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Autore: stellalfry    26/04/2021    2 recensioni
Quel giorno al Dipartimento Misteri, Harriet segue Sirius oltre il Velo, cadendo direttamente nell'estate del 1976.
Genere: Guerra, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, I Malandrini, Lily Evans, Severus Piton | Coppie: Harry/Severus, James/Lily, Remus/Sirius
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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*Attenzione! Questo capitolo contiene scene di bullismo!*


 

4. Look to the past III






Il sabato fu per Harry una grazia salvifica.

Era una mezza giornata di lezioni e, dopo due ore di Trasfigurazione in mattinata, poteva passare tutto il pomeriggio come desiderava. Aveva già in mente di andare in biblioteca e studiare ogni singolo scaffale, sapendo che non sarebbe stata disturbata da nessuno — il sabato, dopotutto, era il giorno in cui tutti si concedevano una pausa, persino a Hermione capitava di saltare una o due delle sue abituali visite in biblioteca —, quando un piccolo gemito attirò la sua attenzione.

Si guardò intorno con fare circospetto, poi si incamminò a passo leggero nel corridoio da cui aveva sentito il piagnucolio. Spalle alla parete e bacchetta alla mano, Harry iniziò ad avvicinarsi al suono e, tra i lamenti, iniziò a distinguere delle voci minacciose.

“Zitto, serpente, e dacci il tuo famiglio!”

“N-n-n-no… l-l-l-lui è buono… T-T-Timmy non mai f-f-f-fatto del male a nessuno…”

“E’ uno sporco serpente come te! Daccelo e noi lo sistemeremo come merita!”

“Sì, Rachel! Prendigli il serpente, Rachel! Tagliagli la testa, Rachel!”

Harry aveva sentito abbastanza. Uscendo da dietro l’angolo in cui si era appostata, la accolse una scena terribile. 

Un bambino con i capelli scuri e le guance piene di lacrime stava rannicchiato in un angolo, con le piccole braccia intorno al petto, proteggendo un serpentello verde e altrettanto impaurito. Intorno a lui, tre bambini di Tassorosso lo minacciavano con le bacchette spiegate. Erano ragazzi del terzo o del quarto anno, a giudicare dalle loro facce paffute e non ancora nel pieno dell’adolescenza.

Tutti e quattro i ragazzini si erano girati verso di lei non appena si era fatta avanti. La ragazzina al centro, quella di nome Rachel molto probabilmente, osò persino ringhiarle contro. “Via di qui, serpente, non sono affari tuoi!”

Harry strinse gli occhi in due fessure. “Non prendo ordini da una bambina.”

“Allora ti maledirò!”

Quello sembrò essere il segnale anche per i suoi complici in miniatura e tutti e tre presero ad attaccare Harry. Che cosa strana affrontare dei bambini quando appena pochi mesi prima aveva combattuto dei Mangiamorte. Questi ragazzini non conoscevano nessun Reducto, nessun Cruciatus, nessun Avada Kedavra, solo qualche Tarantallegra e due o tre fatture Pungenti. Harry riuscì a tenerli a bada con un semplice Protego e dopo pochi secondi, approfittando dei suoi riflessi pronti, lasciò cadere lo scudo e lanciò tre fatture Orcovolanti, la magia preferita di Ginny.

Le teste dei bulletti si riempirono di piccoli insetti fastidiosi e tutti e tre si diedero alla fuga urlando.

Quando furono lontani, Harry si diede la pena di guardare il povero ragazzino che si era appena sollevato.

Era un bambino dai capelli neri e gli occhi annacquati — un primo anno se doveva tirare ad indovinare — ed era un Serpeverde. Dal colletto dell’uniforme comparve in quel momento la testolina di un serpente, che guardò piano Harry.

“La ragazzzza che puzza di magia ci ha ssssalvati.”

Il bambino non sembrò capire nessuna delle parole del serpente, ma balbettò incoerentemente per alcuni secondi prima di scattare verso Harry. Le si abbatté contro, le piccole braccine che si sollevavano per stringerle la vita e il serpente nella sua uniforme che sibilava per il disagio. Harry, sentendosi scomoda, diede una veloce occhiata intorno, poi tranquillizzò con qualche rigida pacca il bambino singhiozzante.

“Va tutto bene, su, va tutto bene.”

Fu solo dopo parecchi minuti che il ragazzino finì di inzupparle il maglione e tirò su col naso.

“G-grazie.”

Harry fece spallucce. “Non c’è di che.”

Credeva che quello sarebbe bastato per levarsi il ragazzino di torno, ma non appena fece per andarsene, lui la seguì. Gli lanciò uno sguardo imbarazzato.

“Non dovresti stare con i tuoi amici?”

Regola numero due di Serpeverde: non andare mai in giro da soli. 

Il bambino si guardò le scarpe, torturandosi le mani. “Timmy è mio amico.”

Ci volle un momento perchè Harry collegasse. Timmy. Il serpente. Tutto chiaro. “Non hai altri amici oltre a Timmy?”

“No…”

“La ragazzzza che puzza di magia protegge il mio padrone. Sssssss. Il padrone deve sssseguire la ragazzzza.”

Harry sospirò. Due contro uno non era un gioco leale. 

Cercò di non guardare il serpente, per non lasciarsi sfuggire nessuna parola in serpentese, e rispose. “Va bene, puoi venire con me, ma sto andando in biblioteca e non sono sicura tu possa divertirti lì dentro.”

“Mi piace leggere”, la interruppe il bambino ed Harry annuì.

Insieme andarono in biblioteca. Come Harry aveva previsto, non c’era nessuno oltre qualche isolato settimo anno che si preparava per i MAGO. 

Se qualcuno trovò curiosa quella strana coppia, il bambino e la sua accompagnatrice, non fece domande e ad Harry stava bene così.

Era già stata in biblioteca per le sue ricerche durante quella breve settimana, ma non aveva fatto altro che tirare fuori qualche libro che le sembrava più interessante degli altri e leggerlo. Era un po’ come andare alla cieca. Si era ripromessa che, appena avesse avuto un po’ più di tempo, avrebbe studiato ogni libro sugli scaffali della biblioteca di Hogwarts, e quel momento era arrivato.

Taccuino alla mano e la lista che la bibliotecaria le aveva dato sui libri sullo studio del tempo nell’altra, Harry passò attraverso tutti gli scaffali di Hogwarts, appuntandosi tutti i libri che le sarebbero stati utili, quelli che promettevano bene e quelli che sembravano non centrare alla perfezione l’argomento ma che potevano essere un buon piano di studio trasversale. Ai primi faceva una stellina a lato, ai secondi un pallino e ai terzi un punto interrogativo.

In tutto questo, il ragazzino la tallonava come un cagnolino fedele. Quando lei si fermava a guardare con più interesse uno scaffale o un certo libro, lui ne approfittava per allontanarsi un pochino e cercare qualche lettura che potesse interessargli, pur facendo attenzione ad averla abbastanza a portata d’occhio. Mentre Harry ispezionava un saggio sulle giratempo, notò con la coda dell’occhio che il bambino aveva trovato un libro, uno che non aveva posato subito dopo la lettura delle prime dieci pagine. Aguzzando la vista, Harry scoprì che era nientepopodimeno che un romanzo babbano. 

Non mi sembrava il tipo da narrativa babbana, pensò distrattamente Harry, tirando giù il libro sulle giratempo ed aprendone il sommario. Studiò con una veloce occhiata gli argomenti, poi scrisse il titolo del libro sul taccuino e lo segnò con un pallino. È un ragazzo così… purosangue.

A un certo punto, mentre Harry si spostava in un’altra fila, sentì la pungente assenza di passettini timidi alle sue spalle e si girò. Il bambino non c’era. Tornando indietro, Harry vide che era seduto a lato degli scaffali che Harry stava ispezionando poco prima, troppo immerso nella lettura per notare che se n’era andata.

Tossicchiò.

Subito il bambino alzò lo sguardo e, dopo averla cercata impanicato per qualche secondo, vide la sua testa che faceva capolino dalla fila successiva. Trotterellò subito al suo fianco.

Senza neanche che se ne rendesse conto, il tempo passò e lei aveva ispezionato quasi un quarto di tutti i titoli presenti in biblioteca quando una piccola manina le tirò dolcemente la manica. 

“Sì?”, chiese Harry, guardando verso il basso, al faccino smunto del bambino che ancora stringeva tra le braccia il suo libro. Sembrava un pochino imbarazzato mentre diceva:

“Ho fame.”

Harry controllò rapidamente l’orario e quasi si lasciò scappare una maledizione. Erano in ritardo per la cena! Prendendo per la mano il ragazzino, lo tirò con lei fino alla scrivania della bibliotecaria, Irma Pince, la stessa che aveva rimbeccato Harry e Ron più volte nel corso degli anni.

Si fecero registrare tutti i libri che avevano preso in prestito — il romanzo babbano per il ragazzino, e per lei un paio di volumi che aveva trovato così promettenti da non poter aspettare un giorno di più prima di leggerli. Una volta finito, Harry uscì dalla biblioteca e corse, trascinando dietro di sé il bambino.

Tirò un sospiro di sollievo quando arrivò davanti alle porte della Sala Grande e notò che tutti stavano ancora mangiando. Stava per lasciare la mano del ragazzino, ma proprio in quell’istante, forse notando le sue intenzioni, lui gliela strinse ancor di più. Aveva gli occhi spalancati e non riusciva a distogliere lo sguardo dalla folla di ragazzi, in particolare dalla tavola dei Tassorosso.

Harry gli si chinò accanto, la mano che non accennava a lasciare la sua. 

“Non ti preoccupare, ci sarò io accanto a te.”

Al bambino sembrarono volerci diversi secondi per recepire le sue parole, ma dopo si girò verso di lei e sorrise. Entrarono nella Sala Grande mano nella mano.

-

Severus non riusciva a capire.

Non riusciva a capire come ragionasse quella stupida ragazza, Harrison. Stava in silenzio alle lezioni, reagiva in modo inspiegabile vicino a certe persone (Severus l’aveva studiata attentamente, soprattutto quando era capitata accanto a Lily durante la lezione di Incantesimi, pochi giorni prima, anche se questo aveva a che fare più con la rossa che con lei), faceva amicizia con Goyle, quando la ragazza era al gradino più basso nella scala sociale di Serpeverde, persino più in basso di Severus, data la sua incapacità magica e la tradizione di famiglia di accompagnarsi a maghi più grandi per fare da galoppini, e per non parlare della sua recente amicizia con Theodore Rookwood.

Lei e il piccolo Rookwood erano entrati in Sala Grande insieme, quella sera, mano nella mano, disgustosamente vicini, e si erano seduti accanto a Goyle. Anche se non riusciva a sentirli, Severus intuiva dalla faccia di Goyle che anche lei conosceva la fama dei Rookwood e lanciava sguardi preoccupati prima alla sua amica, poi al bambino stesso, in un ciclo infinito. 

Cosa voleva fare, quella dannata ragazza? Attirare su di sé l’attenzione del padre del bambino e morire fra atroci torture?

Severus l’osservò per tutta la durata del banchetto, facendo finta di lanciare sguardi disinteressati in direzione della Sala, oppure nascondendosi sotto la cortina di capelli neri che gli cadeva in faccia. 

La prima volta che l’aveva vista, al banchetto di inizio anno, aveva scambiato Lucy Harrison per una bambina troppo crescita e solo dopo, quando era rimasta l’unica fuori dall’ordinamento, si era permesso di osservarla meglio.

Era una ragazza piuttosto bassa, dai capelli corti e ricci, la pelle mulatta e il naso rigido vagamente all’insù. C’era qualcosa in lei che gli ricordava Potter, o almeno una sua versione femminile e dai tratti molto più morbidi, come se fosse una cugina o simile. I capelli erano gli stessi, così il colore della pelle e qualche taglio nel volto, come la mascella dura e il naso.

E la prima cosa che aveva pensato, nel vederla, era che fosse dolorosamente Grifondoro — lo sguardo, la postura, fino all’ultimo dei suoi riccioli ribelli. Tutto così Grifondoro!

Lei era avanzata sicura verso la sedia dove tutti i primi anni prima di lei erano stati ordinati e, una volta seduta, aveva passato lo sguardo su tutte le tavolate. Gli era sembrato che un lampo di terrore l’avesse attraversata non appena i suoi occhi si erano posati su quello dei Grifondoro, ma subito il capello era stato calato sul suo capo e Severus non era riuscito ad approfondire.

Dopo qualche secondo di esitazione un sorprendente “Serpeverde!” era uscito fuori dalla bocca di stoffa dal cappello, lasciando Severus molto sorpreso. Non se lo sarebbe mai aspettato.

Anche adesso, seduta accanto a baby Rookwood e a Goyle, vedeva in lei la sfacciataggine di una Grifondoro e aveva la prepotente sensazione che fosse stata assegnata alla casa sbagliata. Non c’era finezza in lei, nessuna voglia di mostrarsi intelligente e ambiziosa, non si sforzava neanche di creare una facciata apprezzabile ai purosangue. Come ogni persona imparentata anche in minima parte con i Babbani, era suo compito guadagnarsi una posizione a Serpeverde e doveva averlo capito, ormai, dal momento che non riceveva altro che indifferenza o bieco disgusto da tutti. Ma niente. Harrison non faceva niente.

Come poteva farlo? Come poteva non curarsi di quello che gli altri pensavano di lei? 

Severus si sentiva per la prima volta nella sua vita un uomo ignorante, come se gli mancasse una cosa fondamentale, come se quella cosa fosse proprio davanti a lui ma non riuscisse ad afferrarla.

Quando ebbe finito di mangiare, fu uno dei primi ad andarsene. Forse era troppo preso dai suoi pensieri perché notò tardi che qualcuno lo stava seguendo. Si girò all’istante, ma un Flipendo lo anticipò, mandandolo a sbattere contro una parete.

Si guardò freneticamente intorno, ma non c’era nessuno che potesse aiutarlo. Si era allontanato troppo dalla Sala Grande e non poteva sperare in alcun modo che qualche professore passasse di qui.

La testa pulsava e gli rendeva difficile mantenere l’equilibrio mentre cercava di rimettersi in piedi. Qualcuno rise, sguaiato.

“Guarda! Sembra uno scarafaggio che non riesce a rigirarsi!”

Seguì un’altra risata, che Severus riconobbe subito come quella di Potter. “Paragone azzeccato, Sirius.”

Solo in quel momento Severus riuscì a fare forza sulle gambe e sollevarsi, ma subito gli cacciarono via di mano la bacchetta. 

“Non lo farei se fossi in te, Mocciosus. Non ti conviene per niente.”

Severus ringhiò e lanciò uno sguardo rabbioso a Potter, che se ne stava appoggiato al muro con un piccolo sorrisetto malevolo stampato sul volto. Si scagliò contro di lui con tutta la forza che aveva in corpo e cercò di artigliargli la faccia, ma a Potter non bastò altro che fare un passo indietro, mentre Black rimetteva a posto Severus con un altro Flipendo.

“Non impari mai la lezione, eh, Piton? Ma adesso stammi bene a sentire, dopotutto io e Sirius non vogliamo fare altro che una chiacchierata. Non è vero, amico?”

Black sorrise e, come se quello fosse stato una sorta di segnale, gli si gettò contro e lo prese per un braccio, mentre Potter gli infilava una carta in bocca e lo prendeva per l’altro. Insieme trascinarono Severus in un corridoio secondario e poi attraverso una porta, mentre lui cercava in tutti i modi di divincolarsi.

La prima cosa che seppe, dopo che l’ebbero gettato contro un muro, era che adesso si trovava in un bagno.

Si girò verso i suoi aggressori, mettendosi in piedi.

“Vedi, Piton, abbiamo notato una cosa che non ci piace per niente”, cominciò Potter, camminandogli intorno come un cane da caccia intorno alla sua preda. Tuttavia, anche quando Potter fu alle sue spalle, Severus non distolse gli occhi da Black, il più pericoloso tra i due, che invece stava fermo davanti a lui con lo sguardo di chi non vedeva l’ora di entrare in scena. “Tu hai qualcosa in mente, non è vero?”

“Non so di cosa tu stia parlando, Potter”, sibilò tra i denti.

Black fece per scagliargli un incantesimo contro, ma Potter lo fermò con un gesto della mano, affiancandolo. 

“Invece io penso che tu lo sappia, Piton.” Potter prese la bacchetta di Severus dalle mani di Black ed iniziò a rigirarsela con fare contemplativo. “Quanto hai pagato questa bacchetta, Piton? Diciamo sette, otto galeoni? Le bacchette si aggirano per quel prezzo, giù di lì. Deve essere stata una grande spesa per te, Mocciosus, non è vero? E non sarebbe proprio un peccato se… si spezzasse?”

Severus spalancò gli occhi.

“Ah, sì, vedo. Ti dispiacerebbe molto, non è così? Devi aver mangiato aria fritta per diversi mesi pur di permettertela.” Potter giocherellò con la bacchetta di Severus per un po’ e a una certa iniziò pure a piegarla, come per testare la sua resistenza. “Piuttosto rigida. Mi basterebbe giusto giusto un altro po’ di pressione qui…”

“No!”

Severus sudava freddo, gli occhi fissi sulla sua bacchetta. Black e Potter dovevano aver notato il suo sguardo disperato, perchè iniziarono a ridacchiare. Severus si costrinse a riacquistare la calma. Si tirò un po’ indietro e cercò di stare il più rigido possibile, mentre una parte di lui non voleva fare altro che lanciarsi contro quel maiale e sfilargli la bacchetta di mano. 

“Dimmi cosa vuoi, Potter.”

“Sempre un ragazzo così vizioso, Severus!”, si intromise Black, divertito. “La mamma non ti ha insegnato a chiedere per favore?”

Severus strinse i denti e Black ridacchiò appena, i canini sporgenti e gli occhi allucinati. Si diceva che la pazzia scorresse nella linea Black da secoli e che per ogni nuovo nascituro la magia lanciasse in aria una moneta. Era chiaro su quale faccia della moneta fosse caduto Sirius Black.

“Per favore…”, sibilò Severus.

“Ora va molto meglio.” Un sorriso malvagio attraversò da una parte all’altra il volto di Black, poi gli lanciò contro un incantesimo e Piton si ritrovò a terra. Era appena riuscito a rimettersi in ginocchio quando Potter lo raggiunse e si sedette sui talloni, in modo da guardare Severus dritto negli occhi. 

“Be’, Mocciosus”, iniziò, continuando a giocare con la bacchetta di Severus, “credevo che avessi imparato la lezione dopo l’anno scorso, ma a quanto pare non è stato così. Una delusione, davvero, dal momento che credevo di essermi liberato del tuo ingombrante naso, ma sai che c’è? Forse è meglio così, un motivo in più per prendermela con te.”

Severus digrignò i denti. “Potter, se desideri parlare a vuoto ancora per molto...”

Ma in quel momento Potter gli afferrò il mento, rude. Strinse fino al punto da fargli male, ma Severus non osò accennare nemmeno una sillaba.

“Non mi piace il modo in cui guardi Lily”, scattò Potter, con le narici che si allargavano e il respiro che sferzava feroce sul volto di Severus. “Cosa vuoi farle? Vuoi darla in pasto ai tuoi amici Mangiamorte? Bada bene, Piton, perché questo è solo un avvertimento: se ti vedo solo provare ad avvicinare Lily, sei morto. Siamo stati chiari?”

Severus sentì le dita di Potter affondargli nella carne, le unghie che penetravano nelle guance e gli lasciavano profondi segni a forma di mezzaluna, eppure continuò a fissarlo con risoluzione.

Gli occhi di Potter lampeggiarono di rabbia e sbatté Severus contro il muro.

“Spero che questo ti serva da lezione, Mocciosus.”

Potter sputò a terra, poi andò in un bagno e gettò lì dentro la bacchetta di Severus. Solo a quel punto lui e Black se ne andarono, lasciando Severus umiliato e con un brutto taglio sulla tempia, dove Potter l’aveva scagliato contro il muro poco secondi prima.

Arrancando sulle mani e le ginocchia, Severus andò nel bagno e recuperò dal cesso la sua bacchetta, prima di accasciarsi contro la ceramica bianca. Piccoli rantoli uscivano qui e lì tra un respiro e l’altro mentre cercava di riacquistare un ritmo normale, quasi come se fosse sul punto di piangere, ma si costrinse a non farlo. Non l’avrebbe data vinta a quel maiale di Potter. Non quando non era neanche qui. 

Il freddo della ceramica sulla sua guancia era quasi un sollievo e leniva il livido che stava già iniziando a formarsi, ma Severus sapeva che non poteva rimanere qui ancora per molto. Rimettendosi lentamente in piedi, si diresse verso l’uscita, sperando di non incontrare nessuno per strada mentre andava in Infermeria. 



 

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NdA: 
Ciao! Per prima cosa, grazie se siete arrivati fin qui! 
Questa storia si prevede lunghissima. Attualmente sono arrivata al capitolo 18 e ho già 70mila parole (e non sono neanche a Natale, considerando l'arco temporale...), ma prima di pubblicare qualcosa devo sempre rivederla e correggerla, quindi mi dispiace per l'attesa. 
Per quando riguarda gli eventi, credo che sia chiaro che i Malandrini qui non siano proprio degli stinchi di santo, ma avranno una loro piccola rendezione se questo può essere di rassicurazione. Non voglio fare bashing di personaggi, ognuno di loro ha una motivazione e mi piace l'idea che vengano sviluppate lentamente, sappiate solo che non lo fanno per pura e semplice cattiveria.
In ogni caso spero che fino ad ora la storia vi piaccia! Per qualsiasi dubbio o anche solo per consigliarmi qualcosa, io sono a disposizione!
Amore, Stella

 
   
 
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