Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: Yoshiko    30/04/2021    3 recensioni
"Il furgone gli era addosso, il paraurti quasi sfiorava la ruota posteriore della bicicletta. Si toccarono, Amy urlò. Julian perse il controllo, la bicicletta ondeggiò. La ruota anteriore oltrepassò il canalino di scolo e si addentrò nell’erba. Precipitarono lungo il declivio. Amy gridò ancora, poi l’acqua della risaia frenò la loro corsa in modo così brusco che la bicicletta si capovolse. Lei e Julian finirono nel fango, tra le rane e i germogli di riso." Un capitombolo, un'aggressione, un temporale, un tentativo di salvataggio mal riuscito e altre improbabili avventure accompagneranno i protagonisti della storia in situazioni sempre più assurde e inaspettate.
Genere: Avventura, Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Jun Misugi/Julian Ross, Kojiro Hyuga/Mark, Tsubasa Ozora/Holly
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Virtual Story'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Password: river


Philip si svegliò presto. Aveva riposato malissimo. Il pensiero dei due bimbi non aveva abbandonato la sua mente neanche durante il sonno. Erano stati un chiodo fisso, li aveva sognati in tutte le forme e in tutte le salse. Persino già maggiorenni, il matrimonio di sua figlia e la festa di laurea di Peter. Si alzò dalla poltrona barcollando, frastornato dalla stanchezza. Il plaid in cui si era avvolto durante la notte scivolò a terra. Si chinò a raccoglierlo e si volse verso l’angolo cottura, attirato dai rumori che provenivano da lì. Amy era già sveglia e stava preparando il caffè.  
-Ne vuoi?-
Philip annuì e la raggiunse.
-Jenny?-
-Credo che stia ancora dormendo. Ieri Joy ha impiegato una vita a prendere sonno.-
Lui la guardò con un vago senso di colpa.
-Oh, io ho dormito. E anche Evelyn. A proposito Eveyn è in bagno.- ammiccò verso la porta -In questo bagno. Tante volte volessi salutare Jenny…- gli strizzò un occhio e Philip colse al volo l’invito.
C’erano ancora due o tre cose da chiarire e forse quello era il momento giusto per ritagliarsi un po’ di privacy. Raggiunse la porta della camera, accostò il viso all’uscio e trattenne il respiro. Non udiva nulla. Posò una mano sulla maniglia e la ruotò nel momento stesso in cui quella si muoveva da sola. Ritirò di colpo le dita mentre la porta si apriva. Dietro non c’era nessuno. Ma abbassando lo sguardo e trasalì. Sbagliato! C’era la piccola peste!
Una manina a strofinarsi gli occhi, Peter sbadigliò, mise a fuoco l’adulto che aveva davanti e la sua espressione divenne comicamente minacciosa.
-Non puoi entrare.-
-E perché?-
-Non devi stare con la mamma.-
-Davvero? Chi lo ha deciso?-
-Io. Però puoi penderti Joy, tanto piange e basta.-
-Joy è una brava bambina, al contrario di te.-
Lui arricciò la bocca e sporse il labbro inferiore, offeso.
-Non è vero! Joy non è un brava bambina! Lei non è capace di difendere la mamma. Io sì! Non puoi entrare, la mamma sta dormendo!-
Philip si sentì rimescolare. Chi credeva di essere, quel piccoletto? Benji aveva forse ragione? Bambini uguale addio-vita-di-coppia? Ma lui doveva parlare con Jenny di cose importanti, senza quella bestiolina selvatica a mettersi di traverso. Come levarsela di torno?
-Non decidi tu quello che devo fare. Ficcatelo in testa, pulce!-
Furiosi, offesi, testardi, ostinati, si volsero le spalle l’un l’altro e si allontanarono ciascuno nella direzione opposta. Philip tornò verso l’angolo cottura, un senso di vittoriosa soddisfazione per aver avuto l’ultima parola e aver rimesso in riga quella minuscola pulce. Peter rientrò in camera, felice di averla avuta vinta su un signore così tanto antipatico. Aveva difeso la mamma e non gli aveva permesso di avvicinarsi a lei.  
Amy accolse il ritorno di Philip con un sorriso.
-Dovresti risanare al più presto il rapporto conflittuale che hai con tuo figlio. Una volta adulto potrebbe venirgli il complesso di Edipo. Tu sai che fine ha fatto il padre di Edipo?-
-Morto ammazzato.- Benji si stiracchiò e raggiunse il caffè sbadigliando.
-Zucchero?-
-Piuttosto qualcosa di solido da mettere nello stomaco.-
-Non è avanzato granché dalla cena.- Amy gli indicò una confezione di fette di pan-carré ormai agli sgoccioli.
Benji si servì abbondantemente e Philip protestò all’istante.
-E gli altri?-
-Questo pane l’ho comprato io e se permetti ne usufruisco a piacimento. State scroccando la mia ospitalità da ieri e a nessuno è venuto in mente di contribuire alle spese.-
-Mi è appena sembrato di udire Landers.- lo schernì l’amico.
Amy alzò gli occhi al cielo e, senza farsi notare, mise da parte un paio di fette per Julian che rischiava di rimanere a digiuno, soprattutto ora che al club degli affamati si era aggiunto anche Bruce.
Il maltempo della sera prima aveva ripulito il cielo che splendeva di un azzurro accecante e si rifletteva sulle pozzanghere. Mark si fermò sulla soglia stiracchiandosi. La carrozzeria del furgone scintillava sotto i raggi del sole, la polvere, la merda degli uccelli, il fango, era scomparso tutto. Il furgone non era mai stato così pulito, neppure quando era uscito nuovo fiammante dal concessionario. Momento che Mark non aveva potuto gustarsi perché l’aveva acquistato usato e molto più sporco di come era ora. Pensare che per ottenere tale brillantezza non aveva dovuto tirar fuori neppure uno yen lo metteva di buonumore. Quella pioggia era stata una manosanta, tanto più che grazie al temporale aveva vissuto un giorno della sua vita a scrocco di Benji. Cosa poteva desiderare di più?
Per esempio che il suddetto portiere non si avvicinasse al suo furgone con quella valigia e quelle due buste? Che non posasse i suoi bagagli sui sedili?
-Che stai facendo?-
-Vengo con voi. Il mio appuntamento è saltato. Cosa resto a fare qui?-
-Cazzi tuoi. Non c’è posto.-
-Davvero? Eppure mentre eri in bagno Philip ed io abbiamo ricavato un bel po’ di spazio.- indicò con un gesto un mucchio di cianfrusaglie accatastate addosso al muro dello chalet.
Mark impallidì.
-Le mie cose!- corse verso i rottami, esaminandoli uno per uno. Non c’era niente da buttare, lì. Di sicuro non quella mezza persiana, un giorno avrebbe potuto utilizzarla come legna da ardere. Per non parlare della sedia. Si trattava solo di ripararne il cuscino e rimpinguare l’imbottitura. Come s’erano permessi di gettare via quegli indispensabili metri di tubo di gomma? E quello specchio crepato? La cornice era ancora nuova di zecca. Se proprio serviva fare spazio, la prima cosa da scaricare era l’ingombrante bicicletta di Julian!
Bruce si affacciò dalla porta d’ingresso.
-Mark, dove hai messo i pannolini?-
Il ragazzo neppure si volse, occupato a riagganciare a un secchio di plastica sfondato il manico che si era staccato. In qualche modo avrebbe potuto rattoppare il fondo e riutilizzarlo.
-Non ne so niente. Chiedi a Callaghan.-
-Philip non lo sa.-
-Allora guarda nel furgone!-
Bruce rovistò tra le cose che ingombravano l’ultima fila di sedili e fece inavvertitamente cadere la valigia di Benji in una pozza d’acqua. Trasalì e si guardò intorno. Per fortuna il portiere era rientrato, altrimenti chi lo sentiva? La rinfilò alla bell’e meglio in mezzo agli altri bagagli, posandola sul lato bagnato in modo che non si vedesse la macchia di fango sul tessuto. Riprese a cercare i pannolini e li trovò in una busta sotto un cassetto spaiato. Ne recuperò uno.
Peter gli spuntò accanto.
-Lo porto io alla mamma, signore.-
Bruce si ringalluzzì a quella dimostrazione di rispetto.
-Te lo hanno mai detto che sei proprio un bambino educato?- gli gridò dietro mentre Peter correva via.
A un passo dall’ingresso si trovò davanti a un’invitante pozzanghera. Allora prese la rincorsa e ci saltò dentro, schizzandosi fin sui capelli e sparando spruzzi a destra e a manca. Mark alzò gli occhi al cielo.
-Piove?-
Le scarpine zuppe di Peter lasciarono una traccia bagnata e fangosa sul parquet.
-Ecco il pannolino, mammi!-
Lei lo fissò sgomenta.
-Peter! Cos’hai combinato?-
-Ho fatto il tuffo!-
I vestitini del bambino, che avevano passato la notte ad asciugarsi, erano di nuovo costellati di schizzi. Jenny scosse la testa rassegnata. Prima di occuparsi di Peter, doveva finire di cambiare Joy. Sdraiata sulla schiena, le gambette all’aria, la bimba stava occupando il tempo dell’attesa assaggiando una a una le dita dei piedini nudi.
-Almeno hai finito di fare colazione, Peter?- Jenny prese il pannolino e lo vide correre via senza risponderle -Peter! Hai finito di fare colazione?-
-No, non ha finito.-
Seduto accanto a Mark, rientrato per scolarsi le ultime gocce di caffè, Philip lanciò un’occhiata al bicchiere colmo di succo di frutta e ai quattro biscotti sbriciolati da piccole dita, ammollati di saliva e infine abbandonati nel piatto.
-Spi-o-ne, spi-o-ne, spi-o-ne!-
-Fanculo Landers.-
-Fallo rientrare, Philip. Prima di andare a giocare deve finire di mangiare.-
-Io?-
Jenny gli lanciò un’occhiata penetrante.
-Certo, chi altri?-
Il giovane si alzò da tavola e uscì. Lo sentirono gridare un paio di volte, lo videro correre qua e là per il piazzale dietro al pargolo che se la dava a gambe e rientrare poco dopo sconsolato.
-Non mi dà retta.-
-Certo, perché dovrebbe? Se ti incontra per strada neppure ti riconosce.-
-Grazie per la precisazione, Benji.-
-Jenny, mi chiedevo…- cominciò Amy sorseggiando una tazza di tè in attesa che tutti fossero pronti -Tu hai la mia età, vero? E Peter ha quattro anni, giusto?-
Lei annuì.
-Questo significa che l’avete messo al mondo a quindici anni?-
Philip li aveva già fatti i conti e il risultato non collimava con i suoi ricordi. Però le sue conoscenze sulla gravidanza erano molto superficiali, anzi, il processo di nascita di un bambino era ermetico e misterioso, molto esoterico, un rito quasi magico. Forse in uno o due passaggi imperscrutabili a lui del tutto oscuri, avrebbe potuto trovare una risposta. Però a chi chiedere? Con chi consultarsi? Non voleva fare la figura dello stupido con nessuno dei compagni. Se almeno avesse potuto scambiare con Jenny due parole in privato. Ecco, magari poteva almeno avvertirla che voleva parlarle in modo che anche lei contribuisse a creare l’occasione. Le si avvicinò, Joy lo vide e tese le manine paffute per farsi prendere in braccio. Jenny, così abituata a fare da sola com’era, approfittò immediatamente di quell’aiuto insperato.
-Ti adora, te la posso lasciare? Devo andare a vedere che combina Peter!-
Neanche l’avessero chiamato, se lo trovarono accanto.
-Mammi!- corse a mettersi fra lei e Philip.
-Finisci di fare colazione, Peter.-
Quello scosse la testa e le afferrò con una mano i jeans, tirandola verso di sé per allontanarla da Philip. Con l’altra manina intanto lo spingeva via, premendogli le dita su una coscia, senza riuscire tuttavia a farlo indietreggiare di un passo.
-Pulce…- ringhiò quello lanciandogli un’occhiataccia, alla quale il bambino rispose con uno sguardo praticamente identico.
Mark rientrò per l'ennesima volta, sbuffando sudato. Era riuscito a rificcare nel furgoncino praticamente tutto. Aveva abbandonato solo il secchio sfondato. Che si stringessero, i suoi passeggeri. Nessuno era obbligato a salire e lui li avrebbe lasciati volentieri a terra. Se non fossero riusciti a entrare, tanto meglio!
-Insomma, siete pronti?-
-Hai ripulito i sedili? Ieri erano in condizioni pietose!-
-Certo Amy, erano tali e quali ai tuoi vestiti. Comunque li ho puliti.-
-Immagino.- la ragazza recuperò lo zainetto e prese per mano Peter.
Benji fu l’ultimo a uscire e richiuse la porta dietro di sé.

Pranzarono in un autogrill pagando ognuno per sé, ma Mark insistette perché ciascuno versasse la propria quota per il pieno di benzina.
Uscirono dal centro abitato e imboccarono la statale che costeggiava un fiume in piena. Lo vedevano dai finestrini del furgone che ribolliva contro gli argini, trascinando via tronchi e rami di alberi scalzati dalla corrente impetuosa. Dopo meno di un’ora si fermarono su  uno spiazzo perché Peter doveva far pipì.
-Non lo hai portato al bagno all’autogrill?- domandò Mark osservando attraverso lo specchietto retrovisore Jenny che apriva lo sportello e scendeva insieme al figlio.
Il tempo sembrava essersi guastato tutto insieme. Il cielo freddo e nuvoloso che li sovrastava aveva richiuso in casa quasi tutta la popolazione di quei luoghi ed erano pochissime le macchine che percorrevano la statale.
-Certo che ci è andato.- sbuffò Philip agitandosi nervoso sul sedile. Peter aveva chiesto di andare in bagno nel momento in cui lui tentava di dire a Jenny che voleva parlarle -Poi però Evelyn gli ha comprato le patatine, si è sbafato tutto il pacchetto in meno di trenta secondi e ci ha bevuto dietro un litro d’acqua.-
La ragazza sventagliò le ciglia.
-Me le ha chieste in un modo così carino… non potevo proprio rifiutarmi.-
Julian aprì lo sportello e scese a terra.
-Devi farla anche tu?-
-No, Bruce. Devo muovermi. Ho il cadavere di una persiana che mi sta scavando un buco nella coscia. Non possiamo buttarla?-
-Non possiamo buttare la tua bici?-
Jenny tornò verso il furgoncino tenendo Peter per mano.
-Noi abbiamo finito.-
-Accompagni anche me a fare pipì, mammina?- la stuzzicò Bruce.
-Taci Harper, o ti do un pugno.-
-Hai la coda di paglia, Philip.-
Mark mise in moto, pronto a riprendere il viaggio.
-Aspetta!- Evelyn tese di colpo un braccio per indicare un punto lontano e, strizzati com’erano sui sedili posteriori, per un pelo non conficcò un dito nell’occhio di Julian -Quello sull’altra riva non è Tom?-
Si volsero e lo videro. Era proprio Tom! Agitava forsennatamente una mano in aria a destra e sinistra e gridava a squarciagola. Peccato che fossero troppo lontani per capire.
-Cos’è quello che tiene in braccio? Un bambino?-
-Oppure un cane.-
-A me sembra più un bambino.-
-Tom non ha figli, Philip.-
-E allora? Neanch’io pensavo di averne.-
Quando Tom capì dai loro cenni che lo avevano individuato, smise di agitarsi. Gridò insistentemente una serie di frasi ma il fragore del fiume in piena coprì le sue parole.
-Che sta dicendo?-
-Non lo so! Non si capisce niente!-
-Aspetta, Julian.- Bruce strizzò gli occhi più che poté -Io so leggere le labbra, dammi solo un attimo…-
Con gesti concitati e insistenti, continuando a urlare Tom indicava il fiume che scorreva impetuoso verso valle.
-Allora, Bruce? Cosa sta dicendo?- Amy al suo fianco teneva in braccio Joy che ronfava come un piccolo ghiro.
-Uhm… Ecco… Ah! Dice che non sa come attraversare il fiume! È rimasto bloccato dall’altra parte dalla piena e ci chiede se possiamo andare a prenderlo.-
-Già, e come? Con un elicottero?-
-Julian!-
-Amy, come lo recuperiamo secondo te? Se anche avessimo una barca…-
-Ehi! Qui c’è una barca!-
Il grido di Mark li portò ad avventurarsi tra la rigogliosa vegetazione che cresceva sugli argini del fiume. L’amico era già a bordo di una piccola imbarcazione di legno e stava sciogliendo la cima che la teneva assicurata a un palo conficcato nell’acqua. Benji si avvicinò.
-Che vuoi fare?-
-Vado a prendere Tom e lo riporto di qua.-
-Da solo?-
-Certo.-
-Vengo con te.- Philip saltò dentro.
-Cosa ho appena detto?-
Anche Julian salì a bordo.
-Siete sordi per caso? Non ho bisogno di voi, mi sareste solo d’intralcio!-
Neppure Benji lo ascoltò. Si calò nella barca e mentre Philip e Mark recuperavano i remi, si piazzò a prua impettito come una polena. Amy non credette ai propri occhi.
-Non avete visto in che condizioni è il fiume?-
Julian s’innervosì.
-Vuoi che andiamo a prendere Tom e quella cosa che ha in braccio oppure no?-
Sulla riva opposta del fiume, Becker si sbracciava ancor più di prima e gridava a squarciagola parole portate via dal fragore dei flutti. Saltellava come un ossesso, indicava con insistenza un punto verso valle, faceva cenni all’imbarcazione, si piegava, si voltava, tentava disperato di far capire loro qualcosa di urgente e importante che però nessuno riusciva a comprendere. Amy smise di guardarlo quando la barca si staccò dal molo e in un secondo finì nei gorghi della corrente.
-Ehi! Aspettatemi!- Bruce corse per un tratto lungo gli argini, poi le rocce gli sbarrarono la strada e fu costretto a fermarsi.
-Harper, rimani con le ragazze!- Mark fissò il portiere -Qui siamo pure troppi!-
-Bruce!- lo richiamò indietro Jenny -Seguiamoli col furgoncino!-
La barca filò via, trascinata e spinta dalla corrente verso valle, girando su se stessa a ogni gorgo, sobbalzando alle onde, schivando massi, colpita da tutto ciò che la corrente aveva scalzato dalla riva durante la notte e portato via con sé.
-Dov’è che stiamo andando?- Julian si guardò alle spalle -Tom non si vede più!-
-Callaghan, Landers!- urlò Benji che sentiva il pranzo tornargli fastidiosamente su. Fortuna che aveva mangiato solo un panino -Che diamine state facendo con quei remi? Dobbiamo attraversare il fiume, non arrivare fino al mare!-
-Come possiamo remare con una corrente così forte?-
La barca si schiantò contro una roccia, il legno scricchiolò.
-Almeno cercate di evitare i massi, o coleremo a picco in tre secondi!-
-Posso dirvi una cosa?- Julian si asciugò con una manica uno schizzo di fiume che gli era finito sulla fronte -Mai fatto rafting ma è spiacevolissimo.-
Philip annuì.
-Per di più siamo di nuovo fradici.-
Il fiume ribolliva come un calderone. Le onde urtavano contro i massi e contro la barca e alzavano alti spruzzi che li investivano in pieno.
-Landers! Fai attenzione a quella roccia!-
-L’ho vista, Price! Non sono cieco!- infilò il remo nell’acqua, lo puntò sul fondale e la barca ruotò su se stessa allontanandosi miracolosamente dal pericolo. Un’onda alta un metro li sollevò con tutta l’imbarcazione. Quando ricaddero Mark perse l’equilibrio e si spencolò oltre il bordo. Philip lo afferrò per la maglietta un secondo prima che finisse nel fiume. La barca si piegò da un lato imbarcando acqua. Benji la sentì penetrargli nelle scarpe.
-Philip, torna al tuo posto! Siamo sbilanciati, rischiamo di rovesciarci.-
-Ti pare facile!-
-Fallo!-
Avanzando instabile su un fondo che sussultava, aggrappandosi alle travi che facevano da sedili e alla spalla di Julian, Philip riuscì a tornare al suo posto. Abbarbicato alla prua, il portiere scrutava il fiume in cerca degli ostacoli celati dall’acqua agitata ma ebbe lo stesso il tempo di indicare il remo che il ragazzo aveva abbandonato.
-Se tu e Landers riuscite a evitare i massi, forse arriveremo dall’altra parte.-
-E tu che farai?-
-Io? Io dirigerò le manovre, naturalmente!-
-Perfetto, così se affonderemo sarà per colpa tua.-
-Non affonderemo per colpa mia, Landers. Puoi starne certo!-
-Perché dobbiamo affondare?-
-Zitto Philip!-
Julian si guardò intorno.
-Questa bagnarola non ce l’ha un timone?-
-Secondo te in una corrente simile, ci faremmo qualcosa con un timone? Piuttosto tienici lontani da quella roccia, Landers!- il portiere si aggrappò ai bordi della barca e si preparò a un urto che riuscì a essere evitato.
-Callaghan, a sinistra!-
-L’ho vista!-
-Landers, a destra!-
-L’ho vista anch’io!-
-Callaghan!- e dopo un secondo -Landers!-
-Piantala!-
E poi ancora.
-Callaghan! Landers! Landers! Landers!-
-Basta! Non posso sopportarlo!- snervato e imbufalito, in un gesto incontrollabile di stizza Mark sollevò il remo lo lanciò lontano. Il pezzo di legno si inabissò tra le onde spumeggianti.
-Cos’hai fatto?-
La domanda di Julian lo mise di fronte alla realtà. Si fissò le mani, ora più vuote che mai.
-Perché hai lanciato il remo nel fiume? Potevi infilarglielo in bocca, se volevi farlo stare zitto!-
-Non ci ho pensato!-
-L’hai gettato via perché sei un cretino, Landers! Ecco perché!-
-Piantala Price o ti butto in acqua!-
-Vi sembra questo il momento di litigare?!-
-Per litigare il momento è sempre buono!-
Mark non controllava più il suo lato, l’imbarcazione urtò contro un masso e le tavole di legno si incrinarono, cominciando a spillare acqua. Landers alzò su Price uno sguardo colpevole ma quello, troppo preso dal suo importante ruolo, non se ne accorse. La barca continuò a sobbalzare imperterrita sulle onde, rendendo difficoltoso non soltanto ogni movimento, ma anche riuscire a rimanerne all’interno.
-Riparala Mark…- gli consigliò Philip osservando la falla.
-Con cosa? Hai qualche idea?- diede un’occhiata alla tavola scassata ma non trovò nulla che potesse fare al caso suo. Se avesse avuto la sua amata persiana…
Benji li richiamò sull’attenti.
-Callaghan! Dove stai guardando? Là!-
Philip si sporse prontamente per puntellare il remo contro un masso sbucato di colpo tra i flutti. La violenza con cui un’onda improvvisa li spinse proprio in quella direzione, fece cozzare il legno sulla pietra. Il remo si spaccò a metà, lasciandolo a governare la barca con un’unica scheggia di venti centimetri. La osservò incredulo, poi non sapendo che farsene, la gettò sconsolato nel fiume.
-E adesso?- domandò Julian con gli occhi di fuori.
Philip alzò le spalle.
-Benji, non ho più il remo e stiamo imbarcando acqua.-
Lui si volse indietro, una maschera di incredulità.
-Bene! Direi che abbiamo concluso la traversata! E non per colpa mia! Siete pronti a fare un bagno?-
-Tanto, più bagnati di così…-
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: Yoshiko