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Autore: Leonhard    26/04/2021    1 recensioni
Otto anni dopo la sconfitta di Artemisia il mondo ha subito cambiamenti tali che il Garden fatica a stare al passo. Sei giovani SeeD impegnati nella più grande battaglia della vita, quella che tutti saranno chiamati a combattere.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La collina di Winhill fu nuovamente invasa dal silenzio, uno diverso tuttavia: la leggera brezza primaverile era diventata un gelido vento, i petali fastidiosi, il frusciare delle fronde assordante. Sguardi disgustati e sconvolti invasero i volti dei SeeD, mentre Cid conservava ancora uno stoicismo prova di un autocontrollo invidiabile. Il telefono tacque per qualche secondo, poi parlò nuovamente.

-Vorrei mettere in chiaro un paio di cose prima di continuare- disse. La voce del ragazzo fece montare a tutti una collera omicida.

“Continuare?” ringhiò Zell. “Continuare cosa?”.

-A parlare Zell: non che possa fare molto di più per telefono- replicò Squall. La voce era calma e fredda, la voce di chi ha il perfetto controllo della situazione.

“E di cosa vorresti parlare, Squall?” chiese Irvine. Parlava compassato ed una furia impetuosa animava i suoi occhi: lui, sempre calmo e controllato. “Siamo tutti curiosi di sentirti”.

-Ci sono veramente tutti allora- osservò la voce. –Meglio così: non dovrò ripetermi-. Quistis fu colta da un pensiero e si guardò intorno: non c’era che verde ed azzurro, una natura che continuava il suo cammino infischiandosene totalmente di ciò che stava succedendo sotto quell’albero, davanti a quella lapide. Nessuna traccia di esseri umani che non fossero li accanto a lei.

“Dove sei?” chiese Selphie: la voce le tremava e lacrime di rabbia rischiavano di rompere la barriera delle ciglia.

-Arriveremo anche a quello- fu la risposta. –Prima devo rubare la vostra attenzione per un qualche minuto-.

“Siamo tutt’orecchi” ringhiò Quistis.

-Molto bene- assentì Squall. Il telefono vibrò e lo schermo si illuminò. –Vi ho appena mandato una foto: io la guarderei fossi in voi-.

Era una foto scura, evidentemente fatta con un telefono vecchio modello a cui mancavano tre scatti al funerale, ma era inconfondibilmente il nucleo del motore volante del Garden nelle profondità del piano MD. Agganciato accanto al nucleo, quello che aveva l’aria di essere un gonfio marsupio con un’antenna che sporgeva da un lato; accanto ad esso, uno schermo con un grosso timer rosso immortalato sulla scritta STAND-BY. L’aria divenne, se possibile, ancora più fredda.

“Squall…” mormorò Cid. L’espressione composta era infine svanita, lasciando spazio ad una più sconvolta, in linea con quella di tutti i presenti.

-Immagino che abbiate visto- commentò serafico. –E non offenderò la vostra intelligenza chiedendovi se sapete cosa sia-.

“Squall, ti ammazzo” mormorò Seifer. Il ringhio era diventato una voce bassa, la rabbia una presenza poco sopra la bocca dello stomaco. “Io ti ammazzo”.

-Non ce ne sarà bisogno, Seifer: non ho la minima intenzione di far saltare in aria il Garden- rispose la voce nel telefono, per nulla intimidita dalla minaccia. –C’è una carica sufficiente per non lasciare altro che lamiere annerite. Il detonatore ce l’ho in mano in questo momento-.

“Che cosa vuoi, Squall?” chiese Irvine, che manteneva a stento il sangue freddo.

-Voglio che voi andiate a Timber- fu la risposta. Nessuno parlò, nello sconcerto generale. –Il Garden si parcheggerà fuori della città in una posizione che sia visibile da ogni via e finestra. Fin qui ci siete?-.

“Si, tutto chiaro” assentì Cid. “È tutto?”.

-Ancora un piccolo particolare- replicò la voce. –Una volta che sarete arrivati, il preside Cid e Selphie si faranno un giretto in città. Solo loro due e senza armi-. La ragazza rintuzzò nel sentirsi nominata.

“Puoi scordartelo” sputò Irvine: il semplice nome della ragazza in bocca a Squall gli stava facendo scivolare di dosso ogni brandello di lucidità che era riuscito a tenere. “Non osare nemmeno nominare Selphie, pazzo psicopatico”. Ci fu un attimo di silenzio, poi il telefono parlò ancora.

-Molto bene- concesse. –Allora Quistis. Volevo Selphie per avere qualche possibilità in più di un dialogo tranquillo, ma anche la professoressa va bene. Anzi, a ben pensarci lei è anche meglio. Ma questa è l’unica concessione che farò-. Di nuovo, Quistis fece vagare lo sguardo sul panorama intorno a loro, in cerca di qualche segno che le confermasse la sensazione che in quella valle non erano soli. Il telefono la riportò sotto quell’albero.

-Quistis?- chiamò Squall. –Hai nulla da dire?-.

“Anche se l’avessi non farai altre concessioni no?” sbottò. “Quindi non vedo il senso della domanda”.

-Giusto per sapere- replicò. –Quindi, ricapitolando: voglio il Garden parcheggiato fuori Timber e Cid in compagnia di Quistis in giro per la città tra…-. S’interruppe per qualche secondo. –Tre ore-.

“Ehi, aspetta un secondo!” esclamò Zell. “Tre ore? Da Winhill a Timber ce ne vanno almeno quattro anche con il Garden a velocità massima!”.

-Allora sarà meglio che vi incamminiate- replicò Squall, tranquillo. –Tre ore da quando la chiamata si chiuderà: va bene così?-. Il gruppo si guardò e si lanciò verso il villaggio ed il Garden in una frenetica corsa.

“Squall” chiamò Selphie. Voleva, doveva prendere tempo, anche un paio di minuti avrebbero contato. “Voglio farti una domanda”. Il silenzio che seguì le fece temere con un brivido che le tre ore avessero già cominciato la loro marcia verso lo zero, ma il telefono parlò ancora.

-Una domanda- ripeté. La ragazza, in qualche modo, credeva di sapere già la risposta: la sentiva dentro di sé, quasi rimbalzare nella sua testa sebbene non fosse ancora composta di parole. Pensò che non poteva averlo fatto, ma andò ad affiancarsi con il pensiero opposto. Deglutì, correndo a perdifiato nel prato, con l’erba che le frustava i polpacci nudi: non sentiva fatica né dolore, solo un grosso buco alla bocca dello stomaco.

“Rinoa è con te?” chiese. Seguì un silenzio ancora più lungo: il telefono era muto, l’aria sibilava nelle sue orecchie e le prime gocce di sudore facevano capolino sulla fronte; il fiato cominciò ad accorciarsi ma quello, ipotizzò, poteva benissimo essere la tensione o, per meglio dire, l’attesa. Guadagnò la bellezza di dieci secondi, poi Squall parlò ancora.

-Non più- rispose. La voce era stentorea, fredda e calma, sterile di qualsiasi tipo di emozione. Selphie sentì freddo. –Timber, Cid e Quistis in giro per la città fra tre ore. Non mancate-. La comunicazione s’interruppe e le lancette cominciarono a scorrere.
 


Quistis dirottò Selphie ed Irvine al bar da Edea: avrebbero dovuto continuare la giornata come se nulla fosse successo per non allarmare lei e Laguna. La partenza frettolosa di tutti quanti non avrebbe fatto altro che insospettire e la Madre non era una sprovveduta: se avesse anche solo annusato come stavano le cose avrebbero dovuto rispondere di anni di menzogne.

La telefonata che avevano appena avuto sembrava surreale a tutti al punto da chiedersi se una cosa del genere potesse effettivamente star accadendo. Il cellulare ancora stretto nel pugno di Cid dava una conferma che nessuno veramente voleva: Squall Leonhart andava catturato, preferibilmente ucciso, ma mai avrebbero pensato che avrebbe preso in ostaggio il Garden intero. Quando aveva avuto accesso al piano MD? Da quanto tempo quella bomba era lì sotto? Arrivarono al Garden che nessuno aveva ancora parlato: l’imperativo in quel momento era mettere in marcia l’accademia, farla andare a tavoletta e pregare che bastasse quello.

“Nida!” esclamò Zell. L’ascensore stava concedendo loro qualche secondo per riprendere fiato: erano tutti perfettamente allenati, ma una corsa a rotta di collo di mezz’ora avrebbe fiaccato chiunque. “Cosa gli diciamo?”.

“Lasciate fare a me” boccheggiò Cid: tra tutti, era quello meno allenato eppure aveva tenuto il ritmo ed ora il fisico attempato gli stava presentando il conto. Arrivarono al ponte di comando come delle furie. Nida trasalì e si volse verso il gruppetto trafelato e sconvolto.

“Cosa…” cominciò, ma Cid lo interruppe.

“Abbiamo un emergenza, ti basti sapere questo” disse. “Rotta verso Timber alla massima velocità. Se puoi rubare anche pochi secondi al vento ed ai dislivelli naturali fallo: è imperativo arrivare entro tre ore”. Il SeeD sbatté le palpebre smarrito, poi si volse verso il quadro comandi.

“Difficile, ma tenterò” disse stranito. “Non faccio promesse”. L’accademia si mise in marcia con uno scossone e in pochi minuti fu lanciato sulle ampie praterie di Galbadia. Cid congedò i tre SeeD, affermando che sarebbe rimasto in plancia e ringraziandoli per la piacevole mattinata.

“Piacevole mattinata” commentò Seifer, ancora impegnato a respirare senza sentire coltellate al fianco. “Piacevole mattinata, dice lui…”. Zell si volse verso il compagno con occhi nervosi; Quistis era immobile, lo sguardo perso nel vuoto, pallida.

“Dobbiamo fare qualcosa, Quistis” commentò. La donna parve riscuotersi.

“Sono d’accordo” annuì. “Ma Squall l’ha pensata fin troppo bene: il tempo che ci ha dato è appena sufficiente per arrivare, una qualsiasi deviazione e siamo fuori. L’unica cosa che possiamo fare…”.

“Scendere al piano MD e cercare quella bomba” disse Seifer. I due lo guardarono. “Il bastardo vuole te e Cid per le strade, ma non ha detto nulla di noi: io e Zell possiamo tentare di togliergli il Garden dalle mani”.

“Disinnescandola?” commentò il pugile, stranito da fatto che Seifer l’avesse chiamato per nome. Lui scosse la testa.

“Non abbiamo le competenze per una cosa del genere” disse. “E portare con noi un artigliere vuol dire perdere tempo ed informare terzi della nostra situazione: due cose che preferirei evitare in questo momento”.

“E allora cosa conti di fare, mangiartela?” chiese.

“Almeno portarla fuori” disse lui. “Almeno tentare, che diavolo!”. Quistis sospirò.

“Funzionerebbe se non fosse per un dettaglio” disse. “A questa velocità, gli ascensori si bloccano automaticamente per evitare danni e cedimenti. Questi tre piani del Garden sono collegati con le scale, ma l’MD è isolato e l’ascensore è l’unica via. Si potrà scendere solo quando rallenteremo a velocità di crociera, ovvero in vista di Timber: per allora, sarà tardi per giocare d’anticipo”. Seifer digrignò i denti.

“Il bastardo sa il fatto suo, devo ammetterlo” ringhiò. “Ma non è un motivo per lasciar perdere: Nida rallenterà in vista di Timber e noi scenderemo al piano MD”. Se la situazione non avesse avuto altre priorità, i due si sarebbero commossi per la preoccupazione di un ragazzo che non più tardi di otto anni prima aveva quasi distrutto quello stesso Garden che ora voleva salvare al punto da lanciarsi in una missione suicida. “Dovrai prendere tempo: quando sarai con lui, dovrai parlare e farlo parlare. Con un po’ di fortuna ce la faremo”. Sì, ci sarebbe stato veramente molto da commuoversi.
 


Nida compì il miracolo: furono in vista di Timber a mezz’ora dalla scadenza delle tre ore e fermarono il Garden poco lontano dalle mura vantando un anticipo di pochi minuti. Quistis e Cid scesero dalla plancia di comando che Zell e Seifer si erano già addentrati al piano MD.

-Stiamo scendendo Quistis- disse la ricetrasmittente.

“Li sotto non c’è campo” avvisò la donna muovendosi a passo di marcia verso l’ingresso. “Sarete soli”.

-Mai stato un problema- rispose la voce di Zell. –Piuttosto, anche voi sarete soli a Timber-.

“Ho passato queste ore a sistemare le junction” informò Quistis. “Se prova a fare qualcosa, Medusa sarà il minimo”.
 


Timber aveva conquistato la sua indipendenza, ma era ben lontana dall’essere una tranquilla città di provincia. Le strade erano pattugliate da bande di delinquenti e polizia più o meno corrotta, lo scontro tra indipendentisti e filo-galbadiani era evidentemente per le strade e tra i quartieri oltre che nelle aule del tribunale e del parlamento. Era tuttavia giorno di mercato e le vie erano piene di una folla che non si era fatta intimidire dalla criminalità serpeggiante. Alla vista della lunga calca di gente davanti alle bancarelle, Cid deglutì.

“Anche se fossimo stati sorvegliati, in mezzo a questa baraonda ci avrebbero sicuramente perso” commentò. “Non posso fare a meno di stupirmi”. C’era ammirazione nella voce del preside e, suo malgrado, Quistis assentì. In quel momento la tasca di Cid vibrò e sullo schermo del cellulare a conchiglia comparve lo stesso numero di quella mattina.

-Nida è migliorato- commentò la voce di Squall nell’orecchio del preside. –Niente male-. Cid mise nuovamente il vivavoce per far sentire anche alla donna accanto a lui.

“Quindi sai già che siamo a Timber” commentò, mantenendo un’aria posata. “Adesso che succede?”.

-Adesso continuate a camminare- fu la risposta. –E non opponete resistenza-. La chiamata si chiuse prima che i due avessero modo di commentare. Cid ebbe appena il tempo di riporre il cellulare nella tasca, poi da un vicolo accanto a loro comparvero due sacchi di tela che intrappolarono le loro teste e si chiusero intorno al loro collo.

Quistis dovette fare uno sforzo tale per non reagire da sentirsi la testa girare. La luce sparì e l’aria si fece calda mentre una figura invisibile la sospingeva di lato, in una zona che si fece scura e silenziosa.

“State tranquilli e non succederà nulla” sussurrò una voce all’altezza del suo orecchio destro. La donna rabbrividì. Camminarono una decina di minuti buoni in un’area non meglio precisata, ma che rimaneva comunque avvolta nell’ombra. Quistis dopo un po’ perse l’orientamento e si lasciò guidare dallo sconosciuto, pensando che se avesse sentito le mani dello sconosciuto spostarsi dal centro delle scapole in qualsiasi direzione probabilmente avrebbe fatto saltare il Garden, ma anche le cervella del loro aggressore. Sentì una porta cigolare e la mano che la sospingeva lenta ma decisa dentro un’area che da scura si fece nera. Sentì un tonfo alle sue spalle ed il sacco infine svanì da davanti ai suoi occhi.

Erano dentro una stanza in penombra, ordinata ma polverosa, con poche lame di luce che entravano da una finestra sprangata e mettevano in risalto i granelli di polvere nell’aria odorosa di chiuso; la mobilia era semplice, spartana e spoglia, con un gradino che dava su un breve corridoio al fondo del quale una porta li guardava come un’orbita vuota.

Davanti a loro, c’era Squall Leonhart.
   
 
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