Capitolo
22 -
Weird feelings -
Il
mio sguardo vagò un po' per la stanza, finché mi
accorsi di non essere da sola in quel
letto.
E capii immediatamente che si trattava di Shu.
Chi
altri sarebbe sgattaiolato nel mio letto senza strapparmi un morso, ma
solo per
il piacere di dormire in mia compagnia?
Balzai
giù dal letto, senza degnarlo d’attenzione, e
presi dei vestiti puliti: dovevo
liberarmi dell’abito che indossavo, sporco e malconcio a
causa delle mille avventure
che avevo dovuto affrontare in un solo giorno.
“Non
voglio parlare con te, al momento.”, annunciai con una
scrollata di spalle,
entrando nel bagno.
Chiudere
la porta, almeno, mi dava una parvenza di privacy.
Mi
liberai dell’abito malandato, mentre l’acqua
riempiva la vasca, e, con solo
l’intimo addosso, osservai la mia immagine riflessa nello
specchio.
Fortunatamente
avevo ricominciato a mangiare regolarmente, altrimenti tutto quello
stress, per
non parlare di tutto il sangue perso, mi avrebbero ridotta ad uno
stuzzicadenti
ambulante.
I
morsi di Karl Heinz erano ancora ben evidenti sul collo e sul petto,
mentre
quello di Carla pareva scomparso.
Possibile
che si fosse scomodato a curarlo con la sua saliva
“magica”?
Posai
gli occhi sulla figura che era comparsa accanto a me nello specchio.
Trovai
del tutto normale provare imbarazzo quando Shu mi squadrò da
capo a piedi.
Sapevo
di provare del semplice affetto nei suoi confronti, ma ero semi-nuda, e
mi
sentivo completamente esposta.
“Sono
qui per fare un bagno.”
Shu
chiuse il rubinetto, l’acqua aveva raggiunto il bordo della
vasca.
“L’ho
preparato per me, sai?”
Al
terzo bottone, mi convinsi che il gene della perversione faceva decisamente parte del loro DNA, e mi
voltai a raccogliere i vestiti puliti, pronta ad uscire dal bagno,
tuttavia Shu
me lo impedì, trattenendomi per un braccio. Senza sapere
come, mi ritrovai
nella vasca, a cavalcioni su di lui.
L’acqua
bagnava i nostri abiti, o meglio, quelli del vampiro, considerato che
io
indossavo solo il reggiseno ed un paio di mutandine.
Il
rossore sulle mie guance tradì il mio tono di voce, che
avrebbe voluto essere più
severo.
Feci
leva sul bordo della vasca con le mani, per diminuire il contatto
fisico col
vampiro.
“Cos’è,
hai nostalgia dei vecchi tempi?”
Aprii
la bocca per ribattere, ma prima ci riflettei un momento.
“Beh,
forse mi sarei opposta, ma alla fine vi avrei lasciato andare.
Perché io mi
fido.”
Posi
enfasi sull’ultima frase, per sottolineare il fatto che io
supportavo le loro
scelte, per quanto insensate potessero sembrare.
Alludeva
di certo alla questione “Carla Tsukinami”.
La
verità era che non aveva avuto scelta: nessuno dei Sakamaki
o dei Mukami
l’aveva.
Io
ero maggiorenne, si trattava della mia vita privata e in più
possedevo dei poteri,
innumerevoli fattori per cui nessuno avrebbe potuto impedirmi di vedere
Carla.
“Stasera
non conta, valuterò in futuro.”
Shu
abbassò per un momento le palpebre.
“Come
sei fastidiosa.”
“Oh
ecco, mi mancavano i tuoi complimenti.”
Il
vampiro aprì gli occhi e li fece scorrere lungo il collo,
fino alla clavicola.
Seppi
che mi avrebbe morso da un momento all’altro.
Le
massaggiò piano e mi venne spontaneo deglutire a vuoto.
“Lo
immaginavo.”
Continuò
ad accarezzare quei buchi, mentre il cuore pompava veloce nel petto,
così
decisi di mettere fine a quella strana
situazione.
“Non
guariranno con un po’ d’acqua.”
“Hai
ragione.”
Notai
che il vampiro aveva cominciato ad avvicinarsi e le mie gambe
sfioravano le
sue.
Cercai
un modo per sdrammatizzare.
“La
fine del mondo è vicina, un Sakamaki che mi dà
ragione!”
Ma
quello mi ignorò bellamente, posando le sue
labbra sulla pelle e
iniziando a leccare le mie ferite.
Sapevo
perfettamente che era un metodo per accelerare il processo di
guarigione ed
evitare che mi rimanessero brutte cicatrici: la maggior parte dei
vampiri, Shu
compreso, utilizzava spesso quel metodo per non lasciare traccia dei
propri
morsi, in modo tale da non destare sospetti.
Ma
perché occuparsi di morsi che non era stato lui a
procurarmi?
E
perché, all’improvviso, la cosa mi faceva
arrossire e battere il cuore nel
petto più velocemente del normale?
Lui,
d’altronde, non accennava a fermarsi, ma ero certa che non
fosse necessario
tutto quel tempo per “curarmi”.
Non
che fossi fidanzata con nessuno dei due, ma sicuramente dovevo far
chiarezza
nella mia testa e capire che diavolo stava succedendo lì
dentro.
Non
avevo mai visto i suoi occhi azzurri tanto vivi,
tenendo conto che passava ore ed ore a dormire e aveva perennemente
quell’aria
assonnata, anche quando era sveglio.
Era
come se mi vedesse per la prima volta.
Sentii
la sua mano posizionarsi sulla mia schiena e sussultai, avvertii le sue
dita
risalire lungo la spina dorsale, muoversi lente ed incerte, fino a
giungere
sulla nuca.
La
mano fece una lieve pressione su essa, ma avrei potuto oppormi.
Il
paragone venne spontaneo: a differenza di Subaru, il suo messaggio era
piuttosto chiaro: voleva che mi avvicinassi al suo viso, ma, al
contempo, non
aveva intenzione di forzarmi, cosa che invece aveva fatto Ruki.
E
lui, a sua volta, dimezzava quella distanza.
Mi
immobilizzai e così anche Shu, che comunque mantenne i suoi
occhi agganciati ai miei.
Sorprendentemente,
per la prima volta da quando vivevo in quella villa, Ayato si era
degnato a
bussare prima di irrompere nel bagno e ne fui immensamente grata.
Se
fosse entrato di colpo, e ci avesse trovato in quella posizione equivoca, non avrei saputo cosa dire e
tanto meno come comportarmi.
D’altro
canto, qualcosa doveva turbarlo nel profondo se aveva rispettato la mia
privacy e chiedeva il mio aiuto.
“Arrivo,
dammi un minuto.”, gridai, senza staccare gli occhi da Shu.
Potevo
percepire la stoffa dei suoi pantaloni sulle cosce, il suo petto saldo
contro
il mio, che invece si alzava e abbassava con rapidità.
“Devo
andare.”, riuscii a dire.
Shu
fece un cenno col capo, che non seppi interpretare, ma lo presi come un
consenso, quindi mi sollevai e uscii dalla vasca, mentre
l’acqua scorreva sul
mio corpo inquieto.
Sentivo
le gambe deboli e non solo per la posizione in cui ero stata per tempo
prolungato, piuttosto a causa di quello che era appena accaduto.
Il
tempo di afferrare l’accappatoio e del vampiro dai capelli
biondi non c’era più
traccia.
Chiusi
gli occhi e feci alcuni respiri profondi prima di asciugarmi e
rivestirmi.
Mi
domandai come mai si fosse ridotto così, il grande
oree-sama.
Mi
appoggiai al muro, scrutando attentamente la sua espressione, non
l’avevo mai
visto così.
“Sono
stato da Yuki.”, si decise infine a parlare.
“Questo
lo so già, adesso anche lei è a conoscenza del
mio rapimento…”
Il
vampiro dai capelli rossi annuì ed io appuntai mentalmente
di doverla chiamare
al più presto.
Ero
così dispiaciuta di averla coinvolta in tutta questa storia.
Io
non avevo avuto scelta, ma lei avrebbe potuto tirarsene fuori, scappare
a gambe
levate, e invece era rimasta.
Sapevo
che non avrebbe negato, ne’ si sarebbe infuriato, come aveva
fatto le volte
precedenti, non poteva più negare i suoi sentimenti per la
biondina.
“Sì.”
Aggrottai
le sopracciglia, non pensavo l’avrebbe ammesso ad alta voce.
“Ma
non ho saputo resistere.”
Ancor
più confusa, lo fissai con aria interrogativa, chiedendomi
cosa intendesse con
quell’affermazione.
Poi
una lampadina, un pensiero iniziò a strisciare nella mia
mente e un’aurea
oscura mi avvolse.
“Non
dirmi che…”
Sperai
che rispondesse un no secco, invece rimase in silenzio.
Così
parlai ancora.
“Non
dirmi che l’hai morsa!”
Il
silenzio.
Poi
una liana sbucata dal nulla si avvolse intorno al suo collo: Ayato si
decise a
sollevare lo sguardo e provò a liberarsene.
“Ohy-”,
si lamentò.
Ma
ero troppo furiosa per sentirlo: come aveva potuto morderla?
Yuki
ne aveva già passate tante a causa mia e adesso lui le aveva
fatto del male.
Rischiavo
di perdere la mia migliore amica, forse per sempre!
“Mitsuko!”,
gridò Ayato.
Se
avessi stretto ancora un po’, probabilmente gli avrei
spezzato l’osso del
collo.
Spaventata
dall’idea, ritrassi immediatamente la liana con un gesto
della mano, ma
continuai ad osservarlo imbestialita.
Ayato
aveva una striscia rossa che gli percorreva la gola, lì dove
avevo usato i miei
poteri: se avesse avuto bisogno di respirare, di certo sarebbe morto
soffocato.
Avevo
paura di ciò che ero in grado di fare, certo, ma quello che
mi spaventava
maggiormente era la sensazione di onnipotenza che provavo nel sapere di
poter
spezzare una vita tanto facilmente, soprattutto se si trattava di
quella dei
vampiri, che finora avevo sempre considerato esseri intoccabili.
Guardai
l’orario, dovevo correre da lei, ma presto Carla sarebbe
venuto a “sequestrarmi”
per il mio addestramento.
“L’ho
portata nella sua camera, non parlava.”
Mi
massaggiai le tempie: una ragazza così dolce ed innocente
come Yuki…
“Devi sistemare le cose!”
“Ah?”
Ayato
non sembrava entusiasta dell’idea, ma volente o nolente
avrebbe dovuto
rimediare.
“Mi
hai sentito bene, devi farti perdonare! E sperare che Yuki voglia
ancora
parlare con me. O per te saranno guai!”
“Stai
minacciando il grande oree-sama?”
In
un impeto di rabbia, lo spinsi via, facendo leva sul suo petto, e
–
inaspettatamente – Ayato fu costretto a indietreggiare.
Osservai
le mie mani: dunque ero anche più forte, ora?
Sollevai
lo sguardo, incrociando quello sbigottito del vampiro, e mi mostrai
decisa.
“Sì,
è proprio quello che sto facendo.”
Ayato
schioccò la lingua in dissenso e si smaterializzò.