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Autore: Signorina Granger    04/05/2021    1 recensioni
Edward Cavendish, Ministro della Magia, si illudeva di poter trascorrere un normale e tranquillo cinquantaquattresimo compleanno.
Non immaginava cosa sua moglie e i suoi figli avessero organizzato per lui, quel giorno.
[Dal testo]
"A quel punto, tutti e 10 i bambini presenti si voltarono verso Edward, che ebbe appena il tempo di sospirare e chiedersi quale peccato stesse espiando quel giorno prima che una decina di vocine riempisse la stanza chiedendo di giocare, mangiare o andare in bagno.
Non sarebbe mai arrivato al 55esimo compleanno. Era evidente."
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Le avventure di Nonno Edward: Tata per un giorno 

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“Buongiorno Signor Neit, la Signora lo aspetta in salotto con i suoi fratelli.”
“Grazie.”
Neit accennò un sorriso cordiale all’Elfo Domestico che gli aveva aperto la porta e che lo aveva accolto in casa prima di attraversare a grandi passi l’arioso atrio che era stato teatro di molti dei giochi infantili suoi e dei suoi fratelli diversi anni prima; raggiunta la porta a doppia anta che portava al salotto principale, Neit l’aprì per trovarsi davanti sua madre, sua sorella gemella e suo fratello minore, tutti e tre già seduti e con tazze di thè tra le mani.
“Ciao caro. Ti ho chiamato quasi un’ora fa, mi chiedevo dove fossi finito.”
Neit incurvò le labbra in un sorriso paziente mentre entrava nella stanza chiudendosi la porta alle spalle, e raggiunse la madre – seduta sul divano con Clio accanto – per darle un bacio su una guancia prima di sedersi sulla poltrona che occupava sempre da ragazzo:
“Sai mamma, mi hai chiamato mentre stavo lavorando, non posso mollare tutto e tutti alla prima lettera che ricevo. Ho dovuto dire a tutti che avevo un’emergenza familiare per andare via prima dal Ministero.”
“Dubito che avrebbero chiuso un occhio se tu non fossi il figlio di papà. Pare che mamma ci abbia chiamato proprio per qualcosa che riguarda lui.”
Egan si portò la tazza di thè – corretto con del whiskey – dal bordo d’oro alle labbra prima di accennare alla padrona di casa, che sfoderò un largo sorriso soddisfatto prima di appoggiarsi tazza a piattino coordinato sulle ginocchia:
“Proprio così. Come stavo dicendo ai tuoi fratelli, caro, tra due settimane è il compleanno di vostro padre, e voglio fargli una festa a sorpresa… Ma ho assolutamente bisogno del vostro aiuto.”
“Oh mamma, ma sei sicura? L’ultima volta non è andata bene per nulla, abbiamo combinato disastri!”
Memore dell’ultima festa a sorpresa organizzata per il compleanno del padre, Clio parlò con un velo di preoccupazione nella voce e anche nell’occhiata dubbiosa che rivolse alla madre: di sicuro Edward non aveva gradito particolarmente quel compleanno, se lo ricordavano tutti.
“Tsz, solo perché Penny ha confuso  l’acqua con non so quale superalcolico ed erano quasi tutti ubriachi prima ancora che Ed arrivasse… vorrei proprio sapere come ci erano arrivate, quelle bottiglie, ma questa volta andrà bene, ho pensato a tutto io.”
Estelle sospirò e scosse la testa con disapprovazione – decisa a cancellare quel ricordo – mentre Neit rivolgeva un’occhiata eloquente ad Egan, che tuttavia sorrise innocentemente prima di tornare a rivolgersi alla madre:
“E noi abbiamo piena fiducia nelle tue capacità organizzative, mamma, ma vorremmo sapere che cosa vuoi che facciamo.”
“Semplice: voi avrete il compito di tenere vostro padre impegnato. E per farlo, mi serviranno i bambini. Tutti quanti.”
Un sorriso soddisfatto illuminò il bel volto della donna, e Clio lanciò un’occhiata dubbiosa ad Egan mentre Neit, invece, osservava la madre senza capire: che cosa c’entravano i suoi bambini con il compleanno del padre? E soprattutto, era sicuro di volerli affidare a quella famiglia di pazzi in cui erano nati?
 
*
 
“Mi ricordi perché devo portarli al Ministero?”
“Te l’ho detto, mia madre vuole che teniamo papà bloccato in ufficio, quindi i bambini lo terranno impegnato. Sentito piccoli, andate dal nonno, siete contenti? Mettiti il berretto tesoro.”
Dopo aver aiutato Rosie a mettere i minuscoli guantini di lana Clio infilò alla figlia minore la cuffietta coordinata sopra ai capelli color rame mentre Cillian, sorridendo allegro, chiedeva se ci sarebbero stati anche i cugini.
“Certo, vi divertirete tantissimo oggi, ne sono sicura. Roddy, non fare guai con i gemelli! … Anzi, combinali pure, ma non esagerare!”
Sorridendo, la strega arruffò affettuosamente i riccioli del bambino prima di affidare i tre a Riocard, che prese Rose in braccio e Cillian per mano prima di rivolgere un’ultima occhiata dubbiosa alla moglie:
“Sai, non sono convinto che sia una buona idea… Tuo padre darà di matto.”
“Soffrirà, ma poi sarà felice, vedrai. E poi è un’idea della mamma, e lei su papà ha sempre ragione.”
“Già, sempre che non abbia un infarto prima… va bene ragazzi, salutate la mamma, la rivedrete stasera.”
I tre bambini salutarono allegramente la madre, che ricambiò prima di guardare marito e figli entrare nel camino spento. Era appena rimasta sola nella stanza quando Clio, sorridendo, sospirò di sollievo e si stiracchiò stendendo le braccia pallide: un intero pomeriggio senza i piccoli, sua madre senza volerlo aveva fatto un regalo anche a lei e alla sua scrittura.
 
*
 
C’era qualcosa che non tornava. Quel giorno era sempre più strano ogni minuto che passava: stava andando nel suo ufficio dopo la pausa pranzo quando si era imbattuto in Robert, ma suo cugino aveva avuto un comportamento decisamente bizzarro nei suoi confronti: dopo essersi fermato a chiedergli di fissare una riunione, Robert non era riuscito a trattenere una risatina e si era allontanato in tutta fretta sghignazzando.
Edward Cavendish conosceva terribilmente bene suo cugino, e si stava chiedendo quale malsano scherzo poteva avergli organizzato per il suo compleanno quando, tornato nel suo ufficio, la sua assistente lo aveva informato di “una visita urgente”.
“Non posso, ho del lavoro da fare e voglio finire in fretta per andare a casa prima oggi, avevo detto niente visite!”
Aveva giurato ad Estelle che non avrebbe tardato per la loro cena, e l’ultima cosa che voleva era contrariare sua moglie, che era sembrata estremamente categorica quando, spazzolandogli la giacca, gli aveva quasi ordinato di rientrare entro l’orario stabilito senza tardare in ufficio.
“Ma Signor Edward, è suo figlio con i bambini, dice che è di vitale importanza!”
Pregando che il figlio in questione non fosse Egan, Edward acconsentì con un sospiro e temendo che qualcuno stesse male: un attimo dopo Neit entrò nella stanza, più serio che mai, con Penelope per mano, Edward Jr al seguito e una piccola Estelle in lacrime in braccio.
“Ciao papà, mi dispiace ma devo lasciarti i bambini.”
“COSA? Perché? Caroline sta male?”
“No. Cioè, sì. Sta malissimo, e non posso lasciare i bambini con lei, rischiano di ammalarsi a loro volta, capirai che alla loro età è meglio evitare. Fate i bravi con il nonno, ci vediamo più tardi… tranquillo, chiederò il permesso di tornare a casa prima oggi, così staranno qui di meno.”
“Va bene… Perché la piccola piange?”
Preoccupato, Edward guardò Estelle singhiozzare, allacciare le braccine al collo di Neit e nascondere il visino contro la sua spalla mentre Eddy, invece, si fiondava dal nonno per chiedergli di poter provare la sua poltrona.
“Non è niente, è solo che non vuole che vada via… Ecco tesoro, adesso giochi col nonno qualche ora e poi papà torna, va bene?”
Edward, che si era alzato per lasciare il suo posto al nipote – che prese entusiasta a ruotare su se stesso sulla sedia mentre Penelope osservava curiosa i soprammobili – si ritrovò in men che non si dica la nipotina in braccio e due secondi dopo Neit si era dileguato, sparendo dall’ufficio così in fretta che il padre quasi non se ne rese conto.
“Ma perché oggi sono tutti strani… Su tesoro, non piangere, papà torna presto a prendervi. Eddy, smettila di girare, non ho intenzione di pulire vomito il giorno del mio compleanno!”
“Nonno, ma quanti anni hai?”
“54.”
“Ma allora sei vecchio!”
Edward non rispose, ma il digrigno dei suoi denti fu così forte che venne udito persino da Neit mentre prendeva l’ascensore. Pensando a tutte le soprese che attendevano il padre, l’Indicibile si sentì un po’ in colpa, ma alla fine decise di dar ragione ad Egan: lo avrebbero sommerso di whiskey e regali e Edward avrebbe scordato l’arrabbiatura.
 
*
 
Fortunatamente Estelle aveva smesso di piangere per l’abbandono del padre dopo pochi minuti, e Edward le stava facendo fare cavalluccio mentre la teneva sulle ginocchia per farla ridere quando qualcuno bussò alla porta.
“Signor Edward, ha delle visite!”
Ancora?!”
“Emh, sì, ci sono… ci sono i suoi nipoti per lei.”
“Ma i miei nipoti sono bambini, come ci sono arrivati al Ministero?!”
Gladys non rispose, e dalla porta aperta due bambini alti uguali e dalle folte chiome ramate entrarono sorridendo nella stanza, salutando allegramente il nonno:
“Ciao nonno!”
“Ciao!”
“Ma come ci siete arrivati voi qui?! Ah, certo, ci sono anche loro, vedo…”

Estelle ancora in braccio, Edward si trattenne dal prendere la scrivania di mogano a testate mentre Eddy e Penny correvano a salutare entusiasti i cugini: Wendy e Cassian, seguiti dai loro fratelli minori, salutarono allegramente prima che Wendy rispondesse alla domanda del nonno con una stretta di spalle:
“Papà ci ha lasciati nell’atrio e ci ha detto di venire qui, così abbiamo chiesto di vederti. All’inizio volevano cacciarci, ma abbiamo detto che eri nostro nonno e tutti sono diventati gentili!”
Edward stava per chiedere perché diavolo quell’irresponsabile di Egan aveva lasciati i figli senza portarli da lui personalmente, ma si rispose da solo quando Deirdre sentenziò di avere fame e fratelli e cugini la seguirono a ruota: quel farabutto di suo figlio sapeva benissimo che se si fosse presentato alla sua porta con i figli al seguito per fargli fare da tata avrebbe ricevuto una fattura come benvenuto.
“Beh, non è mica una mensa questa! Ma i vostri genitori non vi danno da mangiare?!”
Cassian stava per rispondere sì, certo, ma che la merenda era tutta un’altra questione, ma la porta si aprì per la terza volta nell’arco di mezz’ora: in quel momento Edward avrebbe preferito ricevere il suo peggior nemico, ma vedendo suo genero con tre bambini attorno sbiancò nemmeno avesse visto il fantasma di suo padre.
“Salve Edward, Clio mi ha incaricato di, emh, lasciarti i bambini.”
CHE COSA?!”
“Ciao Roddy!”
Sorridendo allegro Rodulphus corse dalle due coppie di cugini gemelli, abbracciando Cassian prima di rivolgerglisi entusiasta:
“Ciao, come mai siete qui anche voi?”
“La mamma ha detto che oggi stiamo col nonno!”
“Anche la nostra mamma l’ha detto! Chissà perché siamo tutti qua…”
Penny aggrottò la fronte sfoggiando un’adorabile broncio pensieroso, tamburellandosi il mento con un dito mentre Cassian saltellava allegro sul posto, Cillian correva da Benedict e Deirdre per esaminare con loro un vaso dall’aria molto antica e preziosa e Riocard lasciava la piccola Rosie tra le braccia di Edward, che aveva già Estelle sulle ginocchia.
“Riocard, ma mi dici che cosa succede? Clio sta male?”
Mentre si sistemava in braccio Rose – che come sempre pensò bene di iniziare a grattargli la barba – Edward lanciò un’occhiata esterrefatta e stralunata al genero, stentando a credere che stesse succedendo veramente mentre Riocard, cercando di restare serio, si schiariva la gola:
“Emh… Sì, malissimo.”
“Com’è possibile che sia Carol che Clio siano ammalate?”
“Beh, si sono contagiate a vicenda, sai com’è, si sono viste l’altra sera… Devo andare in ufficio, a dopo bambini! Ciao piccoli!”
Il coro di “Ciao papà” e “Ciao zio Ric” seguì l’uscita di scena del mago dalla stanza. A quel punto, tutti e 10 i bambini presenti si voltarono verso Edward, che ebbe appena il tempo di sospirare e chiedersi quale peccato stesse espiando quel giorno prima che una decina di vocine riempisse la stanza chiedendo di giocare, mangiare o andare in bagno.
Non sarebbe mai arrivato al 55esimo compleanno. Era evidente.
 
*
 
“CHI HA DISEGNATO DEI FIORI SUL LIBRO MASTRO?!”
Penny, seduta sul tappeto circondata da pergamene imbrattate, si affrettò a nascondere maldestramente i colori dietro la schiena e a sfoggiare la sua espressione più innocente quando il nonno, che reggeva un grosso e antico libro aperto a metà e coperto da margherite rosa, puntò i penetranti occhi azzurri su di lei:
“Ma nonno, quel librone era molto brutto, andava abbellito!”
“Merlino, dammi tu la forza… BENEDCICT, Stai lontano dal…”
Edward non riuscì a finire la frase, perché il vaso cadde e andò in frantumi sul tappeto a pochissimi centimetri dal punto in cui Rose ed Estelle stavano costruendo delle torri con dei cubi di legno.
Cercando di non imprecare davanti ai nipoti, il Ministro schizzò in piedi, afferrò al volo il bambino e si affrettò a prendere la bacchetta per riparare il vaso. Dopo una sonora strigliata a Benedict, ricordandogli quanto avesse rischiato di farsi male o di ferire le cuginette con i cocci, l’uomo tornò a sedersi con un rumoroso sospiro.
“Tranquillo nonnino, ora ti faccio bello io!”
“Grazie tesoro…”
Edward alzò gli occhi al cielo, ma lasciò che Deirdre, in piedi dietro di lui, gli pettinasse maldestramente i capelli con una spazzolina di legno mentre Eddy, seduto vicino a lui, sfogliava un libro con interesse.
“Nonno, cosa sono questi segni strani?”
“Sono cifre, piccolo. Se non dovessi avere occhi e orecchie ovunque ti spiegherei meglio, ma oggi non ho tempo. Un momento… Cillian, dov’è tuo fratello?!”
Il bambino, che stava disegnando accanto a Penny, alzò la testa coperta da folti capelli biondi e si morse nervosamente il labbro: i suoi occhi chiari schizzarono su Deirdre, che gli fece cenno di stare zitto premendosi un dito sulle labbra mentre il nonno, imprecando, schizzava in piedi per la seconda volta:
“E i gemelli? DOVE SONO I GEMELLI?!”
“Ma siamo qua nonno!”
Penny aggrottò la fronte ma Edward non ci badò, scuotendo la testa e asserendo di parlare degli altri gemelli prima saltare in piedi, fare lo slalom tra i nipoti e infine spalancare la porta per infilare la testa in corridoio:
“Gladys! Dove Merlino sono i bambini? Quelli con i capelli rossi?! Se ho perso i bambini mia moglie mi sbrana!”
Senza contare Elizabeth, considerando che due dei fuggiaschi erano figli suoi. Non voleva nemmeno pensare a come l’avrebbe ridotto sua nuora.
 
*
 
“Allora, qual è il piano?”
Acquattato sotto ad uno dei tavoli della caffetteria, Rodulphus si rivolse in un bisbiglio a Cassian e a Wendy, distesi sul pavimento accanto a lui e con gli occhi fissi sul bancone pieno di dolci e sandwich.
“Tu li distrai, io e Cassian andiamo avanti.”
“Va bene. Ci vediamo dietro la statua brutta!”
Rodulphus rotolò agilmente fuori dal suo nascondiglio, si alzò in piedi con disinvoltura e poi si gettò nella mischia di maghi e streghe. Attese di trovarsi nel bel mezzo del via vai di impiegati e poi si gettò teatralmente a terra gemendo rumorosamente di dolore, ululando di essersi fatto male.
“Oh, povero bambino!”
“Tesoro, che cos’hai?”
“Ma che ci fa un bambino qui?”

Immediatamente attorno all’adorabile bambino dolorante si venne a creare una discreta calca: quasi tutti i presenti nell’atrio si avvicinarono a Rodulphus, che singhiozzò sommessamente mentre Cassian, invece, tirava energicamente la manica del vestitino della gemella:
“Corri Wendy!”
La bambina non se lo fece ripetere: strisciando dietro al gemello uscì dal nascondiglio e si alzò in piedi prima di correre insieme a Cassian verso la vetrina dove facevano capolino ciambelle piene di zucchero, focaccine calde e grossi sandwich imbottiti e invitanti.
Un minuto dopo, Rodulphus vide con la coda dell’occhio i cugini darsela a gambe con le tasche piene di panini e focaccine, e si alzò in piedi sorridendo allegro assicurando ai presenti preoccupati di sentirsi benissimo:
“Mi è passato, ora sto bene… devo andare, grazie!”
A chi gli chiese chi fossero i suoi genitori, il bambino non rispose, limitandosi a zigzare tra le gambe dei presenti per raggiungere i cugini dietro l’enorme statua d’oro che occupava parte dell’atrio.
“Eccomi! Ce l’avete fatta?”
Rodul0hus sorrise raggiante ai cugini, che annuirono soddisfatti mentre Cassian mostrava vivacemente parte del bottino:
“Ovvio! Adesso torniamo dal nonno. Ho preso un panino anche a lui, così non ci sgriderà.”
 
Non sapendo di preciso dove andare, i tre bambini avevano imboccato il corridoio più vicino. Avevano corso per quasi tutto il piano quando, all’improvviso, una voce nota li sorprese:
“Bene, bene… che cosa ci fate voi tre qui?”
Colti sul fatto, i tre si voltarono e trasalirono scontrandosi con l’alta figura di Theseus, che li guardò divertito e incrociando le braccia al petto mentre i tre sgranavano colpevoli gli occhi:
“Nonno!”
“Zio! Cosa fai qui?”
“Io lavoro qui. Voi, piuttosto, che cosa ci fate qui.”

 
*
 
“Nonno, possiamo andare da papà?”
“No Penny, papà lavora.”
“Ma che noia però!”
“Ma però non si dice!”

“Io voglio la mamma!”
Il mormorio triste e sconsolato di Estelle sembrò creare una sorta di incantesimo: Edward lo sapeva fin troppo bene, e trasalì guardandosi attorno terrorizzato mentre tutti gli altri, all’improvviso, sembravano condividere il pensiero della bambina di tre anni. Un istante dopo tutti iniziarono a lamentarsi di volere la propria madre, e Edward – trattenendosi dal ricordargli che erano state le loro madri degeneri a spedirli da lui – sospirò ripetendosi di mantenere la calma appena prima che la porta si aprisse:
“Credo che tu ne abbia perso qualcuno.”
“AH, eccovi qui! Vi rendete conto che ho mandato degli Auror a cercarvi, signorini? Dei poveri Auror che non dovrebbero perdere tempo a cercare bambini per il Ministero!”
Tenendo Rose in braccio Edward si alzò e rivolse a Rodulphus, Cassian e Wendy l’occhiata più severa di cui era capace mentre Theseus, in piedi sulla soglia tenendo una mano sulla spalla di Roddy e l’altra su quella di Cassian, tratteneva a stento un sorrisetto.
I tre bambini, invece, trasalirono e si portarono colpevoli le mani ai posti dove avevano nascosto focaccine e sandwich:
Nonno, non ci arrestare, non vogliamo andare ad Azkaban!”
“No, avevamo solo fame!”

“Sì, volevamo fare merenda, ma abbiamo preso un panino anche a te, guarda! Ti prego non farci portare via!”
A dimostranza di ciò, Cassian tirò fuori un sandwich al tonno avvolto in un tovagliolo e lo mostrò al nonno, che lo guardò sconcertato prima di sospirare e passarsi stancamente una mano sul viso: con quel compleanno stava prendendo un decennio in un solo giorno.
“No Cassian, non vi voglio arrestare. Ma dovete diavolo avete preso quel cibo?!”
“Emh… ce li hanno regalati!”
“E perché mai lo avrebbero fatto?!”
“Perché siamo bambini adorabili e bravi!” Gli identici sorrisi angelici che Cassian e Wendy sfoderarono, parlando in coro quasi avessero imparato quelle parole a memoria, lo insospettirono ancora di più. Scettico, il Ministro si rivolse al cugino, che si schiarì la voce prima di abbozzare un sorriso:
“Credo proprio che li abbiano presi dalla caffetteria.”
“MA BENE, ora mi ritrovo pure con nipoti ladri! Vergognatevi!”
Merlino, se suo padre fosse stato ancora in vita… sarebbe morto sul colpo
“Ma no nonno, non è rubare, prendiamo sempre cibo anche dal pub di papà!”
“Tesoro, è molto diverso, ok? Ma devo spiegarvi tutto io, che cosa fanno con voi i vostri genitori?! Adesso andremo a restituirli, e chiederete umilmente scusa. A parte questo, questo me lo mangio io.”
Edward sfilò il sandwich al tonno dalle mani di Cassian prima di prenderlo per mano e ordinare a Wendy e a Rodulphus di seguirlo. I due obbedirono a testa bassa e Theseus, rimasto solo a guardia degli altri nipoti, osservò divertito il suo vecchio ufficio mandato completamente all’aria dai bambini prima che Benedict gli corresse incontro chiedendo di essere preso in braccio. Immediatamente tutti gli altri lo imitarono, affollandosi attorno alle sue gambe con le braccia tese.
No, non invidiava proprio per niente suo cugino, di sicuro non quel giorno.
 
*
 
Quello era stato, in assoluto, il pomeriggio più lungo della vita di Edward Cavendish. Quando Neit era passato dal suo ufficio per prendere i figli lo aveva trovato seduto sulla sua poltrona con le mani sul viso e i bambini che giocavano e mettevano a soqquadro la stanza attorno a lui. Evidentemente, aveva rinunciato a cercare di tenerli a bada.
“Papino!”
Alla vista del padre Penelope sorrise, si alzò in piedi smettendo di spazzolare i capelli di Wendy e corse da lui per abbracciarlo, seguita da Estelle.
“Ciao principesse. Siete state brave col nonno?”
Le due annuirono, gli occhi azzurri scintillanti mentre Estelle si faceva prendere in braccio dal padre, che ignorò il basso grugnito di Edward e gli si rivolse con un tiepido sorriso:
“Grazie papà. Non vai a casa?”
“Secondo te posso andare a casa con tutti questi bambini qui? Non posso certo lasciarli da soli, sarebbero un pericolo per il Ministero. Benedict, metti giù quella sfera o ti prendo per le orecchie!”
Imbronciato, il bimbo rimise a posto la sfera di cristallo nera e tornò a sedersi incrociando le braccia al petto, ribadendo di voler tornare a casa dalla madre mentre Eddy salutava affettuosamente il nonno con un abbraccio:
“Ciao nonno!”
“Ciao piccolo. Sai per caso se quanto Riocard o tuo fratello si faranno vivi? Se non torno entro una certa ora tua madre mi ucciderà.”
“Mi ha detto che resterà impegnato fino a tardi, ma puoi sempre far dire a Riocard che li porti a casa con te… alla mamma non dispiacerà. Glielo faccio dire io, se vuoi.”
Edward sospirò, indeciso sul da farsi, ma alla fine annuì: tornare a casa e dividersi i nipoti tra moglie e Elfi era sempre meglio che restare lì nel suo ufficio.
“Va bene, allora userò un’auto. Bambini, venite a casa con me dalla nonna, va bene?”
I bambini esultarono mentre Penelope, che teneva il padre per mano, usciva dalla stanza sollevando la testa:
“Possiamo andare dalla nonna anche noi?”
Neit sorrise alla figlia, annuendo e rassicurandola mentre Riocard, appoggiato mollemente alla parete fuori dall’ufficio del Ministro, li osservava sorridendo divertito:
“Tranquilla tesoro, ora ci andiamo con noi… Verrà anche la mamma, ovviamente. Ah, ciao. Tutto come previsto, gli ho detto che sei molto impegnato… andrà a casa sua con i bambini in auto.”
L’Indicibile si fermò in mezzo al corridoio per rivolgersi al cognato, che annuì con un sorrisetto divertito prima di allungare una mano e prendere quella di Eddy:
“Bene… Clio, Lizzy e Egan ci aspettano giù. Arriveremo prima di lui sicuramente.”
Neit annuì: in effetti sua madre aveva studiato tutto nei minimi dettagli. Cominciava a capire da dove avesse origine la sua forte amicizia con sua suocera.
 
*
 
Fu il viaggio in auto più lungo della vita di Edward Cavendish. E dire che doveva percorrere solo una decina di isolati per andare a casa dal Ministero…
Vedendo il Ministro arrivare con un’orda di bambini al seguito, l’autista era sbiancato prima di aprire la portiera con un sorriso divertito:
“Ha reclutato una squadra di Quidditch, Ministro?”
Edward non rispose, ma si limitò ad osservare severo l’interno dell’auto prima di decretare che andava ingrandita: c’era bisogno di un’altra fila di sedili per far sì che tutti e sette i bambini ci stessero.
Due minuti dopo, Edward sedeva tenendo Rose in braccio, Benedict e Deirdre accanto mentre Cillian, Wendy e Cassian si erano sistemati sulla fila di sedili dietro e Rodulphus era stato felicissimo di sedersi sul sedile accanto a quello del guidatore – dopo aver giurato solennemente al nonno di non toccare nulla e di non disturbare l’autista –.
“Bambini, se non la smettete subito di cercare di giocare a Gobbiglie in auto vi defenestro!”
Il Ministro si voltò e prese a forza la Gobbiglie dalle mani di Cillian, che protestò invano mentre Wendy aggrottava la fronte e guardava il nonno con interesse:
“Che cosa vuol dire defestrare?!”
“Significa buttare fuori dalla finestra, in questo caso dal finestrino!”
“Non lo faresti mai, ci vuoi troppo bene.”
“È vero, ma potrei sempre dirlo a nonna Gwen.”
Quando i figli erano piccoli Edward usava sovente la minaccia di raccontare le malefatte a suo padre, strategie che si era sempre rivelata molto efficace. I suoi nipoti non avevano avuto la possibilità di conoscere il loro bisnonno, ma Edward poteva sempre giocarsi la carta della madre: vedere i bambini allarmarsi e pregarlo di non farlo – Gwendoline dava le migliori tirare d’orecchie del Paese – gli dava sempre una punta di soddisfazione.
Sentimento che durò poco e che svabì quando si rese conto – appena in tempo – che Rose aveva preso una Gobbiglia e stava cercando di morderla: l’uomo si affrettò a prenderla, ignorando i suoi gemiti di protesta e tenendo la sfera sollevata affinché la bambina non riuscisse a prenderla con le manine tese.
“No tesoro, non in bocca queste… Quanto manca?!”
“Cinque minuti, signore, c’è un po’ traffico.”
Dannati Babbani!
 
*
 
“Bene, direi che qui è tutto pronto. Grazie per aver aiutato, Penny, come al solito.”
Estelle scoccò un’occhiata vagamente torva all’amica, che se ne stava seduta comodamente su un divano, nascosta dietro al Settimanale delle Streghe con i piedi sull’ottomana imbottita e un bicchiere di thè freddo in mano.
“Figurati cara, è un piacere.”
Ero decisamente sarcastica…”
“Lo so bene, ma non ti voglio dare soddisfazione.”
Penelope si portò la cannuccia di metallo alle labbra con nonchalance e alla padrona di casa non restò che arrendersi mentre Elfi e camerieri finivano di sistemare.
Caroline, sorridendo, raggiunse madre e suocera dalla sala da pranzo fermandosi accanto ad Estelle con aria soddisfatta:
“Ho portato la torta in sala da pranzo dalla cucina, basta accendere le candeline. Mamma, ma sei ancora sul divano? Sei nella stessa posizione da quando sono arrivata!”
La strega lanciò un’occhiata quasi esasperata alla madre, che smise di sorseggiare il suo thè solo per informare la figlia che “l’arte del non far nulla era riservata a pochi eletti” prima che Estelle, scuotendo la testa rassegnata, prendesse la nuora sottobraccio facendole cenno di seguirla in sala da pranzo:
“Lascia stare tesoro, è incorreggibile, io la conosco da mezzo secolo.”
“Detta così sembriamo vecchie decrepite Estelle!”
 
Estelle stava per replicare, ma venne interrotta dall’arrivo dei suoi figli: Clio e Riocard entrarono nell’ingresso seguiti da Neit, i figli, e infine Egan ed Elizabeth.
“Mamma!”
Alla vista della madre il visino di Estelle s’illuminò, e la bambina, - rimessa sul pavimento da Neit – corse ad abbracciare Caroline mentre i fratelli maggiori andavano ad abbracciare la nonna.
“Ciao piccola mia! Mi siete mancati oggi.”
Caroline sorrise teneramente alla bambina, dandole un bacio su una guancia paffuta mentre Eddy e Penny sorridevano allegri alla nonna:
“Abbiamo tenuto impegnato il nonno. C’è anche nonna Penny?”
Eddy sorrise ad Estelle, che annuì dandogli una carezza sul viso prima di invitare i gemelli ad “andare a disturbare l’altra nonna”. I due bambini non se lo fecero ripetere, correndo in salotto per saltare sul divano ed interrompere il relax della donna.
“Vostro padre?”
La padrona di casa si rivolse ai figli mentre Caroline si rialzava stringendo la figlia minore tra le braccia, carezzandole i capelli chiari e premendo la guancia su quella della bimba.
“Neit ha detto che arriva in auto con i bambini. Sarà stremato!”
Clio, che stringeva il braccio di Riocard, rise divertita mentre Egan, accanto a lei, annuiva con gli occhi azzurri luccicanti:
“Terribilmente stremato. Nonna Gwen quando arriva?”
“Dovrebbe essere qui a breve… su, andiamo tutti in sala da pranzo mentre lo aspettiamo. Penny, è il momento di alzarsi dal divano!”
Mentre le lamentele della donna giungevano dal soggiorno, Neit si avvicinò alla moglie e la prese sottobraccio abbozzando un sorriso, chinandosi leggermente per dirle qualcosa a bassa voce:
“A proposito, tu oggi eri terribilmente malata.”
“Ma sto benissimo… ah, certo. Ho capito. Ho avuto una miracolosa guarigione, allora.”
Caroline sorrise, divertita, e Neit annuì prima di darle un bacio sulla guancia:
“Esattamente.”
 
*
 
“SORPRESA!”
Edward sbattè le palpebre.
Doveva esserci un errore.
Era entrato in casa con i nipoti al seguito, aveva trovato le luci spente e Estelle non aveva risposto ai suoi richiami. Degli Elfi, nessuna traccia.
Era andato in soggiorno. Nulla. Aveva aperto le porte della sala da pranzo – sempre con i bambini che lo seguivano ovunque andasse e Rose in braccio –. Fu quando le luci si accesero e il Ministro trovò la stanza piena di persone – in primis la sua famiglia – che Edward capì: quei maledetti lo avevano fatto di proposito.
Mentre tutti lo circondavano per fargli gli auguri – Estelle per prima, che gli diede un bacio prima di scusarsi per “l’imboscata” – Edward, ancora stranito, rivolse uno sguardo truce ai suoi tre figli, mimando con le labbra velate minacce – disgraziatemene non poteva più metterli in castigo, ma restava comunque il Ministro e un modo per vendicarsi l’avrebbe comunque trovato – mentre sua madre gli baciava le guance ridendo e complimentandosi con lui:
“Ho sentito che sei una tata fantastica, tesoro!”
“Mamma, per favore, puoi non prendermi in giro almeno oggi?”
La richiesta non venne accolta, ed Edward venne fatto sedere a capo del lunghissimo tavolo mentre Egan gli metteva un cappellino di carta a punta in testa, affrettandosi a dileguarsi prima che Edward potesse acciuffarlo. Sospirando, il Ministro ascoltò il coro di “Tanti auguri a te” prima di individuare un’enorme torta rettangolare che sembrava muoversi da sola verso di lui. Sbattendo le palpebre, Edward si rese conto di essersi sbagliato: non era solo la torta a vanire verso di lui, ma buona parte dei suoi nipoti, che la reggevano sorridendo entusiasti.
“Tanti auguri nonno!”
“Sì, scusa se non siamo stati tanto bravi, però ti vogliamo bene!”
Dopo aver appoggiato a fatica la torta sul tavolo, Wendy gli sorrise e si alzò in punta di piedi oer dargli un bacio su una guancia, seguita da Penny, Deirdre, Cassian, Rodulphus, Eddy e Cillian. Finita la processione di baci e di auguri con Benedict, Edward si mise il bambino sulle ginocchia e osservò la torta con le candeline accese sopra prima di sorridere.
“Grazie piccoli. Anche io vi voglio bene.”
“Su, date un abbraccio al nonno!”
Sorridendo, Clio fece cenno a figli e nipoti di abbracciare Edward, che sbiancò e cercò di dire ai bambini di non abbracciarlo tutti insieme, ma invano: un minuto dopo si ritrovò letteralmente sommerso dai nipotini, che risero mentre il nonno, alzando gli occhi al cielo, soffiava le candeline col poco fiato che gli era rimasto in corpo.
“Che cosa hai desiderato nonno?”
Cillian lo guardò con curiosità ma Eddy gli diede una gomitata e scosse la testa, asserendo che se il nonno l’avesse detto non si sarebbe avverato. Edward annuì e diede una carezza sulla testa del nipotino, evitando di dirgli che aveva desiderato, semplicemente, che le cose restassero esattamente così com’erano.
 
 
 
 
 
 
 
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Angolo Autrice:
So bene che avrei milioni di cose da scrivere, ma l’idea di scrivere di Nonno Edward alle prese con i suoi 10 turbolenti nipotini era davvero troppo, troppo irresistibile. Mi sono divertita moltissimo a descriverlo come tata della situazione e spero che possiate apprezzarlo anche voi in questa veste.
Giuro che prima o poi chiuderò la raccolta di OS sui ragazzi, ve lo prometto.
A presto!
 
 
 
 
   
 
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