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Autore: laolga    29/08/2009    3 recensioni
Problemi d'amore (come sempre, dalle mie parti) fra due ragazzi e una ragazza. Il ragazzo di Irina, Sergej, una mattina gelida, si dimentica che l'amata lo stava venendo a trovare, e cercando di nascondersi nel buio e nella nebbia... Cosa farà mai???
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Irina e Sergej


Eravamo piuttosto ricchi. Ma anche isolati dal resto del mondo.

Odiavo la Finlandia con tutto il mio cuore: sentivo voci che raccontavano di posti assolati e frequentati da star d'ogni genere e poi vedendo la mia patria inorridivo.

A Kysmo, mia città natale, non c'era mai nessuno.

Nessuno, a parte i suoi abitanti.

Abitavo in periferia, dove le pinete si facevano più verdeggianti, ma odiavo anche il fatto di non abitare in centro. Se non altro lì c'era più vita, e poi c'era il mio ragazzo, Sergej.

Quella mattina mi facevo accompagnare in centro dalla mia vicina Isabell, che aveva già la patente, e poi sarei rimasta da Sergej fino a cena, come promesso dai suoi genitori.

Salii nella mercedes grigia di Isabell, dopo aver controllato che la matita non si fosse sbavata, così come il rossetto, che per mamma era un “rossetto da puttana”.

Mi ero raccolta i capelli chiari in una coda alta e avevo indossato una minigonna rosa con gli stivali in pelle che mi avevano regalato al mio sedicesimo compleanno, e sopra tutto ciò mi ero coperta con la pelliccia di renna che era in assoluto la più bella che avessi.

-Ciao, Irina- mi salutò la vicina.

La salutai anch'io con un sorriso, poi la incitai a partire prima che i miei genitori cambiassero idea.

Prendemmo la via principale ed arrivammo in 15 minuti sotto casa del mio ragazzo.

Ringraziai, salutai un'altra volta, e corsi a citofonare sentendo il gelo e la nebbia di quella fredda mattina pizzicarmi le gambe scoperte.

Presi l'ascensore per potermi risistemare davanti allo specchio graffiato che mi accompagnava ogni volta che salivo da Sergej, e sorrisi ai suoi genitori che mi aprirono la porta.

-Sergej è uscito un attimo, ma a momenti ritorna.-mi confidò subito sua madre.

Corrucciai le sopracciglia: perchè era fuori?, perchè a quest'ora? Non se lo ricordava che la sua ragazza doveva arrivare proprio quella mattina??

-oh, beh, allora potrei andargli in contro- proposi.

Suo padre annuì, dicendomi che era andato alla cartoleria lì sotto.

Con la promessa di un imminente ritorno ripresi l'ascensore e tornai nel gelo che la città di Kysmo mi offriva.

Sapevo dove si trovava la cartoleria: una volta ci eravamo andati assieme e mi aveva comprato un astuccino ricamato che profumava di vaniglia.

Appena vidi la scritta “cartoleria” mi venne il dubbio che forse Sergej mi stava facendo una sorpresa regalandomi qualcos'altro.

Sorrisi, speranzosa, ma mi fermai prima, per non farmi vedere.

Poi mi accorsi che essendoci una vetrina trasparente da dentro lui avrebbe potuto vedermi, quindi arretrai ed imboccai un vicoletto buio dove sarei certamente riuscita a nascondermi ai suoi occhi.

Dei respiri affannosi colsero l'attenzione delle mie orecchie, costringendomi ad addentrarmi fin in fondo del vicoletto per controllare di che si trattasse.

Nella fioca luce individuai due figure che pareva si baciassero con foga.

Imbarazzata, mi accorsi che era meglio svignarsela prima di farsi scoprire da uno dei due, quando il gemito di un ragazzo mi parve orribilmente familiare.

Poi scorsi i suoi capelli chiari nell'ombra, le sue braccia contorcersi affannosamente ed un gusto soffocante, amaro, mi riempì la gola.

-Sergej??-domandai con voce tremante.

D'un tratto i respiri si fermarono, e sentii dei fruscii di vestiti ed una voce sconosciuta sussurrare più volte la stessa bestemmia.

-Sergej?? Con chi sei?-ripetei, questa volta con voce più grave, nervosa.

-Irina, non è niente, sono da solo.-mi rispose lui, timidamente.

-Bugiardo.-risposi. Avanzai ancora, sfiorando il corpo di qualcuno che però non riuscii ad identificare.

-Allora?- insistei, avanzando alla ceca.

-Chi è lei??-

Lui non rispose.

Ancora quella bestemmia.

-Non bestemmiare, puttana!-esclamai.

Cominciavo a perdere la pazienza.

-Puttana a me non lo dici.-rispose finalmente.

Mi sentii morire: quella voce era chiaramente maschile.

Attraente, vellutata e maschile.

Rimasi paralizzata per qualche secondo, poi mi buttai in avanti, afferrando il colletto di qualcuno.

-Allora sei un finocchio, Sergej?-sussurrai al buio.

-Sì, lo è.-rispose quella voce suadente, poco più in alto del mio volto.

-Jan, facevi meglio a startene zitto.-gli rispose Sergej, alle mie spalle.

Mi voltai.

-Tu, stupido verme!-esclamai, non trovando parole abbastanza dure per rimproverarlo.

Jan ridacchiò.

-Senti, tu vai, io la tengo ferma.-disse poco dopo, più vicino a me.

Il mio ex non rispose, ma sentii dei passi allontanarsi.

-Ehi, dove scappi! Ricchione!! Torna qui! Devi spiegarmi tutto!-urlai, cercando di avanzare, ma qualcosa mi fece inciampare.

-Aspetta un attimo a seguirlo.-m'intimò Jan, perfettamente calmo.

-Poi usciremo da questo buco puzzolente, te lo prometto, ma aspetta che sia dai suoi: almeno gli spiegherà tutto prima di te.-

M'immaginai Sergej correre dai suoi genitori, m'immaginai i loro volti inorriditi, m'immaginai le botte del padre e le urla della madre.

Il mio respiro si fece affannoso, pesante, soffocata da un groppo in gola.

Non trovavo la forza di rispondere, inciampando ero caduta per terra e ora mi reggevo appoggiandomi ad una parete viscida e sabbiosa.

Sputai rumorosamente, cominciando a piangere.

-Su su, dai, non te la prendere.-

Jan appoggiò una mano sulla mia spalla, cercando di consolarmi.

-Frocio.-ribattei, senza però scansarlo.

Lui non rispose.

Continuai a piangere senza vergogna, come non facevo da quando ero piccola.

Stranamente, non mi dava fastidio che chi mi aveva rubato il ragazzo si prendesse la briga di consolarmi.

Anche lui respirava in modo irregolare. Forse non si era ancora ripreso, forse non sopportava la vicinanza di una ragazza in lacrime.

-Ok, ora possiamo uscire. Avrà già raccontato tutto.-mi disse dopo un po'.

Il suo tono era tanto rassicurante che mi fece innervosire.

Tirai su con il naso, ed appoggiandomi a lui attraversai di nuovo il vicoletto, sbucando nella luce bianca del mattino.

E così, con la luce, vidi il suo volto, e per poco non svenni.

Aveva i capelli biondo scuro, spettinati e ruvidi, due occhi tanto azzurri da poterci sprofondare dentro, un naso dritto ed elegante, labbra sottili di un rosa pallido e sopracciglia appena più folte del normale, ma chiarissime.

Ci contemplammo entrambi per qualche secondo, lui indagando sulle mie labbra rosse, sui miei capelli cinerei e sui miei stivali, io sui suoi occhi e sul suo collo che rivelava una corporatura muscolosa.

-Oh, io...grazie.-balbettai, incantata, stupendo entrambi.

Lui sollevò un sopracciglio, allibito. -Grazie?? Di averti fottuto il ragazzo?-

Mi asciugai le lacrime versate fino a pochi secondi prima, poi scossi con forza la testa.

-No, ti ringrazio perchè se non ci fossi stato tu non sarei riuscita a vederci un accidente in quel buco puzzolente.-, spiegai, accennando un sorrisetto.

Lui mi guardò in modo curioso, poi abbassò lo sguardo, come intimorito.

-Vuoi che ti accompagni da Sergej?-mi chiese, appoggiando ancora una volta la sua mano sulla mia spalla.

Lo guardai ancora, poi guardai la sua mano pallida, le sue dita lunghe e affusolate, ed annuii.

Fece scivolare la sua mano sulla mia pelliccia morbida, poi mi prese per un braccio, stringendomi forse con troppa forza, e mi trascinò verso la casa di Sergej, come sicuro che da sola non ce l'avrei fatta.

Arrivammo al portone d'ingresso, ma una sensazione di nausea mi pervase.

-No.-mormorai, -io lì dentro non ci torno.-

Jan non parve stupirsi, e sbuffò.

-Che c'è, ti secca il fatto che non mi vada di rivedere quel finocchio del mio ex?-sbottai, innervosita.

Lui annuì, provocandomi.

-Oh, beh, non puoi certo capire, perchè sei frocio anche tu!-esclamai, furente.

Lui dapprima non rispose, poi si avvicinò di più e mi disse, sussurrando:-Capisco perfettamente, invece.-

-E allora perchè mi provochi?-

Lui alzò le spalle, scrutando vagamente il cielo nebbioso.

-Perchè no?-

Serrai i denti, cercando di non tirargli uno schiaffo.

Lui mi guardò, e sorrise con compassione, come ritenendo infantile la mia reazione.

Mi morsi la lingua, cercando di frenare altre lacrime che minacciavano di scendere.

-Sei proprio odioso.- borbottai, guardandomi la punta degli stivali.

Poi presi il rossetto dalla taschina interna della pelliccia, e riflettendomi sulla porta lucida di Sergej mi ritoccai le labbra, inarcando le sopracciglia per lo sforzo.

Jan guardò le mie labbra spalancando gli occhi, e vedendo la sua espressione mi vene quasi da ridere, poi però l'amarezza di poco tempo prima ritornò ad offuscarmi la vista.

-Certo che siete proprio strane, voi ragazze.- farfugliò lui, guardandomi nel riflesso della porta.

Mi contemplai ancora, mordendomi le labbra per spalmare meglio il rossetto, poi ribattei, a tono:-È per questo che hai scelto l'altro sesso?-.

-Non è che ho scelto l'altro sesso: ho incontrato il tuo ragazzo.-precisò lui, serio.

-E con questo insinueresti che il mio ex-ragazzo non appartenga all'altro sesso?-esclamai, voltandomi a guardarlo dritto negli occhi.

Lui abbassò subito lo sguardo e rise, prendendola come una battuta.

Poi si strinse per il freddo, sfregandosi le mani contro il pesante pile scuro che indossava.

-Senti, comunque ti ho detto una balla quando Sergej se n'è andato.-confessò, guardandomi osservarlo.

-E cioè?-

-Cioè dubito che sia tornato dai suoi e si sia dichiarato gay. Ti ho trattenuta solo affinchè lui riuscisse a scappare senza problemi.-

Mi morsi un labbro: mi aveva presa in giro e io ci ero cascata.

Come avevo fatto ad essere così ingenua? Avrei potuto inseguirlo e costringerlo a spiegarmi tutto, avrei potuto sfogarmi su di lui anziché su Jan!

-Oh, che galanteria.-sibilai.

Lui sorrise ancora.

-Guarda che io saprei davvero essere galante, se volessi.-disse, malizioso.

Lo guardai torvo, diffidente.

-Potrei portarti a mangiare da qualche parte, per esempio.-

Spalancai gli occhi: cosa?, un gay che avevo trovato con il mio ragazzo mi chiedeva se volevo mangiare con lui??

Arrossii.

-Lo faresti?-

Lui annuì, serio.

-Dimostramelo.-

Sorrise, poi annuì una seconda volta.

-Conosco un posticino...-mormorò con fare vago.

-È un bar, economico ma buono.-tagliò corto, indicando con un braccio una via dall'altra parte del semaforo.

Annuii, sorridendo.

-Allora, ci andiamo?-chiese, titubante.

-Certo, o non saresti galante.-risposi.

Mi guardò negli occhi, come per assicurarsi che non stessi scherzando, poi imboccò la via, marciando spedito.

Lo seguii immediatamente, vergognandomi per la sciocchezza che stavo commettendo, ma sperando contemporaneamente che qualcuno mi vedesse passeggiare con quel ragazzo così carino.

Lo raggiungemmo in pochi minuti, e vedendolo non potei far a meno di ridacchiare: l'insegna era pendente e senza alcune lettere, le finestre erano decorate con fiorellini pitturati con mano inesperta e semi-cancellati dalla pioggia, la porta era cigolante e nell'aprirla suonava un ridicolo campanellino stonato.

-Wow, che galanteria.-commentai, entrando.

Jan sorrise, e non capii se aveva afferrato l'ironia del mio tono o se l'aveva preso per un sincero complimento.

Entrando un omone vestito con un ridicolo decolletè di velluto nero ci scrutò con sguardo vacuo, soffermandosi sul mio accompagnatore.

-Qui ci vengono solo froci, non sono ammesse le donzelle.-dichiarò con voce baritonale.

Jan sorrise. -Anche se è lesbica?-

L'omone gli rivolse un'occhiataccia.

-Va bene, potete entrare.-

Jan fece alcuni passi, ma non trovandomi appresso si voltò, preoccupato.

Mi trovò bloccata all'ingresso con un'espressione schifata ed indignata sul volto, le guance rosse per il freddo (forse non solo per quello) e uno sguardo furibondo negli occhi.

-Ma che fai, non vieni?- m'incitò.

-Oh, sporco finocchio, mi hai portato in un bar del tuo rango!!-esclamai, furente.

Lui annuì, sorridendo.

Di scatto mi animai, e corsi verso di lui tirandogli pugni sul petto.

-Sporco finocchio, sporco finocchio!! Io mi sono fidata di te e tu che hai fatto?? Non ti è bastato prendermi Sergej, ora mi dai pure della lesbica e mi porti in un bar di checche!!-

La mia voce rimbombò nell'atrio, richiamando l'omone all'ingresso.

-Su, ragazzo, lasciala stare e vieni un po' con noi a divertirti!- lo incitò, guardandomi male.

Mi venne la nausea al pensiero di Jan, o peggio, di Sergej, con quell'omone e molti altri.

Tirai un altro pugno sulla costola di Jan, e lui anziché ululare di dolore come mi aspettavo avrebbe fatto mi prese la mano stretta in un pugno e la allontanò dal suo corpo.

-Ehi, calmina, tu.- mi rimproverò.

Poi sorrise cordialmente all'omone e disse, con voce mielosa:-Scusi ma è una storia lunga. Accompagnano fuori la donzella, intesi?-

Quello sorrise abbassando in modo schifoso le palpebre, e lo salutò con la mano, una grossa manona pelosa.

Jan mi guardò e mi portò di peso fuori dalla porta.

-Se ti fossi fatta furba avremmo potuto rimediare qualcosa da mangiare.-borbottò ironico, chiudendosi alle spalle la porta cigolante.

Io trattenni un urlo d'ira, e gli tirai un altro pugno, che sta volta parò.

-Piantala.-disse, prendendomi in una sola mano entrambe le mie, e allontanandole dal suo corpo.

-Sei un finocchio marcio.-dissi, con ribrezzo.

-Ehi, guarda che non c'ero mai venuto qua.-esclamò, quasi indignato, -Ci sono venuto solo per provocarti!-

Io scossi la testa, poco convinta.

-Credevi davvero che sarei andato con quel travestito lì??-aggiunse poco dopo, spalancando gli occhi.

Scossi nuovamente la testa.

-Ma sai, io non credevo neppure avresti baciato Sergej.- risposi, velenosa.

Lui sbuffò, poi m'indicò una panchina alle mie spalle, e io mi ci sedetti, lasciando spazio per lui, che però rimase in piedi di fronte a me.

-Noi due dobbiamo parlare.-disse, fissandomi dall'alto in basso.

-Sì.-confermai.

Si passò una mano fra i capelli e si abbassò per potermi guardare negli occhi.

-Senti, è successo tutto così in fretta...non sospettavo nemmeno di essere gay. Poi, un giorno, ho incontrato Sergej, e lui mi è parso un ottimo amico...Finchè non ci siamo baciati, ecco.- spiegò, perfettamente serio.

-Che orrore!-esclamai, coprendomi la bocca con le mani.

Lui allungò le sue e me le strappò dal volto, fissandomi male, offeso.

-Era quello che dicevo anche io, prima.-rispose, continuando il suo monologo.

-Poi invece mi è parso tutto normale, facile, capisci?-

Scossi la testa, inorridita.

-Ma che simpatica. Comunque, non sono stato certo io a iniziare la storia, e non è nemmeno colpa mia se Sergej continuava a stare con te pur amando me!-

Feci una smorfia disgustata, poi abbassai il volto per non doverlo fissare negli occhi: mi faceva orrore pensare che due ragazzi si potessero amare.

-Oddio, e quindi...e ogni volta che lo baciavo? Ma come ho fatto a non accorgermene? E lui come ha fatto a nascondermelo??- esclamai, sentendo pungermi le lacrime negli occhi.

Jan fece per rispondere ma io chiesi, sempre più inorridita:-Dimmi: da quanto??-

Lui sospirò, dispiaciuto che soffrissi così tanto, e rispose, sussurrando:-Un mesetto...-

Mi venne da vomitare, e mi piegai ancora più in basso, stringendo i pugni per non piangere.

-Froci!!!-gridai.

Lui indietreggiò appena, spaventato, poi appoggiò una mano sulla mia testa, cercando di consolarmi.

Con uno scatto alzai il capo, e la sua mano scese a coprirmi gli occhi.

Lui la ritrasse immediatamente, imbarazzato, e io lo fulminai con lo sguardo.

Lo guardai intensamente, cercando di dirgli tutto a parole, ma lui abbassò lo sguardo.

-Ma come fa a piacerti un maschio?? Perchè proprio lui?- esclamai, senza più riuscire a trattenere le lacrime.

Lui si morse un labbro, come soffrendo per me.

-Mi dispiace, credimi, ma ormai valeva la pena che ti raccontassi tutto, no?-disse, sedendosi al mio fianco.

Scossi la testa, lasciando che le lacrime scendessero e appiccicassero al volto bagnato i capelli usciti dalla coda praticamente disfatta.

Lui mi osservò in silenzio, imbarazzato.

-Ma io non riesco a capire!!Non mi trovi neanche un po' attraente??-esclamai, sperando di fargli capire dove sbagliava.

Lui arrossì ed abbassò lo sguardo.

Strinsi i denti, maledicendomi per avergli fatto una domanda del genere.

-Perchè arrossisci?!- insistei, -Perchè, se sei gay?-

Lui scosse la testa, senza però guardarmi negli occhi.

-Non c'entra...-balbettò.

-No?? Ne sei sicuro?-continuai.

Lui parve agitarsi, poi alzò lo sguardo, furente, e disse:-Ma cosa vuoi da me? Chi sei per dirmi che devo fare? Non mi conosci neppure, non puoi capire come ci si senta.-

Io non seppi cosa rispondere, e nuove lacrime inondarono il mio viso.

-Scusami.- bofonchiò lui, timidamente.

Mi appoggiai allo schienale, cercando di calmarmi.

Un'ondata di tristezza mi pervase: fino a quel giorno credevo di essere amata, di essere voluta e bramata, ma ora tutti sembravano ostili, e quel nuovo Jan in particolare.

-No, scusami tu.-ribattei, asciugandomi con una manica il volto.

Lui sospirò, e si rilassò contro lo schienale, imitandomi.

-Che freddo.-commentò, senza però muoversi.

-Se vuoi ti posso cedere un po' della mia pelliccia, se non sei troppo imbarazzato.-borbottai, senza guardarlo.

-No, grazie.-

-Vedi? Sei troppo imbarazzato per dirmi di sì.-

-Oh, ma piantala!-esclamò.

Io lo fissai, -Ho solo ragione!-

Lui scosse la testa, poi però disse.-E va bene, guarda, solo perchè sei così testarda!-

Io all'inizio non capii, e quando afferrai che aveva detto di sì avvampai.

-Oh...okay.-farfugliai, stupita.

Mi sbottonai la pelliccia e me la sfilai, tremando di freddo.

Lui mi guardò, impassibile, e quando gli passai la pelliccia dietro le spalle l'afferrò senza dire nulla.

Mi strinsi a lui per poter condividere quel tepore, ma sentendo come tremavo si animò:-Ma non darla tutta a me.-disse, e passando un braccio sulle mie spalle me ne allungò un lembo.

Pensai che probabilmente eravamo molto ridicoli: un ragazzo imbronciato che riscaldava con una pelliccia femminile una ragazzina tremante e vestita di una minigonna e una maglia leggera; ma non me ne importava più di tanto.

Ben presto mi riscaldai, e sentii che anche lui ne traeva vantaggio.

Appoggiai la mia testa sulle sue spalle, e chiusi gli occhi, godendomi quella vicinanza.

Lui non fiatò, ma sentii il suo collo irrigidirsi e con una mano spostò i miei capelli dal suo mento.

Il tempo passava, ma nessuno dei due aveva voglia di tornarsene a casa, né di allontanarsi dall'atmosfera che avevamo creato, e tutto quel caldo ben presto mi fece venire sonno, e con gli occhi già chiusi fu fin troppo facile addormentarsi.


-Ehi, tizia, svegliati!-

Sentii una voce tenue irrompere nei miei sogni e una presenza calda che mi dava buffetti alle guance, come per cercare di svegliarmi.

-Eh?!?-esclamai, spaventata.

Mi alzai, perdendo il contatto con Jan, e strabuzzando gli occhi mi svegliai completamente, ricordando tutto ciò che ci era successo.

-Ti sei addormentata.-disse, con un sorriso sulle labbra.

Sorrisi anch'io, stiracchiandomi, poi farfugliai:-Irina, non tizia. Mi chiamo Irina.-

-Irina.-ripetè lui, annuendo.

-Bravo. E ora ho davvero fame.- proseguii.

Lui sospirò, poi si tolse la pelliccia lasciandola completamente a me, e mi coprì meglio con fare premuroso.

Sbadigliai rumorosamente, poi seguii con lo sguardo il movimento fluido delle sue mani lisciare la pelliccia sulle mie spalle, e, ironicamente, farfugliai:-Ma che fai, tocchi?-

Lui ritrasse immediatamente le mani e, rosso di vergogna si scusò:-Oh, scusami, non intendevo proprio...-

Risi e mi alzai, abbottonandomi la pelliccia.

-Allora, devo tornare a casa per mangiare o conosci bar normali?-chiesi.

Lui mi guardò stupito.

-Ma allora dicevi sul serio quando hai detto di avere fame?-

Annuii.

-Oh.-

-Oh.-ripetei, imitando la sua voce.

Lui sorrise, poi lo presi per un braccio e lo tirai cercando di alzarlo in piedi.

-Ma saranno già le sedici, dove vuoi andare a mangiare?- esclamò una volta in piedi.

-Boh.-risposi, stranamente allegra.

-Potremmo prendere dal panettiere una focaccia e dividercela.-proposi.

Lui annuì, pensoso.

-Però ti ci porto io, che sono più sicura.-aggiunsi, lanciandogli un'occhiataccia.

Lui ridacchiò, poi mi seguì, fischiettando.

Raggiungemmo il panettiere dove una volta andavo con Sergej a comprare il pane per la cena, e dopo qualche minuto eravamo già fuori che stringevamo un grosso pezzo di focaccia alle cipolle.

Non ci fermammo a mangiare, nel timore di raffreddarci di nuovo, ma strappammo con le mani pezzi di focaccia, divorandoli con voracità.

-Non sapevo ti piacessero le cipolle.-farfugliò lui, con la bocca piena.

-E perchè avresti mai dovuto dubitarlo?-

Lui alzò le spalle, prendendo un altro po' di focaccia.

-Bo. Dalla faccia, forse.-

Io ridacchiai.

-E io dalla faccia non ti avrei mai dato della checca.-aggiunsi.

-Oh, basta, mi stai stancando. Non possiamo parlare di ciò che parlano le persone normali? Sembra quasi che il mio essere finocchio ti affascini.-

-Non t'illudere.-

-E allora tu trattami come tratteresti un ragazzo normale.-

-Ma tu non sei normale.-

-Uff.-

Scossi la testa. -Non in quel senso, o meglio, non solo: se non fossi gay saresti comunque diverso dagli altri.-

Lui inarcò le sopracciglia, poi tolse dalla focaccia una cipolla e la succhiò, attendendo una mia spiegazione.

-Sei comunque troppo...-arrossii, -affascinante.-

A lui andò di traverso un boccone, e dovetti battergli la schiena prima che si riprendesse.

-Affascinante?-ripetè dopo, con il fiato corto.

Ci fermammo davanti al semaforo rosso, e mi appoggiai a d esso, mentre mi pulivo le dita unte su di un fazzolettino umido che ci avevano dato le commesse.

-Oh, non dirmi che non te n'eri mai accorto!- esclamai, con un sorriso malizioso.

Lui scosse la testa, stupito.

Ridacchiai, poi il semaforo si fece verde e trotterellai più avanti, mischiandomi con la folla che popolava il centro di Kysmo in quelle ore più tiepide.

Poco dopo Jan mi fu accanto, e ci fermammo dall'altro lato della strada.

-Significa che mi trovi affascinante?- mi chiese, sorridendo.

Io annuii, ma poi aggiunsi subito:-Ma te l'ho detto solo perchè sei gay.-

Lui rise, poi prese l'ultimo pezzo di focaccia.

-Ehi, maiale!-esclamai -Ti sei mangiato tutta la focaccia!!-

Lui la strinse fra i denti e mi fece una smorfia, correndo più avanti.

-Ladro!!L'ho pagata io!!-gridai, spaventando un bimbo che leccava un lecca-lecca sul ciglio del marciapiede.

Poi corsi dietro al mio ladro e quando gli afferrai il cappuccio del pile si fermò, senza però cedermi la focaccia.

-Ridammela.-ordinai, ridendo.

Lui sorrise, poi scosse il capo.

-Dai, ti prego ti prego ti prego!!-

Scosse ancora il capo.

M'innervosii, poi salii sulle punte e spalancando la bocca morsi la focaccia, leccando le labbra di Jan.

Lui rimase immobile, atterrito, rigido, poi masticò ciò che restava della focaccia, guardandomi ridere divertita.

Deglutì, ma non disse nulla, stringendo i pugni.

-Che c'è?- chiesi, vedendolo serio.

-Mi...mi hai leccato le labbra.- balbettò, rigido.

Sorrisi. -E?-

Lui mi lanciò un'occhiata di fuoco, poi scosse la testa.

-Dai, non te la sarai mica presa!-esclamai.

Lui sospirò, alzando gli occhi al cielo, poi disse, fra i denti:-Basta che non lo fai mai più.-

Ridacchiai, poi salii ancora una volta sulle punte e mi avvicinai alle sue labbra.

-Hai caga, vero?- sussurrai sulle sue labbra.

Lui s'irrigidì ancora di più, ma non si mosse.

-No.-rispose, ma la voce tradiva il suo terrore.

Mi avvicinai ancora, appoggiando le mie labbra sulle sue.

Qualcosa mi colpì violentemente su un fianco, facendomi cadere a terra e sbattendo violentemente il mento contro l'asfalto.

Lanciai un urlo da brividi, spaventando anche me stessa.

Mi alzai subito, e mi trovai di fronte Sergej.

I suoi occhi verdi erano fiammanti e arrossati dalle lacrime, i suoi capelli rossicci erano arruffati e spettinati, e tendeva ancora il braccio con cui mi aveva colpito.

Lo fulminai con lo sguardo, e lui ricambiò.

Vidi Jan ancora rigido immobile sul marciapiede, poi mi venne incontro e mi aiutò ad alzarmi.

-Cosa ci fai qui?- sibilai, rivolta a Sergej.

Lui non rispose, fissando con sguardo indecifrabile Jan, che mi sorreggeva.

-Cosa ti aspetti che ci faccia, qui?- rispose poi, con voce roca.

-Non mi aspetto più nulla, nel timore di rimanere delusa.-

Lui sospirò, poi indietreggiò di qualche passo.

-Sergej, hai mentito a tutte e due.-intervenì Jan, grave.

-No, sapevi benissimo che avevo una ragazza!-

-Sì, lo sospettavo, ma quando te lo chiedevo trovavi sempre modo di deviare il discorso.-

Lui scosse ancora la testa.

-Vi ho visti, e non sono riuscito a controllarmi.- si scusò.

Guardai Jan, e lui guardò me.

-Ma allora non sei veramente frocio!- esclamò Sergej, vedendo i nostri sguardi incrociarsi.

-Non so.- rispose lui, senza smettere di guardarmi.

Abbassai lo sguardo, e vidi ancora quel bimbo col lecca-lecca osservarci, allibito.

-Sapete una cosa?- esclamai, furente. -Io me ne vado. È ovvio che qui io sono di troppo.-

Jan mi prese per mano, preoccupato.

-No! Mi hai fatto capire che sbagliavo, e alla grande, e mi lasci di nuovo con lui?-

Lo guardai negli occhi, respirando pesantemente.

-Non so se hai capito veramente, ma se l'hai fatto sono felice per te. Ora cercati qualcuno...qualcunA, ma io non so se portò mai amare veramente uno che era o forse è ancora gay.-

Lui cercò di ribattere ma lo bloccai con un gesto della mano, che sfilai delicatamente dalla sua.

-E poi voglio allontanarmi da questa storia, e cercare di dimenticarla. Tutto questo, il vostro essere froci e l'innamorarsi di uno che ho trovato con il mio ragazzo mi sembrano tante cazzate una dietro l'altra, e oltretutto mi disgustano.-

Sergej annuì, serio.

-Io me ne vado.- tagliai corto.

Jan mi trattenne per un braccio e cercò le mie labbra con le sue, stringendo la mia mano.

Mi scostai e scossi la testa. Sergej sembrava non vederci più dalla rabbia, e io avevo capito che storie di quel genere non potevano che finire male.

Mi allontanai e non mi voltai quando Jan mi chiamò, pensando invece con orrore a ciò che avrebbe raccontato quel giorno il bimbo del lecca-lecca ai suoi genitori.

Camminai spedita verso la via di casa, decidendo che per un po' avrei evitato i ragazzi, qualsiasi ragazzo, e inorridii al ripensare ai diversi ricordi della giornata.

Ho baciato labbra che ha baciato anche Sergej”, mi dissi, e mi venne la nausea.

Tutto ciò che avevo scoperto e provato era malsano, era quasi irreale e terribile.

Sarei dovuta andarmene subito.”

Attraversai la strada senza fare troppa attenzione e una mercedes grigia per poco non mi investiva. Al suo interno intravidi Irina, ma non mi fermai, correndo più avanti. Piansi, correndo, e con me pianse anche il cielo, che da nebuloso era scoppiato in lampi e tuoni.

Quella giornata si concludeva così, male forse, anzi sicuramente, ma tutto ciò era per evitare che altre giornate venissero condannate ad una tale conclusione.

Raggiunsi il portone di casa e cercai le chiavi nella tasca interna della pelliccia.

Non le trovai.

Suonai al citofono sebbene sapessi perfettamente che la casa sarebbe rimasta vuota fino alla sera tardi, quando i miei genitori sarebbero tornati dal lavoro.

Mi accasciai ai piedi della scalinata di marmo che presentava la nostra villa, e lasciai che la pioggia intorbidisse i miei muscoli ed infradiciasse i miei vestiti.

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