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Autore: Lodd Fantasy Factory    02/05/2021    0 recensioni
Non ho tempo per le introduzioni. Devo raccontare questa storia, e voglio farlo il prima possibile. Prima che qualcosa mi possa fermare... prima che loro... sono dietro ogni angolo. Sono nella mia casa... cancelleranno tutto. Persino me...
Genere: Dark, Mistero, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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La verità di Anduin,

 

 

Ci risvegliammo come da un sogno all’interno di quella che era stata la casa di Enrico, proprio sotto il condotto dove era stata rivelata la pietra donatagli da Zhùt, la stessa che ancor ora stringeva tra le mani. Notai quel simbolo marchiato sul pavimento impolverato, ad opera di una lama sottile, il medesimo che Enrico aveva scorto nella casa del vicino e nello specchio del suo bagno.

Eravamo entrambi nudi e terribilmente scossi.

Ripensai a quanto tempo fosse trascorso dall’ultima volta che avevo visto dal vivo un uomo nudo, e il ricordo si perdeva in episodi della mia adolescenza; un’altra vita, un’altra me. Colsi sul viso di Enrico la singolare espressione crudele generata da un misto fra sofferenza e rabbia; non avrei mai voluto trovarmi al suo posto. Benché avesse discusso con Zhùt, alcune parti del piano dello Sciamano gli erano rimaste nascoste, sino al mio ritrovamento, perlomeno.

 

Dopo quella notte, avrei voluto poter tornare ad essere me stessa, ma sapevo che sarebbe stato del tutto impossibile. Enrico, nei panni di Philipp Lloyd, aveva già fatto questo discorso. Tediarvi oltre sarebbe oltraggioso.

Siete cresciuti di numero col tempo. Anche se abbiamo smesso di rispondere alle vostre mail, continuate ad inviarne… dite la verità: tornate solo perché ormai siete curiosi di sapere com’è andata a finire?

Per quanto mi riguarda, sapete già quanto è accaduto. Il mio braccio è andato per sempre. Se Enrico non si fosse premurato di tagliarlo, lo avrebbe fatto di certo un medico. Una mano in meno, una storia in più da raccontare. Ma c’è altro che dovete sapere, amici miei.

Il fatto che ci sia io a narrarvi questi fatti, però, potrebbe darvi da pensare…

Riprendiamo da dove ho interrotto.

 

 

Enrico mi scosse gentilmente dal mio sonno. Mi prese tra le braccia.

“Gabriela!” sprizzò lacrime di felicità quando aprii gli occhi.

“Mi fai male, fustacchione”, tentai di smorzare la sua preoccupazione.

“Potrai mai perdonarmi?” Vidi i suoi occhi sprofondare nelle tenebre. “Io… ho creduto fossi morta.”

“Non lo sono, grazie a te. Dove siamo?”

“Casa mia… o quel che ne resta”, disse senza riuscire però a guardarmi negli occhi. Mi raccontò grossomodo i fatti accaduti dopo la mia sparizione, scusandosi ad ogni buona occasione. Poi, come se si fosse improvvisamente accorto della mia nudità, corse a recuperare la sacca con un paio di vestiti che Zhùt aveva insistito affinché lasciassero lì, prima della missione, insieme agli altri effetti. C’era però un solo paio di scarpe, sopravvissute all’incendio, e lo convinsi a tenerle.

“È accaduto di nuovo. Quella specie di portale… è come se ci fossimo teletrasportati. L’ultima volta però non avevo potuto portare niente con me. Invece… ci sono anche i dadi e la pietra.”

Lo guardai con un vago timore. A poco a poco recuperò alcuni frammenti delle ultime ore: ripeté come fosse arrivato a me, uccidendo quegli assassini. Questa volta, però, notò la mia espressione.

“Che succede?”

“Devi sapere alcune cose…”

“Zhùt!”, e si alzandosi di scatto, barcollò subito dopo, appoggiandosi al muro.

“Hai bisogno di riposare, Enrico.”

“Ha fatto di tutto per aiutarmi, non posso lasciarlo da solo contro quell’essere. Inoltre, ci sono anche quei miserabili assassini! Sono arrivato giusto in tempo, prima che potessero farti del male” protestò, ma il suo corpo non volle saperne di muoversi.

“Lo Sciamano sa bene quel che fa. Era tutto nei suoi piani. Sapeva sareste tornati per me”, e con quella frase mi conquistai tutta la sua attenzione. “Ricordi quando ti ho salvato la vita?”

Ripercorsi in breve il rapporto che c’era stato tra di noi, scaturito da quello scambio epistolare. Ero riuscita in poco tempo a guadagnarmi la sua fiducia, ed infine a scoprire tutto sul suo conto. Ma erano ben altri i miei piani.

“Hai ucciso degli innocenti, Enrico…” mugolai. Sapevo che avrei dovuto utilizzare poche parole per non sforzarmi troppo, ma è impossibile spiegare certe questioni in modo tanto frettoloso. “Li hai chiamati assassini… erano solo volontari.”

“Di cosa stai parlando?” domandò, allontanandosi da me.

“niudnA”, aggiunsi. “Leggilo al contrario.”

Vidi i suoi occhi gonfiarsi gradualmente di sorpresa, facile ad divenir collera e sconcerto.

“Prima che tu possa fare qualsiasi cosa: ti prego, ascoltami sino alla fine.”

“Eri parte di quel gruppo? Mi hai mentito per tutto il tempo: volevi uccidermi?!” La sua voce riempì il silenzio della notte come un tuono. Lo vidi accasciarsi contro una parete fragile come un cracker, e buona parte ricadde giù verso la tromba delle scale, provocando un certo rumore. Ci allarmammo entrambi, ma di certo la gente avrebbe creduto che il palazzo stesse venendo giù da solo. Nulla di cui preoccuparsi, insomma, perlomeno se la tua vita è appesa ad un filo. “Perché?”, chiese con un filo di voce.

“Eri pericoloso. Credevamo di doverti fermare: siamo un gruppo di hacker impegnato nel contrastare fenomeni simili; pedofilia, abusi, traffico di esseri umani, sette ambigue. Dove non arriva la polizia, andiamo noi”, presi una breve pausa. “Poi, però, ti trovai in fin di vita… trovai Avorio. Non me la sono sentita di ucciderti a sangue freddo… Ho mentito, ma dopo la scena dell’ospedale non ho più avuto dubbi sul fatto che stessi dicendo la verità. Avevo condiviso con gli altri le password dei tuoi account, perché eravamo intenzionati ad aiutarti. Poi, però, sono sparita… gli altri devono aver creduto che tu mi avessi raggirato. Immagino sia per questo che si sono radunati: cercare vendetta.”

Enrico scosse il capo.

Poi, inaspettatamente, rise.

“Perché non dirmelo prima?” e solo dopo quella domanda compresi il senso della sua risata. “Non ero pronto alla verità, forse?”

Deglutii. Nonostante fossi certa del fatto che Enrico non avrebbe mai sollevato un dito su di me, specie nelle condizioni in cui versavo, era cambiato dall’uomo che avevo conosciuto. Era determinato, spietato, pronto a tutto per portare avanti la sua missione. Zhùt era riuscito ad indottrinarlo contro la sua stessa volontà. Anzi, Enrico aveva deciso di essere Philipp Lloyd. Aveva accettato il fardello della sua impresa, ma era una cosa che io non potevo ancora sapere.

“Lo Sciamano m’impose il silenzio. Lui aveva visto… e si rivelò a me nella sua natura umana. Questo mi convinse del tutto. Mi coinvolse”, e decisi in quel momento di raccontare tutto in poche parole, senza dargli il tempo di interrompermi. “Mi disse che avrei dovuto convincerti ad andare nei sotterranei, cosa avrei dovuto portare, e che avrei dovuto abbandonarti per cercare i dadi. Concluse dicendomi che io ero la chiave, poiché a mia volta figlia di Tabaldak; aggiunse che la mia anima era importante, e che il Widjigò non mi avrebbe mai sprecata. Così è stato. Sono stata torturata… dissanguata… le cose che ho visto…” nonostante mi fossi promessa di non arrendermi al dolore, i miei occhi si riempirono di lacrime. Ero sfinita.

“E per fortuna che avevo la possibilità di scegliere”, fu il commento di Enrico. Sbuffò, di quelli che si fanno per scaricare la tensione. “Sono stato manovrato dall’inizio alla fine.”

Lo vidi prendere il suo computer e mettersi a scrivere.

“C’è dell’altro”, e lui rispose con un cenno del capo, senza fermarsi. “Zhùt sapeva che mi avresti trovato. Sapeva che sarei stata utilizzata come esca. Per questo mi disse che avrei dovuto tirare i dadi un’ultima volta, prima della fine della storia. Ed eccoci... hai avuto una scelta: è stata quella di accettare il tuo ruolo, di salvarmi, di salvare gente che forse non verrà mai a sapere del tuo incredibile gesto. Questa è la tua scelta: fare del bene nella consapevolezza di essere per tutti un mostro, un assassino, un folle; la scelta di dare una possibilità a coloro che non ne hanno mai avuta nessuna. La scelta di non arrenderti. Hai avuto molte scelte, Enrico. Ti sono grata di avermi reso una di queste.”

Lui annuì con poca convinzione.

Forzai le falangi della mia mano morta per raccogliere i dadi dal palmo.

“Sono tuoi.”

Li feci rotolare sino a lui, e mi fu chiaro solo in quel momento che le parole di Zhùt fossero relative a quell’ultimo effettivo lancio. Vidi i dadi rotolare sino al fianco di Enrico, che si affrettò ad afferrarli, ma riuscì a prenderne solo due. Uno rimase in bilico, incastrato tra due pietre.

“Sei matta? Non si gioca con questi artefatti… hai visto cosa sono in grado di fare?”, mi rimproverò.

Lo vidi sudare freddo.

Rimase poi a contemplare la sua mano, tormentato di certo da un dilemma irrisolvibile: averli presi limitava il loro effetto?

Aprì il palmo lentamente: un occhio e un teschio, come il lancio di Avorio, sempre davanti al suo computer.

Vidi le iridi di Enrico ribaltarsi, il portatile scivolargli tra le gambe e il suo corpo cadere in preda alle convulsioni.

Anche l’ultima volontà di Zhùt era stata rispettata.

 

 

Quanta fatica, oggi!

È come se avessi ancora quel braccio… mi fa male, e qualche volta ho come l’istinto di allungarlo per prendere qualcosa, oppure per sorreggermi da qualche parte. Non è facile…

Avrei voluto raccontarvi di più, ma sono schiava dei miei limiti.

 

Per oggi vi libero dai vostri obblighi,

 

 

Aggiornerò,

 

 

Gabriela.

   
 
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