sancoeur Mayura, la madre di Adrien era ancora viva e giaceva addormentata in una bara di vetro, e neanche il bacio del vero amore era riuscito a…

“Ladybug?”

La voce di Chat Noir la riportò alla realtà. Marinette sbatté le palpebre, cercando di sforzarsi, e capire che quella non era una fiaba, ma la pura realtà. E loro, Adrien e suo padre, e la segretaria e la madre, erano i protagonisti. E anche lei, in qualità di Guardiana. 

Si portò una mano alla fronte e si passò le dita tra i capelli. Sotto i guanti, le sentiva terribilmente sudate. Chiuse gli occhi, e si prese qualche secondo per mettere in ordine i pensieri. 

Ad Adrien quei pochi minuti parvero infinito, anche se non sapeva da dove veniva tutta quell’ansia. Cosa avrebbe potuto dirgli di brutto Ladybug? Che gli negava il permesso di andare a cercare un modo per salvare sua madre? Adrien era certo che Marinette avrebbe capito. Che avrebbe compreso quanto fosse importante per lui tutta quella missione. Per questo credette di aver udito male quando alle sue orecchie arrivarono nette le parole di Ladybug. 

“No”, rispose semplicemente. 

Adrien vacillò. No?

“C-come no,? Io…” esclamò, la voce leggermente incrinata. 

“Non andrai da solo. Non lo permetterò. È troppo pericoloso, Chat Noir. Tutto questo…” protese le mani in avanti, cercando di afferrare un qualcosa di enorme e immaginario che solo lei era in grado di vedere. 

“Ma io…” iniziò Chat Noir, senza sapere come andare avanti. 

Chat Noir si scontrò con gli occhi azzurri forti e risoluti di Ladybug. Conosceva bene quello sguardo. Era quello che adottava quando aveva preso una decisione, e non ci sarebbe stato nulla che le avrebbe fatto cambiare idea. Era lo stesso sguardo che avevano assunto i suoi occhi quando, quella sera di tanti anni prima, Marinette aveva deciso che tra di loro non ci sarebbe mai stato niente. 

No. Per quanto continuasse ad amare profondamente Marinette, Adrien non avrebbe permesso che ancora una volta una sua decisione influisse sulla sua vita. 

“Non posso permetterti di andare da solo, hai visto quello che è successo co…”

“Ladybug, non voglio che tu venga con me”, la interruppe Chat Noir, forse con troppa fermezza. 

Marinette lo guardò sorpresa. “C-cosa?”

Di fronte al tono contrariato della voce di lei, Adrien si pentì di aver parlato. Ma ormai era troppo tardi. “Voglio andare da solo, ho deciso così.”

Ladybug si girò un poco verso di lui, per guardarlo meglio negli occhi. “Non ti lascerò andare da solo. Abbiamo sempre agito insieme, lo faremo anche questa volta.”
Chat Noir scosse la testa. Forse, in un altro momento, le parole di Ladybug avrebbero fatto breccia nel suo cuore, ma adesso c’era talmente tanta tensione tra di loro che non riuscì ad andare a fondo al loro significato. Non riuscì a capire subito che Ladybug voleva ancora lavorare con lui, nonostante tutto. Che ci teneva ancora a lui, perché altrimenti non avrebbe insistito tanto nell’aiutarlo. Non ci pensò, in quel momento. Per questo andò avanti, ancora fermo nella sua idea. 

“Come hai detto tu” cercò di spiegarsi “è troppo pericoloso. Non voglio che corri un rischio inutile per aiutarmi. È chiaro che…”

… che con me non vuoi avere più niente a che fare. 

Lo avrebbe detto, ma un nodo gli si formò in gola e semplicemente… non ne ebbe il coraggio. Non sapeva perché quelle parole gli sembrassero tanto crudeli, ma si convinse che forse era perché in fondo - tanto in fondo - non rispecchiavano la realtà. Magari a Marinette importava ancora di lui e voleva aiutarlo e…

“È chiaro cosa?”, lo interrogò Ladybug. 

Adrien boccheggiò, senza sapere cosa dire. Poi si fece coraggio e rispose: “Non voglio metterti in pericolo, se so che potresti evitarlo. E poi…”

“E poi…?”, lo incoraggiò lei, nella voce una puntina di speranza. Speranza che lui facesse trasparire ancora una volta i suoi sentimenti per lei, che le facesse comprendere che per loro c’era ancora una possibilità. 

Adrien abbassò lo sguardo, troppo imbarazzato per guardarla negli occhi. “Non sarebbe troppo… ehm, strano?”

“Strano?”

“Sì, strano”, mormorò, e tornò a guardarla. “Tu e io, in missione insieme, dopo così tanto tempo…”, la sua voce suonava improvvisamente troppo rauca. 

Marinette arrossì sotto lo sguardo intenso e appassionato di Chat Noir. Sentì il cuore tremarle in petto, tutta la pelle vibrare, bisognosa di un contatto con lui. Una stretta di mano, una carezza, un sussurro. Un bacio. 

Ladybug, senza il suo volere, pensò. Pensò e si lasciò andare all’immaginazione, a loro due fianco a fianco, a lavorare e passare del tempo insieme, senza tensioni o rancori, solo armonia. Due partner affiatati, come sempre erano stati prima che lei rovinasse tutto. Si poteva ancora avere tutto quello, no? Anche se lui non la voleva più nella sua vita quotidiana, forse Marinette sarebbe riuscita a cavarsi un posticino nella loro vita da supereroi. 

No, aveva deciso. Era impensabile che lei se ne stesse con le mani in mano mentre lui rischiava la vita per salvare la madre. Gabriel era diventato pazzo ed era ricorso al suicidio per lo stesso motivo, e Ladybug avrebbe impedito che ciò accadesse anche con Adrien. Era compito suo, in qualità di Guardiana e portatrice del Miraculous della Coccinella, aiutare le persone in difficoltà, Adrien, e salvare sua madre. 

Forse, in quel momento, Marinette ragionò condizionata dai suoi sentimenti per Adrien. Forse avrebbe dovuto metterli da parte e pensare razionalmente, in maniera parziale. 

Tuttavia, non vi riuscì. Per troppo tempo aveva permesso che le sue azioni fossero dettate unicamente dalla ragione, ed aveva visto dove la sua vita l’aveva condotta. 

Forse, non era sbagliato seguire una volta tanto il proprio cuore. 

“Non sarebbe strano” rispose a fior di labbra. “Non siamo sempre stati un duo, tu ed io? Possiamo ancora agire insieme contro il mondo, come una volta. Ricordi?”, chiese, e la sua voce suonò dolce come le note di un flauto. “Lascia che ti aiuti, Adrien.”

Adrien Adrien Adrien. 

Il cuore di Adrien sussultò. Non sapeva esattamente come, ma adesso Ladybug si era avvicinata di più a lui, e riusciva a sentire il suo profumo e la morbidezza del suo corpo contro il proprio. “Non posso lasciare che tu… io…”

Ladybug ridacchiò, sorprendendolo ancor di più. “Potrei sempre riprendermi il tuo Miraculous, lo sai.”

Lui alzò le sopracciglia. “Non lo faresti.”

“Oh, certo che sì.”

Sì, lo farebbe, pensò. 

Ne era capace. 

“E io andrei avanti anche senza Miraculous”, ribatté. 

“Sarebbe un suicidio”.

“Andrei lo stesso”, ripetè Chat Noir. 

“Lo so”, convenne risoluta Ladybug. 

“E-e allora?”, chiese lui, confuso. Non capiva dove volesse andare a parare con tutto quel discorso. 

Ladybug cercò il suo sguardo, i grandi occhi azzurri scintillanti nel buio. Inaspettatamente, gli prese una mano, e ne carezzò il dorso col pollice. “Allora verrei a salvarti”, sussurrò. “Così da aiutarti lo stesso, alla fine”. 

Adrien aveva perso il conto dei battiti del suo cuore. Correva talmente veloce che gli sembrava capace di uscirgli dal petto da un momento all’altro.

Cosa… cosa stava succedendo? Perché Ladybug lo guardava così dolcemente, quasi non fosse passato un singolo giorno da che avevano scoperto le loro identità? Adrien non se ne capacitava, ma in quel momento non se ne curò. Ladybug gli stava rivolgendo uno sguardo d’amore, il suo aiuto e il suo supporto, e lui non sarebbe mai stato capace di rifiutare. 

Accolse la presa della mano di Marinette nella sua. 

“A quanto pare, saremo ancora una volta tu ed io contro il mondo, Milady”, rispose, cercando di non pensare a quanto le sue parole potessero essere fraintese. Si aspettava che lei si arrestasse, che rimangiasse tutto, che si scostasse e se ne andasse via come sempre negli ultimi quattro anni. Invece sorrise, felice. Strinse più forte la sua mano e mormorò: “Insieme”.

 

 

Da quella parola, semplice e forte e bellissima, ebbe inizio il viaggio di Ladybug e Chat Noir. 

Una ricerca verso… non sapevano bene cosa, ma non importava. 

Erano insieme, e avevano dato prova tante e tante volte della potenza delle loro forze unite per il bene. 

Per questo, anche nei momenti di sconforto, quelli in cui sembrava che non ci fosse alcuna via d’uscita, non si persero d’animo, sicuri che ne sarebbero usciti vincitori, ancora una volta. 

 

Cercarono e cercarono, e infine, dopo dieci lunghi mesi, la trovarono. 

Émilie. 

 

 

Première partie: fin. 

 

[continue…]

 

 

Convenevoli finali: 

Wow, siamo arrivati alla fine della prima parte. Davvero non ci credo, mi sembra solo ieri da che ho iniziato a scrivere questa storia, e allo stesso tempo un secolo fa. 

Grazie a tutti di cuore per aver letto fino a qui, 

 

Un bacio, 

Francesca <3

   
 
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