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Autore: Rosette_Carillon    06/05/2021    2 recensioni
La guerra civile è terminata. Bucky vive a New York con Steve, cerca di ritrovare un pò di serenità e recuperare i suoi ricordi.
L'eredità appartiene a lei, ma Marta non sa davvero che farsene, e decide di accettare una proposta di lavoro che la porta a New York: viene assunta da Fury per occuparsi dell'ex Soldato d'Inverno.
[ Captain America; Knives out ]
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James ’Bucky’ Barnes, Steve Rogers
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Black and white photos'
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                                                                                                                          Capitolo 7
                                                                                                                           Reunion

 
                                                                     
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il capitano Rogers è nuovamente in missione.
Bucky legge per tenere la mente impegnata, avere qualcosa su cui concentrarsi.
In una libreria di seconda mano ha trovato un libro che ha catturato la sua attenzione, e ha deciso di comprarlo.
Marta non è certa che sia stata una buona idea.
<< Forse non ha senso, >> le dice un giorno l’uomo, il libro, ormai terminato, posato sopra il tavolo << ma è stato come rivivere il passato. Quando la guerra stava arrivando, e lo sapevamo. Prima, quando andava tutto bene anche se non era vero. C’erano tante cose che non andavano bene, ma ci accontentavamo… bè, no, Steve non è mai stato capace di tenere la testa bassa. >>
Marta non è certa di aver compreso appieno il discorso dell’uomo: è piuttosto vago, e lei non ha mai letto ‘The Reunion’. In silenzio, ascolta lo sfogo dell’uomo.
Forse non potrebbe capire comunque. Per quando cerchi di essere empatica, lei è comunque figlia di un altro periodo storico.
<< Questo libro… mi ha ricordato la mia amicizia con Steve. >>
Amicizia? Fa per chiedere. Era così che la chiamavate? Invece tace: forse si tratta solo di una sua impressione. Chiede se il libro abbia un lieto fine.
Bucky scuote la testa << uno dei due muore. Giustiziato per aver preso parte a una congiura contro Hitler. Era un nazista, eppure il suo amico era ebreo. >>
<< Sia tu che il capitano siete vivi, >> lo rassicura lei << non l’hai ucciso. E non sei un nazista. >>
<< Ci sono andato molto vicino, però. >>
<< Non eri tu, non hai avuto la possibilità di scegliere. >>
L’uomo si passa una mano sul volto, e si scusa. Sospira. << Quello che sto dicendo non ha senso. Il mio cervello non funziona più a dovere. >>
<< La nostra mente è in grado di fare delle associazioni che non sempre sono chiare, ma ciò non significa che siano sbagliate. Bisogna solo prestare un po' più di attenzione. Ogni persona interpreta la realtà in base al proprio vissuto. >>
Bucky le rivolge un sorriso stanco, e la ringrazia: sa essere sempre rassicurante. Non ha idea di dove sarebbe senza lei e Steve.
Probabilmente non sarebbe nemmeno riuscito ad abituarsi a tutta la modernità che lo circonda, ammette. È tutto affascinante, e gli interessa conoscere tutte le novità di quel secolo, eppure…
<< Non sei costretto a farti andare bene ogni aspetto di quest’epoca. >>
Lui ride. È una risata amara, triste. << Invidio il tuo ottimismo, il tuo riuscire sempre a trovare  una soluzione a tutto. >> Scuote la testa << devo adattarmi. Non posso pretendere di star bene in questo secolo se continuo a vivere come fossero gli anni ’30. >>
<< Perché? >> sbotta la donna, cogliendolo di sorpresa. << Chi l’ha deciso? >>
Lui resta in silenzio, interdetto.
<< Ci sono tante persone che vivono come se la tecnologia non esistesse. >>
<< Parli dei monaci tibetani? >>
Marta sospira, ma le sue labbra si piegano in un accenno di sorriso.
<< Prenda il computer, sergente, le mostro qualcosa che probabilmente non si aspetta. >>
Entrano su youtube, e lei gli mostra video di donne che insegnano come ricreare le acconciature degli anni ’50, o gli abiti.
Gruppi musicali che fanno musica swing, electro swing, o anche solo ispirata a quella della prima metà del novecento.
È un video di un trio italiano tutto al femminile* ad attirare l’attenzione di Bucky.
Legge il titolo, e le sue labbra si piegano in un sorriso; Marta gli rivolge uno sguardo incuriosito.
<< Oh, questa è una delle canzoni sconce. >>
<< Allora devi farmela sentire, >> chiede la donna, premendo play.
Il sorriso dell’uomo si allarga, il suo sguardo si assottiglia.
<< Magari possiamo anche ballarla, >> propone lui, mettendosi in piedi e allungando una mano.
Marta si accorge dell’incertezza nello sguardo dell’uomo, e accetta l’invito prima che lui possa cambiare idea.

Zulu man is feeling blue
Hear his heart beat a little tattoo, singing
Diga diga doo, diga doo doo
Diga diga doo, diga doo
 
Si lascia guidare da Bucky, che si muove con più sicurezza rispetto alla prima volta che l’ha invitata a ballare.
Non è certa che le due cose siano collegate ma, col ballo stanno tornando anche i ricordi.
Recuperare la memoria non è un’esperienza piacevole per l’uomo. I suoi ricordi si dividono sostanzialmente in due categorie: quelli che appartengono al Soldato d’Inverno, e che vorrebbe dimenticare, e quelli che appartengono a James Buchanan Barnes, e che lo rattristano scatenando in lui una dolorosa nostalgia del passato.
Ballare però lo rende anche allegro. Gli permette quasi di illudersi che siano ancora gli anni ’30, e che la guerra non sia ancora arrivata.
 
You love me and I love you
And when you love it is natural to
Diga diga doo, diga doo doo
Diga diga doo, diga doo
 
Dopotutto, ballare piace anche a lei.
A volte si pone il dubbio che non sia poco professionale stare così vicina all’uomo ma, dopotutto, non stanno facendo nulla di male.
Proprio come Harlan le aveva insegnato a giocare a go, Bucky ora le sta insegnando a ballare. Spera solo che l’epilogo sarà diverso, spera che ne usciranno tutti vivi.
 
                                                                                                                                                §
 
 
I giorni passano, il Capitano ritorna, e con lui c'è l'agente Romanoff. È quasi mezzanotte quando Marta si decide a spegnere la luce. Forse, sarebbe dovuta andare a dormire prima, ma non aveva sonno. Ora finalmente è stanca, pronta a mettersi sotto le coperte e dormire.
La stanza è immersa in una penombra rischiarata solo dalla lampada sul comodino.
Nonostante l’ora tarda, quella notte non è silenziosa. Da quando si è trasferita lì, ha cominciato a fare attenzione a ogni minimo rumore. Prima era solo la paura che Ransom potesse in qualche modo trovarla, poi quella paura si era trasformata in preoccupazione per Bucky.
I suoni provenivano dall’appartamento che l’uomo condivideva col capitano Rogers. Sembrava che qualcuno stesse parlando.
Marta ripiega i vestiti appena tolti, e li sistema sulla sedia, pronti per il giorno dopo.
I suoni salgono d’intensità, e Marta inizia a preoccuparsi, poi un tonfo sordo e delle voci agitate che parlano in russo e inglese.
Marta attende. Deve andare a controllare?
Se Bucky fosse stato solo, non avrebbe esitato. Attende ancora, ma il caos non sembra placarsi.
Infila le pantofole, e si precipita fuori dall’appartamento proprio mentre la porta dell’altro appartamento viene aperta, e l’uomo compare in corridoio.
<< Marta? Serve il suo aiuto- >>
La donna torna immediatamente torna dentro con un ‘prendo la borsa medica.’
Entra nell’altro appartamento senza sapere bene cosa aspettarsi.
In salotto, seduto per terra c’è il capitano Rogers. Fra le sue braccia, seduta fra le sue gambe, c’è la Vedova Nera, un panno insanguinato premuto contro la fronte.
<< Sono…solo…caduta, >> mormora la donna. Trema appena, il respiro è rapido.
Sul divano alle sue spalle ci sono delle coperte aggrovigliate, e il tavolino vicino a lei è spostato in un angolo strano. Fa strano immaginarsi la Vedova Nera che, a causa del sonno agitato, cade da un divano battendo la testa.
Marta annuisce, e si inginocchia davanti a lei << ci penso io, >> mormora aprendo la borsa.
Da grandi poteri, derivano grandi problemi.
<< Capitano, le metta una coperta sulle spalle. >>
<< Agente Romanoff- >>
<< Natasha, per favore. Non serve tutta questa formalità, non sono così vecchia. >>
<< Mh, hai solo un’ottantina d’anni, >> ribatte Bucky.
<< Ah, taci, >> poi si volta verso Marta << mi dispiace che l’abbiano svegliata, ma sto bene. >>
<< Ha sbattuto la testa, sta sanguinando, e trema. >> Senza aggiungere altro, scosta il panno dalla fronte della donna per esaminare la ferita.
Si stupirà il giorno dopo del tono con cui si è rivolta alla Vedova Nera, in quel momento la sua preoccupazione è un’altra.
Natasha non protesta, stanca e poco abituata a essere messa a tacere in quel modo. Ha davvero freddo, e si stringe addosso la coperta mentre Marta le disinfetta la fronte e Steve, preoccupato, le stringe le spalle.
L’infermiera non dice nulla, non fa commenti. Prima di tornare nel suo appartamento, si preoccupa solo di medicare la ferita, e si accerta che Natasha stia bene.
Da quando è tornata dall’ultima missione, una settimana prima, l’agente Romanoff passa molto tempo in compagnia di Bucky e del Capitano.
I due uomini le stanno vicini e la seguono con lo sguardo, preoccupati; lei non vi bada, o finge di non farlo.
Bucky le racconterà il motivo giorni dopo, senza scendere troppo nei dettagli. Durante l’ultima missione, in Russia, ci sono stati degli imprevisti decisamente poco piacevoli per Natasha, che ha dovuto affrontare un passato che ha sempre cercato di ignorare e dimenticare.
Quella sera Marta torna nel suo appartamento e, chiudendosi la porta alle spalle, immersa nel silenzio del suo salotto, si sente incredibilmente sola.
In quell’ultimo anno, più o meno senza rendersene conto, si è isolata dalle persone che facevano parte della sua vita.
Una lacrima solitaria le riga il volto, la seconda viene asciugata subito con la mano.
La donna si allontana dalla porta, e va in camera sua spegnendo, al suo passaggio, le luci che aveva acceso poco prima, quando era uscita.
Abbandona la borsa medica sul pavimento, e prende il cellulare per vedere l’ora.
Sono quasi le quattro, è passata poco più di un’ora da quando si è svegliata. Non sa se riuscirà a riaddormentarsi, ma non vuole restare sveglia in compagnia di quella malinconia improvvisa.
Si avvolge nelle coperte, e stringe il suo peluche contro il seno, ma continua a sentirsi sola.
Ripensa a Meg, ai messaggi ricevuti da lei, che si ostina a non cancellare, ma a cui non vuole rispondere.
Rivuole Meg nella sua vita? Sì.
È una buona idea? Assolutamente no.
Forse è cambiata, forse no. Vorrebbe darle una seconda possibilità, ma sa bene che non riuscirebbe a fidarsi di lei fino in fondo e, dopotutto, sente che è giusto così.
È giusto che ognuna vada per la sua strada perché, per quanto le manchi, la sua presenza può solo farle altro male.
La mattina seguente si sveglia stanca e stordita. Cerca di nascondersi dietro un sorriso, ma non è, ovviamente, abbastanza per ingannare l’ex Soldato d’Inverno, la Vedova Nera, e il capitano Rogers.
Bucky però deve aver detto agli altri due di non fare domande e, benché trovi imbarazzante che la sua incapacità di mentire sia nota, è grata all’uomo.
 
                                                                                                                                                                     §
 
Bucky non si accorge dello sguardo felice di Steve, del suo sorriso.
Si lascia trascinare dalla musica nel suo ballo solitario. Cerca di non badare ai passi, non li ricorda bene, ma vuole divertirsi, quindi cerca solo di seguire il ritmo.
Si ferma solo quando si accorge dello sguardo dell’altro uomo.
<< Continua, ti prego. Mi piace vederti felice. >>
<< Facevo pena, vero? Puoi dirmelo, non mi offendo. >>
<< Ti ho trovato solo un po' lento… sarà l’età. >>
Ridono assieme, e Bucky gli dice che è stata Marta a convincerlo.
<< Te la cavi ancora, però, >> aggiunge il capitano. È sempre stato bravo… avrebbe voluto chiedergli delle lezioni.
<< Prima avresti dovuto trovare qualcuna da invitare a ballare. >>
<< Ehi! Ero riuscito a rimediarlo un appuntamento. >>
<< Ma davvero? E con chi? La conoscevo? >>
<< … Peggy, >> ammette il capitano in un sussurro.
Bucky lo guarda in silenzio, comprensivo, poi allunga una mano nella sua direzione << vieni qui, potresti ancora riuscire a rimediare qualcosa. Non si sa mai. >>
Il disco in vinile riprende a girare, e le allegre note di ‘sing, sing, sing’ si diffondono nella stanza.








*Il trio a cui mi riferisco è ‘Les Babettes’. La versione originale di ‘diga diga doo’ è del 1928, ma io preferisco quella cantata dalle Babettes XD.





 
  
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