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Autore: Milagar    02/05/2021    2 recensioni
Susan soffiava sulla tazza di thè bollente che stringeva tra le mani, mentre, infagottata in uno dei suoi maglioni sgargianti, contemplava il viavai della strada e il leggero cadere delle foglie gialle dell’albero che si ergeva davanti a quell’appartamento della Nona Strada, a Brooklyn.
Anthony la guardava da lontano, mentre si stava infilando la camicia. Gli piaceva sbirciare Susan mentre guardava il mondo attorno a sé: era così bella, quando era assorta nella contemplazione di quella realtà così nuova, così lontana dall’abitudine.
[Susan&Anthony]
[Storia partecipante al "Gioco di scrittura" indetto su Facebook da BlueBell9]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anthony Goldstein, Susan Bones
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'Fili rossi'
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Questa storia partecipa al “Gioco di scrittura” indetto sulla pagina Facebook di BlueBell9.
Data una lista con 10 personaggi a nostra scelta, si è poi proceduto con l’abbinare a sorte i numeri assegnati ad ogni personaggio con i differenti generi da affrontare.
Una volta fatti gli abbinamenti, sono stati scelti prompt.
 
La mia lista è la seguente:
  1. Bill Weasley
  2. Susan Bones
  3. Fleur Delacour
  4. Anthony Goldstein
  5. Luna Lovegood
  6. Neville Paciock
  7. Dean Thomas
  8. Teddy Lupin
  9. Victoire Weasley
  10. Ron Weasley
Di seguito, invece, gli abbinamenti:
  1. First time: 9 e 1 (Victoire Weasley e Bill Weasley)
  2. Angst: 1 (Bill Weasley)
  3. Fiaba! AU: 4 e 3 (Anthony Goldstein e Fleur Delacour)
  4. Threesome: 8,7 e 1 (Teddy Lupin, Dean Thomas e Bill Weasley)
  5. Hurt/Comfort: 6 e 9 (Neville Paciock, Victoire Weasley)
  6. Crack: 6 (Neville Paciock)
  7. Horror: 5 (Luna Lovegood)
  8. KidFic: 2 e 8 (Susan Bones e Teddy Lupin)
  9. Dark: 3 e 5 (Fleur Delacour e Luna Lovegood)
  10. Romantico: 3 e 5 (Fleur Delacour e Luna Lovegood)
  11. Soulmate: 9 e 4 (Victoire Weasley e Anthony Goldstein)
  12. Death: 3 e 10 (Fleur Delacour e Ron Weasley)
  13. AU: 2 e 5 (Susan Bones e Luna Lovegood)
  14. Het: 4 (Anthony Goldstein)
  15. Slash/FemSlash: 2 (Susan Bones)
  16. Lemon: 9 e 7 (Victoire Weasley e Dean Thomas)
  17. Erotico: 6 e 2 (Neville Paciock e Susan Bones)
  18. Song-fic: 5 e 6 (Luna Lovegood e Neville Paciock)
  19. Commedia: 5, 9, 6 (Luna Lovegood, Victoire Weasley, Neville Paciock)
  20. Fluff: 10 e 4 (Ron Weasley e Anthony Goldstein)
 In questa storia affronto Het:  – Anthony Goldstein





Mentre sorridi e te ne vai
 
Dell’amore non so niente, conosco solo te.
 
Susan soffiava sulla tazza di thè bollente che stringeva tra le mani, mentre, infagottata in uno dei suoi maglioni sgargianti, contemplava il viavai della strada e il leggero cadere delle foglie gialle dell’albero che si ergeva davanti a quell’appartamento della Nona Strada, a Brooklyn.

Anthony la guardava da lontano, mentre si stava infilando la camicia. Gli piaceva sbirciare Susan mentre guardava il mondo attorno a sé: era così bella, quando era assorta nella contemplazione di quella realtà così nuova, così lontana dall’abitudine. Non resistette e le si avvicinò, furtivo, a passi leggeri. La abbracciò lentamente, facendole scivolare le mani sui suoi fianchi, affondando un attimo il viso nei suoi capelli. La strinse a sé, quasi la stesse perdendo, al pensiero che quella loro prima notte americana fosse stata solo una mera illusione.

Susan lo aveva sentito arrivare, guidata dalla scia del suo profumo – che sapeva di muschio bianco e tabacco, di loro, di casa - e quando sentì le sue mani, appoggiò appena la sua schiena sull’ampio petto di lui.

“Credo che sia la prima volta che ti vedo coi capelli sciolti” disse Anthony, spostandole appena un ciuffo e mettendolo dietro il suo orecchio.
Susan sbuffò in una risata, muovendo appena le spirali di fumo del thé. “Spero non ti diano fastidio… perché mi è venuta voglia di lasciarli sciolti più spesso” disse Susan, maliziosa, mordendosi appena il labbro.

“Non mi dispiace affatto…” ammise Anthony, mentre le aveva già scostato i capelli dal collo, sostituendoli con una lunga scia di baci, dalla clavicola, su, su, fino a lambirle la mascella, il mento, le labbra. Susan si lasciò andare ad un sospiro lascivo. Non se ne vergognava più. Non con lui.

Susan poggiò la tazza di thè sul piccolo davanzale, per permettere alle mani di raggiungere le sue, che le stavano stringendo con voluttà i fianchi, il ventre: lei, che era così malleabile sotto al tocco delle sue mani…

L’ultimo sole dell’autunno newyorkese entrava prepotente dalla finestra davanti a cui le labbra dei due si erano finalmente incontrate.

“Non dovresti già essere pronto per il colloquio?” chiese Susan, quando staccò le labbra da quelle di Anthony, che se ne era impossessato, con quell’avida passione che lo aveva riportato a lei.

“Anche tu dovresti già essere pronta, signorina Bones” le sorrise scherzosamente Anthony, mentre con il pollice della mano destra lambiva le guance arrossate di Susan.

“Smettila di chiamarmi signorina. Lo sai che non mi piace” lo rimbeccò lei, sferrandogli un leggero pugno sulla spalla.

“Questo non toglie che tu ancora non sia pronta per andare al colloquio d’ingresso come ricercatore di Antiche Rune a Ilvermorny. Sei ancora in pigiama”.

Anthony sentì Susan fremere fra le sue braccia.

“Sarà un fallimento assicurato” brontolò Susan, sciogliendosi dalla stretta di Anthony.

“Ehi, ehi… Mi sembra di averti detto ancora che tu sei sempre eccezionale. So per certo che andrai più che bene”. Anthony, le mani sui fianchi e la camicia ancora mezza aperta, si fermò a guardare Susan mentre si scioglieva in un sorriso.

“Lo sai che mi piace deprimermi prima degli esami” rise appena Susan, iniziandosi a vestire.

 
***
 
Non era stato facile convincere Susan a provare ad entrare ad Ilvermorny. Ne avevano parlato i giorni dopo al due maggio, davanti alla scuola devastata: Anthony sarebbe voluto partire subito per New York, alla fine dei loro M.A.G.O. e lasciarsi per sempre alle spalle quella guerra che aveva logorato lui e il paese. Ma Susan era stata irremovibile ed era voluta rimanere per dare una mano nella ricostruzione di Hogwarts.

Aveva deciso di aspettarla, cercando di dare anche lui una mano per ripristinare quell’ordine che a stento cercava di ritrovare anche dentro la sua anima, così diversa da come la conosceva da non trovarne più i pezzi.

L’anno di guerra aveva provato entrambi e quei mesi di fatica fisica erano stati una boccata d’aria per non pensare a quello che era successo. Spostare macigni, riprogettare intere aree del castello, erano stati momenti in cui Anthony – la mente scissa dal corpo, gli occhi attenti su Susan – era riuscito anche a ripensare a quell’allontanamento insensato da lei. Si chiedeva come ne fosse stato capace, come avesse potuto lasciarla andare così come una persona qualunque – lei, che era stata tutto quello che di più simile a lui esisteva su quella terra. Se ne vergognava ogni giorno, ogni volta che lei, dolce e silenziosa come si era dimostrata in quei mesi, gli rinnovava il suo sorriso, gli tendeva una mano, gli regalava gesti di conforto. Lui, che di conforto non ne era mai riuscito a dare, freddo e schematico quale era.  

Doveva averla fatta soffrire: glielo aveva letto negli occhi, quando di nascosto l’aveva seguita con lo sguardo, nell’anno della presidenza Piton. Quanto era stato male il suo cuore, la sua dolce essenza? Le cicatrici invisibili delle sue lacrime le si leggevano negli occhi e sul volto quando lo aveva ripreso tra le mani, lo aveva sfiorato di nuovo – i nervi della loro pelle ricongiunti come dopo uno strappo.

Ritrovarsi alla fine della guerra era stato doloroso e imbarazzante, nonostante la passione si fosse fatta carico di tutte le parole non dette, dei gesti mancati. Sapeva che a Susan non bastavano i baci ansiosi, i loro corpi che si cercavano, nella fatica della ricostruzione.

Ma le parole mancavano, Anthony non riusciva più a trovarle. Dopo la guerra non era più capace di fare i grandi discorsi di un tempo. Era come se la sua vita si fosse chiusa a riccio: desiderava parlare meno e agire di più. Aveva visto il suo cuore ed era arido, raggelato dalla razionalità della sua mente che lo aveva spinto a cercare soddisfazioni personali. Era tornata Susan a irrorargli quella speranza che sembrava persa.

“Non affannarti a dire ciò che non può meritare parole. Noi siamo. E questo è tutto”.

Susan.

Si era così ritrovato a contemplarla, diventata ormai donna, che splendeva felice e appagata, buona e altruista, mentre veniva coinvolta da Harry stesso anche nella ricostruzione di una società magica e del Ministero. In quell’anno di resistenza, Susan aveva imparato a valorizzare le insicurezze che erano diventate la base di quella calma determinazione che ora la caratterizzava, il suo punto di forza. L’aveva conosciuta ragazzina e l’aveva ritrovata donna. E se n’era innamorato: questa volta, senza via di ritorno. Lui, che si era imposto di essere indifferente all’amore…

Sembravano così lontani i tempi in cui l’aveva notata, sola, al Ballo del Ceppo e la curiosità di conoscere quella ragazza dalla lunga treccia e gli occhi spalancati all’analisi attenta della realtà si era mossa silenziosa dentro di lui.

Si era poi ritrovato d’improvviso avido della sua mente, della sua insicurezza, delle sue parole, del suo esserci sempre. Proprio la costante presenza di Susan l’aveva destabilizzato: era la scelta giusta per la sua vita?

Aveva cercato di allontanarsi da lei, dalla sua avvolgente presenza, dalla pienezza che quella relazione – così naturale, così poco simile all’amore ma vicina ad una perfetta sintonia d’anime – gli stava regalando. Si era intimorito, incapace di essere all’altezza di tutto quello che Susan gli stava dando. Dell’amore non sapeva niente, ma poi aveva capito che amore era Susan. E non doveva abbandonare l’anima che aveva riconosciuto la sua e l’aveva scelta.

Ripensava a quando Lisa Turpin era entrata prepotentemente nel suo spazio vitale, con quegli occhi maliardi e sottili di chi sapeva esattamente il modo in cui ottenere qualunque cosa volesse. Si sentiva attirato da lei, dal suo fisico duro e affusolato, dai suoi capelli lunghi e nerissimi. Quando un giorno, uscendo dal castello, lei gli aveva afferrato la mano, Anthony aveva pensato a quanto invece fosse differente la stretta di Susan: perché con lei non c’era bisogno di tenersi per mano – erano i loro cuori a stringersi, le loro menti ad intrecciarsi, le loro anime a starsi vicine. Anthony guardava Lisa, perfetta sotto ogni punto di vista, ma non riusciva a togliersi dalla mente l’immagine di Susan che lo aspettava in sala d’ingresso, le briciole dei biscotti da the che non si era scrollata bene dalla veste: aveva imparato ad amare anche quelle, insieme a tutte le piccolezze quotidiane che facevano allontanare l’ambizione dal suo cuore inaridito.

Anthony si era reso conto che le era mancata come l’aria la modestia di Susan. Perché lei non sapeva quanto fosse davvero brillante. E nonostante avesse avuto tante soddisfazioni, a Hogwarts e fuori, continuava a non sentirsi mai all’altezza della situazione. La modestia di Susan sembrava prendersi gioco di lui, che era sempre stato abbastanza compiaciuto della sua acutezza, talvolta facendolo pesare agli altri.

“Smettila di essere così saccente” lo aveva schernito Susan, in un tempo che sembrava lontano anni luce da quella mattina newyorkese. Cercava di vincere il suo difetto, anche se sapeva che Susan se ne era innamorata e fatta carico: era lei che smussava il suo difetto, compensandolo di modestia e semplicità.

Perché alla fine, lui e Susan erano così simili: forti e fragili, brillanti e insicuri.  Anche se lui voleva nascondere tutti i lati deboli che Susan invece mostrava sulla sua pelle a chiunque la incontrasse.

Ed era stata così anche quella notte. L’ebbrezza di una libertà ritrovata, di una pace riconquistata, di un’autonomia ottenuta con le unghie e con i denti, la loro sintonia ancora da ricostruire: il primo volo di Susan su un aereo, una passeggiata a New York, i ristoranti babbani…

Tutto era stato volutamente fuori dall’ordinario, in quella loro prima notte americana. Chiusa la porta alle loro spalle, Anthony aveva visto Susan dondolarsi incerta sui primi gradini delle scale e non si era trattenuto davanti ai suoi occhi colmi di quella gioia che aveva stentato a vedere negli impegnativi mesi precedenti. C’era gioia vera, la voglia di scoprire e uscire di sé per ritrovarsi. Ed era stato così, quasi supplicando che quegli occhi gli chiedessero altro, che senza pensarci due volte aveva baciato Susan – con il solito trasporto – e l’aveva lentamente condotta in camera. Aveva sentito i denti di Susan mordergli il labbro e non ci aveva visto più. Sospirando, aveva sentito il sussurro appena accennato di Susan, gli occhi che parlavano al posto delle labbra, pulsanti.

L’aveva sentita fremere mentre le sue mani abbassavano la cerniera dell’abito e si insinuavano lungo la sua schiena; lei voleva continuare a baciarlo, mentre timorosa, sbottonava lentamente la sua camicia. L’aveva sentita fremere, sotto di lui, prima di lasciarsi andare all’amore. Poi, inaspettatamente, aveva preso lei il controllo della situazione – le guance rosse, mordendosi il labbro e continuando a esplorarlo con gli occhi, mentre conduceva il ritmo dei respiri, dei sussurri, dei baci.

Anthony ripensava a tutto questo, mentre camminava fianco a fianco con lei per le vie di New York. Era qualcosa di inebriante e nuovo, averla in un ambiente così abituale per lui: e lei, invece, aveva messo via le spalle curvate dal peso dei libri e dall’insicurezza, sostituendole con un incedere deciso, il sorriso fiero e dolce di chi aveva raggiunto tutto nella vita ma non lo sapeva ancora o non lo voleva dare a vedere.

“Pensami, quando sarà il mio turno” gli sussurrò Susan, mentre attendevano la Passaporta per Ilvermorny.

Lo faccio sempre le avrebbe voluto dire Anthony, ma ancora una volta, le parole gli rimasero conficcate in gola.

Il silenzio agitato pervase Susan l’attimo dopo, quando furono chiamati per il loro turno alla Passaporta e il rocambolesco arrivo a Ilvermorny.
 
***
 
“Signorina Bones, è il suo turno”.

Anthony la guardò avanzare verso lo studio del preside, nella sua treccia danzante. Susan si voltò, rivolgendogli un debole sorriso, le gote arrossate e gli occhi brillanti. E solo Anthony poteva sapere quanto il suo cuore scalpitasse d’agitazione, la sua mente di argute risposte.

Avrebbe voluto dirle che la amava, perché in quel momento così cruciale per le loro vite, lei doveva sapere.

Ma quel ti amo tanto voluto e combattuto non uscì né in quell’istante in cui la porta si richiuse dietro le spalle di Susan, né quando toccò a lui entrare al colloquio – che li avrebbe messi in competizione - né quando, davanti alla lista dei risultati, il nome di Susan lo precedeva.

“Mi dispiace. Tenevi così tanto a questo posto…”

Avrebbe voluto dire tante cose, Anthony, ma non ci riuscì. Aveva sorriso a Susan, l’aveva stretta a sé, orgoglioso e rassicurante.

L’amava perché erano lì insieme a condividere un successo, non una delusione.

L’amava perché aveva vinto le sue insicurezze e quel risultato lo dimostrava.

L’amava perché l’aveva scelto una volta, e nonostante tutto ciò che le aveva fatto, l’aveva scelto di nuovo.

L’amava perché gli aveva insegnato ad avere limiti.

L’amava perché aveva capito che lei era molto più di quello che lui meritasse davvero. Perché ora, era diventato lui l’insicuro. Lo era sempre stato, forse.

L’amava, ma non riusciva a dirglielo.
 
Resto solo adesso, mentre sorridi e te ne vai.
Quanta forza che mi hai dato, non lo sai.
E spiegarlo non è facile.
 
 
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Cari lettori,
grazie se siete giunti fino a qui... Torno in uno dei miei porti sicuri: Susan e Anthony. Loro, che mi regalano costantemente emozioni e rimpianti, che sento così miei e aderenti alla mia vita. Ho colto l'occasione del "Gioco di scrittura" della cara BlueBell9 per rileggere la loro storia dal POV di Anthony, cosa non facile - ammetto che è un personaggio difficile, fin troppo vero e importante ma a cui non posso fare a meno. Li troviamo insieme, dopo il loro ricongiungimento, a New York, pronti per aprirsi ad un futuro da ricercatori da Ilvermorny. 
Il finale è volutamente aperto: vediamo Susan vincere le sue insicurezze e battere il suo Anthony. Orgoglio e amore possono mai andare d'accordo?
Spero di tornare presto e dare un seguito a tutto questo. 
Le frasi di apertura e chiusura sono tratte dalla canzone "Ad occhi chiusi", di Marco Mengoni (testo e musica di Ermal Meta) - una canzone che significa molto per me e per quello che rappresenta veramente il "mio" Anthony. 
Spero di non avervi annoiato. 
Un abbraccio
Milagar

 
 
 
 
 
 
 
 
  
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