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Autore: All_I_Need    30/04/2021    6 recensioni
John ha un incidente nel laboratorio della struttura militare di Baskerville. Mentre aspettano che gli scienziati trovino una soluzione, lui e Sherlock devono riesaminare la natura della loro amicizia mentre si destreggiano nella vita quotidiana e nel Lavoro, il tutto cercando di rispondere alle domande veramente importanti: va bene accarezzare il tuo coinquilino se al momento è un cane? E come chiedi esattamente le coccole a un autoproclamato sociopatico?
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sally Donovan, Sherlock Holmes
Note: AU, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
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NdT: Mie gentilissime, adorate commentatrici vi ringrazio tutte, non potevo sognare una rassicurazione maggiore di quella che mi avete dato, e anche l'autrice è eutusiasta dell'accoglienza *getta cuoricini a manciate* 🥰
E per le poche che non avevano ancora googleato la razza, ecco un paio di foto di dog!John.
😊

John1 John2


 Capitolo 2 

Era tutto troppo. Troppo diverso, troppo rumoroso, troppo sconosciuto.

John stava barcollando mentre metteva con cura un piede, no, zampa, davanti all'altro, seguendo Greg e lasciandosi guidare dalle mani di Sherlock ai suoi fianchi. Il detective lo stava seguendo più o meno allo stesso modo in cui un genitore seguiva un bambino mentre muoveva i primi passi, le mani che si libravano su entrambi i lati per prenderlo immediatamente se fosse caduto. La sensazione gli procurava un certo conforto e lo faceva sentire un po’ più sicuro dei movimenti.

Purtroppo, non faceva nulla per ridurre l'input sensoriale.

L'odore del disinfettante nel laboratorio era sopraffacente, gli bruciava nel naso e lo rendeva incapace di fiutare nient'altro, il che era terribilmente disorientante. Non aveva mai fatto affidamento sugli odori, ma questo nuovo corpo era arrivato con i suoi istinti e la mancanza di un adeguato senso dell'olfatto lo aveva lasciato barcollante e insicuro e spaventato senza un motivo che potesse determinare.

Poi c'era il rumore. Tutto risuonava ad un volume troppo alto: le scarpe che strusciavano contro le piastrelle del pavimento, il ronzio di macchinari pesanti in un'altra stanza, il respiro di Sherlock e Lestrade, il suono terribile dell'ascensore unito alla sensazione del terreno che vibrava sotto le sue zampe. Emise un uggiolio involontario quando sentì gemere l'argano di sollevamento mentre l'ascensore si avviava con un sussulto.

Cercò di ignorare tutto, ma aveva un sordo pulsare nelle orecchie che non riusciva a localizzare e il rumore sconosciuto non faceva nulla per farlo sentire a suo agio. Cercò di stare il più vicino possibile a Sherlock, il cappotto scuro, le scarpe nere e le gambe rivestite di pantaloni erano le cose più familiari per lui in quel momento. Sherlock gli stava parlando, qualcosa a proposito di Mycroft, di un'auto e di un capannone, e il tono di Lestrade era ammonitore mentre parlava. Ma le sue parole erano dirette a Sherlock e John era troppo distratto dal suono generale delle loro voci per prestare molta attenzione alle parole.

Alla fine, dopo quella che sembrò un'eternità, oltrepassarono un'altra porta e furono fuori. L'aria fresca e pulita che odorava fortemente della pioggia recente gli assalì il naso e John inspirò con avidità, premendo il naso a terra e fiutando, lasciando che l'odore della pioggia, del fango e dell'asfalto lavasse via il persistente odore di disinfettante.

Il suono di una portiera che si apriva gli fece alzare la testa e vide l'auto nera parcheggiata accanto alla jeep con cui erano arrivati.

Lestrade disse qualcosa a Sherlock, poi si voltò verso John e si accovacciò di fronte a lui. "Ascolta, amico, porterò la jeep alla locanda. Sembra che la gente di Mycroft abbia già ritirato la tua roba, quindi non preoccuparti. Vi raggiungerò alla locanda tra un paio di minuti, va bene? "

John lo fissò, cercando di elaborare il significato del discorsetto. Lestrade aveva notato che non stava davvero prestando attenzione prima? Sherlock l’aveva fatto? Era probabile. Sherlock notava tutto.

Pensando a... John si guardò intorno e trovò il detective proprio accanto a sé, con un'espressione accigliata mentre fissava la macchina come se l’avesse personalmente offeso.

Girò la testa più vicino a Sherlock, sfiorando con il naso la pesante lana del Belstaff. Senza nemmeno pensarci, John trasse un respiro.

L'assalto olfattivo lo fece quasi rinculare barcollando mentre una parte fino ad allora sconosciuta del suo cervello - probabilmente una che non esisteva nemmeno prima d’allora - iniziava immediatamente a sezionare ogni profumo che aveva appena inalato e la sua mente mulinava d’informazioni.

Fango e pioggia, muschio, foglie e legno: profumi della foresta, il che non era una sorpresa considerando che l'avevano attraversata solo la notte prima. L'odore stantio delle sigarette fu una sorpresa, tuttavia, ma svanì e lui si rese presto conto che altro non era che i resti dell'abitudine al fumo a cui Sherlock aveva rinunciato non molto tempo prima. Apparentemente, il profumo era troppo radicato nel tessuto del cappotto per dissiparsi tanto presto, o forse del tutto.

C'era di più, molto di più, e lui voleva avvicinarsi e semplicemente respirare, sezionare e analizzare ogni minima traccia - non aveva ancora nemmeno iniziato con il profumo di Sherlock stesso - ma il detective si stava già muovendo di nuovo, marciando verso la macchina. "Vieni, John. Prima ce ne andiamo di qui, meglio è. Non voglio che nessuno di questi imbecilli provi a condurre esperimenti spietati su di te."

Se fosse stato umano, John avrebbe sbuffato e avrebbe sottolineato l'evidente difetto in quell'affermazione... che Sherlock stesso non avrebbe esitato a sperimentare su di lui per pura curiosità.

Dato che non era umano, tutto ciò che poté fare fu seguire il suo amico. Lo fece lentamente, procedendo con cautela sull'asfalto e verso la macchina in attesa. Sherlock aveva già raggiunto il veicolo e teneva la portiera aperta, guardandolo con aria d’aspettativa. John ignorò lui e la sua palese impazienza, troppo distratto dalla sensazione dell'asfalto ruvido sotto le zampe. Fresco e ruvido e odoroso di catrame umido, creava un sorprendente contrasto con il pavimento piastrellato scivoloso all'interno dell'edificio che avevano appena lasciato. Si sentiva molto più a suo agio là fuori, con l'aria fresca e il sole sul corpo e il terreno solido sotto i piedi.

Alla fine, raggiunse la macchina e fissò l'interno scuro, con il profumo di pelle e gasolio e tessuti costosi che gli assalivano il naso, insieme a troppi altri profumi che lì per lì non riusciva a nominare. Tuttavia, tutti suggerivano a molti soldi e potere.

"Ce la fai ad entrare da solo?” chiese Sherlock, strappandolo con un sobbalzo dai suoi pensieri.

John sbatté le palpebre e inclinò la testa di lato, cercando di capire come sarebbe stato meglio fare per montare. In teoria, sapeva che un cane sarebbe saltato sul sedile, ma non era sicuro di poterlo fare, per nulla certo della propria capacità di gestire questo strano corpo abbastanza bene da evitare lesioni o atterrare in un ammasso poco dignitoso. Sollevò la zampa anteriore sinistra sul pavimento dell'auto, seguita dall'altra e si sollevò, guardando dentro.

Senza che il sole lo accecasse, l'interno divenne visibile e si ritrovò a fissare direttamente Mycroft, che sedeva dall'altra parte del veicolo e lo osservava con uno sguardo di lieve curiosità "Ah, John. Devo dire, non mi aspettavo che c’incontrassimo di nuovo in circostanze come queste.”

John gli sbuffò e rimase bloccato a contemplare come portare nella macchina il resto del corpo.

"Oh, per l'amor del cielo," mormorò Sherlock e un attimo dopo John si sentì afferrato per la vita e sollevato senza tante cerimonie nell’auto e sul sedile. "Nel momento in cui arriviamo a casa, ti inseguirò per tutto l'appartamento finché ogni movimento ti sembrerà naturale come respirare," borbottò Sherlock, salendo in macchina e scivolando oltre John per sedersi di fronte a suo fratello.

Mycroft fece una smorfia alla vista di John sulla pelle costosa, ma prima che potesse aprire la bocca e dire qualcosa al riguardo, colse lo sguardo di Sherlock e si calmò, apparentemente scegliendo di ignorare la questione per il momento.

John si lasciò cadere sul sedile con un altro sbuffo, prendendosi un momento o due per sistemare le gambe e quasi saltando fuori dalla pelle quando l'autista, che stava aspettando accanto alla macchina, sollevò con attenzione l'estremità della sua coda e la spostò da parte in modo da poter chiudere la portiera senza che rimanesse impigliata. Sorpreso, John si allontanò dallo sportello e si avvicinò a Sherlock, l'unica cosa che al momento la sua mente registrava come familiare e sicura. Quando abbassò la testa per appoggiarsi sul sedile, il suo naso fu quasi premuto contro la coscia di Sherlock e il suo respiro si fece istintivamente più profondo.

Sotto gli odori della foresta e il fumo che aveva notato prima, c'era il profumo di Sherlock, un inebriante mix di cuoio, sostanze chimiche, del tè che aveva preso a colazione e qualcosa che gli ricordava l'aria appena prima di un temporale. Era assolutamente inebriante. Odorava di casa.

Sussultò quando la portiera sul lato del guidatore fu aperta e chiusa, e poi di nuovo quando il motore prese vita. Prima di oggi, aveva sempre considerato le auto di Mycroft quasi stranamente silenziose, il motore poco più di un ronzio di sottofondo che poteva essere facilmente ignorato. Ora, si rese conto che erano state le sue stesse orecchie ad averlo ingannato e si chiese distrattamente quanto sarebbe stata dolorosamente rumorosa qualsiasi altra macchina se perfino questa rientrava nella sua collezione di suoni spiacevoli.

Un debole gemito gli salì in gola e lottò per spegnerlo prima che potesse diventare udibile dai due uomini che dividevano il sedile posteriore con lui.

Tutto questo, il rumore, l'input sensoriale, l'intera esperienza contorta di essere nel corpo sbagliato, era troppo. Tenne gli occhi fissi su Sherlock e il naso premuto sulla coscia dell'uomo, usandolo come l'unica ancora che gli impediva di essere spazzato via dalla crescente marea di paura che gli montava nel petto.


*****


"Be’?” disse Sherlock, dopo aver ritenuto che il silenzio tra lui e Mycroft fosse durato abbastanza a lungo.

Suo fratello guardò il mucchio di pelo sul sedile e alzò un sopracciglio. "Affascinante. Davvero molto affascinante."

Sherlock strinse i denti. "È tutto ciò che hai da dire?"

"Di grazia, per favore, cosa vorresti che dicessi?” chiese Mycroft, con un accenno d'acciaio negli occhi.

"Ora, c'è una lunga lista di possibili risposte," ringhiò Sherlock. "Che ne dici d’iniziare spiegando perché pensavi che trasformare gli esseri umani in animali fosse qualcosa su cui dovresti sprecare i soldi delle tasse? O meglio ancora, cosa intendi fare per la pessima sicurezza di questa struttura?"

"Pessima?" Questo sembrò aver catturato l'attenzione di suo fratello.

"Ci sono voluti più di venti minuti per rendersi conto che ero entrato nell'edificio usando un documento d'identità rubato," fece notare Sherlock. "A dispetto del fatto che il documento d'identità contenga la tua fotografia."

Guardò con soddisfazione suo fratello che socchiudeva gli occhi, arrivando vicino ad arrossire per la rabbia e l'imbarazzo. Non che Mycroft si sarebbe mai permesso di reagire in modo così palese, ma fu chiaramente visibile il momento in cui annullò la risposta istintiva del suo corpo. Decise di fare un altro affondo mentre era ancora in vantaggio. "E per restare in argomento, le condizioni di sicurezza all'interno del laboratorio erano praticamente inesistenti. Delle tubazioni che perdevano hanno fatto sì che John fosse accidentalmente drogato durante il mio esperimento che lo aveva drogato di proposito. Ha completamente sconvolto i parametri del mio esperimento e non riesco a immaginare che tu voglia che i tuoi scienziati proseguano il loro lavoro sotto l'influenza di pericolosi allucinogeni."

"Ah sì, il tuo piccolo esperimento," disse Mycroft, alzando l'altro sopracciglio e puntando su John uno sguardo acuto. "Proprio tu parli di comportamenti non etici, caro fratello, considerando che hai rifilato al tuo coinquilino quello che si pensava fosse zucchero contaminato solo per dimostrare la tua teoria."

"Non era stato contaminato, però, e ho fatto in modo che lui fosse esposto in un ambiente controllato. Lo stesso ambiente che in seguito si è rivelato non essere affatto controllato, com’era tua responsabilità garantire. E non sono io quello che ha deciso di dedicarsi alla sperimentazione interspecie.”

John si spostò accanto a lui, muovendo la testa per premere più vicino alla sua gamba e Sherlock si voltò per guardarlo, provando ancora un momento di sorpresa alla vista del pelo rosso e delle orecchie flosce. Era decisamente surreale vedere gli occhi marroni dove si aspettava quelli blu. Indipendentemente dal colore, erano fissi su di lui. Pensava che l'espressione fosse la stessa del solito: tranquilla esasperazione (molto probabilmente perché si parlava di lui come se non fosse lì) e un debole affetto che non mancava mai di sconcertarlo. Al momento, tuttavia, il sentimento più evidente era l'angoscia e Sherlock non poteva certo biasimarlo per questo.

Rivolse la sua attenzione a Mycroft, parlando perfino mentre allungava una mano per appoggiare con delicatezza una mano tra le scapole di John, le dita che affondavano nella pelliccia ruvida nello stesso modo in cui i piedi scomparivano in un tappeto particolarmente peloso. "A dispetto di ciò, voglio che tu li incarichi di riportare indietro John. Mi rendo conto che lo sviluppo di un siero per invertire gli effetti richiederà tempo. Mi rifiuto di tenere John ovunque nelle vicinanze, la tentazione di sperimentare su di lui sarebbe troppo forte per qualcuno di quelli più privi di scrupoli del gruppo.”

Prima che suo fratello potesse formulare una risposta, l'auto si fermò davanti alla locanda e il loro autista scese per aprire la portiera a Lestrade prima di girare intorno all'auto per caricare i loro bagagli nel bagagliaio. Sherlock aveva dato al DI le chiavi della sua stanza e di quella di John con istruzioni di portare giù le loro cose. Avevano già fatto le valigie quella mattina, prevedendo di partire per Londra subito dopo aver finito ​​a Baskerville.

John sussultò quando l'autista richiuse il cofano del bagagliaio e Sherlock strinse per un momento le dita nella sua pelliccia. Naturalmente. Avrebbe dovuto aspettarsi i sensi migliorati. Almeno questo spiegava perché John si fosse spostato così cautamente dal laboratorio all'auto. Aveva pensato che fosse dovuto a una persistente instabilità dei suoi piedi, ma ora divenne palesemente evidente che l'input sensoriale doveva essere abbastanza travolgente.

"Ciao, Mycroft,” disse Lestrade, interrompendo le riflessioni di Sherlock mentre saliva in macchina, prendendo posto accanto all'uomo, il che lo mise sul sedile di fronte a John.

"Ispettore investigativo Lestrade," lo salutò Mycroft con calma, rivolgendo il suo sguardo penetrante all'ignaro DI. "Credo di non dover ribadire che nessuno degli eventi che sono accaduti qui, né nessuna delle parole dette in questa macchina, dovrà mai essere ripetuta a nessuno tranne che alle persone già presenti.”

Lestrade sbatté le palpebre. "Che cosa?" Gli ci volle un momento per tradurre la minaccia sottostante. Emise un sospiro. "Sì, giusto, certo che no. Cosa pensi, che io sia stupido? Se lo dicessi a qualcuno, mi farebbero rinchiudere in un manicomio all’istante. Per non parlare del fatto che probabilmente mi uccideresti tu stesso se solo io pensassi di dirne una parola a qualcuno."

"Oh, non esagerare, ispettore investigativo," lo ammonì Mycroft con calma. "Perché dovrei ucciderti per aver fatto una cosa del genere?" Ci fu una pausa che fu appena sufficiente prima che continuasse. "Ho delle persone che se ne occupano per me."

Lestrade sbiancò e Sherlock sbuffò. "Se hai finito di minacciare, fratello...?"

"In effetti sì. Torniamo al problema in questione." Mycroft fece un gesto verso John. "Sono d'accordo con la tua stima della situazione. Chiaramente, avremo bisogno di una storia di copertura adeguata sia per l'assenza di John che per l'improvvisa presenza di un cane nella tua vita."

"Persino gli imbecilli allo Yard alla fine avrebbero notato la differenza, sì,” disse Sherlock in tono blando, ignorando completamente l'indignato "Ehi!" di Lestrade.

"Bene allora, la sorella di John è entrata di nuovo in riabilitazione e lui è andato in Scozia per starle vicino e offrirle il suo sostegno," suggerì Sherlock. "Lui starà via per un imprecisato periodo di tempo e naturalmente riceverò regolarmente messaggi ed e-mail da lui."

"Farò in modo che uno dei miei uomini si procuri le necessarie prove del viaggio,” concordò Mycroft. "Il che ci lascia ancora metà del problema."

Sherlock si strinse nelle spalle. "È abbastanza facile, non è vero. Mamma."

I fratelli condivisero un lungo sguardo. Alla fine, Mycroft fece un minuscolo sorriso. "Ovviamente dovranno essere informati."

"Sono sicuro che a loro non dispiacerà la bugia bianca. Diciamo che stanno viaggiando o stanno ristrutturando la casa. Un cane si intrometterebbe in entrambe le attività e i tuoi impegni non consentono un animale domestico. Pertanto, il compito di star dietro al loro cane è ricaduto su di me. Chiedi alla mamma di chiamarmi quando sono sulla scena del crimine o allo Yard per chiedere di lui e la berranno abbastanza facilmente.”

Diversi momenti trascorsero in silenzio mentre Mycroft contemplava ogni possibile risultato del loro complotto, controllando le lacune. Sherlock aveva già calcolato il rischio nella sua testa, ovviamente, ma la mente di suo fratello era più orientata alla strategia e quindi più adatta alla politica e alla costruzione di bugie a lungo termine.

Alla fine, Mycroft annuì ed entrambi i fratelli si rilassarono un po’. "Ottimo."

Sherlock si rivolse a Lestrade. "Ovviamente ti verrà richiesto di aiutare in questa impresa,” sottolineò. "Basta stare al gioco e andrà tutto bene."

Lestrade alzò gli occhi al cielo. "Come se ci fosse qualcos'altro da fare per me. John è mio amico, ovviamente vi aiuterò. E lo farò subito sottolineando quello che a quanto pare avete dimenticato."

"Oh?"

"La signora Hudson,” disse il DI. "Lei conosce sia te che John e vorrebbe certamente parlargli se affermassi che starà via per un periodo prolungato. Potreste considerare di dirle la verità."

Rigirando il suggerimento nella mente, Sherlock guardò Mycroft. Suo fratello si strinse nelle spalle. "Se consideri abbastanza affidabile la tua padrona di casa, non vedo come potrebbe diventare un problema."

 

“Lo faccio,” rispose Sherlock con calma.

"In tal caso, per il momento il nostro lavoro è finito. Manderò qualcuno a predisporre l'attrezzatura necessaria che viene fornita con il possesso di un cane, inclusi un collare e una piastrina. Non vorremmo che nessuno prendesse erroneamente John per un feroce cane senza proprietario e lo facesse abbattere. Allo stesso modo, se si perde, ha bisogno di un documento d'identità in modo che possa essere restituito alle tue cure.”

Condivisero un lungo sguardo. Accanto a Sherlock, John emise un gemito sommesso e gli diede un colpetto alla gamba con il naso, la coda che sbatteva contro la tappezzeria. Apparentemente, approvava il piano così com'era.

Il resto del viaggio in macchina trascorse in silenzio.



*****



Arrivarono a Baker Street nel primo pomeriggio, l'auto si fermò senza intoppi sul marciapiede proprio davanti alla porta del 221b. Personalmente, John aveva sempre trovato un po’ sospetto che le auto di Mycroft non avessero mai avuto problemi a trovare un parcheggio: sembrava sempre che ne diventasse magicamente disponibile uno a qualunque destinazione avessero appena raggiunto. Oggi, però, non si sentiva incline a riflettere su quel piccolo mistero. La maggior parte della sua attenzione era catturata da Sherlock e dal fatto che sarebbero finalmente usciti da questa macchina.

Sherlock, essendo stato confinato in auto con suo fratello per diverse ore, non rimase fermo abbastanza a lungo da permettere al guidatore perfino di spegnere il motore, figuriamoci di scendere dalla vettura e aprirgli la portiera. Nel momento in cui il veicolo smise di muoversi, spalancò la portiera e saltò fuori sul marciapiede. John lottò per alzarsi e strisciò in avanti fino a raggiungere il bordo esterno del sedile. La distanza da lì al marciapiede non sembrava molto grande, ma lui esitò ancora, chiedendosi se sarebbe piombato a faccia in giù se ci avesse provato.

"Hai bisogno di assistenza, John?” chiese Mycroft dal suo posto di fronte a lui.

John sbuffò. Be', se questo era ciò che sarebbe accaduto - essere portato fuori da un'auto da Mycroft Holmes - allora avrebbe preferito correre il rischio di un naso sanguinante, grazie mille.

Prima che Mycroft o Sherlock, o forse anche Lestrade, che stava solo prendendo fiato per parlare, potessero fare qualsiasi cosa, John fece il balzo... e fu forse più il sorpreso di tutti nel trovarsi in piedi abbastanza saldamente su tutte e quattro le zampe, come avrebbe dovuto fare un cane.

"Vedi, ti stai già adattando alla situazione!" gli disse Sherlock da dove stava aspettando vicino alla porta, saltellando sulle punte dei piedi e somigliando molto lui stesso a un cane pronto per una passeggiata.

John non poté evitarlo, alzò gli occhi al cielo, sperando che il gesto trasmettesse lo stesso significato che aveva sempre, nonostante il corpo diverso. E sì, ci sarebbe voluto un po’ per abituarsi a tutto questo, ma adesso era chiaramente bloccato nella situazione e non aveva senso lamentarsene. Loro avrebbero trovato una soluzione abbastanza presto. Dovevano farlo.

Sherlock gli sorrise e aprì la bocca per parlare, ma fu interrotto dalla signora Hudson che aprì la porta. "Oh, Sherlock! Pensavo di averti sentito!" esclamò la loro padrona di casa e lo abbracciò. Lui la baciò sulla guancia in segno di saluto, poi fece per superarla. "Vieni, John!"

John si fece avanti, ma arrivò solo alla porta d'ingresso prima che la signora Hudson lo notasse. "E adesso cos'è quello? Un cane? Davvero, Sherlock, non sono sicura che il tuo appartamento sia un ambiente adatto a qualsiasi essere vivente, comprese le persone, e stai portando a casa un cane? E dov'è John?"

"In realtà, questo è qualcosa di cui dovremmo discutere dentro," le disse Sherlock prima di rivolgersi all'autista che aveva appena scaricato i bagagli. "Di sopra, mettili in salotto."

Non diede all'uomo la possibilità di protestare e si limitò a marciare all'interno, guidando la signora Hudson nella sua cucina con una mano ferma sulla schiena. Per mancanza di un'opzione migliore e perché non si sarebbe perso la seguente conversazione per niente al mondo, John li seguì.

"Non sto dicendo che non sono contenta di riaverti, è diventato un po’ noioso senza di voi due ragazzi qui, ma vorrei che mi aveste detto in anticipo che avreste portato a casa un animale domestico,” disse la signora Hudson, iniziando automaticamente a preparare il tè e mettendo insieme un piatto di biscotti e pasta frolla fatti in casa una volta che furono in cucina. Sherlock si sedette sul tavolo e la guardò, aspettando che lei non tenesse in mano il bollitore con l'acqua bollente prima di parlare.

"C'è stato un incidente in una struttura di ricerca militare su cui stavamo indagando,” spiegò con quel tono pratico che sarebbe stato adatto per insegnare in un corso di chimica, ma che difficilmente si adattava alla loro situazione attuale. "Dubito che capiresti la mia spiegazione dei dettagli anche se mi fosse permesso di dirteli, ma la versione breve è che questo cane qui in realtà è John."

La signora Hudson, che si era appena girata verso di lui con il piatto di biscotti in una mano e diversi tovaglioli nell'altra, sussultò e si sventagliò con i tovaglioli. Per la sorpresa, spostò accidentalmente la mano sbagliata, tentando invece di sventagliarsi con il piatto. John, che era in piedi proprio accanto a lei, incerto su dove andare, si trovò sotto un'improvvisa pioggia di prodotti da forno.

Prima che la sua mente umana razionale potesse affrettarsi in avanti e suggerire di aiutarla a rimettere a posto il pasticcio (cosa che Sherlock non avrebbe mai fatto), il suo naso e lo stomaco che brontolava la superarono rapidamente e John si avventò, andando dritto verso i frollini che avevano un odore assolutamente divino.

"Oh!" La signora Hudson rimase senza fiato per il disordine. E poi ancora: "Oh!" quando vide John sgombrare il pavimento, raccogliendo con gusto la pastafrolla. Sherlock, da parte sua, assomigliava in modo sospetto a qualcuno che attutisse le risate nella manica.

Passarono diversi secondi in cui l'unico rumore provenne da John e dai biscotti che gli si sbriciolavano in bocca.

"Bene,” disse debolmente la signora Hudson, spostandosi per sedersi sulla sedia di fronte a Sherlock. "Ha sempre apprezzato soprattutto i miei frollini."

John, con la bocca imbottita dei medesimi, sollevò la testa per lanciarle uno sguardo di scusa, poi cercò di alzare le spalle. Lanciò un'occhiata a Sherlock, che stava fissando la sua padrona di casa come se lei avesse appena confessato di aver ucciso qualcuno e aver nascosto il corpo sotto il pavimento della cucina a sua insaputa.

"Oh, chiudi la bocca, giovanotto," lo ammonì. "Sii un tesoro e prendi quel tè, ti spiace? Temo che le mie mani tremino un po’ in questo momento. Non voglio versare nulla. E cerca di non calpestare i biscotti mentre ti muovi."

Sherlock, apparentemente ancora scioccato per la sua facile e inaspettata accettazione della situazione, fece come gli era stato detto. Quando si fu di nuovo seduto, la signora Hudson allungò un braccio e coprì una delle sue grandi mani con le proprie. "Ora, dovete dirmi come usare questo Internet a cui voi giovani siete così affezionati. La signora Turner ha accennato a qualcosa sulle ricette lì dentro e credo che dovrò cimentarmi con i biscotti per cani."

A quella dichiarazione seguì il silenzio completo, ed era abbastanza difficile dire chi tra Sherlock o John fosse il più sorpreso.

Poi, la signora Hudson ridacchiò. "Oh, tu! Dopo tutte le cose che hai fatto, pensi davvero che trasformare il tuo partner in un cane mi manderà in crisi isterica?"

Sherlock aprì la bocca, la richiuse e non rispose. John notò anche che lui non aveva commentato la cosa del "partner,” ma probabilmente era perché Sherlock semplicemente non capiva che la signora Hudson non lo intendeva in quanto riguardante un rapporto di lavoro.

"Ora, quanto durerà?” chiese la padrona di casa mentre il silenzio stava per diventare imbarazzante.

"Non lo so,” disse Sherlock. "Una cosa del genere non è mai accaduta prima, secondo gli scienziati lì. È improbabile che gli effetti si invertano da soli, quindi dovremo aspettare che sviluppino un antisiero. Non è fantastico?!"

Era raggiante e allargò le braccia in sincera eccitazione. John, che stava per riportare la sua attenzione sui biscotti sul pavimento, gli brontolò contro.

"E quante persone lo sanno? Non vorrei dirlo accidentalmente a nessuno, la gente mi riterrebbe pronta per il manicomio!"

"Lo sanno solo mio fratello e Lestrade," le disse Sherlock. "Per quanto riguarda chiunque altro, John sta visitando sua sorella in riabilitazione e io mi prendo cura del cane dei miei genitori.”

La signora Hudson annuì e gli accarezzò la mano. "In tal caso, farai meglio a portarlo di sopra e sistemarti. Sono sicuro che dopo tutta quell'eccitazione vorrà riposare. Non è vero, John?"

Lo era, così John le uggiolò, sperando che lei prendesse il suono come un assenso.

"Bene,” disse Sherlock e si alzò. "Vieni, John."

 

 


NdT: ding dong, mentre il 221b si prepara ad accogliere un uomo e il suo cane 😄, faccio un piccolo annuncio di servizio: non ho ancora trovato una proposta da alternare a questa, fino a quel momento aggiornerò Dog Days due volte alla settimana, sempre nei soliti giorni. 😘
   
 
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