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Autore: smartiess    26/04/2021    3 recensioni
Ambientata dopo il finale della serie tv Supernatural;
Il Paradiso è infinitamente bello, proprio come Dean se lo aspettava e, avendo ingoiato l'ingiustizia di quello che gli è accaduto sulla Terra, accetta la realtà in cui si trova: ora, si dice, può essere felice.
Cerca Castiel, lo chiama, lo prega di raggiungerlo perché ci sono delle parole che sostano da fin troppo tempo nell'oscurità del suo cuore e che spingono per uscire, per rivelarsi, per cessare di nascondersi.
Ma quando Castiel non arriva e Dean apprende il motivo, stringe i pugni e sospira.
È l'ultima guerra che deve combattere e questa volta
è una battaglia intima e profonda contro il bisogno di urlargli quelle parole e la consapevolezza di non poterlo fare perché, solo parlando, condannerebbe l'angelo al buio eterno.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Famiglia Winchester, Sam Winchester
Note: Missing Moments, Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro, Contesto generale/vago
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PERDONATEMI PER IL RITARDO. LOVE YOU

 

 

 

 

Il sole tramonta ed abbandona sul mondo i suoi raggi caldi. Le sfumature rosse si perdono fra il verde delle foglie e nella distesa di prato rigoglioso che contorna ogni spazio. 

Il Paradiso è un luogo atemporale e fuori da ogni spazio che  si potrebbe immaginare: Esiste e nella sua esistenza è eterno  e Dean, con il passare dei giorni,  si dimentica, allo stesso modo, quasi mimetizzandosi in quel luogo che crede non gli appartenga davvero, del concetto di tempo. 

I giorni trascorrono, si susseguono, ma diventano attimi, istanti più o meno lunghi, scanditi solo dalla pioggia, dal vento, dal tramonto e dall'alba che cambiano e variano come più idonei al suo animo, alla sua mente. 

 

In quelle che ormai  potevano risultare settimane come mesi, ma che per Dean erano sempre lampi fuggitivi, Castiel, nel temporale agghiacciante di una notte, aveva dispiegato le ali ed aveva lasciato che una di queste coprisse il suo corpo.  

 

Dean non se ne era accorto in un primo momento: per un attimo la pioggia non lo aveva più colpito e ne era stato grato ma quando, confuso, aveva poi  alzato lo sguardo, aveva visto delle piume più nere della notte stessa ondeggiare in alto a lui, in una danza contro il freddo. La sua bocca si era contratta in un "Oh" di sorpresa ed aveva sollevato una mano istintivamente. 

Quando le sue dita stavano sfiorando solo minimamente le piume sovrastanti ( tanto che l'angelo poteva percepire il calore delle sue dita toccarlo anche non facendolo), Dean si era voltato verso l'altro. 

 

« Castiel» aveva detto in un rantolo di voce, quasi questa gli fosse stata rubata. 

 

Castiel lo aveva semplicemente guardato- gli occhi blu che nell'oscurità notturna rappresentavano  una luce in cui poter approdare-  e la sua ala sinistra si era contratta, quasi arruffandosi  mentre  il suo volto  aveva presentato una tonalità rosastra che Dean non gli aveva mai visto prima, ma che credeva essere adorabile. 

 

« Ho solo pensato avessi freddo, non volevo..» aveva accennato piano, in un veloce sussurro quasi a non voler disturbare il silenzio precedentemente condiviso.

 

« Sono bellissime» aveva detto Dean e lo pensava davvero. « Posso..?» 

 

 

 E Castiel aveva annuito e Dean aveva nuovamente  teso la mano verso l'ala che,  dispiegata sopra il suo corpo, si era tesa verso di lui. Aveva toccato fievolmente con le dita le piume più esterne e poi quelle più interne,  per poi attraversarla nella sua interezza  con la mano aperta, abbandonando il palmo ad oscurarsi fra le piume infinitamente morbide e nere sotto lo sguardo attento ed ugualmente curioso dell'altro.

 

Alcune piume, che aveva preventivamente evitato di toccare, erano risultate danneggiate,  bruciate tanto che parte di queste  penzolavano dall'ala quasi sarebbe bastato un soffio di vento a farle staccare, denunciandone ogni fragilità solo percepibile.  « Cosa..?» aveva iniziato Dean, ma la voce gli aveva abbandonato le parole una volta che si era ricordato della caduta che Castiel e gli altri angeli avevano subito. Improvvisamente, l'averlo mandato via di casa una volta che era diventato umano - la felpa rossa rubata chissà dove  che si attaccava al suo corpo decisamente troppo stretta e scomoda, lo sguardo perso, disorientato, spaventato e vulnerabile che cercava il suo e che Dean deliberatamente  decideva di evitare- aveva assunto, ancora una volta,  una verità più nascosta, più profonda e fin troppo delicata.  Aveva ingoiato il nodo che gli si era stretto alla gola e le parole si erano perse nel ricordo di quella notte scura e nello sguardo così diverso e caldo  con cui ora Castiel lo osservava e con cui seguiva la sua mano che attraversava l'ala piano.

 

« Credevo che te le avessi già mostrate sulla Terra» aveva sussurrato  d'un tratto Castiel, riferendosi alle ali. Dean lo aveva  guardato per un attimo e poi  aveva fatto ritornare i propri occhi sull'ala,  scuotendo la testa con un sorriso « Mai. Ho sempre visto solo l'ombra in battaglia o..» Dean aveva  pensato  al primo incontro, al fienile abbandonato, alle luci che erano esplose sopra le loro teste «.. in altre circostanze. Sai, quando volevi sembrare un tipo tosto e tutto d'un pezzo»

 

« Non lo sono?»  gli aveva chiesto in un ghigno che gli ricordava il proprio. 

 

Dean aveva sorriso, ed aveva sentito il suo cuore fare lo stesso  « Lo eri, all'inizio ... Sembrava avessi sempre un palo su per il culo: Sempre freddo, autoritario, impassibile. Voglio dire, tutti gli angeli erano degli stronzi prepotenti ... e tu eri il loro più perfetto esempio»

 

La sua mano si era smarrita  fra le piume nere « Poi qualcosa è cambiato» 

 

E Castiel lo aveva guardato, ancora,  ma non aveva detto nulla e la conversazione si era persa fra il rumore della pioggia.  

 

 

Tuttavia, maggiore è il tempo oggettivo che Dean trascorre in Paradiso, maggiore i ricordi che si accumulano tra le stanze delle abitazioni a lui vicine, fra gli infiniti  campi in cui cammina ed in cui mai davvero si perde.  

 

Una volta, Dean si era ritrovato in una distesa di fiori gialli, bianchi e  rosa e si era seduto ad osservarli: nessuno di questi era appassito.  

 

Quando  nessun alito di vento scorreva sopra la sua testa, un pomeriggio Castiel gli era comparso sul sedile passeggero dell' Impala con il suo solito "Ciao, Dean" e Dean, mentre la macchina percorreva la strada per una meta non tracciata, non esistente e non pensata, con le cassette che cantavano alcune delle sue canzoni preferite, gli aveva domandato il perché di quei fiori mai morti. 

 

« Sulla terra, ogni cosa è vita e morte allo stesso tempo. Nel momento in cui un bambino, un animale, un qualsiasi vegetale nasce, traccia implicitamente l'inizio della sua morte»

 

« Minchia che felicità» aveva sbottato Dean, mentre Castiel, lo sguardo perso fuori dal finestrino, riferendosi al Paradiso  sussurrava un: «Qui c'è solo vita» 

 

                                          ****

 

« Ti piace essere il fratello di Sam?» gli aveva chiesto un giorno, mentre il sole rendeva difficile anche il solo sollevare lo sguardo.

 

« Che razza di domanda è?» aveva replicato Dean « Sono suo fratello, è ovvio che mi piaccia» 

 

Castiel aveva inclinato il capo e solo dopo qualche attimo aveva annuito. 

 

« Perché?» 

 

« Conversazione, credo. Non facevamo conversazione sulla Terra?»

 

« Mh no. Cioè guardavamo film ogni tanto, passavamo del tempo insieme ... ma direi che fare conversazione non è mai stato il nostro forte» 

 

« Eppure  sembri una persona socievole, Dean»

 

« Lo sono» afferma l'altro « Non avevamo tempo di parlare, credo. O forse era solo una scusa ... parlare è difficile»

 

Castiel annuisce, ancora.  Dean sospira.

 

« Mi piace essere suo fratello. Di Sam, intendo. Cioè è stato difficile a volte, soprattutto quando eravamo piccoli o adolescenti.  Eravamo.. Siamo..»  si corregge Dean « sempre stati molto legati. Dalle circostanze, immagino.  Quando è andato al college non è stato facile»

 

« Tu non ci sei andato?»

 

« Dove?»

 

« Al college» 

 

Dean sbuffa una risata « Non ne ho avuto la possibilità. Sai, lavoro di famiglia» 

 

« Ma ti sarebbe piaciuto andarci?» 

 

« Improbabile che sarei comunque riuscito a entrare» dice, sorridendo ed ingoiando un sorso di birra «  Sammy è sempre stato l'intelligente della famiglia. Ha sempre avuto A in tutte le materie io.. beh diciamo che preferivo altre lettere dell'alfabeto»

 

Dean si aspetta, come tante altre volte,  che Castiel sorrida o rida, ma quello rimane in silenzio, assorto nello sguardo dell'altro.

 

« Credo tu sia molto più intelligente di quanto credi» gli dice poi, d'un tratto, con chiarezza e semplicità e non come se avesse appena sferzato l'aria attorno a loro, detto parole che l'altro non si era mai sentito dire prima ed in cui, di conseguenza, non riesce davvero a credere. 

 

Dean scuote la testa e cambia velocemente argomento, ma un forte calore gli attraversa il petto.

 

                                         ****

 

È notte fonda quando Dean esce dalla sua casa con passi pesanti e con le nocche della mano che sanguinano.  Rompe a terra la bottiglia di alcol che tiene tra le mani ed i vetri rotti si spargono sul campo sottostante, solo raramente illuminati dalla fievole luce della luna. 

 

Dean rilascia un sospiro che non sapeva di star trattenendo e si passa una mano fra i capelli. Il sangue delle nocche tocca la parte più esterna della sua guancia e risposa sul suo volto come una macchia che Dean non si cura di cancellare. 

 

Si allontana e le sue scarpe calpestano i residui della bottiglia che risuonano in scricchiolii stridenti contro il silenzio concesso dalla notte. 

 

Si allontana ancora,  finchè la sua abitazione non diviene che un'ombra e le sue gambe non gli chiedono di fermarsi. Ma Dean avanza, imperterrito, perché non sa che altro fare.

 

 Nota la sua auto, parcheggiata a pochi metri dal luogo in cui si trova, e la raggiunge fra il dolore che il suo corpo reclama. 

 

La sua testa si appoggia al sedile in un sospiro e,  con un rombo del motore, la sua macchina irrompe nella strada. Il piede è tanto spinto sul pedale da fargli quasi  male e crede che un pezzo di vetro si sia conficcato in quella stessa suola, ma a Dean non interessa e continua a premere sull'acceleratore finchè il contagiri non sembra spingere per elevarsi fin sopra al suo stesso  limite. Accende  lo stereo e la cassetta inserita canta nel silenzio distruggendolo. Ed il rumore è tanto che Dean, finalmente, non riesce a sentire nemmeno i suoi pensieri. 

 

Potrebbe essere un instante come ore dopo quando l'angelo compare al suo fianco chiamandolo, ma a Dean non interessa ed alza ancora  il volume prodotto dallo stereo. 

 

La macchina sbanda da una parte della corsia all'altra e Dean ride nella più completa disperazione come sente di non aver mai fatto prima. 

 

Sente Castiel chiamarlo " Dean", "Dean, basta" 

 

« Che c'è Castiel, eh?» urla allora l'altro, trascinando le parole con il sapore della birra ancora pungente sulla propria lingua, eppure  il rumore è tanto alto che si confonde con la voce dell'artista che nessuno dei due sta ascoltando, divenendo  quasi un sibilo « Tanto cosa può succedermi eh?»

 

Dean si volta per guardarlo e vorrebbe non averlo fatto. 

 

Si gira, ancora, verso la strada e stringe con più forza le mani violacee sul volante, sbottando una sonora risata « Cosa può succedermi eh, Castiel? Cazzo! Morire? No! Sono confinato qui per l'eternità.  A vivere le mie giornate fingendo ancora, come ho fatto sulla Terra»

 

 Dean – gli occhi di un ghigno quasi maniacale-  preme il piede sul freno all'improvviso, e la macchina li sbalza con velocità  verso il vetro. 

Castiel con una mano rallenta l'inevitabile, prevenendo che entrambi sbattano i volti in avanti. 

 

Dean spegne la radio.

 

« Che intendi?» chiede Castiel. 

 

« Dio, perché devi fare così?» sbuffa Dean, annoiato « Lo capisci che non può succederci niente?» grida e sbatte la testa contro il vetro dinanzi.  La sua fronte si imperla di un rossore, ma il vetro dell'auto  è ancora intatto. 

 

« Dean» urla Castiel, appoggiando istintivamente una mano sul suo braccio, fermandolo. 

 

« Cosa?» dice, ridendo, ma nella sua voce non c'è alcun sorriso. «  È tutto finto, Castiel» continua, colpendo ancora  la fronte contro il vetro con un tonfo sordo.

 

« Dean, smettila. Ti prego»  gli dice, afferrandolo con più forza e la sua voce è preoccupata, fievole e sincera. 

 

Le dita di Dean tremano incessantemente contro il voltante che si ostina a stringere con forza. Poi, il suo sguardo cade sulla mano dell'altro, ferma mentre stringe il suo giacchetto. La osserva, in silenzio, per qualche attimo, poi con un rapido, brusco  movimento del braccio,  la scosta « È  tutto finto, Castiel» dice, ancora «  È tutto finto» 

 

Castiel guarda Dean- le ciglia nere che coprono gli occhi verdi fissi in direzione della sua mano, le nocche sbucciate, la fronte rovinata, il corpo che tenta di respirare e che si spezza talvolta in un sussulto- e  gli sfiora la guancia con una mano.  Dean, al contatto tanto anelato, voluto e desiderato , chiude gli occhi.

 

Sono attimi, istanti, in cui non parlano e solo i loro respiri- quello di Dean simile ad un singulto continuo che si ostina a non diventare pianto; quello di Castiel calmo e controllato, quasi a voler indurre l'altro ad imitarlo- colmano l'aria soffocante dello spazio ristretto in cui si trovano. Eppure, Dean non sa che sono secondi, attimi: Per lui potrebbero essere giorni, settimane come minuti, ore, ma è nella presenza di Castiel affianco a lui, che capisce che non gli interessa. Finchè Castiel è con lui- che si trattino di giorni come di istanti- Dean si sente al sicuro.

 

 « Non posso» sussurra poco dopo mentre  il suo corpo ancora trema e la mano di Castiel è ancora  ferma e calda sulla propria  guancia.

 

« Cosa non puoi, Dean?»

 

Dean incrocia lo sguardo di Castiel e ne ama e detesta  ogni parte e non riesce, non vuole e non può  spiegare a se stesso e all'altro nulla di tutto ciò che sta provando e che non dovrebbe provare. 

Sembra aprire la bocca- è un cenno piccolo quasi indistinto- ma  poi, con uno scatto, apre la portiera dell'auto e si getta sul ciglio della strada, vomitando tutto l'alcol precedentemente ingerito. 

 

                                          ****

 

La mente di Dean gira e gira ed il letto su cui è steso sembra condurre ad una spirale buia e senza confini. La sua bocca è secca, la sua gola asciutta.  

Sente una coperta coprirgli il corpo ed accenna un verso di dolore che si riduce ad un semplice, piccolo rantolo. 

 

Prova a sollevarsi con le braccia, ma queste cedono e Dean sprofonda nuovamente nel letto. 

 

Si gira, ancora. Sul suo comodino c'è un bicchiere d'acqua e Dean si allunga per afferrarlo. Quando si volta, Castiel è accanto al suo letto, una bacinella fra le mani. 

 

Dean posa le mani sulla sua stessa testa, tentando disperatamente di mettere a fuoco la sua figura. Per qualche attimo nessuno dei due proferisce parola.  « Ho letto che ti potrebbe servire» dice Castiel poi , poggiando la bacinella ad un lato del letto « In caso ti sentissi male di nuovo»

 

Dean ride, ma vorrebbe solo piangere « Dio, sono un disastro» dice, la voce che si trascina su sillabe che non è sicuro di star pronunciando correttamente. 

 

Castiel sistema la coperta che Dean scosta prontamente dal suo corpo « Ho caldo» sbuffa allora.

 

« Potresti prendere freddo, Dean. È meglio che tu la tenga» 

 

« E tu potresti essere mia madre» mormora annoiato, prima di voltarsi  per guardarlo e puntate un dito contro il suo viso, accusatorio « Anzi, sei decisamente meglio. Mia madre non c'è mai stata per me»

 

Castiel si siede all'angolo del letto, sospirando « Questo, Dean, è perché tua madre è venuta a mancare quando eri piccolo. Sono sicuro che sarebbe stata una fantastica madre se fosse stato altrimenti»

 

« Lo dici solo per farmi stare meglio» sbuffa ancora, le parole camuffate dalla stoffa del cuscino « Mi sono convinto per così tanti anni che era una persona bellissima. Dovevo convincermi ... era più semplice. Ma sai cosa? Non  è vero niente. Sarebbe stata una madre terribile»

 

Poi, in un mormorio Dean parla, ancora « Volevo solo essere felice»

 

Entrambi fingono di non averlo sentito.

 

Il letto di Dean si muove sotto il suo peso. Quando alza lo sguardo, Castiel è in piedi.

 

« Dove vai?» 

 

« Dean...» 

 

« Resta» gli dice, afferrandogli il polso « Per favore»

 

Castiel si volta ed incontra il suo sguardo. Si siede alla sua altezza- Dean steso sul proprio letto e Castiel in ginocchio sul proprio peso, con i piedi sul pavimento « Dean» dice in un sussurro ed il tono della sua voce è così dolce che questo risulta abbastanza per far sì che una lacrima righi il viso di Dean. Non ti merito, mormora la sua mente, ed è tutto quello a cui riesce a pensare. 

 

« Tu puoi essere felice. C'è qualcosa che ti ferma dall'esserlo  e io non so cosa sia.  Ma, per quello che vale, farei qualunque cosa per smettere che questa cosa ti ferisca, qualunque essa sia»

 

Dean non parla- non può farlo-, nasconde il volto fra le lenzuola e stringe con più forza la sua mano sul polso di Castiel, invitandolo a salire sul suo letto. 

 

Castiel, incerto, si stende al suo fianco e lascia che Dean- il volto contratto, quasi arrabbiato-  lo copra con la coperta che è stesa sul suo stesso corpo. 

 

Poi, Dean si volta, e gli rivolge le spalle. Castiel osserva la sua schiena, avvolta da una maglietta a maniche lunghe e grigia ed  il suo alzarsi ed abbassarsi di un respiro per lo piú  rotto da un sussulto. 

 

Qualche attimo dopo, Dean sta piangendo. 

 

Il suo corpo è attraversato da brividi di freddo e sussulti e Castiel, accanto a lui, guarda il suo corpo voltato ridursi in singhiozzi che non riesce a controllare e sente il suo cuore spezzarsi nel vedere Dean così- distrutto, spezzato, impaurito e avvilito. Tenta di avanzare una mano e toccarlo, cercando  di fermare i suoi continui sussulti, ma non vi riesce e la sua mano si posa fra i loro corpi, immobile ed impotente  sulle lenzuola, e riesce solo ad aspettare che quelli termino e che il respiro di Dean si riassesti e che si  addormenti, contemplando la notte che penetra dalle finestre e che lascia sul corpo di Dean delle sfumature violacee che gli ricordano le nocche arrossate che poco prima non avevano smesso di tendersi contro il volante. 

 

                                         ****

 

 Nei giorni seguenti, Dean e Castiel non parlano di quanto accaduto ed il ricordo  sfuma tra quelli di tanti altri. 

 

Le uniche testimoni di quella serata rimangono le dita di Dean, rosse sulle nocche e contornate di lividi, il suo viso violaceo ed il suo sguardo stanco. 

 

Ed è in un'altra notte scura, in cui parlano di tutto e del nulla, che Castiel le nota di nuovo.

 

« Le tue nocche...» dice Castiel.

 

Dean volta il pugno chiuso della sua mano « Lo so» ghigna « Mi fanno apparire come un duro. Cadranno tutte ai miei piedi»

 

« Ti fa male?» chiede l'altro. 

 

Dean alza le spalle distrattamente « Non tanto» 

 

Poi, la mano di Castiel si avvicina alla sua- il palmo aperto ed una forte  luce che esce da questa- e quella di Dean  si apre istintivamente sotto quella dell'altro.

 

Dean osserva le loro mani, una sopra l'altra e le sue nocche rosse sparire sotto il raggio emanato dall'altro.

 

Castiel  guarda Dean. Le fronde degli alberi si agitano in un brusco, inaspettato movimento. «Cosa provi se tocco la tua mano?» gli chiede, sincero.

 

« È ... calda» risponde, incerto. 

Le sue nocche sono intatte, ricomposte. Apre e chiude la mano e questa non gli fa più male, ma il palmo di Castiel è ancora sopra il proprio  e le sue dita sfiorano la pelle dell'altro come una brezza che muove le prime foglie. 

 

Dean respira con un tremore « Cas, io...»

 

« Dean...» Ed il suo nome esce dalle sue labbra fin troppo incerto e prima che possa continuare la frase, Dean ha giá capito. «...C'è qualcosa in te, riguardo te... Non lo so» dice, lasciando che la luce dalla sua mano evada « Io... Io credo..» cerca di dire. 

 

Il suo sguardo si solleva ed incontra quello dell'altro e prima che quello possa evitarlo, Castiel parla « Tu mi fai provare delle cose»

 

L'aria, per qualche istante, è statica e rimane tale. Poi, un boato scuote gli alberi che li circondano e che sembrano allontanarsi da loro. Il rumore sale e sale e sale e le orecchie di Dena fischiano in un sibilo continuo e che sembra non poter mai cessare.

 

Si alza da terra velocemente ed il suo sguardo è perso, smarrito e arrabbiato e non ha idea di cosa fare. Non riesce nemmeno a pensare. 

Dean ingoia un sussulto e parla con un sussurro della voce  « Che tipo di cose?»

 

Castiel  si alza e guarda Dean ed i suoi occhi si posano sulle sue labbra. Dean trema sotto il suo sguardo. 

 

Quando Dean incontra di nuovo i suoi occhi, nel buio della notte, mentre il vento s'infuria tra le foglie degli alberi circostanti, si accorge della loro troppa, eccessiva vicinanza.  Sente il respiro dell'altro scontrarsi contro il proprio e le sue labbra sono così vicine. E la cosa peggiore è che è tutto ciò che Dean vuole. Vuole baciarlo, toccarlo, sfiorarlo, guardarlo senza timore e non può farlo ed allo stesso tempo ad ogni parola dell'altro , il ricordo del patto si affaccia alla sua mente, e Castiel gli appare più lontano.

 

« Non posso» sussurra e si allontana. Il vento è freddo e colpisce Dean con violenza. Ogni passo che Dean compie nella direzione opposto sembra essere fermato dal vento stesso. Ogni parola che Castiel pronuncia viene trasportata alle sue orecchie come una vecchia, cadenzata melodia che non ha voglia di sentire.

 

 Castiel con calma, dietro di lui, parla: « Non eravamo solo amici...»

 

Dean sente di non riuscire a respirare. Guarda il cielo, le lacrime che gli pizzicano gli occhi, la mascella stretta, i pugni chiusi e non sa nemmeno a chi rivolgersi. 

 

« Quando eravamo sulla terra, quando ancora mi ricordavo di te.... Perché non mi ricordo di te, Dean?»

 

Dean non risponde. Non ci riesce, non può. 

Sente l'acqua salirgli alla gola. Il sospiro spezzarsi, la paura bloccargli le ossa.

 

« Non è vero, Dean?»

 

« Smettila... di parlare» riesce solo a dire in un mormorio violento  che cade tra le sue labbra  e si allontana, ancora. 

 

« Dean ti prego»  lo chiama Castiel, avvicinandosi « Quando sono con te, quando penso a te...  da quando ti conosco provo delle.. non ho mai provato qualcosa del genere prima»

 

« Stronzate. Non è niente, Cas, ignora queste cose ... qualunque cosa siano» 

 

« So che sai che non sono stronzate, Dean. So che lo sai»  sussurra. 

E sono lontani l'uno dall'altro, ma i loro sguardi si incontrano ed è abbastanza per farli sentire vicini. 

Il vento è forte, violento e potente e poi all'improvviso, si placa. 

 

Dean sente di non avere più nemmeno il suo aiuto. La natura non lo sta ascoltando. È solo e Castiel gli sta parlando e Dean odia ogni parola che esce dalla sua bocca 

 

« Dimmi che le provi anche tu ... queste sensazioni. So che è cosi»

 

« Devo andare» 

 

« Rimani, per favore» E nella sua voce  c'è quella stessa vulnerabilità che Dean aveva avvertito nel suo corpo qualche sera precedente, lo stesso desiderio dell'altro, la stessa controllata , consapevole paura. 

Ha fallito, ancora.

 

« Io... io non posso» 

 

« Perché?» chiede Castiel e Dean vorrebbe gridargli contro tutto quello che ha passato e che Castiel sta distruggendo con delle semplici parole. 

 

« Cas, io... tu non capisci. Io- Io non posso»

 

« Non volevo spaventarti. Volevo solo ... avere un confronto con te riguardo questi...»

 

« Bè, non lo fare» afferma e si allontana, ancora, di più. 

 

« Cosa è che ti spaventa così tanto?»

 

Ed al Paradiso non importa affatto che sia notte e la luna, in un istante, cede il posto al sole, mentre quello che fino a poco prima era inondato dal buio si illumina, piano. 

Le fronde ondeggiano, le foglie cadono ed il sole avanza verso il cielo. 

 

E quella che poco prima era notte, ora è alba. 

 

« Castiel, smettila» grida, ma sente i suoi passi avvicinarsi, colmare la distanza che li separa ed è tutto troppo e sente di star perdendo Castiel di nuovo e l'aria gli manca e sente il suo respiro cedere e la testa gli fa male e Castiel lo continua a chiamare e Dean sente di odiare il suo nome. 

E poi, Castiel si avvicina ed è un attimo e la sua mano, grande e imponente, si posa sulla sua spalla,  cercando di fermarlo e collide con l'impronta solo parzialmente svelata dalla maglietta, ma è troppo tardi e basta un sussurro della sua voce ed un rapido sguardo al volto dell'altro  per far capire a Dean che tutto è finito.

 

« Dean» dice. 

 

Un fiore, accanto a lui, appassisce.

   
 
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