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Autore: Yuki Delleran    07/05/2021    3 recensioni
Lance, principe di Altea, viene catturato e reso schiavo durante l'invasione galra del suo regno. Solo e sotto mentite spoglie in una corte estranea e ostile, dovrà imparare come sopravvivere e mantenere al sicuro un importante segreto mentre piani di distruzione vengono alla luce e l'oscura minaccia di una congiura prende forma attorno a lui e a chi gli è caro.
[Versione riveduta ed estesa della precedente oneshot con lo stesso titolo]
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Kogane Keith, McClain Lance, Takashi Shirogane
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 6

Il viaggio alla volta di Balmera riprese il giorno successivo come se la sera prima non fosse accaduto nulla. Pidge ebbe una breve discussione la mattina con Matt, ma sembrava che stessero solo decidendo che direzione prendere. Rayner aveva l’aria di chi sapeva già tutto senza aver bisogno di fare nessuna domanda. L’unica reale differenza era Keith, che se ne stava rannicchiato sul fondo del carro con espressione cupa e nessuna intenzione di comunicare con il resto del mondo. Lance non provò nemmeno ad avvicinarsi, se Keith aveva deciso di odiarlo solo per il suo tentativo di restare vivo, allora non aveva nessuna intenzione di avere a che fare con lui. Dopo una notte passata in bianco a commiserarsi per il suo destino infausto, si sentiva mortalmente stanco. Ora era meno che mai propenso a fare da balia a un principe in perenne crisi emotiva e apparentemente inconsapevole che la vera difficoltà che tutti loro stavano attraversando era quella di tentare di salvargli la vita e allo stesso tempo restare vivi a loro volta. Se Keith aveva intenzione di continuare a fare i capricci non era affar suo.
In tutta sincerità gli dispiaceva che le cose avessero preso quella piega proprio quando aveva iniziato a pensare che tra loro sarebbero potute appianare. Gli era sembrato, per un attimo, che Keith volesse davvero impegnarsi a diventare una persona migliore, ma aveva evidentemente fatto un errore di valutazione.
Lanciò un’occhiata all’interno del carro come ad assicurarsi che il principe fosse ancora là ma, quando lo vide alzare impercettibilmente la testa, tornò velocemente a voltarsi verso Pidge, al suo fianco a cassetta, e a concentrarsi sui suoi discorsi riguardo i cristalli di Balmera.
La ragazza si rese conto della sua momentanea distrazione e, per recuperarne l'attenzione, gli indicò una folta macchia di vegetazione che copriva buona parte dell’orizzonte.
«Quelle sono le foreste di Olkarion.» disse. «Matt e io siamo originari di questa zona, da piccoli ci siamo divertiti spesso a esplorarla. Una volta oltrepassate saremo ufficialmente in territorio di Balmera, ormai non manca molto.»
Lance si lasciò sfuggire un sospiro.
«Ammetto di non vedere l’ora di arrivare, voglio rivedere al più presto mia sorella.»
Si accorse un secondo troppo tardi di essersi esplicitamente riferito ad Allura come una sua consanguinea, ma ormai non era più necessario dissimulare.
Pidge non dette nessun segno di sconvolgimento.
«Sono sicura che starà bene e che non veda l’ora di riabbracciarti.» commentò semplicemente e Lance le fu grato di quelle poche parole.
I carri procedevano spediti in fila indiana sul sentiero sterrato: doveva essere una via battuta spesso dalle carovane, poiché il terreno non era per nulla impervio e le ruote procedevano senza incappare in buche o sobbalzi.
«Sai, quando eravamo piccoli nostra madre ci sgridava sempre quando venivamo a giocare in questa zona.» disse Pidge. «Diceva che era territorio di caccia dei banditi e che avremmo finito per cacciarci in qualche guaio. A giudicare dallo stato delle strade direi che di banditi non se ne vedono da un pezzo.»
Rise come se si fosse trattato di una battuta divertente, ma Lance, in cuor suo, si augurò che avesse ragione.
Non ebbe nemmeno la possibilità di portare a termine quel pensiero che si udì un sibilo e qualcosa si conficcò nel telone che ricopriva il carro con un tonfo sordo. Pidge diede un brusco strattone alle redini e il cavallo scalciò, allarmato. Quando Lance si sporse per vedere cosa stava succedendo, si sentì gelare. Un gruppo di uomini vestiti di nero, dal volto coperto e armati fino ai denti stava circondando i carri, costringendoli a fermarsi. Sembravano sbucati dal nulla, non era possibile che così tante persone fossero celate dietro gli sporadici cespugli. Possibile che li stessero aspettando al riparo della foresta?
Le frecce iniziarono a volare e ben presto nemmeno l’interno dei carri fu più un posto sicuro. Pidge brandì un lungo coltello da caccia mentre balzava a terra pronta ad affrontare gli assalitori. Nel carro davanti a loro anche Rayner e Hunk erano pronti allo scontro, mentre alle loro spalle Matt rispondeva alla pioggia di frecce mirando in modo preciso agli assalitori e Shiro era pronto a dargli manforte sguainando la spada. Lance, terrorizzato, si era appena rifugiato dietro il sedile sperando di esser abbastanza al riparo, quando vide Keith scavalcare il fianco del carro con la spada in pugno, pronto a gettarsi nella mischia.
Quello stupido non era ancora guarito completamente dalla sua ferita, avrebbe finito per farsi ammazzare.
Si sporse allo scoperto solo per scoprire che la situazione all’esterno era un caos: gli assalitori erano almeno una ventina e i suoi compagni faticavano a tenere loro testa. Anche Shay ora stava combattendo e, in mancanza di un’arma, attaccava con un lungo e robusto bastone, ottimo per tenere gli avversari a distanza. Lance sentì una stretta allo stomaco: lui non era un guerriero, non sapeva combattere e, anche se avesse voluto essere d’aiuto gli amici, sapeva bene che avrebbe finito per intralciarli e metterli in pericolo. Mentre formulava questo pensiero sconfortante, gli balzò all’occhio un particolare che gli rese impossibile rimanere ancora nascosto senza fare nulla: quei sedicenti banditi erano vestiti e mascherati allo stesso modo dell’assassino che aveva assalito Keith nella sua stanza a palazzo. Non poteva essere una coincidenza, quella gente era lì per un motivo, aveva aspettato proprio loro e poteva avere un unico scopo.
Quando ne vide due ingaggiare battaglia proprio con Keith ogni dubbio evaporò: quelli erano emissari di Lotor inviati fin lì allo scopo di uccidere il principe.
Il suo temporeggiare non durò un istante di più. Pur non avendo ben chiaro in mente cosa fare, uscì allo scoperto e corse verso Keith, ogni irritazione nei suoi confronti evaporata di fronte alla concreta possibilità che potessero fargli del male.
Una freccia sibilò sopra la sua testa, rendendolo bruscamente consapevole di essere disarmato, e Lance alzò un braccio d’istinto per ripararsi. Lo scudo di luce azzurra emanata dal cristallo di Balmera si frappose tra lui e gli assalitori, facendo rimbalzare le frecce e tenendolo al sicuro. Questo però non era affatto sufficiente, se non avesse raggiunto Keith il suo intervento non sarebbe servito a nulla e il principe rimaneva ancora troppo lontano. Per quanto fosse abile, poteva notare anche da quella distanza la sua stanchezza e la sua sofferenza: non avrebbe resistito a lungo. Quando alzò la testa per correre in suo aiuto, Lance notò un bagliore nella luce chiara del mattino e si rese conto con orrore che si trovava sulla linea di tiro di un arciere. Non sarebbe arrivato in tempo. Esattamente com’era successo a palazzo, era solo questione di secondi, doveva agire ora.
Chiuse le dita sul cristallo di Balmera, lo strinse come un’ancora a cui aggrapparsi nel caos che lo circondava e, un istante dopo, lampi azzurrini si sprigionarono da esso, colpendo inesorabilmente chiunque potesse essere una minaccia. Cadde l’arciere che aveva preso di mira Keith, così come i due con cui il principe si stava scontrando. Cadde l’assalitore che aveva aggredito Pidge e quello che non era ancora stato raggiunto da una freccia di Matt. Medesima fine fu riservata a chi aveva ingaggiato battaglia con Shiro e Rayner. I restanti, terrorizzati da quanto accaduto così all’improvviso, abbandonarono le armi e si diedero a una fuga precipitosa.
Matt e Pidge accennarono a inseguire i fuggiaschi ma Rayner li richiamò immediatamente. La donna olkari si avvicinò con circospezione al più vicino dei caduti e Lance fu attraversato da un brivido. Li aveva uccisi tutti? Non si era controllato, aveva lasciato che l’energia si sprigionasse senza freni, poteva aver fatto una strage.
Rayner controllò alcuni degli uomini a terra e tornò verso gli altri che erano rimasti in silenziosa e immobile attesa.
«Sono privi di sensi ma sono vivi.» disse. «Non posso garantire che non abbiano subito danni, lo shock è stato forte, ma respirano.»
Lance sentì che le ginocchia gli venivano meno e si accasciò a terra. Respirò profondamente e tentò di tenere a bada il panico che aveva sentito scatenarsi. Realizzò a malapena che qualcuno lo superava correndo e sentì la voce di Shiro, che si accertava che il principe fosse incolume. Quando alzò lo sguardo su di loro, vide che Keith teneva una mano premuta sul fianco e che la stoffa della sua camicia era imbrattata di sangue. Era probabile che la ferita si fosse riaperta. Peccato, stava guarendo bene, però almeno era vivo…
Non riuscì ad articolare nessun altro pensiero o suono coerente, si sentiva svuotato, totalmente esausto, come se tutta la sua energia fosse stata risucchiata dal cristallo e usata per quell’attacco. Ignorò persino Pidge che, abbandonata l’arma, gli sfrecciava accanto in direzione di Keith.
«Non toccarlo, Shiro, ci penso io!» stava dicendo.
Reagì solamente quando avvertì il tocco di una mano familiare sulla spalla e, alzando gli occhi, riconobbe Matt che gli sorrideva.
«Li hai stesi per bene, eh?»
«E loro hanno steso me.» borbottò Lance. «Non riesco ad alzarmi.»
Mentre parlava lo raggiunsero anche Hunk, Shay e Rayner. Tutti sembravano preoccupati e la ragazza si chinò sollecita su di lui.
«Sei ferito, Lance?» chiese. «Sei stato eccezionale, ci hai salvati tutti.»
Il giovane scosse la testa.
«Sto bene. È stato tutto così rapido che non so nemmeno come sia successo.»
«Lascia che ti aiuti.» disse Hunk passandosi un suo braccio attorno alle spalle e sollevandolo quasi di peso.
Nella sua espressione, così come in quella degli altri che lo circondavano, Lance lesse un calore che aveva temuto di non vedere mai più. Persino Rayner gli sorrideva e sembrava preoccupata per lui.
«Portalo nel mio carro.» disse infatti. «Shay si occuperà di lui. Hunk, tu mettiti alla guida del carro di Pidge mentre lei pensa al principe. Dobbiamo ripartire subito, prima che quei tipacci ci ripensino e tornino indietro o, peggio, ne arrivino altri.»
Tutti eseguirono all’istante, senza nemmeno immaginare di mettere in discussione gli ordini di Rayner e, pochi minuti dopo, erano di nuovo in viaggio.
Lance, seduto sul fondo del carro da lei condotto, era circondato dalle premure di Shay. La ragazza si era assicurata che stesse comodo, che riposasse bene, che avesse dell’acqua pronta in caso di necessità e, soprattutto, che non avesse riportato ferite. Le aveva ripetuto che stava bene, che era solamente molto stanco a causa, probabilmente, dell’uso improvviso e massiccio del potere del cristallo, non avrebbe impiegato molto a riprendersi. Tuttavia le era molto grato per quella vicinanza. Nonostante avesse avuto modo di vedere con i suoi occhi che i membri del gruppo di spie non sembravano avercela con lui per la rivelazione della sua identità, non era certo che in uno scambio a tu per tu fossero a loro agio. Invece erano corsi subito a soccorrerlo, come se lui fosse davvero parte del gruppo e fossero sinceramente preoccupati per la sua salute. Hunk lo aveva sorretto fino al carro e Shay si era presa cura di lui con incredibile attenzione. Questo gli toglieva un gran peso dal cuore e lo faceva sentire meglio.
«Credi che Keith e Shiro mi perdoneranno?» si azzardò quindi a chiedere.
Shay lo fissò con espressione confusa, come se quello che aveva appena sentito non avesse il minimo senso.
«Per cosa dovrebbero perdonarti, scusa? Semmai dovrebbero ringraziarti. Hai appena salvato la vita del principe per la seconda volta, non vedo davvero alcun motivo per avercela con te.»
«Sei gentile a dire così, ma credo che siano entrambi offesi perché ho celato loro la mia identità. Shiro penserà che non ho avuto fiducia in lui, nonostante mi abbia sempre aiutato in tutto e Keith… Keith probabilmente penserà che sono stato l’ennesimo che gli ha mentito per tornaconto personale o qualcosa del genere.»
Matt lo aveva già rassicurato riguardo al fatto che presto i compagni sarebbero entrambi rinsaviti, ma Lance non riusciva a farsene una ragione. Aveva avuto l’impressione che Shiro lo evitasse deliberatamente, mentre con Keith non ci aveva provato neanche, sentiva la sua ostilità nell’aria.
«Se questo ti provoca così tanto disagio forse dovresti provare a parlare con entrambi.» rispose Shay. «Conosco Shiro da un po’ e so per certo che è una brava persona, si fa sempre in quattro per gli altri e ha un senso della giustizia che ho visto poche volte, ma immagino che questo tu lo sappia già. Sono sicura che, se anche adesso si sentisse confuso, capirà presto che hai agito solo per proteggere te stesso. Con Keith invece forse sarà più complicato, ha un carattere che farebbe scappare la pazienza a chiunque ed è più viziato di quanto sembri e pensi di essere. Forse ci metterà un po’ di più a superare la sua sindrome della vittima, ma potrebbe sorprenderci tutti. Fossi in te non getterei la spugna con lui.»
Lance annuì. Non che avesse mai favoleggiato di costruire rapporti sinceri durante un periodo di prigionia, ma, nonostante tutto, l’amicizia di Shiro era stata di enorme sostegno per lui e aveva l’impressione che lui e Keith si stessero avvicinando, si stessero capendo poco a poco, non voleva mandare tutto all’aria.
«Piuttosto.» continuò Shay cambiando discorso. «Chissà chi erano quei tipacci? Erano troppo abili per essere semplici banditi e, in ogni caso, questa zona non dovrebbe più essere soggetta a scorribande da tempo.»
«Erano emissari di Lotor.» disse Lance, stupendola di nuovo.
Brevemente le raccontò come li aveva riconosciuti e le caratteristiche che avevano in comune con gli assalitori che avevano colpito a palazzo.
Shay non tentò nemmeno di dissimulare la propria preoccupazione: se gli emissari del primo principe li avevano seguiti fin lì la situazione non era rosea, era possibile che proseguissero anche oltre i confini di Balmera. Ormai mancava poco, sperava che una volta raggiunte le cave dove si celava la base del loro gruppo di spionaggio sarebbero stati più protetti.
Anche Lance non vedeva l’ora di raggiungere Balmera, anche se per ragioni differenti.
«Sono certa che anche tua sorella non veda l’ora di riabbracciarti.» disse Shay gentilmente, strappandogli finalmente un sorriso.

Arrivarono a Balmera senza particolari clamori, anzi il confine venne attraversato senza che nessuno ne facesse parola o mostrasse di essersene accorto. Ovviamente tutti ne erano comunque consci e l’attenzione era ancora molto alta a causa del recente attacco.
Durante le ultime soste avevano montato la guardia a due a due per tutta la notte, tenendo sempre il fuoco acceso e facendo in modo che nessuno si trovasse isolato dagli altri. La mancanza di riservatezza non aveva dato a Lance la possibilità di chiarire con Shiro e Keith ma, laddove il principe ancora lo fissava di sottecchi con aria imbronciata, il capitano sembrava più rilassato nelle sue vicinanze e aveva ripreso a rivolgersi a lui con una certa naturalezza. Forse, come avevano suggerito sia Matt che Shay, le cose con lui si sarebbero davvero appianate facilmente.
L’occasione per parlargli giunse durante l’ultima notte prima di raggiungere le cave. I turni di guardia erano stati organizzati in modo che ne avessero uno insieme e, mentre sedevano davanti al fuoco, Lance approfittò della possibilità che gli era stata concessa per tentare di intavolare una conversazione.
«Come sta Keith?» chiese, senza azzardarsi a guardare in faccia Shiro.
Era consapevole che quello fosse il tasto più dolente che potesse toccare in quel momento, ma era anche l’argomento che gli stava più a cuore e Lance non era il tipo da girare attorno ai discorsi, quando teneva a qualcosa.
Non si voltò a vedere l’espressione di Shiro ma, con la coda dell’occhio, intravide che lo stava guardando.
«Molto meglio.» rispose il capitano in tono cauto. «In questi ultimi giorni le cure di Pidge stanno facendo effetto e la ferita si sta di nuovo rimarginando. Ora il vero problema sarà convincerlo a rimanere fermo ancora per un po’.»
A Lance sfuggì un sorriso.
«Immagino che ora mi odi. Gli ho mentito, ho tradito la sua fiducia come tutti gli altri.»
Shiro sospirò.
«Non è così semplice. Con il principe non è mai semplice, ma non penso che ti odi. Piuttosto si sente offeso perché non ti sei fidato di lui a sufficienza per rivelargli la verità. Penso che stia mettendo in discussione molti dei suoi principi.»
«Anche tu ti senti offeso?» domandò Lance in un soffio.
«Lo sono stato per un attimo.» ammise Shiro. «Poi mi sono sentito uno sciocco e un ingenuo. Mi sono atteggiato come il grande protettore dei deboli quando tu stavi combattendo una battaglia quotidiana per la sopravvivenza che non immaginavo nemmeno. Non ho nessun diritto di sentirmi offeso, piuttosto dovrei ringraziarti di avermi concesso la tua fiducia… altezza.»
«Ti prego, solo Lance.» rispose di slancio il giovane principe, commosso suo malgrado da quelle parole. «In teoria dovremmo addirittura essere nemici.»
Shiro sviò lo sguardo e, ora che si era voltato nella sua direzione, Lance notò un lieve rossore che poteva essere imputato all’imbarazzo o alla semplice vicinanza del fuoco.
«Sono già stato rimproverato a sufficienza da Matt riguardo a questo e, francamente, dopo aver scoperto di avere un fidanzato spia al soldo della parte avversa, non vedo che problema potrebbe rappresentare fraternizzare con un principe nemico.»
Lo disse in tono ironico e, a ben vedere, tutta quella situazione aveva i suoi lati assurdi, quindi Lance non poté fare a meno di ridere.
«Domani arriveremo alle cave.» continuò Shiro. «Sono certo che una volta al sicuro il principe si sentirà più tranquillo. Se lui e tua sorella riusciranno a trovare un accordo conveniente per entrambi i regni, sarebbe la soluzione per salvare innumerevoli vite.»
Già, si disse Lance, finora aveva evitato di pensarci ma c’era anche quel problema. Se Keith e Allura si fossero scontrati, cosa che, dato il carattere del principe, faticava a ritenere evitabile, non solo tra loro si sarebbe creata una frattura insanabile, ma anche i rispettivi regni ne avrebbero sofferto. Su Altea pesava già il giogo dell’invasione nemica ed era certo che l’ascesa di Lotor non avrebbe che peggiorato la situazione: doveva assolutamente fare in modo che si stabilisse un accordo che salvasse la sua gente.
«Farò il possibile e anche l’impossibile per far sì che accada.» disse Lance. «Grazie per l’appoggio che mi dai.»
Shiro sorrise nella luce tremolante del fuoco. Come sempre la sua vicinanza riusciva  a farlo sentire più sicuro di sé e la conversazione proseguì su toni più leggeri fino al cambio del turno di guardia. Al momento di coricarsi Lance era decisamente più tranquillo e in pace con sé stesso: i sensi di colpa per aver celato la sua identità se ne erano in parte andati e ora riusciva a vedere più chiaramente cosa li attendeva.

Lance non sapeva bene cosa aspettarsi dal loro arrivo alle cave dei cristalli di Balmera. La parte fantasiosa della sua mente si era immaginata una sorta di comitato di benvenuto con sua sorella in abiti ufficiali, squilli di trombe, baldacchini e tutto il resto, come avveniva durante le cerimonie reali ad Altea. La parte avventurosa invece aveva favoleggiato di spie sotto copertura che chiedevano parole d’ordine e introducevano la compagnia attraverso cunicoli labirintici alla volta di stanze segrete dove i superstiti si erano rifugiati. Rimase quindi piuttosto deluso quando non si presentò nessuno e scoprì che le cave erano delle vere e proprie miniere, che scavavano il fianco di una montagna per estrarre i famosi cristalli oltre che minerali pregiati di ogni sorta.
«Balmera è molto ricca dal punto di vista minerario.» gli spiegò Shay. «Oltre ai cristalli che estraiamo per gli alteani, anche il commercio di metalli, preziosi e non, è molto fiorente. Buona parte del ferro utilizzato per le armi galra viene da miniere come questa, così come l’oro per i gioielli.»
Lance non si era mai chiesto di cosa sopravvivesse la popolazione di Balmera, il cui territorio era principalmente montuoso. Aveva pensato a loro sempre e solo come fornitori di cristalli, ma ora si rendeva conto che su quelle cave e sulle miniere disseminate lungo quelle montagne si basava l’economia dell’intero regno. L’ennesimo che, se fosse caduto nelle mani di chi mirava a conquistare il potere, sarebbe stato schiacciato da quella stessa brama.
I carri si fermarono in un ampio spiazzo antistante gli scavi veri e propri. Pochi passi più avanti il terreno precipitava vertiginosamente verso il basso in una conca di roccia scavata, alle cui pareti erano appoggiate delle robuste scale di legno. Qua e là lungo il ciglio erano sparsi rozzi capanni per gli attrezzi. Nulla sembrava indicare che quel luogo fosse frequentato da qualcuno di diverso dai minatori, men che meno abitato in forma stabile. Matt smontò dal suo carro e Hunk e Shay gli si affiancarono. Il giovane cuoco non trattenne un sospiro di pura nostalgia.
«Non tornavo a casa da troppi anni.» disse, lasciando vagare lo sguardo sognante su quelli che a Lance sembravano solo sassi.
«Anch’io.» fece eco Shay, mentre Matt le metteva una mano sulla spalla con un sorriso.
«Bentornati, ragazzi. Vedrete che non è cambiato proprio niente, abbiamo solo qualche nuovo inquilino.»
Così dicendo tornò indietro di qualche passo e si affiancò a Shiro, che si guardava attorno chiaramente sulle spine.
«So cosa stai pensando.» mormorò con un tono di voce dolce e basso. «Ti aspettavi un invito in una bella casetta sui monti, circondata dai prati, dove avresti conosciuto i miei genitori e la mia sorellina con i fiori nelle trecce. Ti avrebbero accolto con gioia e saresti stato uno di famiglia con cui bere latte caldo e intrattenersi la sera davanti al camino. Mi dispiace che non sia andata così.»
Shiro gli rivolse uno sguardo scettico.
«Tu non bevi latte caldo e sapevo benissimo che tua sorella non era tipo da fiori nei capelli, figuriamoci da trecce.» commentò, stemperando la tensione.
Matt ridacchiò suo malgrado e gli posò un bacio fuggevole su una guancia.
«Non ci sono nemmeno la casetta, i prati e i genitori, ma ti prometto che troverai comunque camini e una bella famiglia che ti accoglierà.»
Dopo quella dimostrazione di incrollabile ottimismo, Matt si rivolse al resto del gruppo, cosa di cui Lance gli fu grato perché iniziava a sentirsi decisamente a disagio.
«Io vado avanti con Hunk e Shay, per annunciare che siamo arrivati. Ci attendono, ovviamente, ma non sono i tipi da amare le sorprese. Rayner e Pidge intanto si occuperanno di mettere al sicuro i carri. Shiro, Lance e Keith, voi aspettate qui finché non vi vengo a prendere, sarà questione di pochi minuti.»
Così dicendo si avviò verso le scale che conducevano nella conca e, ben presto, i tre rimasero da soli.
Erano giunti in un luogo in cui sarebbero stati finalmente al sicuro, avrebbero avuto un tetto sopra la testa e pasti caldi, inoltre avrebbe riabbracciato sua sorella a momenti. Lance sapeva di dover essere felice, eppure si sentiva in ansia. Percepiva lo sguardo di Keith fisso su di sé e non aveva idea di come affrontarlo: da una parte il suo istinto gli suggeriva di iniziare il discorso scusandosi, ma a mente fredda Lance sapeva benissimo di non avere nessun motivo valido per farlo. Se era lì ora era stato solo grazie a quella bugia, checché ne dicessero gli altri.
Conscio probabilmente della tensione che si accumulava, Shiro propose a entrambi di sedersi all'ombra di cespugli poco distanti: avrebbero potuto riposarsi e, allo stesso tempo, essere più al riparo che in uno spiazzo aperto.
Keith lo seguì senza una parola, indifferente alla proposta, e Lance non poté far altro che accodarsi e lasciarsi cadere sull’erba fresca accanto al principe.
Keith non lo guardava nemmeno e la sua ostilità era palpabile. Quando gli fu chiaro che Shiro non avrebbe fatto nient’altro, Lance si decise a mettere fine a quella situazione ridicola.
«Come va la tua ferita? Pensi di riuscire a scendere?» chiese, indicando le scale a pioli appoggiate oltre la parete verticale.
Keith seguì con lo sguardo la direzione da lui indicata, poi alzò le spalle.
«Certo.» fu la sua unica risposta.
Quell’ostentata indifferenza indispettì Lance più di quanto avrebbe pensato.
«Non pensi che dovresti essere più gentile con chi ti ha salvato la vita per ben due volte?» lo rimbeccò.
Keith gli rivolse un’occhiataccia.
«Dovrei essere gentile con chi mi ha mentito per tutto questo tempo?»
«Altezza… » tentò di metterlo in guardia Shiro, ma Lance non gliene diede il tempo.
«Sei serio?! Dimmi che non pensi veramente quello che hai appena detto!» scattò.
«Invece lo penso e penso anche che stavo iniziando a fidarmi di te nonostante fossi solo uno schiavo!» ribatté Keith, balzando in piedi. «Non mi sembrava vero per una volta aver trovato qualcuno che mi diceva le cose come stavano, che era sincero e non aveva paura di contraddirmi. Che non mi assecondava per trarne vantaggio. Invece era tutta una presa in giro! Fin dall’inizio mi hai mentito per il tuo tornaconto!»
«Il mio…»
Lance si alzò a sua volta, i pugni stretti che tremavano per la rabbia, totalmente incredulo che quello stupido principe fosse riuscito davvero a fare un discorso del genere. Sentendo Shiro dire che stava riflettendo, si era illuso che avesse messo in moto il cervello, ma evidentemente era chiedere troppo.
«E cosa avresti fatto se l’avessi saputo fin dall’inizio, sentiamo!» esclamò, guardandolo dritto negli occhi con espressione di sfida. «Il principe sopravvissuto di Altea era finito nel tuo harem, che ne avresti fatto?»
«Ti avrei protetto!»
Una risposta così banale, così facile da dare ora con il senno di poi, che Lance perse definitivamente le staffe.
«Non mi avresti protetto, Keith! Non l’avresti fatto! Non l’hai fatto nemmeno quando pensavi che fossi un comune cittadino! Non hai avuto scrupoli a lasciarmi in balia delle guardie, quando pensavi che fosse il male minore! Quindi perdonami se, rispetto al disagio che provi quando qualcuno ti mente, ho dato la priorità alla mia sopravvivenza!»
Prendendo fiato, distolse lo sguardo e si lasciò di nuovo cadere sull’erba. Finalmente l’aveva detto, aveva tirato fuori tutto quello che aveva trattenuto per troppo tempo. Forse Keith lo avrebbe odiato, forse non gli avrebbe più rivolto la parola, distruggendo definitivamente la fragile amicizia che stava nascendo tra loro, ma Lance non avrebbe più tollerato tanta cecità e ottusità. Per la prima volta da giorni si sentiva libero dal peso dell'angoscia che quell’assurda situazione gli provocava. Aveva ben altro di cui preoccuparsi piuttosto che le ossessioni di un principe egocentrico. Ne andava della vita e del futuro di tutti.
Un lieve tossicchiare poco lontano spezzò il silenzio che era calato tra loro.
«Scusate se interrompo il vostro… ehm… amichevole scambio, ma c’è qui qualcuno che vorrebbe darvi il benvenuto.» disse Matt, giunto a prenderli.
Tre paia di occhi si alzarono all’unisono su di lui e sulla figura che lo accompagnava: una giovane donna dalla pelle scura e dal volto incorniciato da una cascata di splendenti riccioli candidi.
«Principe Keith, capitano Shirogane, vi presento…»
«Allura!» lo interruppe Lance, volando tra le braccia della sorella, quasi gettandola a terra nell’impeto.
Lei lo accolse stringendolo e con le lacrime agli occhi.
«Credevo che fossi morto!» singhiozzò affondando il volto nella sua spalla. «Coran aveva detto che ti avevano portato via con gli schiavi, non me lo sono mai perdonata e neanche lui! Oh, Lance, è incredibile! Sei qui! Sei davvero qui!»
Lo allontanò da sé quel tanto che bastava per poterlo ammirare e si asciugò gli occhi.
«In questi mesi sei diventato ancora più alto.» disse accarezzandogli una guancia. «Mi sembra di non vederti da anni. Quello che eravamo… sembra trascorsa una vita intera…»
Il suo sguardo si velò di tristezza ma, un attimo dopo, si rivolse alle persone dietro di lui.
«Vi chiedo scusa per questo momento di emotività. Sono la principessa Allura, erede al trono di Altea. Vi ringrazio infinitamente per esservi presi cura di mio fratello e avermelo riportato sano a salvo.»
A quelle parole Lance avrebbe voluto specificare che le cose non stavano esattamente così, ma quello non era il tempo né il luogo per essere pignoli. La gioia di rivedere Allura aveva spazzato via tutta la rabbia che provava nei confronti di Keith e non voleva riportarla a galla. Era una questione che necessitava lucidità.
Shiro si fece avanti e s’inchinò formalmente di fronte a lei.
«È un onore fare la vostra conoscenza, vostra altezza. Sono il capitano Takashi Shirogane della guardia reale di Daibazaal, al vostro servizio.»
Allura gli concesse un elegante baciamano, ma il suo sguardo era fisso su Keith. Lance si augurò che il principe non avesse scelto proprio quel momento per mostrarsi per l’individuo incivile che appariva a volte.
Keith fece un passo avanti e chinò appena il capo, in segno di saluto e rispetto verso una sua pari.
«Sono Keith di Daibazaal e sono io a dovervi porgere i miei più sentiti ringraziamenti per avermi accolto nel vostro rifugio come amico, quando non sono altro che un esule dalla mia terra, vostra nemica e causa di tanta sofferenza.»
La principessa tacque per un attimo, impressionata da quei modi cerimoniosi.
«Sono certa che, se esiste buona volontà da parte di entrambe le fazioni, sarà possibile trovare un punto comune in questa incresciosa situazione.» disse, mantenendo a sua volta un tono il più distaccato possibile.
Lance non ne era certo ma aveva l’impressione che menzionare di essere causa di tutto il loro dolore proprio durante quel primo incontro non fosse stata una mossa saggia da parte di Keith. Leggeva sul volto di Allura l’ombra del sospetto celata dietro i modi formali e la gratitudine per le persone che lo avevano accompagnato. Se così fosse stato non poteva darle torto, nemmeno lui avrebbe visto di buon occhio il principe nemico, il cui esercito aveva sterminato la sua famiglia, presentarsi alla porta di casa sua per chiedere asilo, per quanto Matt e gli altri avessero spiegato la situazione. Sperava di avere tempo a sufficienza per parlare con lei prima che iniziassero i negoziati per l’accordo e Keith rischiasse di mandare tutto a monte, condannando a morte sé stesso e due interi regni popolati di persone innocenti.

Continua...


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