Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: Danamochi97    25/04/2021    2 recensioni
Storia ispirata alla cover di Jungkook “Ending scene”. Appena l’ho sentita si è costruita nella mia mente questa serata alla Cinderella Story e ho dovuto liberarmene riportandola in testo. Sorry, but I hope you like it. [ jikook ]
Genere: Fluff, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Seokjin/ Jin, Kim Taehyung/ V, Park Jimin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Luci di immensi lampadari e candelabri d’oro illuminavano calorosamente l’ambiente. Il piano suonava note morbide e dolci mentre la sala si riempiva di gente più o meno conosciuta. Il rumore dei piattini e delle posate d’argento faceva passare in secondo piano il dolce suono del pianoforte, il vociare si faceva sempre più forte, pacche sulle spalle, teste inchinate e lievi risate aleggiavano per l’intero salone. Le pareti erano decorate da rose rosse e bianche, i bicchieri di champagne erano sempre riempiti da diligenti camerieri, tanto rapidi che quasi parevano invisibili. Le ragazze entravano da una parte mentre i ragazzi da un’altra, per poi incontrarsi al centro della pista, farsi reciprocamente un inchino e, dopo un timido sorriso, iniziare a ballare. Le ragazze poggiavano una mano sulla spalla del loro cavaliere, mentre l’altra veniva accolta dalla mano dell’uomo che la stringeva con sentimento misto a timore. Le ragazze avevano vestiti gonfi in basso e stretti in vita dai colori e tessuti più vari: pastello, velluto, volant, pizzo. I ragazzi erano tutti in smoking, dal blu al nero, passando per il grigio e marrone. Jungkook stava stritolando nervosamente un calice di champagne mentre fingeva di sorridere ad una battuta fatta da suga su quanto tae si stesse gonfiando a furia di mangiare tartine. Namjoon discuteva con i più grandi di politica, del clima, dei problemi della Corea. Jin si lasciava assuefare dalla bellezza dei vestiti delle ragazze, desiderando disperatamente indossare un vestito rosso con i lustrini che aveva appena visto indosso ad una ragazza. Jhope si sentiva un po’ fuori posto in quella sala con quella musica lenta ma stare con i suoi compagni lo faceva sentire comunque a suo agio  come sempre. Jimin ancora non si faceva vedere, il solito ritardatario. Ormai erano arrivati quasi tutti e quasi tutte le ragazze avevano sceso la scalinata porgendo la mano al cavaliere quando vi si trovavano alla fine. “Jungkook se non la smetti, quel bicchiere ti si romperà tra le mani, ma si può sapere che hai?” Jungkook si sentì come riportato all’improvviso alla realtà “niente hyung, va tutto bene, questi eventi pubblici non mi piacciono e lo sai” “okay ma cerca di gestirti sembra che tu stia aspettando qualcosa” Jin disse tossicchiando “oh forse qualcuno..” ottenendo in risposta uno spintone da Jungkook. Jimin stava attraversando il corridoio per arrivare alla grande porta di legno di quercia al di là della quale vi era il ballo. Per la paura di aver fatto eccessivamente tardi non si era accorto di stare entrando dalla parte sbagliata, ovvero l’ingresso delle ragazze. Prese un bel respiro prima di aprire le due pesanti ante. Il pianista stava iniziando a suonare una nuova melodia, dolce, poche note ma talmente ipnotiche che conquistarono all’istante tutti. In quel preciso momento Jimin aprì timidamente le porte e si sporse in avanti rendendosi subito conto di aver sbagliato entrata ma rendendosi anche conto che ormai l’avevano visto in troppi e che quindi non poteva più scappare o tornare indietro. Passo dopo passo, lentamente scese la scalinata. Il pianista smise di suonare, la sala colpita da quell’interruzione si voltò prima verso il pianista, poi verso ciò che aveva fatto fermare il pianista. Il silenzio regnava sovrano. Jimin avvertiva ora tutti gli occhi su di sè. I membri guardavano Jimin teneramente e con sguardi di fierezza per la bellezza del loro amico che, come al solito, si era fatto riconoscere. Jimin riprese a scendere gli scalini con molta calma per paura di cadere seguito finalmente dalle note del pianista. Indossava un abito bianco, fatto di vari strati di tessuto leggero che gli avvolgevano il corpo, delineandone le forme: la vita stretta ed il torso asciutto. Le braccia erano coperte da un velo trasparente con dei diamantini incastonati qua e là. Pareva una divinità greca. Aveva mantenuto i capelli biondi sciolti che ricadevano liberi ai due lati del viso in un’onda definita ma che pareva naturale. Gli occhi avevano una leggera linea di argento e sulle labbra un burrocacao opaco che le faceva apparire ancora più morbide e rosee del solito. Jungkook aveva smesso di respirare. Senza saperlo il pianista stava suonando la base di una canzone che aveva la sua voce. La voce di jungkook registrata ora risuonava per tutta la sala, sbattendo contro i muri e ritrovandosi al centro. Jimin all’udire quella voce si sentì inconsapevolmente più a suo agio. Jungkook ancora non si muoveva e non batteva le palpebre, troppo preso da quel ragazzo biondo che stava facendo invidia a tutte le ragazze presenti. Quest’ultimo era arrivato agli ultimi gradini. Jin diede un colpo a Jungkook che si riprese immantinente e guardò Jin con sguardo interrogativo. “Va’ da lui” “Hyung ... ma ... io .. sono un ragazzo” “e allora? vuoi andare da lui o no? Preferisci che si avvicini qualcun altro? Guarda che lo stanno già facendo” Jungkook si girò verso Jimin e vide dei ragazzi allungarsi verso di lui. Quanti problemi si faceva a volte il maknae invece di pensare alla sua felicità. Quante volte aveva messo da parte ciò che provava per paura, vergogna, imbarazzo, giudizio. La figura di Jimin lo stava chiamando come una sirena al suo pirata preferito. Stranamente più si avvicinava a Jimin più il suo cuore si calmava, si sentiva nel posto giusto. Un passo dopo l’altro, aveva raggiunto la scalinata. La sua voce nella canzone stava dicendo “tu non sai quale tipo di cuore mi hai dato”. Jimin vide Jungkook avvicinarsi sicuro nel suo smoking scuro, con quelle sopracciglia folte e ben delineate che gli conferivano quello sguardo furbetto e scaltro che Jimin adorava. Gli altri ragazzi quando videro Jimin guardare ininterrottamente Jungkook, indietreggiarono imbarazzati. Jungkook allungò una mano verso Jimin che vi poggiò la sua delicatamente. Il moro quando avvertì quella morbida presenza ebbe istintivamente bisogno di stringerla. Portò sotto gli occhi di tutti Jimin al centro della pista da ballo. I due si guardarono un attimo negli occhi per la prima volta dall’inizio di quella serata, chinarono il capo reciprocamente e poi presero a danzare. Jungkook avvolse con un braccio la vita esile di Jimin avvicinandolo senza via di fuga a sè. Jimin mise una mano sulla spalla del maknae mentre l’altra rimaneva salda nell’altra. Jungkook diede inizio al ballo facendo il primo passo, seguito con fiducia da Jimin che si fece trasportare da quella canzone, da quelle parole, da quella voce e da quella presenza, tutte cose appartenenti ad una sola persona: quella che ora la stava stringendo per la prima volta con sicurezza, e così Jimin si perse in quegli occhi scuri che lo guardavano con un tale amore che credeva non sarebbe stato in grado di descrivere a nessuno. Gli altri invitati presero ad unirsi a loro. La sala si riempì di corpi in un movimento sincronizzato. Tae aveva preso la sua macchina fotografica e stava facendo segretamente un centinaio di foto a Jimin e Jungkook. Il contrasto del nero e del bianco dei loro abiti pareva avvolgerli in quello che dall’esterno sembrava uno yin e yang. Nessuna delle due parti poteva stare senza l’altra, lo sapevano i loro compagni e lo sapevano loro due, perché ora se lo stavano confessando con gli occhi. La canzone stava finendo, Jimin stava volteggiando tra le braccia forti e stabili di Jungkook che lo aveva appena sollevato da terra per gli ultimi giri. Le ragazze presenti alzate dai loro cavalieri creavano con le loro gonne dei movimenti molto ampi, ma la semplicità e quell’intimità che si era creata tra i due membri dei bts aveva catturato l’attenzione di tutti fin dall’inizio e nessuno riusciva a concentrarsi su altro o altri. Jungkook stava ancora stringendo energicamente Jimin in quello che era il suo ultimo giro sollevato da terra. Jimin stava sorridendo talmente tanto che i suoi occhi si erano completamente chiusi in una linea orizzontale ignaro del fatto che Jungkook lo stesse osservando desiderando di farlo roteare a vita così pur di vedere quel sorriso immenso e quegli occhi serrati dalla tanta gioia ancora e ancora. Le ultime note aleggiavano nell’aria, Jungkook stava abbassando lentamente Jimin, i loro sguardi si incrociarono nel mentre, i nasi si sfiorarono, i respiri si unirono, le bocche si vollero disperatamente, i corpi strusciarono l’uno sull’altro. La bocca di Jimin dopo aver sfiorato il naso di Jungkook incontrò la sua bocca, Jungkook deglutì vistosamente, la sua stretta era saldissima ma la sua bocca tremava al prossimo contatto con quelle labbra che tanto aveva sognato, di cui tanto aveva immaginato il sapore e la consistenza. Si avvicinarono all’unisono, un contatto lieve quasi impercettibile che poi divenne più intenso, una morbidezza inaspettata avvolse la sottile bocca di Jungkook che aveva bisogno di approfondire, conoscerne ogni minimo dettaglio. Schiusero le labbra, piegarono le teste e cominciarono un viaggio senza fine. Jimin mise la mano sulla nuca di Jungkook per averlo ancora più vicino e Jungkook rispose stringendo ancora più forte quel corpo delicato. All’ultimo tasto di pianoforte Jimin aveva raggiunto con i piedi il parquet. Lasciò la nuca di Jungkook, allontanando lentamente il suo viso dall’altro e guardandosi ora i piedi per l’imbarazzo mentre Jungkook pareva averlo perso del tutto dopo quella magia che aveva avvertito tra loro due. “È.. è molto bella questa canzone cantata da te” Jungkook sorrise e rispose che era bella solo perché quando la cantava pensava alla persona che ora aveva di fronte. Un’altra canzone ripartì mentre Jungkook e Jimin si allontanavano dal centro della pista, lasciando il posto ad altri amori, altri voli, altri sogni, perché tanto, ormai, il loro, l’avevano realizzato. 
 
 
                                           ~the end~
   
 
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