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Autore: Lodd Fantasy Factory    30/04/2021    0 recensioni
Non ho tempo per le introduzioni. Devo raccontare questa storia, e voglio farlo il prima possibile. Prima che qualcosa mi possa fermare... prima che loro... sono dietro ogni angolo. Sono nella mia casa... cancelleranno tutto. Persino me...
Genere: Dark, Mistero, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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L’ultima pagina di Diario,

 

 

Il mio stile proprio non vi piace, eh? Quante lamentele!

Ebbene, mi sono vendicata con un piccolo spoiler, giusto per iniziare col piede giusto. Non ho la stessa capacità e la visione per raccontarvi in tutto e per tutto quanto è accaduto. Ma l’ultima parte è già stata scritta. Ha deciso di tenerla da parte, in modo che possiate leggere quanto è accaduto secondo la sua personale interpretazione. D’ora in poi, invece, si tratterà semplicemente del mio racconto, tramandato dal suo, di racconto. Di certo ci sarà qualcosa d’inventato, o per meglio dire esagerato, e forse potrò eccedere nel rappresentarvi diversamente gli episodi; tuttavia proverò ad imitare lo stile di chi avete conosciuto sin dal principio.

Sua è, d’altra parte, la storia.

 

 

Giorno ultimo, Anno finale,

 

Come vuole insegnarci la storia, non tutti i viaggi degli eroi terminano nello stesso glorioso modo. Qualche volta le tenebre hanno da prevalere sulla luce, perché l’eterno conflitto possa perdurare e svilupparsi. Ardua è tale visione, sincera nell’arrendersi ad una verità ineluttabile: la nostra stirpe ha necessità del male tanto quanto del bene. Mi voglio correggere: le anime che dominano il flusso vitale; noi, corpi fatiscenti, destinati alla polvere, non siamo altro che involucri adibiti ad ospitare millenarie entità per il tempo necessario. Poi, ci sgretoliamo nel conferire ad esse nuova libertà.

Ho vagato molto dall’ultima volta che ho trovato il coraggio di scrivere dei miei viaggi. Potrei sostenere di non averne avuto il tempo, ma sarebbe una menzogna. Non ho scritto perché ho temuto che le mie imprese potessero risultare del tutto insensate per chiunque brandisse questo mio diario quasi fosse una bibbia. Prima della fine, intendo spiegarvi il mio piano e quello Zhùt.

Che ci crediate o meno, è possibile rifuggire il male più a lungo di quanto non si ritenga plausibile. Per farlo, ho dovuto abbandonare l’Italia.

Quanto il bene superiore può accettare un efferato susseguirsi di malignità?

Io, quel che scelsi di fare, lo feci con la consapevolezza che questo male avrebbe gravato sulla mia coscienza. Lo avrei ricordato, ma non solo io. Non sono mai stato io il bersaglio delle mie azioni. Le mie mani si sono sporcate di sangue, quando la vita mi ha costretto a sopravvivere senza un soldo, alla deriva in terre straniere.

Ho conosciuto molti buoni esseri umani, ma ho trascorso il mio tempo tra i diavoli. Ogni notte è stata un perenne scontro con le forze di Màlk-ar-Sùm; quanti alleati sparsi ovunque: la sua rete si estende su tutto il globo.

Confesso di aver dormito meno della metà consigliabile per un essere umano, e questo ha col tempo contribuito a rendermi schivo, ossessionato dalla mia missione. Quando dormivo, poiché stremato da giorni di viaggio, tendevo ad avere incubi tali da risvegliarmi poche ore dopo, grondante di sudore e ferito. Non potendo trovarmi nel piano fisico – il più delle volte – i suoi seguaci s’infiltravano nei miei sogni, dove la mia anima era più vulnerabile, cercando d’immobilizzare il mio guscio terreno. È difficile da credere, e posso comprenderlo.

Altre volte, ed è stato in questi casi che ho imparato l’importanza del fuoco, ho dovuto scontrarmi con loro, affrontando le mie più oscure paure. Ciò che ho appreso da questa angosciante esperienza è che convivere nel terrore rende gli esseri umani immuni alla paura; ci trasformiamo in belve pronte a sfoderare gli artigli, anche quando non è necessario.

Questo mio assurdo pellegrinaggio, a distanza di due anni da quando abbandonai la mia famiglia, si rivelò invece un disperato tentativo della mia anima di diffondere la verità sulla minaccia di questa entità giunta da altri mondi, o addirittura da altre realtà. Essa è un solo flusso, proprio come il nostro, e per risvegliarla da suo lungo sonno occorrono più sacrifici di quanto avessi ritenuto in principio.

Ho preso nota di tutti i luoghi conosciuti, avvicinandomi di volta in volta a nuovi pericoli. Dopo altri cinque anni, mi ritrovai così tallonato dalle forze oscure che mi convinsi di non avere via di scampo. Invece, il mio risveglio interiore mi condusse tra le braccia di individui dotati di una luce unica, nascosti tra le montagne del più segreto oriente.

L’anima parla per mezzo di una lingua primordiale, è questa la verità; loro mi resero conscio di non essere l’unico a stare affrontando questa battaglia, benché il mio ruolo in essa avesse una sensibile importanza. Io sarei stato l’avvio al suo risveglio. Compresi in quegli anni il senso della terribile esplosione al termine della guerra.

Tuttavia, il mio corpo terreno, quasi dieci anni dopo, è arrivato al suo limite. Le gambe non sono più leste come una volta, il mio unico occhio funzionante, l’altro lo persi in uno scontro, vede poco e male; le braccia non hanno più la forza di opporsi ad una simile tenebra, e il mio cuore non regge più gli sforzi di un tempo. La vecchiaia mi condanna ad arrendermi!

I giorni lontani all’interno della Ziggurat sono ancora così vividi; ho nostalgia del Professor Poegrim, e ancora provo un’estenuante rammarico per la sorte che spettò alla mia compagnia di spedizione. Ma tutte le storie mortali hanno bisogno di un epilogo.

Questa sarà la mia condanna, benché abbia la fortuna di sceglierne la risoluzione.

 

(Da qui in poi l’intero testo è scritto col sangue)

 

A te, che leggerai quanto segue.

Il mio abbraccio ti giunge da lontano, stringendoti forte. Ho la speranza che questo Diario possa raggiungerti, ovunque tu sia, in qualsiasi epoca. Sarà forse un custode a condurlo a te, ma molto probabilmente dovrai strapparlo dal mio stesso petto, poiché sono certo che avrò la premura di rientrarne in possesso; mi appartiene, e in questo sangue è contenuta la chiave del mio piano. Zhùt, a cui ho affidato il compito di ritrovarlo, quando sarà necessario, conosce già il mio progetto. Scrivo nella speranza che l’Ombra non comprenda tutto sino al momento del mio trapasso.

Tu, chiunque tu sia, sei la mia eredità. Il mio lascito.

Nelle tue vene scorre una parte del mio sangue. A te, con rammarico, chiedo di chiudere una volta per tutte il ciclo di questa entità, e spezzare così la catena che ho imposto sui miei stessi eredi. In ognuno di essi, sinché la stirpe non sarà annientata, graverà il tormento di Màlk-ar-Sùm.

Come credo di aver già ripetuto in altre occasioni, Padre Alberto aveva ragione: l’oscurità è in me. In quella Ziggurat, per errore, distruggendo il corpo fisico del Prof Poegrim, una parte della sua oscurità si è trasferita in me. Per questo non può semplicemente uccidermi, ed è per questo che non potrà uccidere neanche te, senza prima portare a termine il rituale.

Per fare ciò avrà bisogno della mia anima, e dunque anche della tua.

Ti perseguiterà sinché non riavrà indietro quel frammento di sé; e per farlo seguirà il tuo odore.

Ma devo metterti in guardia, mio erede: il mio piano prevede che sia io stesso ad ereditare quella medesima oscurità che intendiamo combattere. Per questo distruggerò una volta per tutte il corpo di Hehewuti. Così nascerà un nuovo Uomo Ombra.

Sarò io a darti la caccia.

Per quanto riguarda questo diario, non è solo una testimonianza del mio vissuto. Come precauzione, sto applicando il mio sangue, sino allo stremo delle energie, per custodire un frammento della mia anima, e dunque anche della sua. Questo diario è il filatterio di Màlk-ar-Sùm, e potrà recuperarlo solo per mezzo del rituale, col tuo sangue, dunque dovrà avervi entrambi.

Se da un lato questo lo renderà più vulnerabile e mansueto, dall’altro sarà più potente, indistruttibile. Saprai cosa sarà opportuno fare, alla fine. */

 

*/ Ho utilizzato un inchiostro speciale per nascondere una mappa. Sono certo ti tornerà utile.

 

È il mio addio. Sento che Hehewuti è vicina.

Inizia la mia battaglia, allo stremo delle forze.

Questo diario finirà ed inizierà con il sangue, per sigillare la mia promessa.

Questo è stato il Diario di Philipp Lloyd.”

 

 

 

Philipp Lloyd caricò a testa bassa quel gruppo che aveva attentato alla sua vita.

Colpì senza remore, e la pietra donatagli da Zhùt squarcio il fianco dell’avversario con una facilità disarmante. Gli altri due, colti dal panico, tagliarono la corda ancor prima che potesse avventarsi su di loro. Di certo, non erano quei crudeli assassini che egli aveva creduto.

“Fermo!” esclamai, quando lo vidi pronto a lanciarsi all’inseguimento.

“Anduin!” I suoi occhi versarono lacrime disperate, mentre mi baciava la fronte fredda. “Cosa ti hanno fatto?!”

Mi liberò la bocca dalle radici, ma queste risposero stritolando il mio corpo. Il mio urlo echeggiò per tutto il sotterraneo. Ero stata tenuta in vita, nutrita con lembi di cadaveri e sangue, per un unico scopo: farmi trovare da lui. Ero stata costretto da quella sua estensione a tirare i dadi all’infinito, così da attirare in quella trappola anche Zhùt.

“Devi tagliarlo…” dissi con voce strozzata. “No… non le radici… il braccio!”

Lui mi guardò con orrore. Scosse il capo.

“Morirai”, valutò le mie condizioni critiche, ma più tempo trascorrevo legata al braccio, più intenso era il dolore.

“Fallo!”

Lo vidi riscaldare la pietra sulla fiaccola: si arroventò quasi subito, tanto che anche lui rimase scottato. Nonostante il dolore, prese coraggio e affondò la lama infuocata sulla mia pelle; gridai così forte da perdere conoscenza quasi subito. Le radici bruciarono all’istante, esalando un fetore asfissiante. Uno schizzo di sangue, scuro come la tenebra, investì il suo volto immortalato in una straziante espressione di tristezza. Continuò a tagliare sinché non avvertì lo schiocco dell’osso, e andò oltre sino ad amputarmi l’intero braccio. Cauterizzò poi la ferita con la stessa pietra, ancora incandescente.

Pur credendomi morta, mi liberò dal bozzolo, e pianse sul mio corpo.

“Così legato ad un essere mortale… lo sono stato anche io”, proferì una voce cavernosa, tetra, nell’oscurità. Un paio di occhi intensi come tizzoni ardenti baluginarono sul fondo di uno dei cunicoli. Nelle pareti s’iniziarono ad udire viscidi passetti.

“Sono qua per porre fine alla tua esistenza!”

“Questo non è plausibile, mio coraggioso amico.” Dei tentacoli dentati vennero vomitati fuori dalla parete, avviluppando le braccia di Philipp. La torcia gli sfuggì, tuttavia non lasciò mai la presa sulla pietra, benché non avrebbe più potuto farne uso. “Hai seguito alla perfezione il mio programma. Hai portato il Diario, lo Sciamano e te nell’unico luogo utile alla vostra cattura. Non uscirete mai più da questi sotterranei. Oggi Màlk-ar-Sùm potrà tornare ad essere una cosa sola. Grazie a te, Enrico.”

Lui tentò di agitarsi con quanta forza avesse in corpo, ma niente lo avrebbe liberato da quella presa. Il sangue, intanto, veniva spillata rosso dagli aghi posseduti da quelle radici d’ombra.

Si udirono passi di zoccoli, man mano che quel duo infuocato si avvicinava a noi.

“E pensare che, per un attimo, ho creduto avresti avuto la forza di contrastarmi; che fossi colui al quale erano rivolte le parole del diario. È stato più semplice con tua madre, sul letto di morte, rientrare in possesso di ciò che era mio. Lei si era già arresa alla vita. È stata coraggiosa a stringere un patto con me: si sarebbe concessa in cambio di cinque anni della tua vita. E per cinque anni ho pazientato: cosa sono nell’arco dell’eternità? Tutti i tuoi parenti sono sempre morti in modi singolari, non trovi?”

“Non credo alle tue menzogne!” ruggì Enrico e, a costo di farsi del male, addentò le stesse radici che gli immobilizzavano il braccio, sporcandosi di quella fetida linfa. Aveva scordato l’effetto che poteva provocare quel siero, e cominciò ad assopirsi.

Udii in quel momento la voce dello Sciamano, ma seppi che non era reale. Faceva parte di un ricordo:

“I Dadi, Gabriela. Tu li troverai, e avrai da tirarli un’ultima volta prima che questa storia possa dirsi conclusa.”

E così, sgranando gli occhi, raccolsi tutte forze per afferrare il mio stesso braccio mozzato. Scossi la mano, e un solo dado si staccò dalle falangi, rotolando sul mio palmo esangue. Si fermò su un occhio verticale con una lacrima al suo interno.

“No!” tuonò l’Ombra, affrettandosi verso di noi. Vidi il suo corpo alla luce della fiaccola, e provai un orrore profondo!

Ma sotto di noi si era già generato un cerchio con lo stesso simbolo che avevo scorto sul dado, l’occhio assunse un colore verdognolo, mentre la lacrima sul violaceo. Ecco il trucco che Zhùt aveva utilizzato per salvare la pelle di Enrico! Il dono che il vero Philipp Lloyd non aveva mai scoperto.

Svanimmo dalla vista dell’Ombra.

 

 

Anche oggi mi sono data da fare,

 

 

Aggiornerò domani,

 

 

Anduin / Gabriela.

   
 
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