Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: AlsoSprachVelociraptor    25/04/2021    1 recensioni
Nel 2018 Shizuka Higashikata, la figlia adottiva di Josuke, vive una vita monotona nella tranquilla Morioh-cho.
Una notte la sua vita prenderà una svolta drastica, e il destino la porterà nella misteriosa città italiana di La Bassa, a svelare i segreti nascosti nella sua fitta nebbia e nel suo sottosuolo, combattere antichi pericoli e fare nuove amicizie, il tutto sulle rive di un fiume dagli strani poteri.
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Terza riscrittura, e possibilmente quella finale, dell'attesa fanpart di JoJo postata per la prima volta qui su EFP nel lontano 2015.
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Prequel: “La battaglia che non cambiò nulla (o quasi)”
*Spoiler per JoJo parti 1, 2, 3, 4 e 6*
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Aggiornamenti saltuari.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Josuke Higashikata, Jotaro Kujo, Nuovo personaggio, Okuyasu Nijimura
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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“È inutile tentare di aprire ogni porta. Sono tutte chiuse.”

Josuke, però, non sembrava voler collaborare. Yukako non voleva essere lì con lui, ma ci era capitata. Nel senso che Okuyasu non aveva intenzione di staccarsi dalla nuova, ammaliante collaboratrice Minerva, e che Koichi era stato trascinato via da Jotaro e l’unica persona disponibile con cui fare gruppo era l’ingelosito e nervoso Josuke, con in testa solo il trovare la figlia e dimostrarsi migliore della giornalista agli occhi di Okuyasu. Che non si trovava nemmeno lì con loro, dato che si era diretto all’ala Blu, quella universitaria, e loro erano in quella Rossa, le scuole superiori.

Si avventò verso un’altra porta, pesantissima e in metallo colorato di rosso, e tentò di aggredire la maniglia di ferro, ricevendo ancora un’altra scossa, come aveva fatto con la porta prima, e quella prima ancora, e quella ancora, e così via per minuti interminabili.

Yukako era stanca. Era nervosa, spaventata, e non riusciva più a sopportare quello che un tempo era stato suo amico.

Gli afferrò un polso con Love Deluxe e strinse quanto più poteva, e finalmente l’uomo si voltò a degnarla di uno sguardo.

“Mi ascolti?! Dobbiamo andare avanti. Non si trova qui tua figlia e nemmeno quelli della Banda. Muoviti!”

Lui tirò con forza il braccio, strattonandole i capelli. “Non trattarmi come un cazzo di poppante!” gracchiò lui, evidentemente preso alla sprovvista da quella sgridata. 

“E tu non comportarti come un poppante! Dobbiamo collaborare, hai capito?! Dunque se devi dire qualcosa, dimmelo, sennò stai zitto e attieniti al piano di Jotaro di camminare finchè non ci attaccano”

Josuke le riservò uno sguardo carico d’ira. “Io non ho bisogno di collaborare con te. Sono più forte, ce la faccio da solo. Ce l’ho sempre fatta da solo.”

La presa dei capelli di Yukako allentò sul braccio tatuato di Josuke. Beh, era vero. Josuke era sempre stato di gran lunga quello con lo stand più forte del loro gruppo di portatori di stand di Morioh, quello con più tattica e, in generale, il più forte.

Ma prima di lasciare Morioh, non si era mai azzardato a dirlo. Era sempre stato nei suoi pensieri, quello di essere superiore e di non aver bisogno degli altri, o lo era diventato?

“Ma che ti prende?” Gli chiese Yukako, con però una nota di preoccupazione nella sua voce, cercando di ingoiare la rabbia come aveva imparato a fare. “Sei cambiato…”

Nel suo sguardo- occhi color cielo invernale, chiari e freddi, vide per un attimo del risentimento. “Io sono cambiato?”

Le sue dita a malapena toccarono la ciocca perennemente bianca tra i capelli neri di Yukako. “E tu no? Tu credi ancora di essere te stessa?”

Era sé stessa? Forse quella sensazione di essere vicino ad un estraneo la percepiva dal dover convivere con quell’immagine che aveva creato di sé stessa in quegli anni, di brava mamma e perfetta mogliettina e attenta proprietaria di un salone di bellezza. Di trattenere tutta la rabbia e il risentimento dentro di sé, di cercare di domare quel suo carattere sempre irrequieto.

Yukako non seppe rispondere e Josuke sembrò non voler infierire, come colto da un momentaneo senso di colpa, e per un istante fu silenzio.

Fu proprio quel silenzio ad indicare loro una direzione.

Al fondo del corridoio vi era una specie di incrocio: una curva a destra, oppure le scale che continuavano dritte per il corridoio, salendo al primo o al secondo piano.

Dal pianerottolo del secondo piano, continuando per la rampa di scale, arrivavano voci. Erano sussurri, movimenti e fruscii, ma era chiaro che c’era qualcuno, che stava parlando italiano e, a giudicare dall’intonazione, erano molto giovani.

Yukako e Josuke si scambiarono un’occhiata, e seppero cosa fare.

Salirono le scale fino alla prima curva che segnava il primo piano passato, ritrovandosi a metà della scalinata ma abbastanza indietro da non essere visti. Le voci ora erano molto più definibili: due ragazze che parlavano e altri ragazzini che vociavano in sottofondo e con una specie di eco, probabilmente in una classe.

Yukako allungò diversi capelli, filamenti tanto sottili da essere invisibili, per sapere quanto lontana fosse.

“Circa cinque metri.” comunicò telepaticamente via stand a Josuke, che annuì. 

“Riesci ad avvicinarla, almeno di due metri? Se rientra nel mio raggio d’azione, posso colpirla. Così ne rimane solo una da sconfiggere.”

Yukako gli sorrise e annuì, più sollevata nel sapere che, forse, il Josuke che aveva conosciuto quasi vent’anni prima non era del tutto scomparso.

Yukako arrotolò un paio di capelli attorno alla caviglia della ragazza, attorno allo scarponcino. Tre o quattro capelli bastavano, e Yukako tirò con tutta la forza che Love Deluxe le consentiva di usufruire. La ragazza lanciò un grido spaventato, e in un istante Josuke uscì dal nascondiglio, Crazy Diamond estratto e con un pugno già pronto.

Quando però cercò di colpire, il pugno di CD trovò la dura corazza di uno stand rosso fuoco, e si ritrovò schiacciato da esso contro al muro, facendolo gridare dal dolore. La ragazza che aveva trascinato con sé era stata protetta dallo stand.

“È lei! Colpiscila!” gridò lo stand indicando Yukako, e la ragazza, dai capelli biondi a coprirle metà viso, annuì alle parole dello stand. Prese un grosso respiro e la sua gamba si caricò di saette.

Yukako cercò di proteggersi con le braccia e con i capelli, ma il calcio le arrivò dritto su un fianco.

“Sunlight Yellow Overdrive!”

Per un istante a Yukako mancò il respiro e le sembrò di fluttuare in aria, come se il suo corpo non le appartenesse più. La luce attorno a lei era diventata troppo intensa, poi il buio. Yukako cadde giù dalle scale a peso morto, mentre la ragazza e lo stand battevano in ritirata, tornando davanti alla classe dalla porta aperta dove si trovava prima.

“Ah, lo stand di quel tizio è bello forte.” borbottò lo stand rosso con l’armatura spinata, indicando Josuke. “Dobbiamo stare attente.”

“Eh, lo sfracello col mio Sunlight Yellow. Hai visto che potenza?” si rispose la ragazza, parlando al proprio stand. Le voci delle due erano diverse, e anche il loro modo di parlare. 

“Hai imparato solo quello.”
“Sì, ma l’ho imparato bene.”

“Ti mancano altri sette Overdrive da imparare!”

“No, so anche fare lo Scarlet… Ah, Lisa, non ti va mai bene niente!”

Josuke si rialzò a fatica da quel colpo. Era stato sfracellato contro il muro da uno stand da una difesa impenetrabile, tanto da scheggiare i pugni in diamante puro di Crazy Diamond. E ora quello stand e la sua portatrice stavano bisticciando davanti a lui come se niente fosse.

Perchè quella pazza stava parlando con sé stessa!? Perchè ridacchiava mentre la figlia di Josuke era stata rapita?!

“Smettila di parlare da sola! Taci!” gridò Josuke, fuori di sé dalla rabbia. Si sentiva sempre meno in controllo di sé stesso, sempre più furibondo. Corse verso la ragazza e il suo stand, alle sue spalle, brillava di una luce minacciosa. Tirò un pugno ma la ragazza schivò facilmente, mentre la mano di Crazy Diamond rimaneva incastrata nel cemento armato. Quella ragazza era anche tremendamente veloce, non solo dotata di una difesa inespugnabile.

Quando caricò un altro calcio, Josuke riuscì a tirarsi indietro, facendo anche crollare il muro. Ovviamente, lo stand rosso si prodigò a proteggere la portatrice, ma ora era completamente scoperta.

Una massa di capelli, proveniente dal piano inferiore, colpì la ragazza nello stomaco e la fece volare diversi metri prima di adagiarsi a terra più in là.

Josuke tentò di colpirla e farla finita lì, ma venne strattonato indietro. 

Era un enorme braccio robotico di uno stand, che apparteneva a una ragazzina bionda, appoggiata alla porta dell’unica classe aperta. La presa era micidiale sulla sua giacca di pelle, ed era sicuro che non l’avrebbe lasciato andare.

“Dai, Vanni, finiscilo, te lo tengo io!” gridò lei, e un altro ragazzino, pallido e malaticcio, evocò il suo stand anch’esso pallido e malato, che tentò di colpirlo. Josuke non sapeva quale fosse la sua abilità e non voleva saperlo. Strattonò finchè la giacca non si ruppe, e la mano dello stand non toccò nulla e si adagiò sul pavimento. Il tappetino davanti alla classe che aveva sfiorato con i polpastrelli si ritirò su sé stesso e divenne di un colore nero e putrescente, e sotto ad esso il metallo tra le piastrelle del pavimento si arrugginì. 

Josuke si riattaccò la giacca con Crazy Diamond, terrorizzato dal pensiero che se fosse stato toccato sarebbe sicuramente morto.

I ragazzini, che avevano non più di quattordici anni, corsero spaventati dentro l’aula. Non erano nemici, erano solo studenti.

“Anna, Anna rialzati!” gridarono da dentro l’aula. “Lisa, intervieni!”

Quando Yukako finalmente raggiunse Josuke, la ragazza davanti a loro si rialzò. Sembrava diversa. Con una passata di mano tra i capelli cambiò il ciuffo, spostandoselo sull’occhio sinistro, e rivelando i capelli color mattone sotto quelli biondo platino.

Lo stand alle sue spalle ora era azzurro, dai pugni  e gli stinchi pieni di spine. “Abbiamo giocato abbastanza, eh Anna?” disse la ragazza, ora rossa di capelli, e parlava con la voce dello stand rosso. 

“Tornate dentro e chiudetevi a chiave, ok?” disse la ragazza, e i ragazzi, chiamandola Lisa e ringraziandola, chiusero la pesante porta di metallo della classe. 

Lisa non perse un istante, al contrario della sua giocosa personalità precedente. Love Deluxe tentò ancora di avvinghiarsi a lei, ma con un solo gesto della mano, lo stand azzurro tagliò tutti i capelli. Lisa, con una sola gomitata carica di Onde Concentriche diretto al viso di Yukako la mise al tappeto, mentre lo stand azzurro, Anna, colpiva con una serie di pugni velocissima gli avambracci di Crazy Diamond che cercava di difendersi. Con orrore, Josuke notò i tagli sulle proprie braccia e le grosse crepe nell’armatura di diamante del proprio Stand.

“Io sono specializzata nella difesa, ma Anna è un asso dell’attacco e della velocità.” commentò Lisa, tentando contemporaneamente di attaccare Josuke con un calcio carico di Hamon. Prima che potesse attaccare, però, si voltò e parò una frustata che Love Deluxe le stava assestando da dietro.

“Basta, Anna! Dobbiamo andare!” gridò la ragazza rossa al suo stand, e Anna obbedì. Con un grido e un calcio dalla forza fuori dall’ordinario anche per uno stand fisico, Anna colpì Josuke al ventre. La forza fu tale da farlo sbattere contro una vetrata, romperla, e farlo cadere nel vuoto.

Senza l’intervento tempestivo di Love Deluxe, ad afferrarlo nel vuoto e a trascinarlo di nuovo dentro la scuola, non ci sarebbe stato più nessun Josuke Higashikata.

“Lisa, se li ammazziamo il Boss ci farà sicuramente entrare nella Banda- e non più come allieve, ma come guerriere!” disse lo stand con voce emozionata. “No, dobbiamo attenerci al…”

Yukako usò la forza di Love Deluxe per lanciare Josuke verso la ragazza, ma lei fu più veloce. Lo stand da azzurro passò di nuovo a rosso, e la ragazza cambiò ciuffo e nascose ancora i capelli rossi sotto quelli platino. Quasi senza sforzo, Josuke fu sbalzato indietro.

Josuke ruzzolò a terra, ammaccato, e Yukako priva di forze alle sue spalle. 

“Dobbiamo attenerci al piano” continuò Lisa, la sua voce proveniva dallo stand rosso. “L’hai preso?”

Anna, la bionda ora portatrice, sventolò tra le dita un orologio d’oro. “Sì!”

“Il mio orologio!” gridò Josuke, rialzandosi in piedi in fretta e furia, ancora con i capelli di Yukako annodati attorno. Anna gli fece la linguaccia, e iniziò a correre. Josuke la seguì, e Yukako venne strattonata per i capelli mentre l’uomo iniziava la sua corsa sfrenata dietro alla ragazza e al suo costosissimo orologio placcato in oro rosa e diamanti.

La ragazza davanti a loro sembrava non stancarsi mai mentre saltava, correva e scendeva scalinate. Aperta l’ultima porta, Josuke e Yukako si ritrovarono nell’erba di un campetto da sport.

Anna aprì la porta del grande edificio in vetro e cemento grigio, facendo cadere l’orologio sul pavimento, in modo vistoso, per poi chiudere di nuovo la porta.

Josuke la seguì e aprì la porta a sua volta per riavere l’orologio per cui aveva speso fin troppe sterline, e Yukako lo seguì, anche se il suo istinto le diceva di non entrare in quell’edificio.

   
 
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