Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: Sanae77    29/04/2021    6 recensioni
Si fanno scelte nella vita che spesso coinvolgono gli altri.
Altre volte, senza esserne coscienti, sono le tue scelte a portare conseguenze.
Ma indipendentemente da ciò che scegliamo... il nostro destino è già scritto?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Koshi Kanda, Nuovo personaggio, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly, Yukari Nishimoto/Evelyne Davidson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Siamo nello spogliatoio e stiamo radunando tutto il caos dei ragazzi più in fretta possibile, sono già le 17:00 e dobbiamo uscire a comprare il regalo per Shingo, tra poco sarà il suo compleanno. Yukari mi ha rintronato di chiacchiere sul possibile regalo mentre confesso che da giorni sono stordita dal ritorno di Ozora. Che, capiamoci, non sta facendo niente di particolare, ha solo ripreso la vita di tutti i giorni come se non fosse mai stato via per anni. E confesso che questa cosa non solo mi destabilizza ma ha creato una confusione in testa incredibile. Come previsto il mio ragazzo quando ha saputo di Tsubasa non l’ha presa benissimo, abbiamo anche discusso perché dice che in questo periodo mi vede diversa.
 
Sfido chiunque a non sentire nessuna differenza dopo il ritorno della persona che per tanto tempo è stata nel tuo cuore. Mi sto chiedendo da giorni se ancora c’è nel mio cuore e allo stesso tempo mi sento in colpa per Koshi, anche se all’inizio sapeva benissimo di Ozora.
 
Sì, lo sapeva, ma poi il suo corteggiamento lo hai accettato eccome!
 
Sollevo gli occhi al cielo mentre ripongo l’ultimo pallone nella cesta, la mia coscienza inizia a stufarmi onestamente. 
Quando finalmente siamo pronte per uscire, per una serie di coincidenze assurde, una tra le quali che Shingo sia dovuto correre a casa per aiutare sua madre, un gruppetto residuo di ragazzi dell’allenamento decide di unirsi a noi. Tra questi ovviamente c’è anche il capitano che da giorni ho sorpreso spesso a osservarmi da lontano. Dopo la chiacchierata in occasione della partita con l’Olanda non abbiamo più parlato, da soli intendo. Non che abbiamo molto da dirci, siamo tornati al vecchio modo di fare nel classico rapporto manager/capitano. Ma si capisce che c’è e ci sarà sempre qualcosa tra di noi. Qualcosa che è lì pronto per uscir fuori quando meno me lo aspetto: ne sono certa.
Storco un attimo la bocca quando capisco che andremo tutti insieme a scegliere questo benedetto regalo, perché pensare a una nuova paternale di Koshi non ho proprio voglia… sono così confusa. Dopo la cena per il ritorno di Ozora non l’ha presa benissimo. Era amareggiato dal mio comportamento e devo riconoscere che non ha tutti i torti.
 
“Ehi, bella addormentata ci sei?”
Yukari cerca di riportarmi con i piedi per terra.
“Sì, tutto ok. Prendo lo zainetto e andiamo.”
Si guarda intorno e poi con il gomito mi picchietta su un fianco con una complicità inaspettata.
“Sentito? Viene anche Ozora.” Mi punzecchia… come se non bastasse già il caos che ho nel cervello.
“Non sono sorda.”
“Ma possibile che non ti abbia detto niente dopo l’Olanda? Non è possibile… e la famosa frase allora?” bisbiglia mentre andiamo a prendere lo zaino.
“Ma te l’avevo detto che erano soltanto mie paranoie no?”
“Hm, per me ha un piano. Ozora ha sempre un piano.”
Perplessa fissa il gruppetto che ci attende all’uscita massaggiandosi il mento. Assottiglia addirittura le palpebre per scrutarlo meglio; neppure dovesse fargli i raggi X per carpire chissà cosa.
“Alla grazia di Sherlock!” ridacchio allungando il passo, se continuiamo così perderemo il bus e poi la metro.
 
Ma ce l’abbiamo fatta; certo, abbiamo corso come matti ridendo a crepelle visto che Ryo come al solito restava indietro anche rispetto a noi ragazze. Le prese di giro da parte di Izawa non si sono risparmiate e anche adesso che stiamo scendendo di corsa le scale della metro è un continuo canzonarlo.
 
Ridacchio mentre sento che sbraita: “Cos’è Ryo l’ultimo chilo di merenda che ti sei strafogato ti fa da zavorra?”
“Pensa alla tua di zavorra” controbatte l’accusato restando comunque indietro.
“Ha un chilo per piede, capitano digli qualcosa…” Siamo in attesa della prossima metro e Mamoru tenta di coinvolgere anche Tsubasa che poco distante da me scuote la testa.
“Ha la fortuna di non ingrassare, perché se dovesse ingrossare per tutto quello che si è sbaffato diventa peggio di Nakanishi Taichi.”
 
Sbottiamo a ridere poco prima che il vagone arrivi fermandosi di fronte a noi. Riusciamo a salire tutti nella medesima carrozza, per fortuna, ma la metro è molto affollata, non ho ben capito come siamo finiti io e il capitano in questo angolo. Per la precisione: io sono all’angolo appoggiata alla parete, lui ha le mani appoggiate a questa per proteggermi dalla calca.
 
“Scusa.” Mormora ogni tanto quando qualcuno lo spinge da dietro e questo fa sì che i nostri corpi entrino in contatto.
“Fa niente” replico mentre resto a fissare la suola delle mie scarpe, quando possibile, perché quando Tsubasa si avvicina, per la pressione della folla, sono costretta a voltare il viso se voglio respirare. Così ho scoperto, grazie a questa vicinanza, che la felpa del capitano ha un odore buonissimo.
 
Piano piano che ci avviciniamo al centro ogni fermata ha riempito le carrozze all’inverosimile e ora ci troviamo stipati come sardine dentro una scatoletta.
Yukari non la vedo da circa cinque minuti, spero che sia con gli altri. Non mi azzardo neppure a tirare fuori il cellulare per paura che mi possa cadere, e se succedesse in pochi attimi sarebbe calpestato. Questa vicinanza prolungata con il capitano è davvero destabilizzante. Così vicini non lo siamo mai stai.
Koshi darebbe in escandescenza, forse ha ragione anche se non stiamo facendo niente di particolare.
 
Strusciarsi a Tsubasa ti sembra niente?
 
Ridacchio per la anima subdola e impertinente, così che il mio compagno di disavventura ovviamente fraintende.
 
“Meno male che ti diverti Sanae… almeno tu.”
Sollevo il volto e trovo il suo perplesso e incuriosito dal mio atteggiamento.
“No-no, scusa pensavo ad altro e mi è scappato da ridere.”
“E a cosa pensavi di così divertente?” Una spinta più energica delle altre me lo fa ritrovare letteralmente addosso, sollevo le mani per contrastare i pettorali che mi fanno quasi soffocare. Li tocco e sono come una calamita, non riesco a togliere le mani da lì. Il suo cuore poi, ha accelerato notevolmente il ritmo sotto il mio tocco.
“Scusa, questo dietro è un cavernicolo, accidenti!”
“Tranquillo, sto comoda.”
 
Ah, sto comodissima, tranquillo, toccarti è bellissimo Tsubasa.
 
Stiamo toccando livelli preoccupanti con il mio subconscio, ne sono consapevole.
Ma non riesco più a ridere ora che ho così vicino il viso del capitano. Il suo profumo colpisce ogni nervo olfattivo; nelle sue iridi qualcosa d'indefinito. Mi guarda come se fosse la prima volta che mi vede davvero.
Restiamo così per attimi che mi sembrano interminabili mentre avverto il suo cuore stabilizzarsi su pulsazioni forti e profonde, i due respiri affannati che ha espirato si sono bloccati mentre scruta il mio viso proteggendomi con il suo fisico dai ‘cavernicoli’; come li ha definiti lui.
Il tempo si dilata come in un video a slow motion, occhi negli occhi non riusciamo a distogliere lo sguardo.
 
Ci riscuotiamo entrambi quando annunciano la stazione successiva a quella a cui saremmo dovuti scendere.

“Cavolo!” esclama intrecciando la mano con la mia e trascinandomi verso l’uscita mentre si fa spazio tra la gente. Contraccambio la stretta per paura di perderlo, affretto anche il passo per allacciarmi con l’altra mano al fianco. Con la mano libera continua a farsi spazio finché finalmente non raggiungiamo l’uscita; appena in tempo per scendere. È la fermata sbagliata, ma troveremo un modo per raggiungere gli altri.
 
Ci guardiamo un attimo smarriti poi, una volta trovata la mappa per uscire dai sotterranei, decidiamo la strada da fare per raggiungere gli amici. Abbiamo calcolato che tra uscire e prendere nuovamente la metro nel senso contrario facciamo prima a piedi.
 
“Di qua.” Indica Tsubasa prima di afferrarmi nuovamente la mano e tirarmi verso la direzione scelta.
 
Mi tiene stretta mentre resto un attimo indietro a osservare le nostre mani intrecciate. Le dita unite e intricate come non lo sono mai state. Deglutisco a vuoto, ho la gola secca. Affretto il passo e lo affianco mentre con il passo procede spedito come se… come se non fossimo per mano come due fidanzati. Sull’ultimo pensiero il senso di colpa verso Koshi m’invade la testa, tanto che muovo le dita per far sì che lasci la presa. Azzardo una giustificazione con una scusa, non voglio che ci rimanga male: “Grazie, ma ce la faccio a starti dietro… non sono mica Ryo.” Tento di ironizzare anche se vedo che a malincuore mi lascia andare la mano, continuiamo comunque a camminare vicini. Tanto vicini che le braccia dondolando si sfiorano più e più volte.
 
Cavolo te ne frega di Koshi, hai il capitano. Qui. Ora!
 
Mi tradisce anche il mio subconscio, prima mi fa le paternali e dopo mi lancia messaggi incoraggianti anche troppo espliciti. Scaccio via l’ultimo pensiero irrispettoso, anche se questi contatti fugaci sono una vera e propria tortura mescolata al piacere stesso.
 
“Ok, comunque ho controllato sul cellulare e in circa quindici minuti dovremo raggiungere gli altri. Ho già avvisato Taro che ci vediamo al bar del centro commerciale.”
“Meglio di un organizer.” Rispondo poco prima di salire l’ultimo gradino ed essere finalmente fuori all’area aperta. Sollevo la mano sopra la fronte per ripararmi dal sole accecante.
“Ecco – indica una via con il braccio – dobbiamo percorrere quella strada svoltare un paio di volte e siamo arrivati.”
“Ottimo, ma possiamo anche rallentare vero? Non è una gara a chi arriva prima. Immagino che loro siano già lì dopotutto, no?”
“Hai ragione scusa, camminiamo pure con calma.” Chiarisce portandosi una mano dietro alla nuca e sorridendo nello stesso modo che ben conosco… purtroppo.
 
Questo sorriso mi uccide sappilo!
 
“A chi lo dici…” bisbiglio con me stessa.
“Cosa Sanae?” chiede incuriosito dal mio borbottio interiore, che forse così interiore non è stato.
“No, niente. Riflettevo tra me e me.”
“Devono essere delle riflessioni divertenti se tutte le volte ridacchi o ti rispondi.”
 
Gli mollo una leggera spallata per stemperare la presa in giro.
 
“Come siamo diventati spiritosi dopo il Brasile.” Ho voglia di punzecchiarlo un po’.
“Effettivamente sono un popolo meraviglioso. Persone molto solari e accoglienti. Anche confusionarie in un certo senso. Ma l’atmosfera che si respira là è completamente differente dalla nostra.”
“Quindi ti sei trovato bene?” continuo a indagare mentre iniziamo questa passeggiata verso i nostri amici con passi che si fanno sempre più lenti, come se entrambi volessimo dilatare al massimo questo spicchio temporale che abbiamo rubato.
“Non è stato facile, ci sono anche molte famiglie disagiate, ma il quartiere dove alloggiavo con Roberto era un buon posto dopotutto. Non posso lamentarmi.”
“La squadra invece?”
“È sempre stata una sfida per tutto fin dall’inizio… la povertà dilaga e per loro il calcio è una delle poche soluzioni per emergere. Dopotutto per loro ero il ragazzo fortunato con gli scarpini nuovi…”
“Già, quelli che ti avevo regalato io…” e al ricordo di quella giornata a quella maledetta fermata dell’autobus mi prende una sorta di dolore al petto, infatti poco dopo poso lì la mano e stringo la stoffa per placare questa sensazione di vuoto incolmabile che si è creato con il solo pensiero di quel momento.
“Già. E… hai ancora il pallone che ti avevo lasciato?”
“Certo è sempre al posto d’onore in cameretta mia.”
“Almeno lui è riuscito a mantenerlo il posto d’onore…”
 
Lo guardo di sbieco cercando di non dar peso alla frase. Questa non ha possibilità di fraintendimenti. Guarda a terra e calcia dei minuscoli sassetti che ha di fronte. Non ce la faccio, quindi cambio discorso perché la piega che sta prendendo non mi piace per niente. Sono certa che mi farebbe solo arrabbiare.
 
“Quanto manca?”
“Poco. Vedi quell’angolo laggiù? Una volta svoltato il centro commerciale è proprio lì dietro.”
“Ottimo.”
 
Restiamo così fianco a fianco finché non raggiungiamo l’angolo. Poco prima di svoltarlo Tsubasa mi afferra per un braccio. Mi fermo guardandolo perplessa. Nello stesso istante il cellulare inizia a suonare. Il capitano mi lascia immediatamente così che prendo il telefono dalla tasca. Quando vedo che è il mio ragazzo rifiuto la chiamata… ci manca solo lui.
 
“Scusa. Volevi dirmi qualcosa?”
“No, figurati. Niente di che, avevo visto arrivare una persona e ho temuto che vi scontraste.”
 
Aggrotto le sopracciglia sospettosa… non ho visto nessuno svoltare l’angolo. Ho come la sensazione che avesse voluto dirmi qualcosa e che non l’abbia fatto a causa della telefonata. Faccio spalluccia e proseguo con lui vicino, facendo finta di credergli.
 
“Ah ok, grazie.”
 
Ovviamente quando arriviamo al bar i fischi e i risolini di presa in giro non mancano assolutamente.
 
“Era scontato che accadesse” bisbiglia Tsubasa con un sorrisetto ironico, qua al mio fianco; e per quanto tenti di stemperare la questione, e io stia pensando a mille e più modi per uccidere gli amici, entrambi abbiamo comunque le guance arrossate.
“Scontatissimo.” Rispondo mentre raggiungiamo il tavolo dei confusionari. Ci accomodiamo vicini e poco dopo il cameriere chiede se prendiamo qualcosa.
 
Quindi nell’attesa del gelato parliamo insieme agli altri del gruppo; ovviamente hanno già comprato il regalo per Shingo, non potevano certo aspettare noi. Yukari mi spiega che cosa hanno scelto e proprio mentre sto parlando con lei qualcuno mi tocca una spalla.
Quando mi volto sbianco.
Kanda è dietro di me, sul bel volto noto un’espressione tra l’incazzato e il deluso.
 
“Ciao” dico alzandomi.
“Volevo dirti una cosa puoi venire un secondo?” il tono neutro mi mette ancora più agitazione del tono incazzato.
“Certo” così lo seguo. In un corridoio laterale che conduce ai bagni si ferma e appoggia al muro con le braccia conserte.
“Perché prima mi hai attaccato?”
“Ero in metro e non potevo rispondere!” replico prontamente.
 
Ah già, dire che eri fianco a fianco con Tsubasa faceva brutto, brava!
 
Non mettertici anche tu! Penso rivolta alla mia anima.
 
“Però potevi richiamarmi no?”
“Hai ragione, ma poi abbiamo ritrovato gli altri e non c’ho più pensato.”
“Perché ritrovato? Ti eri persa?”
“Sì, con Taro siamo rimasti bloccati sulla carrozza della metro per la troppa gente e siamo dovuti scendere alla fermata dopo.”
 
Come le chiamiamo queste: bugie bianche? Bugie a fin di bene?
 
La mia coscienza se la ride mentre tento di uscire da questa situazione.
Quindi decido di passare al contrattacco.
 
“Ma tu piuttosto che ci fai qua? Non avevi detto di allenarti fino a tardi?” mi volto e un gruppetto misto, visto la promiscuità non sono sicuramente solo i suoi compagni di boxe. Certo alla palestra vanno anche alcune ragazze, ma quelle sono sicura di non averle mai viste. Mostro quindi una finta gelosia che non sento assolutamente di provare. Ma ora è più un punto preso per esser stata beccata. A far cosa poi? Sono forse davvero troppe le menate mentali che mi sto creando.
 
“Siamo usciti per andare ad una cena di classe, per questo ti avevo telefonato per dirti se volevi venire con me.”
Ok, mi sento davvero una stronza.
“Ah, ok. Mi farebbe piacere, saluto gli altri e ti raggiungo.”
“Bene, ti accompagno.”
 
Così mi cinge con un braccio la vita e torniamo dagli altri. Così, abbracciati. Noto Tsubasa che mi sta guardando da lontano, deglutisco e chiudo un attimo gli occhi raccogliendo più aria del necessario. Non riesco ancora a capire perché diavolo mi senta così in colpa. Non ho fatto nulla di particolare per provare questo disagio di fronte al capitano quando sono con il mio ragazzo.
 
Forse perché il tuo attuale ragazzo non ti piace più e sai perfettamente che Tsubasa ha un debole per te. Così, per dire eh!
 
Scaccio il pensiero, arriviamo dagli altri afferro lo zainetto e spiego loro che resto con Koshi. Saluto tutti con un gesto della mano mentre il mio sguardo si sofferma un po’ troppo su quello triste di Ozora. Koshi mi tiene salda attirandomi a sé e baciandomi improvvisamente il collo; in un gesto così intimo che davanti agli altri adesso m’imbarazza da morire. Eppure questo senso del pudore mi pareva finito da un bel po’; oppure è solo la presenza di Tsubasa a farmelo avvertire?
 
“Dai…” lo ammonisco bonariamente cercando di distaccarmi dalla sua presa. Koshi fraintende il mio imbarazzo e lo scambia per un gioco o più realisticamente lo fa proprio apposta. Così per tutta risposta ottengo l’esatto contrario; visto che, fermi in mezzo al via vai di gente, ci stiamo baciando.
 
Ma quando ci stacchiamo non posso fare a meno di lanciare uno sguardo sfuggente verso i miei amici. So perfettamente chi sto cercando, so perfettamente che sto cercando lui. Lui e la sua espressione triste e sconfortata. E sotto pelle, esattamente quella pelle intrisa del capitano, mi manda segnali inequivocabili di sofferenza, tanto che il dolore arriva allo stomaco facendolo contrarre.
 
No. Non è solo uno sguardo triste, ma è uno sguardo di dolore. Il suo.

 
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: Sanae77