Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: MadMary    08/05/2021    0 recensioni
Aceto Doppio era sempre stato affascinato dagli Strip Club, ma non si era mai osato.
Quella sera, però, si sentiva diverso: una forza non troppo sconosciuta lo stava spingendo ad entrare, a sperimentare. Doppio sentiva di aver bisogno di contatto umano, come se la sua vita dipendesse da quello.
Entrando nel locale capì di aver fatto la scelta giusta, quando posò gli occhi su di lei e la forza sovrannaturale lo spinse a prenderla.
Genere: Angst, Dark, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Diavolo, Doppio Aceto, Ghiaccio, Prosciutto, Risotto Nero
Note: Lemon | Avvertimenti: Non-con, Threesome, Violenza
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TW: sangue; blood kink 





 

Celeste si fermò sul posto quando sentì lo scatto della serratura aprirsi, accompagnato dal rumore pesante della porta d’ingresso che si spalancava cigolando, lasciando entrare nella casa dei passi pesanti.  

Il coltello che stringeva fra le dita iniziò a tremare assieme al suo corpo, impedendole di continuare a tagliare la verdura che stava preparando per il loro pranzo, mentre tratteneva il respiro, sentendosi strozzare nell’attesa di quella voce calda e stranamente rassicurante per lei, soprattutto dopo la notte passata con Prosciutto.  

Aveva bisogno di sentirlo. 

-Capo, giusto in tempo! Vieni a bere qualcosa mentre aspettiamo che sia pronto da mangiare!- 

-Abbiamo anche due cosine interessanti da dirti; ti verso un pochino di Montenegro dai.- 

-Siediti pure qua, mi sposto io.-  

Quelle non erano le voci che Celeste sperava di sentire e ciò la costrinse a rimanere ancora immobile, nell’attesa di udire quello di cui aveva bisogno; quando accadde, sentì le sue gambe quasi cedere e si maledisse per quanto deludente fosse come persona, persino per sé stessa. 

-Va bene... arrivo.- disse svogliatamente Risotto Nero, facendo subito rilasciare un sospiro di sollievo dalle labbra rosee della ragazza. 

Era tornato.  

Era tornato da lei. 

-Ahi!- strillò, quando la lama affilata del coltello affondò nella carne del suo dito e non nella carota appoggiata sul tagliere. 

Che pensieri le stavano venendo in mente?! Come poteva immaginare certe cose sul suo rapitore e stupratore?! Stava per caso impazzendo? Si vergognava così tanto per quei pensieri, così invasivi e surreali, su quell’uomo malvagio, ma non riusciva a farne a meno: doveva vederlo, ne aveva bisogno. La sua presenza la faceva sentire come... al sicuro, nonostante fosse perfettamente conscia del fatto che lui stesso era il pericolo da cui doveva, teoricamente, fuggire. Eppure, anche se razionalmente sapeva cosa fosse giusto e cosa no, non riusciva a controllare quella strana sensazione di calore che le si accendeva nel petto quando lo sentiva parlare, quando riconosceva i suoi passi minacciosi, quando incontrava quei suoi occhi così particolari, che parevano guardarla con quasi misericordia.  

Si sentiva a disagio quando quei pensieri le occupavano la mente; lo aveva letto in alcuni romanzi, di infima qualità, di donne che diventavano quasi ossessionate dai propri rapitori, ma non aveva idea che ciò potesse accadere realmente. Non era solo frutto di una perversa fantasia adolescenziale? Come ci si poteva “innamorare” della causa della propria morte? Quelle donne erano ridicole e lei non era deludente come loro. 

Lei era una donna forte. 

Scosse la testa infastidita, mentre si toglieva il dito pulsante dalla bocca e apriva l’acqua del lavandino, lasciando che il getto freddo lavasse la ferita aperta e grondante di sangue; si era aperta il polpastrello dell’indice sinistro. 

-Cucciola, che succede?- chiese interessato Illuso, sporgendo la testa dalla porta della cucina, attirato dal piccolo urlo di dolore di prima. 

-Niente, mi sono solo tagliata...-  

-Dove? Fa vedere.-  

La ragazza rimosse la mano dalla corrente e la porse all’uomo, che prese delicatamente fra le dita quelle di Celeste, scrutando con attenzione il profondo taglio che si era procurata. 

-Uhm...- disse, premendo leggermente la carne macchiata fra il proprio indice e pollice, provocandole una smorfia di dolore –Io ci darei due punti; non è uno squarcio lungo, ma stai perdendo molto sangue, devi essere andata ben in profondità con la lama.-  

-No no, non c’è bisogno dei punti. Basterà un cerotto, tranquillo.- provò a controbattere Celeste, allontanando la propria mano da Illuso, mentre sentiva il liquido cremisi scorrerle giù per la mano.  

-Ne saprò qualcosa in più sulle ferite da taglio io, non credi cucciola?-  

-Non voglio essere di disturbo, davvero. Non preoccuparti.- 

L’uomo la fissò con uno sguardo divertito, prima di abbassare le iridi rosse verso i suoi piedi, ridacchiando. 

-Stai macchiando il pavimento.- 

-Cosa?!-  

Fece un piccolo salto all’indietro quando vide tutte quelle piccole gocce scarlatte sparse sulle piastrelle color crema della cucina, proprio sotto il suo corpo, stringendo inconsapevolmente la mano ferita, gemendo scoraggiato alle fitte di dolore provocate dall’azione. 

-Allora, vuoi farti cucire il dito o no?- questa volta il tono dell’uomo dai capelli castani parve più infastidito di prima, mentre si appoggiava pigramente al piano dei fornelli, attendendo una risposta da parte della ragazza, che annuì. 

-Sì, sto perdendo più sangue di quanto immaginassi...- 

-È normale; ti sei tagliata in una zona abbastanza irrorata, in più hai affondato per bene la punta del coltello. Si può sapere a che stavi pensando per tagliarti così? Sei incredibile.- ridacchiò ancora, aprendo nuovamente l’acqua del lavandino, afferrandole il polso e costringendola sotto il getto freddo -Sciacquati un po’, sembra quasi che tu abbia ucciso qualcuno.- 

Il rumore di passi pesanti e lenti attirò l’attenzione di entrambi e Celeste seppe subito riconoscerli. 

-Che sta succedendo qui?- tuonò Risotto, fermandosi sulla soglia della porta, osservando con fare severo le due figure davanti a lui. 

-Non preoccuparti capo, si è solo tagliata un dito. Ha bisogno di qualche punto secondo me... tu che dici?- e lasciò che l’uomo dai capelli bianchi si avvicinasse, per mostrargli la ferita. 

Alla vista di quella mano macchiata di rosso vivo, l’uomo trattenne per qualche istante il respiro, rapito da quell’immagine. Celeste lo guardò con fare confuso: ma cosa stava facendo? Si stava per caso sentendo male alla vista di un po’ di sangue?  

Impossibile. 

-In effetti sarebbe meglio; lascia fare a me.- affermò lui, sbattendo un paio di volte le ciglia albine, spostando lo sguardo su Illuso. 

-Che cazzo ha combinato questa volta quella fottuta ritardata?!- si sentì urlare da un’altra stanza. 

-Nulla di che Ghiaccio!- gridò il collega, per farsi sentire. -Celeste si è tagliata, ma ora il capo la ricuce!- 

-Quella stupida puttana...- parve di sentire borbottare da lontano la ragazza, che sbuffò infastidita dalle parole sempre acide e scontrose di quel piccolo ometto incattivito. 

-Chiudi pure l’acqua.- comandò Risotto. 

Quando si fu asciugata la mano, ella strinse convulsivamente il canovaccio attorno al dito pallido e umido, seguendo quella figura stoica e imponente verso il bagno. 

-Quindi per il pranzo dobbiamo aspettare?- chiese scocciato Ghiaccio, intento a riposare i propri piedi sul tavolino in vetro davanti a lui, con sopra poggiati quattro bicchierini in cristallo vuoti e una bottiglia impolverata contenente un liquido ambrato, mentre i due gli passavano davanti. 

-Vedete di finirlo voi.-  

-Detto fatto, capo.- rispose Prosciutto che, seduto accanto all’uomo dai riccioli azzurri, scrutava con odio Celeste, che invece non osò alzare lo sguardo, terrorizzata. 

 

-Come hai fatto a tagliarti così?- le chiese Risotto, inginocchiato davanti a lei, che invece rimaneva seduta rigidamente sopra la tavoletta chiusa del wc, troppo impaurita per ricambiare il contatto visivo. 

-Stavo preparando le carote per un soffritto, mi sono persa a pensare e non ho badato alla lama...- ammise, storcendo lievemente la bocca, mentre sentiva l’uomo fare pressione sul polpastrello aperto, facendo aumentare l’uscita del sangue dalla sua carne. 

Vederlo in quel modo, accucciato ai suoi piedi, intento a recarle così tante attenzioni, la fece per un attimo sentire rassicurata, prima che la realtà la colpisse duramente in faccia, ricordandole che si trovava in quella situazione degradante e dolorosa anche per colpa di quell’uomo; soprattutto per colpa di quell’uomo.  

L'uomo che l’aveva rapita, picchiata, sfruttata, abusata, molestata e stuprata. 

L'uomo che l’aveva condannata a una morte certa. 

Eppure... 

Scosse fortemente il capo.  

Dovette ripetersi quelle parole più e più volte per riguadagnare un minimo di lucidità in quella situazione; che stesse effettivamente impazzendo? 

-A cosa stavi pensando?- le chiese, guardandola negli occhi e facendole gonfiare il petto d’aria, incapace di respirare. 

-Nulla di importante.- 

-Capisco...- annuì, lasciandole andare la mano per prendere dei batuffoli di cotone e del disinfettante. -Come si sono comportati i miei uomini ieri, senza di me?- 

Celeste spalancò impercettibilmente gli occhi, terrorizzata, quando quella frase le fece tornare in mente tutti i momenti precedentemente vissuti la notte scorsa. 

Il ricordo delle mani fredde di Prosciutto che le lavavano il corpo la fece dimenare incontrollabilmente sul posto, sentendosi come ricoperta da tanti piccoli insetti che le camminavano fra le pieghe della pelle, pungendola e mordendola nei suoi punti più delicati ed esposti. Non solo quel verme si era permesso di violarla senza il suo consenso, ma finito l’atto aveva avuto persino il coraggio di prenderla di peso e forzarla nella doccia, per costringerla a lavarsi dal sudore e dai loro fluidi corporei. 

-Donna?- la voce perplessa di Risotto le fece aprire le palpebre, catapultandola nuovamente nel mondo reale, incontrando lo sguardo confuso e annoiato dell’uomo davanti a lei, che, nonostante fosse inginocchiato, risultava comunque spaventosamente imponente e severo. 

-È rimasto solo Prosciutto.- sussurrò di un fiato, mordendosi il labbro. 

-Come mai?-  

-Ha cacciato gli altri.- 

-Okay, ma spiegami perché.- insistette.  

-Non lo so.- provò a dire, scuotendo la testa. 

Lo sentì sospirare, mentre riprendeva con una mano il suo dito pulsante e indolenzito, osservando quel liquido cremisi, vivo e luccicante, scorrere fievolmente lungo la pelle pallida. 

-Ho capito; chiederò direttamente a loro.-  

Celeste fu sul punto di per annuire e ringraziarlo per aver deciso di risparmiarla dal raccontargli tutto ciò che era successo, quando percepì qualcosa di morbido, caldo e umido avvolgerle il polpastrello aperto. Quando abbassò lo sguardo, sentì il cuore fermarsi alla vista di Risotto Nero, chinato su di lei, intendo a succhiare avidamente il sangue via dalla sua ferita. 

-Cosa...?- balbettò smarrita, provando ad arretrarsi, ma ottenendo come risposta lo stringersi della presa ferrea attorno al suo esile polso.  

Stava bevendo il suo sangue? Lo stava facendo davvero? 

L’uomo fece scivolare via il dito della ragazza dalla propria bocca, passando un’ultima volta la propria lingua sulla pelle inumidita e lucida, prima che il liquido scarlatto tornasse a scorrere, anche se con un ritmo e un’intensità molto più ridotti.  

La mente di Celeste era invasa da domande insistenti, voci che urlavano quesiti confusi e spaventati, pensieri rumorosi e pieni di meraviglia, ma le sue labbra rimasero serrate, mentre la lingua rimaneva paralizzata, incapace di dare un significato a tutte quelle grida. 

Guardò disorientata il suo rapitore, che integerrimo continuava a fissare ammirato quel fluido cremisi gocciolante, come se stesse studiando un’opera dalla lettura complessa, che catturava e intrigava il fruitore, stimolandolo a continuare nell’indagine del suo significato; un significato perverso e sbagliato era quello che aveva interpretato quel mostro, lasciando trapelare dalle sue iridi brillanti il desiderio che gli scuoteva delicatamente il corpo, qualvolta una lacrima vermiglia colpisse il pavimento bianco e lucido sottostante. 

-Posso...- riuscì finalmente a dire lei, riportando alla realtà Risotto, che sgranò con violenza le palpebre, puntando le proprie pupille sulle labbra rosee e schiuse della donna, allentando la presa sul suo polso delicato –Posso ricucirmi la ferita da sola, non devi preoccuparti. - 

Come consueto, il silenzio opprimente che calò fra i due fece mancare l’aria ai polmoni di Celeste, che sentì il viso in fiamme e il battito del proprio cuore accelerato dopo lo strano episodio avvenuto, nel mentre che lui continuava a guardarla impassibile, come se nulla fosse accaduto; come se il tempo avesse ripreso a scorrere solo in quell’istante. Quando sentì la sua mano grande, rovente e callosa abbandonare la sua pelle delicata e fresca, si rese conto di come quella figura imponente fosse passata dall’essere inginocchiata, all’essere in piedi, davanti a lei, oscurandola totalmente con la propria ombra scura e fredda, coprendola dalla luce artificiale e verdastra che illuminava il piccolo locale. 

Lo vide scrutarla con quel suo così familiare sguardo severo, come un genitore pronto a punire il proprio figlio indisciplinato e bisognoso di un castigo; come un marito deluso dalla propria moglie disubbidiente. 

-Ti ho già detto che me ne occupo io.- esordì, con una voce carica e profonda, persino più del normale. 

Celeste deglutì a fatica: no, questa volta non le avrebbe fatto del male, non glielo avrebbe permesso. Non voleva più accettare tutte quelle punizioni da parte di quegli psicopatici, le sue due tremende esperienze l’avevano segnata abbastanza, non aveva intenzione di viverne altre; non nuovamente con lui, soprattutto. Non aveva intenzione di farsi umiliare ulteriormente da dei simili animali, da quelle bestie incapaci di controllare i propri istinti, le proprie mani, le proprie lingue, le proprie bocche e le proprie parole.  

Fanculo il piano, ecco cosa! Non poteva più sostenere quella tattica, si era rivelata totalmente inefficace e controproducente, dipingendola semplicemente come una povera sciocca, quando lei non lo era! Lei era una donna forte, intraprendente, coraggiosa! Non si sarebbe più fatta toccare da loro, era arrivato il momento di reagire e di far capire a quelle belve che meritava rispetto! 

Far capire a dei mafiosi di meritare rispetto...  

-No.- sussurrò con voce tremante. 

-Cosa?- ribatté retoricamente lui, inclinando lievemente la testa di lato, quasi abbozzando un sorriso per la folle audacia di quel piccolo essere sotto ai suoi piedi. 

-Ho detto no...! Mi medicherò da sola, non voglio che tu abbia a che fare con la mia salute.-  

La frase uscì con un tono talmente sicuro e certo che quasi ella stessa si convinse, alzando il viso con dipinta un’espressione soddisfatta, che subito si sfaldò alla vista delle sopracciglia aggrottate dell’uomo, accompagnate dalla sua mascella rigidamente serrata e dalla sua bocca austera, stesa in una linea orizzontale e intransigente. 

-Mi pareva di averti già detto di moderare il tuo linguaggio, non è vero, donna?- 

Le afferrò violentemente i lunghi capelli dorati, tirandola con veemenza verso il suolo, lasciando che la sua testa collidesse col pavimento freddo del bagno, facendola urlare per il dolore e il panico provocato dai suoi gesti improvvisi. 

Gemendo disorientata, fece leva con gli avambracci per alzare il proprio busto, massaggiando vigorosamente la zona dolorante della nuca, percependo il cuoio capelluto lamentarsi al suo tocco.  Lo vide avvicinarsi ancora, con un qualcosa stretto fra le dita della mano destra, raggiungendola con un paio di falciate pesanti, che risuonarono imponentemente nella stanza.  

Istintivamente, la ragazza si eresse abbastanza da rimanere seduta sulle piastrelle e, con l’aiuto delle braccia, si allontanò il più possibile da quella figura minacciosa, fino a toccare con la schiena la parete del bagno, strisciando come un verme pur di allontanarsi. Disperata, iniziò a balbettare delle suppliche, rotte dai suoi singhiozzi, terrorizzata da quello che quel mostro le avrebbe potuto fare. 

-Scusami, scusami... ti prego, non farmi del male! Ti prego! Non lo farò più, per favore!- le sue implorazioni si mischiarono alle lacrime disperate che le bagnavano il viso, contorto in un’espressione impaurita e supplichevole. 

L’uomo non la ascoltò e, piegandosi verso di lei, le afferrò il polso della mano col dito ferito, che ancora sanguinava debolmente. Alzando il braccio libero, Celeste vide brillare fra le dita callose dell’uomo un rasoio e, prima ancora che potesse realizzarlo, mille aghi le penetrarono nel palmo, seguiti da un’angosciante sensazione di calore, come una cascata bollente, nata da lei. 

Urlando, provò a ritirarsi da quella morsa ferrea, ma egli non era intenzionato a lasciare il suo polso, mentre osservava ammaliato il sangue cremisi sgorgare dalla pallida carne lacerata della ragazza, che avvilita continuava a singhiozzare.  

Le budella della donna si contorsero spasmodicamente quando, casualmente, i suoi occhi spenti e arrosati si posarono sul rigonfiamento nei pantaloni della bestia, e capì il perché delle sue azioni, quando lo percepì spostare il suo palmo squarciato e ferito sulla stoffa tesa in mezzo alle sue cosce muscolose, macchiandola di un rosso vivo, sentendo il suo membro pulsare insistentemente al contatto col liquido denso e bollente. 

-No...- provò a obiettare, scuotendo incessantemente il capo, rifiutandosi di credere a quello che stava accadendo sotto il suo sguardo disgustato. 

Quell’uomo la stava costringendo a masturbarlo da sopra i pantaloni con la sua mano ferita. 

Quell’uomo si stava eccitato vedendo il suo sangue, osservandola implorarlo disperata, mentre singhiozzava e gemeva per il dolore e la paura. 

Con gesti rapidi e affrettati, Risotto si slacciò la cintura e abbassò i propri indumenti, rivelando il suo membro quasi del tutto eretto e leggermente tinto dei liquidi cremisi della donna, che bianca in volto non riusciva a distogliere le proprie pupille da ciò che le si stava palesando davanti, incredula di fronte a quella situazione. 

Per un attimo pensò di star effettivamente sognando, di essere semplicemente intrappolata in un brutto incubo, ma tutto divenne reale quando lui, costringendola nuovamente a prendere nella mano il suo membro, sospirò soddisfatto, mentre la forzava ancora a toccarlo, sentendo il sangue della donna ricoprirlo e scaldarlo così perfettamente. 

-Sei malato...- balbettò, deglutendo a fatica, mentre terrorizzata serrava le palpebre per evitare di continuare a guardare il pene dell’uomo venir tinto di rosso. 

Lo sentì ridacchiare, mentre si passava un dito calloso sulla punta del proprio sesso, prima di posarlo fra le labbra della ragazza, costringendolo nella sua bocca. 

-Forse.-   

   
 
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