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Autore: edoardo811    08/05/2021    4 recensioni
La pace ha continuato a regnare al Campo Mezzosangue, gli Dei si sono goduti molti anni di tranquillità. Ma la pace non è eterna.
La regina degli dei Amaterasu intende dichiarare guerra agli Olimpi, mentre un antichissimo mostro ritornato in auge si muove nell'ombra, alla ricerca di Ama no Murakumo, la leggendaria Spada del Paradiso.
EDWARD ha trascorso l'intera vita fuggendo, tenuto dalla madre il più lontano possibile dal Campo Mezzosangue, per ragioni che lui non è in grado di spiegarsi, perseguitato da un passato oscuro da cui non può più evadere.
Non è facile essere figli di Ermes. Soprattutto, non è facile esserlo se non si è nemmeno come i propri fratelli. Per questo motivo THOMAS non si è mai sentito davvero accettato dagli altri semidei, ma vuole cambiare le cose.
STEPHANIE non è una semplicissima figlia di Demetra: un enorme potere scorre nelle sue vene, un potere di cui lei per prima ha paura. Purtroppo, sa anche che non potrà sopprimerlo per sempre.
Con la guerra alle porte e forze ignote che tramano alle spalle di tutti, la situazione sembra farsi sempre più tragica.
Riuscirà la nuova generazione di semidei a sventare la minaccia?
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Gli Dèi, Nuova generazione di Semidei, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le insegne imperiali del Giappone'
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Ehi, salve gente. Ricordate quando vi ho parlato di quel capitolo lunghissimo? Se non erro era proprio lo scorso. Ecco, questo è ancora più lungo, non si sa come, non si sa perché, ma è così! Hurrà! Non ho idea di come siate potuti arrivare fino a qui, ma sappiate che le mie parole non saranno mai abbastanza per ringraziarvi. Non vi trattengo oltre, buona lettura! 



 

39

Ottuso figlio di Ermes

 

 

Quando il sole cominciò infine a calare, le cacciatrici iniziarono a smontare il campo. Edward era tornato dagli amici, senza accennare a quello di cui aveva discusso con gli dei.

«Forza, è ora di riprendere la nostra marcia» esordì Artemide, mentre le ragazze si raggruppavano attorno a lei. Si avvicinò poi a Rosa. «Vuoi venire con noi, Rosa?» 

La ragazza trasalì, quasi paralizzandosi di fronte alla dea. 

«I-Io…» cominciò a dire, incerta. Osservò il resto dei semidei – Konnor, Lisa, Stephanie, Thomas e ovviamente Edward. Si morse un labbro pensierosa.

Se avesse deciso di rimanere con le cacciatrici Tommy non l’avrebbe biasimata. Rosa era una bomba di carisma, era divertente, simpatica, piacevole da avere attorno, ma al Campo Mezzosangue nessuno l’aveva mai considerata davvero, nemmeno lui a dire la verità. Non aveva mai avuto il coraggio di parlarle nonostante la sua cotta. Gli unici ad essersi avvicinati a lei erano stati Edward e le cacciatrici e queste ultime in particolare l’avevano sempre trattata come una di loro. Inoltre, Artemide era sua zia. La loro unione sembrava scritta nelle stelle.

Invece, Rosa sospirò. «Io credo che… per il momento preferisca tornare al Campo Mezzosangue, divina Artemide. Ho… bisogno di rivedere i miei fratelli e raccogliere le idee. Ho anche ancora una… specie di famiglia mortale. Dovrei discuterne anche con mia madre.»

Thomas schiuse le labbra, sorpreso non solo dalla sua decisione, ma anche dal fatto che avesse ancora dei legami con la sua famiglia mortale. Non era un privilegio di molti semidei.

«Capisco.» Artemide annuì, non sembrando turbata. In realtà non sembrava mai niente. Era difficile interpretare il volto inespressivo di quella ragazzina perfino più bassa di lui. Le posò una mano sul braccio. «Sei una ragazza straordinaria, Rosa. Finché la tua mente rimarrà casta e ci sarà ancora tempo, avrai sempre un posto al mio fianco.»

Gli occhioni di Rosa luccicarono per un breve momento. Chinò la testa come una forsennata. «V-Vi ringrazio, divina Artemide. La vostra approvazione significa molto per me.»

La dea abbozzò un sorriso. Talia salutò Stephanie e Konnor stringendo loro la mano e anche scambiandosi un cenno con il figlio di Ares. Reyna, che nel frattempo era andata a dire qualcosa ai romani, salutò i greci con un ampio gesto del braccio. «Cercherò di convincere le altre a venirvi a trovare più spesso. Siete bravi ragazzi, dopotutto. Forse il Campo Mezzosangue non è così spacciato come pensavamo.» 

«Oh… grazie?» domandò Thomas, non sapendo bene come prendere quelle parole. La cacciatrice sorrise, salutò di nuovo Rosa con un abbraccio e poi raggiunse le altre. 

Artemide e le sue ragazze si allontanarono con gli zaini sulle spalle, dirette verso la loro prossima meta, o bestiaccia da fare fuori.

«Credo che a questo punto possiamo andarcene anche noi…» mormorò David, intromettendosi imbarazzato. «Ci… ci dispiace di non aver potuto fare di più…»

Edward squadrò i tre romani con aria perplessa. «Scusate ma loro tre c’erano anche prima?»

Tommy si sentì in colpa per aver sghignazzato, soprattutto accorgendosi dell’espressione offesa del figlio di Venere. Travis, invece, non sembrò prenderla male. «Noi siamo la squadra supersegreta di supporto romana!» spiegò, mentre faceva – male – alcune mosse di kung-fu. 

«Ah. Giusto, Chirone aveva detto che ci sareste stati anche voi. Beh, grazie dell’aiuto, credo…»

«Non c’è di che!» esordì Gus, gonfiando il petto con orgoglio. «Ora però dobbiamo proprio andare, sento il bisogno impellente di nascondermi per sempre e non uscire mai più.»

Travis gli posò una mano sulla spalla. «E dove sarebbe la novità?» 

«È… è stato un piacere conoscervi» mormorò David, chinando la testa. 

Konnor si avvicinò, tendendogli la mano. «Anche per noi.»

Ancora una volta, David arrossì vistosamente guardandolo. Ricambiò timido la stretta. «Ehm… g-grazie…» 

«Pst. Hermano, quello vuole rubarti il ragazzo» bisbigliò Rosa ad Edward, dandogli una gomitata.

Edward roteò gli occhi. «Ti stai divertendo?»

«Tantissimo.»

Lisa fece un passo avanti, sorridendo ai due romani. «Per essere due tontoloni della Quinta Coorte siete stati bravi. Spero che i vostri sforzi vengano riconosciuti.»

«Grazie!» dissero i due in coro, anche se la voce squillante di Travis sovrastò quella mite di David. 

«Anche tu sei stata brava. È bello vedere qualcuno della Quinta Coorte che è diventato così forte!»

La figlia di Bacco avvampò un po' come David poco prima. Non era proprio in grado di accettare dei complimenti. «E tu come sai che ero nella quinta?»

«Perché usi armi d’Oro Imperiale e perché hai subito capito che noi due eravamo della quinta. Tra membri della stessa coorte è facile riconoscersi.» Travis si fece più serio all’improvviso, un lato che Tommy non si aspettava di vedere, visto che li aveva abituati con quei sorrisetti e quell’atteggiamento sprezzante. «Mi dispiace che la nostra reputazione sia calata. Ci sono brave persone anche nella Quinta Coorte. Ci aiutiamo a vicenda. Vorrei che anche i miei fratelli più grandi lo capiscano…»

Tommy schiuse le labbra. Quella frase lo aiutò a mettere luce su alcuni dubbi che si era posto. «Sei un figlio di Mercurio?»

Travis annuì. «E tu sei un figlio di Ermes, vero? Mi sembra di vedermi allo specchio… beh, a parte il fatto che i miei capelli non sono favolosi come i tuoi» ridacchiò.

Thomas a malapena lo sentì. Il suo unico pensiero andò a Lisa, che si era irrigidita come un chiodo. La semidea osservò Travis come se avesse avuto due teste. Sicuramente non si sarebbe mai dimenticata quello che i figli di Mercurio le avevano fatto. La vide contrarre i pugni e Tommy temette che potesse fare qualcosa di avventato. Invece, Lisa rilassò le spalle, chiudendo gli occhi. «Sono certa che… che le cose andranno meglio, Travis. Sei un bravo ragazzo. Entrambi lo siete.» La figlia di Bacco si portò la mano sul petto, con un tenue sorriso. «Senatus Populusque Romanus.»

«Senatus Populusque Romanus» ripeterono Travis e David con due ampi sorrisi.

«Fate buon viaggio di ritorno.» 

«Buon viaggio anche a voi!» concluse Travis sbracciandosi con gioia.

I tre romani si congedarono, con Gus che continuava a mettergli fretta, David che gli intimava di stare zitto e Travis che rideva beato. Lisa rimase immobile, ad osservarli. Tommy non sapeva che cosa stesse pensando, ma si sentì felice del fatto che, nonostante tutto, avesse capito che Travis non era come i bulli che l’avevano perseguitata. Forse il figlio di Mercurio l’aveva aiutata a rivalutare il Campo Giove e la Quinta Coorte.

«Sei stata gentile con loro» disse, sorridendole. 

La sua voce sembrò riportarla alla realtà. Si voltò verso di lui lanciandogli uno sguardo indifferente che lo colse in contropiede. «Mh. Già.»

«Ehi, stai bene?»

«Certo. Mai stata meglio» mugugnò lei, dandogli le spalle e tornando vicina a Steph e Konnor. Tommy la seguì con lo sguardo, stranito. Era da prima che aveva cominciato a comportarsi in quel modo con lui. Non aveva idea del perché, ma era una sensazione abbastanza sgradevole.

Si voltò quando Susanoo batté le mani. «Molto bene! Credo che sia giunto il momento che anch’io mi rimetta in marcia. Signori, conoscervi è stato un vero privilegio! Ecco, permettetemi di farvi un piccolo dono in segno della mia riconoscenza…» Mugugnò assorto mentre si frugava nei numerosi tasconi del cappotto logoro. «Ma dove li ho messi… ah! Trovati!» Tirò fuori un plico e cominciò a sfogliarlo con le dita. «Mentre venivo qua, sono curiosamente incappato in…» Osservò i semidei uno per uno. «… sei, biglietti aerei per New York, di partenza questa sera! Pare proprio che le Sette Divinità della Fortuna mi abbiano sorriso, vero?»

Li passò a Tommy, abbassandosi gli occhiali per strizzargli l’occhio. 

«Grazie» mormorò il figlio di Ermes, stupito. Il volo sarebbe partito alle dieci di quella sera, dall’aeroporto di San Francisco. In effetti, prima non avevano nessun mezzo per tornare a casa. Susanoo aveva risparmiato loro una bella gatta da pelare. Ora che ci pensava, avrebbero anche dovuto contattare Chirone per avvisarlo di aver completato l’impresa.

«Dunque, dunque…» proseguì Susanoo, alzando di nuovo le lenti scure sopra gli occhi. «Voi venite con me?» chiese a Fujinami e le kamaitachi. Il qilin si avvicinò a lui e si inchinò al suo cospetto, prima di affiancarlo. 

«Sono lieto di aver fatto la vostra conoscenza, giovani semidei» annunciò. «Possano i Quattro Guardiani vegliare su di voi.»

«Ci mancherai Fujinami» disse Stephanie, con un sorriso. 

«Anche voi mi mancherete. Ho imparato molto in vostra compagnia. Mi avete insegnato che la mia fiducia può essere riposta anche in chi non può udire la mia voce» disse, guardando Edward, Konnor e Lisa.

«Hai proprio ragione!» affermò Edward, sollevando il pollice. Si voltò verso gli altri. «Ha detto che sono il migliore, vero?»

Mentre Stephanie ripeteva le parole del qilin, le tre kamaitachi apparvero di fronte a Tommy. Tutte e tre si inchinarono, sempre con quelle loro espressioni vispe e gli occhietti che luccicavano maliziosi. Dopodiché, anche loro affiancarono Susanoo.

«Ammetto che l’amicizia tra un umano e delle kamaitachi era qualcosa che non avevo ancora visto» osservò Susanoo, grattandosi il mento. «Devi essere un semidio molto speciale.»

Il figlio di Ermes avvampò. In realtà non si sentiva così “speciale”, però era gradevole che qualcuno lo pensasse. Quando realizzò, però, che anche Kensuke, Nagata e Sato stavano per lasciarli, provò un moto di tristezza. Gli sarebbe piaciuto che quei tre rimanessero con lui, tuttavia non era sicuro di come sarebbe andata con loro al Campo Mezzosangue. L’idea che avrebbero potuto fare a fette qualcuno era un deterrente più che sufficiente per lasciarli percorrere la loro strada. Erano kamaitachi, dopotutto, spiriti liberi, ed era meglio che rimanessero tali. Sorrise, convinto comunque del fatto che si sarebbero rincontrati. «Grazie per l’aiuto, ragazzi. Mi mancherete. Cercate di comportarvi bene, ok?»

Kensuke squittì, mostrando il suo classico ghigno di dentini affilati. Thomas si augurò che avesse detto che ci avrebbero provato. 

«Sono così carini…» mormorò Rosa, stregata da loro. Nagata e Sato furono costretti a tenere fermo Kensuke prima che cambiasse idea e decidesse di rimanere per sempre con la figlia di Apollo. Sato poi salutò Lisa, che ricambiò con un sorriso. 

Anche Fujinami si inchinò di nuovo, questa volta senza più dire nulla. Lasciò che fosse quel gesto che tutti potevano comprendere a parlare. 

«Scusa se prima mi sono arrabbiato» mormorò Thomas, imbarazzato. «In realtà ti sono molto grato per l’aiuto che ci hai dato. Senza di te non ce l’avremmo fatta.»

«Non dispiacerti, giovane semidio. È proprio perché hai continuato ad avere fiducia nel tuo amico che puoi sentirmi, dopotutto. Non avere mai alcun timore di combattere per quello in cui credi.» 

Tommy sorrise, annuendo. 

«Fate buon viaggio!» salutò Susanoo un’ultima volta, prima che lui, Fujinami e le kamaitachi iniziassero a brillare. Vi fu una luce intensa, che i semidei evitarono di guardare per timore di essere incendiati, seguita da una forte folata di vento. E fu così che anche loro cinque scomparvero, lasciando solo il gruppetto originario, assieme a Rosa.

«Immagino che ora faremmo meglio a raggiungere l’aeroporto» concluse Edward, osservando i propri compagni. 

«Speriamo che questa vol…» 

Edward frenò Konnor con un gesto secco della mano, folgorandolo con lo sguardo. «Chetati una volta ogni tanto, maledetto uccellaccio del malaugurio!»

Konnor tacque, imbarazzato, suscitando altre risa tra i semidei. Steph lo consolò dandogli alcune pacche sulla schiena. Il figlio di Ares le lanciò un rapido sguardo e sorrise, gesto che fu subito ricambiato da lei. Vederli così affiatati scaldò il cuore di Thomas. Finalmente Steph era riuscita a sbloccarsi con lui. Doveva ammetterlo, facevano una bella coppia. Lui era premuroso con lei, si vedeva da lontano un chilometro che ci teneva davvero. E anche lei era sempre al suo fianco, come se ci fosse una forza invisibile a tenerli uniti.  

Una forza invisibile governata da una donna che amava spettegolare di faccende di cuore semidivine. Poteva immaginarsi Afrodite che osservava quei due dall’alto, sorridendo estasiata. E in contemporanea a tutto ciò, si stava anche beando dell’espressione cupa di Edward mentre si accorgeva dell’intesa crescente tra Steph e Konnor.

Ricordava benissimo il suo incontro con la dea e quello che aveva detto a proposito di Stephanie: alla fine di quella faccenda, un cuore si sarebbe spezzato.

Poteva sempre sbagliarsi, forse non era così che sarebbe davvero finita, ma ormai era abbastanza convinto che Stephanie avesse preso la sua decisione – anche se con tutta probabilità in maniera inconsapevole. Conosceva Steph, era una ragazza intelligente, ma aveva decisamente la testa tra le nuvole. Doveva essere l’unica persona a non aver ancora capito quello che stava succedendo.

Afrodite in realtà aveva menzionato anche qualcosa a proposito di Thomas e di come anche lui avrebbe avuto motivo di cui struggersi. Ancora non credeva di aver capito di che cosa stesse parlando, ma non gli piaceva per niente.

«Il volo è alle dieci, giusto?» domandò Edward, affiancandolo. Stava cercando di ignorare Konnor e Steph, ma era palese che la cosa lo stesse infastidendo parecchio. 

Tommy si riscosse. Afferrò i biglietti e cominciò a distribuirli agli altri. «Sì.»

«Significa che arriveremo circa alle quattro del mattino…» rimuginò Edward.

«Appena in tempo per andare a morire nel letto» concluse Lisa.

«Beh, suppongo che faremmo meglio ad incamminarci» suggerì Stephanie, osservando il cielo. «Sta per farsi sera.»

Nessuno ebbe nulla da obbiettare. Per quanto gradevole fosse San Francisco, Thomas era convinto di non essere l’unico a voler levare le tende al più presto. I sei ragazzi si avviarono verso l’aeroporto.

 

***

 

Edward sospirò esausto, stravaccandosi sulle sedie di plastica. «Quanto manca ancora?»

Non ci avevano messo molto per arrivare all’aeroporto. Dopo aver lasciato il parco, avevano mandato un messaggio Iride a Chirone, aggiornandolo sulla situazione, e lui era sembrato al settimo cielo, soprattutto dopo aver scoperto che Rosa era ancora viva. Quando gli dissero che sarebbero tornati con un volo, li rassicurò che la Foschia avrebbe fatto di nuovo il suo lavoro, ma li invitò comunque a fare attenzione.

Un’ora dopo, avevano raggiunto l’area di imbarco del San Francisco International Airpor. Nessuno li aveva degnati di una seconda occhiata, i metal detector non avevano individuato le loro armi, tutto era filato liscio proprio come Chirone aveva promesso. E quindi, Tommy si stava innervosendo. E non era l’unico. Lisa, Konnor e Steph sembravano altrettanto tesi, mentre Edward continuava ad alzarsi e a sedersi ad intermittenza, non riuscendo a stare fermo per più di trenta secondi. Dopo il fattaccio di New York nessuno di loro sarebbe più riuscito a rimanere tranquillo in un aeroporto.

«Sono passati solo cinque minuti da quando l’hai chiesto l’ultima volta» rispose Rosa, mentre continuava a pizzicare le corde della chitarra. Sembrava l’unica a riuscire a mantenere uno stato di apparente tranquillità. «Fai due ore meno cinque minuti.»

Suo fratello si accasciò come colpito da un proiettile. «Di questo passo ci rimango secco qua dentro.»

«So io cosa fare.» Rosa cominciò a strimpellare. «He was a boy, she was a girl… Can I make it anymore obv…»

«No» la frenò Edward, posando una mano sulle corde per interromperla. «Niente Skater Boy

«Perché? È una canzone così bella! Profonda, romantica…»

Edward finse di avere un conato di vomito. 

«Non capisci proprio niente dell’amore…» 

Tommy non capiva se Rosa fosse sarcastica o meno. La semidea li guardò. «Allora che volete sentire? Vi farò da jukebox!»

«Che?» chiese Thomas, stranito.

«Il jukebox, come fai a non… lasciamo stare.»

«Conosci… Don’t fear the reaper?» domandò Stephanie, curiosa. 

Il volto di Rosa si illuminò. «Vuoi fare un duetto, figlia dei fiori?»

«Ehm… beh…»

«Io ci sto!» esclamò Lisa balzando sull’attenti. Cominciò a muoversi a ritmo di una musica inesistente, scimmiottando quello che doveva essere una specie di ballo. «Come on baby, don’t fear the reaper, come on baby, don’t fear the reaper! Laaa laaa laaa…»

Era più scoordinata di un funambolo ubriaco e stonata come una campana. Forse fu proprio per quello che Tommy non riuscì a staccarle gli occhi di dosso.

«Ah, chissenefrega, ci sto anch’io» sorrise Stephanie, affiancando Lisa. La afferrò per le mani e ballò una sorta di pseudo-swing insieme a lei.

«Baby take my hand…» cantò Lisa.

«Don't fear the reaper…» proseguì Steph facendo una piroetta.

«We'll be able to fly…»

«Don't fear the reaper…»

Rosa le incalzò con la chitarra, anche se per una volta parve avere difficoltà a concentrarsi sulla musica. Sembrava in procinto di scoppiare a ridere. «Oh sì, state andando alla grande!»

Ovviamente, i mortali si voltarono verso di loro. Decine e decine di persone confuse che le osservarono con reazioni che andavano dal divertito, all’imbarazzato, al colpito. 

Di riflesso, anche i tre ragazzi furono sepolti dagli sguardi. Edward si alzò in piedi, cercando di coprirsi il volto. «Io quelle non le conosco. Sono solo una vittima.»

Si allontanò con passo spedito e Konnor lo seguì. «Aspetta.»

«Tranquillo, non mi allontano troppo.»

«No, intendevo dire “aspetta, vengo con te.” Qua non ci rimango neanche morto.»

Edward sghignazzò, poi entrambi guardarono Tommy, aspettandosi la sua risposta. Il figlio di Ermes fece vagare incerto lo sguardo tra loro e le tre ragazze, realizzando ben presto in quale gruppo sarebbe stato ben voluto e in quale invece sarebbe stato un pesce fuor d’acqua, per non dire di peggio. «… vengo anch’io.» 

«Torniamo subito, mi raccomando fate…» Konnor si interruppe, realizzando che ormai Rosa, Lisa e Stephanie erano finite del tutto in un’altra dimensione. Stavano cantando assieme, formando un improbabile trio, accompagnate dal suono della chitarra. «… attenzione…»

«Siamo sicuri che sia una buona idea dividerci?» domandò Tommy, mentre si dirigevano al bar della zona d’imbarco con ancora le voci delle tre ragazze che giungevano da lontano. 

«Amico, quando vedi che le ragazze iniziano a fare squadra è meglio levarsi di torno» gli spiegò Edward, gesticolando con una mano. «Altrimenti per te potrebbe finire male.»

«Sei un esperto di ragazze?» domandò Tommy, scettico. 

Edward si fermò sorridendo smagliante, posandosi una mano sul petto. «Beh… no. Ma…» Si batté l’indice contro la tempia. «… buonsenso amico mio, buonsenso.»

Thomas sollevò un sopracciglio. Cominciava a pensare che da quel punto di vista loro due erano molto simili: due sfigatelli senza uno straccio di ragazza. La differenza sostanziale però era che Edward piaceva, anche se non sembrava rendersene conto.

Konnor abbozzò un sorrisetto, ma non disse niente. Probabilmente preferì risparmiarli da qualche spiegazione che due sempliciotti come loro non avrebbero mai potuto comprendere. 

Entrarono nel bar e si sedettero al bancone. L’arredamento era post moderno, le pareti dipinte di rosso, le luci soffuse che davano un’aria quasi intima a quel luogo. Pochi tavoli di vetro sparpagliati qua e là, sotto a poster di bevande alcoliche appesi e mensole piene di bottiglie scure. Non c’era molta gente dentro, anche perché i bar dell’aeroporto erano costosissimi. Per fortuna, i soldi non erano un problema per loro, dato che avevano ancora un centinaio di dollari. Non appena pensò ai soldi, Tommy si rabbuiò. «Dobbiamo ancora passare a trovare Shinjiro…»

«Giusto» borbottò Edward. «Me l’ero dimenticato.»

«Il gatto parlante di Kansas City?» intuì Konnor. «Me ne hanno parlato Steph e Tommy» spiegò, allo sguardo interrogativo di Edward. Poi fece un altro sorrisetto. «Tranquilli. Ho fatto… una soffiata a Talia. Mi ha detto che andranno a dare un’occhiata a questo misterioso banco dei pegni.»

Il figlio di Apollo gli lanciò un’occhiata complice. «Bella mossa. Degna del figlio della poliziotta più decorata di Vattelappesca.»

Konnor fece una riverenza. 

Quando il barman li raggiunse, Edward provò a chiedere un drink, ma l’uomo non si fece fregare. Così, con riluttanza, ordinò una coca-cola con ghiaccio e limone, imitato da Thomas, mentre Konnor prese del succo d’uva. 

«Che c’è?» domandò quando lo guardarono perplessi. «Non mi piace la roba gasata.»

«Come i bimbi» mormorò Tommy, con tono intenerito. «Che carino!»

Il figlio di Ares serrò le labbra, poi cambiò il proprio ordine e prese anche lui lo stesso che avevano preso loro.

Per il poco tempo che passarono insieme, chiacchierarono del più e del meno su cosa avrebbero fatto al Campo Mezzosangue e anche al di fuori di esso. Konnor per esempio studiava, e sarebbe andato al college a Nuova Roma nel giro di qualche anno, Tommy invece calcolava di finire con la scuola pubblica e poi dedicarsi soltanto alla vita da semidio, dimenticandosi del mondo mortale. Edward, dal canto suo, disse che sarebbe tornato al campo e non avrebbe più “smosso le chiappe da lì per almeno un lustro o due.”

A Tommy tornò in mente la discussione che aveva avuto con Lisa il giorno prima e serrò le labbra. Le aveva promesso che avrebbe cercato di ricucire il rapporto con sua madre. Dopo che lei aveva perso la testa e lo aveva abbandonato. Il figlio di Ermes abbassò lo sguardo sul bicchiere di soda, smarrendosi in mezzo alle bollicine. 

Con la mente a freddo e lontana dal pericolo, quel pensiero non lo entusiasmava affatto. Come poteva cercare di passare sopra tutto quello che gli aveva fatto? Eppure, allo stesso tempo, sentiva di doverlo a Lisa e anche ad Edward. Lui era fortunato ad avere ancora un genitore mortale. 

«Di cosa hai parlato con Artemide e Susanoo?» domandò poi Konnor ad Edward, facendo drizzare lo sguardo di entrambi. In effetti il figlio di Apollo non aveva più menzionato la cosa. 

Edward si strinse nelle spalle, facendo ondeggiare il ghiaccio nel bicchiere. «Volevano sapere bene cos’era successo con Orochi. Ho ripetuto le stesse cose che ho detto a voi. Anche se…» Si interruppe, lasciandosi scappare un altro sospiro. «… in realtà non vi ho raccontato tutto. Però… preferisco aspettare prima di dirvi il resto. Devo… raccogliere le idee. Non riguarda il destino del mondo, state tranquilli. È solo una cosa mia.» 

Osservò Tommy alla sua destra e Konnor alla sua sinistra. Il figlio di Ermes notò la riluttanza dell’amico a trattare quella cosa e annuì, anche se ora era davvero curioso. Per la sorpresa di tutti, anche Konnor acconsentì. «Almeno questa volta sei stato sincero» sogghignò, ottenendo un’alzata di occhi da parte di Edward. 

«Sei insopportabile.»

«Anche tu.»

«Scusate ma… che né stato di Naito, poi? Qualcuno l’ha più visto?» domandò Thomas. Aveva trovato davvero strano il non aver incrociato di nuovo il brutto muso del mezzo demone durante lo scontro con Orochi. Credeva che sarebbe rimasto fino all’ultimo al fianco del suo sovrano o padrone o quello che era. 

Edward esitò. «L’ho… l’ho visto per l’ultima volta quando ho restituito la spada. Non ho idea di dove sia finito. Ricordo solo che era ancora vivo.» 

«È ancora vivo» precisò Konnor. «L’abbiamo incontrato io, Steph e Talia mentre ti cercavamo.»

Tommy alzò la voce senza rendersene conto. «Che cosa?!» 

Quando alcune teste mortali si sollevarono verso la sua direzione, il semidio si imbarazzò. «Che cosa?» ripeté, con voce più calma. «È riuscito a scappare?»

«No. L’ho lasciato andare io.»

Quella risposta lo lasciò atterrito. Stava per gridare di nuovo, ma riuscì a contenersi. «E perché mai avresti fatto una cosa del genere?!»

Konnor assottigliò le labbra, fissandolo severo. La poca luce gioviale nei suoi occhi svanì del tutto, rimpiazzata di nuovo da quella dura e fredda del figlio di Ares che aveva imparato a conoscere. «Se non ci arrivi da solo non serve che te lo spieghi.»

Mai come in quel momento Tommy sentì cosa provava Edward in presenza di Konnor. Avrebbe voluto strangolarlo per quella sua arroganza. Certo, poi Konnor lo avrebbe usato come straccio per pulire il pavimento, ma il sentimento rimaneva lo stesso. «Ma si può sapere che ti è passato per la testa!? Ti ha quasi ucciso!» si lasciò scappare.

«Che cosa?» domandò Edward, guardando atterrito il figlio di Ares. 

«Ora sei tu che guardi me impietosito?» domandò Konnor con un sorriso amaro, per poi riportare l’attenzione su Tommy. «Hai ragione, mi ha quasi ucciso. Quasi. E poi ho pareggiato i conti con lui. Per quello che mi riguarda la faccenda è chiusa.»

«Ma come puoi dire una cosa del genere?! Dopo tutto quello che ci ha fatto! È responsabile tanto quanto Orochi di tutto quello che è successo! Anzi peggio, perché era lui che mandava a fare il lavoro sporco! Ha rapito Rosa! Ci ha attaccati! Ha…»

Konnor lo fermò con cenno della mano. «Per quale motivo pensi che Naito abbia fatto tutto questo? Solo perché è un mostro spietato che vuole distruggere il mondo?»

Tommy si bloccò, confuso da quella domanda. «Che vuoi dire?»

«Le azioni di Naito non erano quelle di un mostro, o di qualcuno di malvagio» proseguì Konnor, tornando a guardare il bicchiere con dentro il ghiaccio ormai quasi sciolto e la fetta di limone che galleggiava solitaria. «Erano quelle di un disperato.»

«Non… non capisco…» mormorò Tommy, confuso.

Konnor si voltò verso di Edward. «Tu hai capito?»

Dopo un altro attimo di riflessione, Edward annuì e Tommy si adirò: «Ma mi state prendendo in giro? Ora andate d’accordo pur di darmi contro?!»

«Tommy…» cominciò a spiegare Edward, guardandolo serio negli occhi. «… se qualcuno uccidesse una persona a cui tieni, come ti comporteresti?»

Il figlio di Ermes serrò la mascella. «Perché mi fai questa domanda?»

«Rispondi.»

Thomas abbassò la testa. Voleva quasi mentire, ma sapeva che non sarebbe servito a niente. «Il mio primo pensiero sarebbe la vendetta.»

«Bene. Adesso immagina di essere un mezzosangue a cui gli dei hanno ucciso la madre e portato via ogni cosa. Non giureresti vendetta verso gli dei? Non cercheresti di uccidere chi è schierato dalla loro parte?»

«E… e tu come lo sai?» mormorò Thomas, allibito. 

Edward si strinse di nuovo nelle spalle. «Me l’ha raccontato Susanoo, quando l’ho incontrato a Sacramento. Naito è un mezzosangue come noi, ma è nato dall’unione tra un demone ed una sacerdotessa. Gli dei hanno voluto ucciderlo, ma lei lo ha salvato. E quindi, loro hanno ucciso lei.»

Tommy tacque, sconvolto dalla scoperta. Tutta la rabbia di poco prima svanì come se non fosse mai esistita, rimpiazzata da una sensazione di vuoto e sconforto. Quella storia gettò tutta un’altra luce sopra il sempre sorridente Susanoo. Si augurò che il dio delle tempeste non avesse avuto niente a che fare con tutto quello, ma non si sarebbe sorpreso di scoprire il contrario. I loro stessi genitori avevano fatto cose terribili, dopotutto, eppure ancora combattevano per loro.

«Se avessi ucciso Naito non sarei stato diverso dai mostri, o dagli dei che l’hanno ridotto così» concluse Konnor, sollevando il bicchiere. «Il fatto che io sia divino per metà implica che sia anche per metà umano, proprio come lui. Avrà anche sbagliato, ma non possiamo biasimarlo per le sue decisioni. Quello che possiamo fare è perdonarlo e dargli un’altra occasione. Starà a lui decidere come sfruttarla.» Bevve l’ultimo sorso della bevanda. Si separò dal bicchiere con un sospiro. «Se deciderà di tornare a causare altri problemi, ci occuperemo di lui una volta per tutte.»

Tommy rimase in silenzio, a riflettere sulle sue parole. Avrebbe potuto immaginare una storia del genere, ad essere sincero. Era sempre la stessa solfa che si ripeteva con soggetti diversi, da mortali, a driadi, a ninfe e così via: creature innocenti rovinate dai capricci di un dio. Tuttavia, era stato così accecato dalla rabbia nei confronti di Naito da vederlo soltanto per quello che gli era sembrato ai suoi occhi, senza mai andare oltre l’apparenza. Ma ora che sapeva la verità, non poteva non dare ragione a Konnor. 

Ognuno era l’eroe della propria storia, e la storia di Naito era quella di un mezzosangue che cercava vendetta per ciò che era successo alla sua povera madre. Sarebbe potuta finire con la sua morte, invece Konnor, proprio perché era un eroe nel vero senso della parola, gli aveva concesso un’altra possibilità. «Ma… tu come l’avevi capito quello che gli è successo?» mormorò Tommy, imbarazzato. 

«Sono riuscito a farglielo sputare fuori. Avevo capito fin da subito che stava nascondendo qualcosa di più profondo.» Konnor sorrise di nuovo, battendo la mano sulla spalla di Edward. «Dopotutto sono il figlio di una poliziotta Vattelappesca, come ha detto il nostro Ladro Bugiardo Traditore qui presente.»

Edward alzò le spalle. «Ma ho anche dei difetti.»

I tre ridacchiarono e la tensione nata dopo quella piccola parentesi si affievolì. Poco dopo, Konnor si congedò per andare in bagno, lasciandoli da soli. Thomas si concentrò su Edward, che nel frattempo rimase in silenzio, a leggere le etichette delle bottiglie sulle mensole con un sorrisetto rilassato. Da quando si erano riuniti a San Francisco, quell’espressione non l’aveva più abbandonato, nonostante le piccole parentesi con Stephanie e Konnor. Sembrava tranquillo, sereno, e mostrava la cicatrice sul volto senza provare il minimo segno di fastidio. Giusto un paio di giorni prima avrebbe folgorato con lo sguardo chiunque si fosse soffermato anche solo a darle una sbirciata.

Era come se finalmente, per la prima volta da quando lo conosceva, si sentisse davvero in pace con il mondo. Forse era perché Rosa era ancora viva, o perché aveva completato l’impresa, o forse era felice di essere di nuovo insieme a loro. Tommy non lo sapeva, ma non aveva importanza: l’unica cosa che contava, era poterlo vedere felice. 

Tutto ad un tratto, Lisa li raggiunse di corsa nel bar, affiancandoli e attirando l’attenzione del barman. Sembrava un po’ affannata, ma a giudicare dal suo sorriso non era successo nulla di grave in loro assenza. «Prendo qualcosa da bere per le ragazze» spiegò, notando i loro sguardi confusi. 

Thomas non disse nulla, rimanendo stregato dal suo aspetto. Si era tolta la camicia, rimanendo solo con la t-shirt che aveva sollevato, scoprendo l’ombelico e mostrando la pancia piatta e abbronzata. Si era anche slegata la treccia, lasciandosi cadere i riccioli ribelli sopra la fronte. Lisa era una bella ragazza, ma Tommy non la ricordava così bella. Forse era per via del look sbarazzino, della pelle scoperta o di quel bellissimo sorriso, fatto stava che gli stava mozzando il respiro.

Quando la figlia di Bacco notò il suo sguardo, il suo sorriso svanì e si voltò verso di Edward, comportandosi come se Thomas nemmeno esistesse. 

«Offrite voi, vero?» gli domandò, posandogli una mano sulla gamba. Tommy osservò quel palmo che carezzava il ginocchio di Edward allibito.

Il figlio di Apollo abbozzò un sorrisetto. «Dipende, se ti offro da bere cosa ci guadagno?»

«Non saprei. Cosa ti piacerebbe?»

Strane vibrazioni circolarono nell’aria mentre i due ragazzi si fissavano negli occhi per quelle che a Tommy parvero lunghe, atroci, interminabili eternità. Poi, Lisa ritirò la mano ridacchiando, imitata da Edward. «Certo, prendi quello che ti pare.»

«Un thè al limone, uno alla pesca e un succo d’uva» ordinò Lisa, per poi sorridere di nuovo verso di Edward. «Il succo non è per me, è per Steph. Quella ragazza ha gusti particolari.»

«Mh. Già…» mugugnò Edward, rabbuiandosi.

«Percepisco del risentimento» ridacchiò Lisa, per poi addolcirsi. «Qualcosa non va?»

Edward sospirò. «Beh… è complicato.»

«Vuoi parlarne?» domandò lei, posandogli di nuovo una mano sul ginocchio e sorridendogli un’altra volta in maniera più spontanea. 

Edward ricambiò il sorriso. Poi, però, notò lo sguardo allibito di Tommy e tornò serio. «Magari più tardi. Torna dalle altre, non farle aspettare troppo.» Ridacchiò, massaggiandosi lo stomaco. «Rosa non è una molto paziente.»

Il sorriso scivolò via dal volto di Lisa. Sembrò voler dire qualcosa, ma alla fine annuì. Quando il barista tornò con le bibite, la ragazza se le mise sotto braccio. Prima di andare via, però, si voltò di nuovo verso di Edward. «Ascolta… per… quella storia di La Plata… volevo dirti che mi disp…»

Si fermò quando Edward sollevò una mano, rivolgendole un altro sorriso. «Non preoccuparti. Quel giorno eravamo tutti tesi, abbiamo detto e fatto tutti quanti cose di cui ci siamo pentiti. Non sono arrabbiato con te, davvero… e poi mi hai offerto una buona colazione» concluse. «Anche se erano pancake e non waffles…»

«Ehi, i waffles sono solo pancake con gli addominali» ribatté Lisa, facendolo ridere. 

Thomas percepì ancora una volta una strana tensione provenire da quei due. Poi la ragazza sembrò ricordarsi della sua esistenza e lo scrutò di nuovo più glaciale dell'Artide. Se ne andò premurandosi di salutare solo Edward. 

Tommy la seguì con gli occhi finché non uscì dal locale. A quel punto la voce di Edward lo folgorò come una scarica: «Che diamine hai combinato, Tommy?»

«E-Eh?»

Edward indicò con un braccio la direzione dove Lisa era svanita. «Ma non hai visto come cercava di ingelosirti? Che cavolo le hai fatto?»

«I-Ingelosirmi?!»

Il figlio di Apollo sollevò gli occhi al cielo. «A volte non capisco proprio se ci sei o ci fai.»

Thomas continuò a fissarlo senza capirci nulla. A quel punto, Edward annuì. «Ok, non ci fai, ci sei e basta. Allora, te lo spiego con parole semplici…» Puntò l’indice verso di lui. «Tu. Piaci a…» Indicò fuori dalla porta. «… Lisa. E mi sento anche di aggiungere un bell’“idiota” in fondo.»

«I-Io… piaccio a… Lisa?!» riuscì a formulare Tommy, atterrito. «Ma… come?!»

«Lo chiedi a me? Sei tu che c’hai passato assieme tutto questo tempo, no?» Edward sorrise incredulo, scuotendo la testa. «Se non sai tu come, chi altro dovrebbe saperlo? Beh… lei, suppongo. Ma non credo proprio che verrà a spiegartelo.»

Il cervello di Tommy si rifiutava di collaborare con lui. Senza ombra di dubbio il suo rapporto con Lisa si era rafforzato, al punto da poterla definire sua amica. Ma non più di quello. Non aveva senso, perché a Lisa sarebbe dovuto interessare lui? Certo, sì, avevano fatto pace. E sì, l’aveva protetta da Efialte. E si erano abbracciati. E poi aveva ascoltato la sua storia, rimanendole vicino in quel momento di difficoltà. E poi lei aveva preso le sue parti in ogni situazione, assecondandolo e fidandosi ciecamente di lui.

E poi l’aveva baciato sulla guancia. E poi, quando si era messo a parlare con Rosa, lei aveva cambiato atteggiamento. Si era fatta più fredda e distaccata, non l’aveva più considerato e si era perfino messa a flirtare con Edward di fronte a lui. E lui non l’aveva presa affatto bene. 

Si era abituato alla vicinanza di Lisa. In un certo senso era diventata confortante. Era felice quando parlava con lei, era felice quando la vedeva sorridere. Ogni volta che la vedeva si smarriva nei suoi occhi, dimenticandosi dei suoi problemi. Quando aveva creduto che Rosa avrebbe potuto unirsi alle cacciatrici, gli era bastato guardare Lisa per smettere di pensarci. 

Ogni volta che la vedeva sentiva un sussulto al cuore. La sua carnagione abbronzata, le labbra carnose, le lentiggini, i ricciolini ribelli, che fossero raccolti nella coda oppure lasciati liberi non aveva importanza, i suoi occhi scuri e caldi.

Il suo sguardo, il suo sorriso, la sua ironia, la sua grinta, il suo coraggio.

E poi, la voce di Afrodite risuonò nella sua mente: «Non puoi neanche immaginare che cosa ti aspetta!» 

Quando Konnor li raggiunse di nuovo, la sua voce sembrò distante ed ovattata. «Allora, torniamo dalle ragaz…»

«Shhhhh» lo zittì Edward, per poi indicare la testa di Tommy. «Guarda. Se osservi attentamente, puoi notare gli ingranaggi arrugginiti nella sua zucca che cominciano a mettersi in moto.»

Il figlio di Ares si fermò accanto a loro e fece un’espressione confusa, poi fissò meglio Thomas. «Sì… non credo di averlo mai visto così pensieroso…» convenne. «Che razza di crisi esistenziale gli hai fatto venire?»

«Io non c’entro niente! Ha fatto tutto da solo!»

«Che facciamo? Proviamo a farlo rinsavire?»

«Diamogli ancora un minuto o due.»

Thomas sbatté le palpebre e abbassò la testa, sconvolto, scioccato, senza parole. Come aveva fatto a non capirlo prima? Come aveva fatto ad essere così stupido? Come aveva fatto ad essere un così grande ottuso figlio di Ermes

«Ho fatto un casino» bisbigliò, per poi mettersi le mani nei capelli. «Ho fatto un casino!»

Konnor sussultò. «Ehm… qualcuno mi spiega che sta succedendo?»

Edward si alzò in piedi, stiracchiandosi. «Tommy piace a Lisa, ma lui è un idiota e non l’aveva ancora capito.»

«Com’è possibile che non l’avesse ancora capito? L’avevano capito tutti!»

Il figlio di Apollo lo guardò sottecchi, con un sorrisetto beffardo. «Proprio tu parli, Konnor?»

«Che vorresti dire?»

«Niente, niente. Forza, torniamo dalle altre.» Lasciò una banconota da venti dollari sul bancone e sorrise al barista. «Tenga pure il resto.»

«Quale resto? Mi devi ancora tre dollari, ragazzino.»

«Ah.» Edward pagò quello che doveva poi se ne andò borbottando qualcosa contro i bar degli aeroporti. 

«N-No, aspetta!» protestò Tommy correndogli dietro. «E adesso che cavolo faccio io?!»

«E io che ne so, mica sono un figlio di Afrodite. Chiedi alla persona sbagliata.» Edward fece ancora qualche passo e si voltò verso di lui, prima che un sorrisetto molto diverso dal solito prendesse forma sul suo volto, che gli ricordò i ghigni di Derek quando stava per fargli uno scherzo di pessimo gusto. «Comunque, sappi che se non sistemi le cose entro domani, con Lisa ci proverò io.»

«Che cosa?! Non puoi farlo!»

«Che succede, sei geloso Tommy?» Edward sollevò le spalle, sogghignando. «Dovevi pensarci prima di rovinare tutto.»

Tommy lo afferrò per la maglietta strappata, trovando da non sapeva nemmeno lui dove la forza di farlo e costringendolo a guardarlo negli occhi. «Prova soltanto ad avvicinarti a lei e…» 

S’interruppe quando Edward ridacchiò. 

«Vedi? Anche tu tieni a lei» gli disse, con un sorriso più sincero.

Thomas schiuse le labbra, riuscendo a comprendere le sue reali intenzioni. Del resto, non appena Edward aveva capito cosa stava succedendo aveva subito stroncato la conversazione con Lisa. Non gli avrebbe mai e poi mai tirato un tiro mancino come quello. Il tonto figlio di Ermes abbassò il braccio, ancora scosso e sconvolto. Tutti i pensieri che aveva rivolto a Rosa, la sua cotta per lei, ogni cosa stava svanendo emozione dopo emozione da dentro di lui. Ora, al posto della ragazza ispanica dai capelli sgargianti e gli occhi luminosi, al centro della sua mente si trovava quella figlia di Bacco scorbutica, con la quale si era aperto, di cui aveva scoperto il lato più dolce e con cui aveva condiviso momenti che li avevano indelebilmente uniti. 

E a cui aveva spezzato il cuore facendo il cascamorto come uno stupido con un’altra di fronte a lei. 

Ora, dopo tutto quel tempo, le parole di Afrodite avevano un senso. E quanto avrebbe preferito che non l’avessero mai avuto.

I tre ragazzi tornarono dalle altre. Sia Rosa che Stephanie parvero notare qualcosa di strano in lui, ma Edward e Konnor fecero capire loro che era meglio non indagare. Lisa, invece, lo ignorò e basta. 

Il resto di quella giornata fu quasi una sorta di sogno lucido per Tommy. Salì sull’aereo come uno zombie, non riuscendo più a concentrarsi su niente che non fosse la figlia di Bacco. Come nell’aeroporto, i ragazzi e le ragazze rimasero divisi, soprattutto per volere di Edward che impedì a Konnor di mettersi vicino a Steph. Forse per gelosia, o forse perché davvero non voleva rischiare di far avvicinare Lisa o Rosa a Tommy in qualche modo. 

Stando vicino al figlio di Apollo che sonnecchiava e all’oblò che mostrava il cielo notturno ricoperto di stelle, Tommy riuscì a scivolare in un piccolo dormiveglia. Non aveva nemmeno più paura che qualcosa potesse andare storto durante il viaggio o cose del genere. Non aveva paura di niente, eccetto della possibilità di perdere Lisa.

Sei ore più tardi, i semidei barcollarono fuori dall’aeroporto JFK dopo il check-out, mentre il sole cominciava a mandare i primi segnali del proprio arrivo lungo l’orizzonte. Chi più chi meno, tutti loro erano stravolti. Dal viaggio di ritorno, dall’impresa, da ogni cosa. Rimettere piede sui marciapiedi di New York fu surreale per lui, soprattutto se considerava che era stato proprio lì che tutto quanto aveva avuto inizio. Sembravano passati… due anni almeno da quando era accaduto tutto quello.

E altrettanto tempo sembrava passato da quando Kevin li aveva accompagnati lì con il minivan del campo. 

«Porca di quella gran bagascia di Gea!» urlò il figlio di Efesto quando li vide uscire dall’aeroporto, non curandosi minimante dei pochi mortali di passaggio che lo fissarono perplessi. Corse verso di loro come un forsennato. «Ce l’avete fatta!»

Rise come uno psicopatico, tirando pacche a Edward, Konnor, Tommy e perfino a Lisa e Steph. Le sue mani callose da fabbro funzionarono come ottime sveglie per i loro corpi ancora assopiti. Quando quell’esagitato si accorse anche di Rosa, poi, si paralizzò proprio come se avesse visto la già citata Gea in persona. 

«Sei viva!» gridò di nuovo, stritolandola in un abbraccio. «Oh, porca miseria! Ma come diavolo è possibile? Dovete raccontarci tutto! TUTTO!»

«A-Aiuto…» bisbigliò Rosa, mentre Kevin la soffocava. 

Per Kevin non dovevano essere le cinque del mattino, perché durante il viaggio di ritorno verso il campo non chiuse un attimo la bocca, aggiornandoli su cos’era successo durante la loro assenza. Sarebbe stato quasi un gesto carino se solo non si fosse premurato così tanto di aggiungere dettagli assolutamente falsi. 

«… e poi Jane ha cercato di ipnotizzarci con la lingua ammaliatrice, ma io mi sono alzato in piedi e ho detto “no! Tu non ci ipnotizzerai!” e a quel punto Buck si è infuriato ma io l’ho steso con un cazzotto. Non chiedete agli altri se è vero, perché tanto non vi risponderanno. E poi…»

In circostanze normali Tommy avrebbe dato di matto con quella voce che continuava a ronzare in sottofondo. In quel momento, invece, ogni distrazione era ben accetta. Qualunque cosa pur di non lasciarlo da solo con i suoi pensieri. 

«… e a quel punto abbiamo testato il mio sistema difensivo e per poco una driade non si è beccata una scarica di centomila volt…» mentre parlava, Kevin afferrò una sigaretta dalla tasca e se la portò alla bocca. Annaspò con la mano in cerca dell’accendisigari e poi se l’accese, sotto lo sguardo basito di tutti. «… e a quel punto sono diventato il loro nemico numero uno, ma forse se…» Si interruppe, realizzando lui stesso quello che stava facendo. Facendo finta di niente, abbassò il finestrino e gettò via la sigaretta, per poi tossire e schiarirsi la voce. «… sì, insomma. È stato uno spasso.»

Accese la radio e si mise a fischiettare, senza accennare affatto a ciò che era appena successo. Realizzando che perlomeno si fosse zittito, nessuno di loro ebbe il coraggio di riaprire la discussione.

 

***

 

Superarono la collina e raggiunsero l’albero di Talia, una sfida che si rivelò più ardua del previsto per le loro gambe stanche. Poi, quando iniziarono a scendere e il Campo Mezzosangue si stagliò di fronte a loro, Thomas pensò che ogni sforzo fatto era valso la pena. Non aveva idea di quanto quel luogo gli fosse mancato. Le capanne, il padiglione della mensa, l’arena, la Casa Grande, il laghetto, l’Athena Parthenos, ogni cosa era proprio come la ricordava, bellissima come sempre, con quell’aura nostalgica ad avvolgerla. 

Entrare in quel luogo era come entrare nella pellicola di un film. Il mondo esterno non esisteva più, il Campo Mezzosangue, la loro casa, avrebbe avvolto tutti loro con il suo manto protettivo, isolandoli dai problemi di tutti i giorni. 

Kevin aveva detto che oltre a lui gli unici a sapere che stavano tornando erano Chirone e Dioniso. E quindi, ovviamente, ad aspettarli trovarono oltre al centauro tutti i capicasa più decine e decine di altri semidei curiosi che avevano resistito alla stanchezza pur di vederli. 

Tommy si sentì sepolto da tutti quegli sguardi sbalorditi. Per sua fortuna, Rosa fu la principale attrazione. La ragazza che tutti avevano creduto scomparsa e per cui tutti avevano deciso di unire le forze per migliorare il campo era ancora viva, stava bene e si trovava di fronte a tutti loro. Versi sorpresi, mormorii, frasi e parole si alzarono tra i semidei man mano che il gruppo partito per l’impresa si avvicinava. 

«Ma che… che è questo casino?!» protestò Kevin, prendendosela con una ragazza bionda in mezzo al gruppo. «Sarah! Ti avevo detto di non dirlo a nessuno!»

La capocasa di Ebe arrossì. «L’ho solamente detto a Derek e Paul!»

«Io l’ho detto a Sunrise…» ammise Paul, con un sorrisetto colpevole. 

«Io l’ho detto a tutti» concluse Derek con un ghigno, prima di sbracciarsi in direzione del fratello. «Tommy!»

Non appena lo vide, Thomas sorrise, dimenticandosi per poco della morsa che gli stringeva il cuore. «Derek!» Corse verso di lui, ignorando tutti gli altri. Abbracciò il fratello, che ricambiò dandogli alcune rumorose schicchere sulla schiena. 

«Non ti sei fatto ammazzare! Bravo!»

«Beh, ho imparato dal…» Thomas osservò Derek, per poi interrompersi. «No, scherzavo, da te non ho imparato proprio nulla.»

Derek scoppiò a ridere, stritolandolo di nuovo. 

«Thomas!» gridarono altre voci. Il semidio si separò dal fratello maggiore, per poi venire accolto da Rick e Leyla, che si strinsero attorno alla sua vita. 

«Ciao piccole pesti!» salutò Tommy, arruffando i capelli di entrambi. Iperattivi com’erano, non era sorpreso di vederli svegli a quell’ora. «Vi sono mancato?»

«Sì! Finalmente ho di nuovo qualcuno a cui fare gli scherzi!» esultò Rick, saltellando sul posto. 

Thomas ridacchiò, spettinandolo di nuovo. Quanto era sollevato di rivederli. Quanto gli erano mancati. E soprattutto, quanto era felice di vedere quei sorrisi sui loro volti. Ce l’aveva fatta. Aveva completato l’impresa ed era tornato a casa, dalla sua famiglia. 

Natalie seguì i due bambini, accogliendolo con un ampio sorriso. 

«Sapevo che ce l’avresti fatta» gli disse, abbracciandolo.  

Tommy la strinse la sorella maggiore con forza. 

«Se vi avessi delusi non me lo sarei mai perdonato» ammise quando si separò da lei, scostandole alcune ciocche di capelli da di fronte al volto.   

Il resto dei suoi fratelli la seguirono, complimentandosi con lui con strette di mano, pacche sulle spalle, abbracci e battute. Thomas percepì qualcosa di diverso in tutti loro, un legame molto più forte che li univa. 

Si accorse che anche i suoi amici stavano ricevendo un’accoglienza simile alla sua. Stephanie sembrava quasi in lacrime mentre stritolava Paul, circondata dagli altri quattro figli di Demetra, tre sorelle e un altro fratello.

Al contrario, Rosa ed Edward erano quelli sereni della famiglia, mentre i loro fratelli parevano tutti in procinto di scoppiare a piangere come fontane. Jonathan strinse la sorella, mormorandole un milione di scuse, mentre gli altri notarono le cicatrici di Edward e le indicarono, domandandogli cosa fosse successo. Edward iniziò a blaterare di uno scoiattolo che aveva cercato di rubargli delle noccioline o cose del genere, in mezzo a quel brusio era un po’ difficile capire cosa stesse dicendo con esattezza.

Anche Konnor venne accolto da alcuni dei suoi fratelli. Gli strinsero la mano, dando qualche pacca anche a lui, sorridenti. Il ragazzo ricambiò i loro sorrisi, sembrando a proprio agio in mezzo a loro. Non c’erano tutti, però, visto che mancavano quelli che di solito si schieravano dalla parte di Buck. E a proposito del capocasa, di lui non c’era alcuna traccia. E anche Jane non sembrava presente. Alcune figlie di Afrodite erano lì, Tommy le riconobbe per i loro aspetti impeccabili anche alle quattro del mattino, ma non erano quelle che facevano parte dell’entourage dei due fidanzatini. Dovevano essere le poche ragazze di quella famiglia che come hobby non avevano l’andarsene in giro a trattare tutto e tutti come spazzatura. 

Vedere che anche alcuni figli di Ares e di Afrodite erano venuti a congratularsi con loro accese una piccola scintilla di fiducia in lui. Non erano obbligati a farlo, forse erano perfino andati contro alle direttive dei loro capicasa per raggiungerli, eppure erano lì. Tommy distese il proprio sorriso, accorgendosi, infine, di Lisa. L’unica rimasta in disparte, nelle retrovie. Se ne stava a braccia conserte, da sola, ma con un tenue sorriso dipinto sulle labbra.

Nonostante nessuno fosse venuto per lei, pareva comunque felice per tutti loro. Di nuovo, Thomas sentì il cuore stringersi in una morsa. Rimase ad osservarla, incapace di guardare da un’altra parte. Inevitabilmente, anche lei si accorse di lui. I loro sguardi si incrociarono e questa volta la figlia di Bacco non lo distolse. Il suo sorriso si affievolì, lasciando posto ad un’espressione vuota, triste. L’emozione che quegli occhi scuri stavano trasmettendo era ben chiara. 

Thomas assottigliò le labbra, poi camminò verso di lei. Derek lo chiamò, ma lui lo ignorò. Per tutto il tempo, gli occhi di Lisa rimasero posati su di lui, mentre diverse emozioni sembravano passarle sul viso. Dalla confusione, allo stupore, all’incredulità. Quando la raggiunse, le sorrise di nuovo, tendendole una mano. «Non vorrai mica startene qui da sola, vero?»

Lisa schiuse le labbra, apparendo spaesata per un secondo. Poi, si strinse nelle spalle, distogliendo lo sguardo da lui. «E a te che importa?»

«Mi importa» ribatté lui, afferrandola per la mano e facendole scappare un gridolino indispettito. «T-Tommy!» 

«Non ti lascerò passare inosservata anche questa volta!» esclamò il figlio di Ermes, trascinandola quasi di peso verso i suoi amici. «Ehi, gente! Che ne dite di dare una bella accoglienza anche a Lisa? Senza di lei non ce l’avremmo mai fatta!»

«T-Tommy…» farfugliò ancora Lisa, mentre tutti quanti si voltavano verso di loro. 

«Sono d’accordo» fece eco Edward, avvicinandosi a loro e affiancando Tommy. Anche Konnor e Stephanie li raggiunsero, piazzandosi dall’altro lato e lasciando che la figlia di Bacco rimanesse in centro. I cinque semidei dell’impresa si ritrovarono di fronte alla folla, che li investì con uno scrosciante applauso. 

I vari capicasa si fecero avanti. Seth, Alyssa, Tonya, Simon, Xavier, tutti quanti le strinsero la mano, congratulandosi con lei. Lisa sembrava voler sprofondare dalla vergogna, ma il sorriso di pura e genuina felicità che aveva stampato sul viso raccontava tutta un’altra storia.  

Anche Rosa si fece avanti, dandole un grosso abbraccio. «Grazie di tutto, chica» affermò, causando un applauso ancora più forte. 

In mezzo a tutto il giubileo, gli sguardi di Lisa e Tommy si incrociarono di nuovo e, questa volta, la ragazza sembrò provare un moto di gratitudine verso di lui. 

«Mi sembra ovvio che quest’impresa non sia stata poi così difficile, se ce l’avete fatta» disse qualcuno all’improvviso, alzando il tono per farsi sentire sopra la folla.

Quella voce fu come una mano che afferrò Tommy per trascinarlo fuori da un letto caldo e gettarlo in mezzo ad una notte di pioggia. 

Tutti si voltarono verso di Buck, Jane e il loro entourage mentre si facevano largo tra la folla. Il figlio di Ares fece vagare lo sguardo sui semidei dell’impresa, Rosa inclusa, mentre la sua ragazza sogghignava divertita. «Insomma, se questi cinque ce l’hanno fatta, allora avrebbe potuto farcela chiunque. Anzi, sono sicuro che chiunque altro ci avrebbe messo molto meno tempo di loro.»

Tommy strinse i pugni, sentendo la rabbia montargli nel corpo. Non riusciva a credere che quel beota avesse davvero avuto il coraggio di dire una cosa del genere. 

Una risata sguaiata si sollevò in aria all’improvviso, facendolo calmare. Edward rovesciò la testa all’indietro, coprendosi la faccia. 

«Sei un vero spasso, lo sai amico?» disse, tornando ad osservare il figlio di Ares con un sorrisetto. 

«Facciamo così…» camminò verso di lui, sollevando le braccia con fare innocuo. «… troviamoci nell’arena, domani.» Si piazzò di fronte a quello scimmione, facendosi serio all’improvviso, come poche volte Tommy lo aveva visto. «Scopriremo se hai ragione o no.»

«E perché non farlo adesso?» rantolò il figlio di Ares, stringendo i pugni. 

Prima che Edward potesse replicare, Konnor si fece avanti. Poso un braccio sulla spalla di Edward, cercando di farlo allontanare dal fratello. «Dateci un taglio. Questo non è né il luogo né il momento per litigare.»

«E tu che vuoi, Konnor? Non sei altro che un disonore per la nostra casa» gracchiò Buck, tagliente come un coltello. Tommy sentì l’irrefrenabile bisogno di tirargli un pugno sul naso. Se Konnor era un disonore, lui che cos’era? 

«Su, su, calmatevi tutti» si intromise Chirone, sollevando le braccia per appianare gli animi. «L’impresa è stata un successo, la guerra è stata scongiurata e Rosa è sana e salva, questo è un momento di cui gioire! Domani lezioni e allenamenti saranno sospesi: festeggeremo la buona riuscita dell’impresa!»

Grida di giubilo si sollevarono tra la folla, così forti che sicuramente finirono con lo svegliare l’intera capanna di Ipno, l’unica che mancava all’appello. Nonostante la botta di buonumore che Chirone riuscì ad iniettare in tutti loro, le espressioni dure di Edward e Konnor, soprattutto di quest’ultimo, non mutarono. Per tutta risposta, Buck sogghignò, congedandosi con una piccola riverenza insieme a Jane, che lanciò un’ultima occhiata divertita ai semidei dell’impresa. 

I cinque ragazzi non sembravano gli unici a non aver gradito il loro comportamento. Anche Rosa, Natalie, Derek e molti altri li osservarono adirati mentre si allontanavano. 

«Forza, tornate tutti nelle vostre cabine» li invitò Chirone. «E lasciate riposare i vostri fratelli. Hanno avuto una settimana lunga e sono sicuro che nessuno di loro sia in vena di essere tempestato di domande. In tarda mattinata terrò un altro Consiglio, così potranno raccontare tutto quello che è successo ai capicasa.» Si voltò verso i cinque ragazzi, sorridendo paterno. «Siete stati bravi. Sono davvero orgoglioso di voi.»

Dei piccoli sorrisi apparvero sui loro volti. Detto da Chirone, significava davvero molto. 

I semidei cominciarono a sparpagliarsi, dirigendosi alle loro cabine. I cinque furono tra gli ultimi a rimanere lì, insieme a Rosa e ad alcuni dei loro fratelli. Derek si fermò per dire qualcosa a Tommy, ma sembrò ripensarci all’ultimo secondo, limitandosi a dirgli di raggiungerlo alla cabina quando avrebbe finito lì. Thomas era abbastanza sicuro che nonostante l’ammonimento di Chirone, Derek e gli altri non lo avrebbero lasciato dormire finché non avrebbe raccontato ogni cosa per filo e per segno.

«Beh… buonanotte gente» salutò Rosa, con un sorriso. Si avvicinò ed abbracciò tutti loro, uno per uno, incluso Thomas, ringraziandoli ancora per l’aiuto. Il figlio di Ermes la strinse un po’ imbarazzato, ma questa volta fu diverso: non fu più imbarazzo causato dalla sua cotta per lei, più un disagio provato nell’avere contatti con lei di fronte a Lisa.

«Ci vediamo domani» concluse, agitando la mano, imitata da Edward. I due fratelli si allontanarono insieme a Jonathan e diversi altri, diretti verso la capanna sette. Tommy li seguì con lo sguardo, sorridendo, felice di rivederli insieme, felice che stessero entrambi bene e soprattutto felice che fossero entrati nella sua vita.

«È stato un onore combattere con voi» disse Konnor, ottenendo alcune risatine dagli altri tre. Si imbarazzò. «Che c’è di divertente?»

«Riposo, soldato!» gli fece il verso Stephanie.

Konnor alzò gli occhi al cielo, anche se il sorriso di Steph sembrò contagiarlo un po’.

«Pensi di farcela con Buck nella tua stessa cabina?» domandò Thomas, incupendosi. Non poteva nemmeno immaginare che cosa avrebbe fatto quello scimmione a Konnor da quel giorno in poi.

«Non preoccuparti per me» rispose lui, strizzandogli l’occhio. «Me la caverò.»

Tommy riuscì a sorridere. Quando quell’impresa era iniziata, non sapeva bene come definire il figlio di Ares. Ora, dopo tutto quello che era successo, era abbastanza sicuro di poter chiamare “amico” anche lui. Ed era molto felice di poterlo fare. Il suo sguardo passò poi a Steph. Aveva sempre pensato che fosse solo una sapientona, invece era una ragazza forte, coraggiosa ed altruista. Era sempre stata una dei suoi pochi amici e non avrebbe potuto desiderare di meglio. 

Anche se ancora non ha capito che lei e Konnor sono una coppia perfetta. 

Da quel punto di vista, lei era perfino più tonta di lui, ma si ripromise di non dirglielo mai ad alta voce. 

«Sei stata brava Steph» disse, sorridendole. 

La figlia di Demetra ricambiò il suo sguardo. «Anche tu Tommy.»

Tommy distese il sorriso, poi l’abbracciò. Le voleva bene e si sarebbe sempre schierato dalla sua parte, soprattutto dopo quello che avevano condiviso in quell'impresa. 

I due ragazzi salutarono Lisa, poi si congedarono anche loro, lasciandolo da solo con lei. Si passò la mano dietro al collo, imbarazzato. Fece per parlare, ma Lisa lo liquidò con un veloce: «Buonanotte Thomas.»

La vide allontanarsi e si sentì morire dall’interno. Le gambe gli si tramutarono in gelatina e il cuore cominciò a schizzargli all’impazzata nel petto. «A-Aspetta!»

Riuscì a trovare il coraggio di correrle dietro. Non aveva idea di che cosa stesse facendo, né di che cosa avrebbe potuto dirle: sapeva solo che non poteva lasciarla andare così.

Lisa si fermò, senza voltarsi. La vide abbassare la testa. «Thomas, ascolta…»

«Mi dispiace» disse lui, di getto. «Io… io non avevo idea che tu… cioè, che io… che noi due… cioè…»

Un lungo sospiro provenne dalla ragazza. Le sue spalle si alzarono, per poi abbassarsi lentamente. «Non preoccuparti. È stata colpa mia.»

«C-Che cosa?»

Lisa si voltò, guardandolo sottecchi. Il suo sguardo era spento, triste. «Sono stata una stupida a pensare che… che dopo tutto quello che ti ho fatto…» Fece schioccare la lingua, sorridendo amareggiata. «Non ho fatto altro che tormentarti e poi ho pure avuto la faccia tosta di credere di piacerti. Sono proprio un’idiota.» 

«No…» Thomas tese una mano verso di lei. Non poteva reggere il dolore nei suoi occhi. «No, aspetta… i-io…» Abbassò il braccio, sentendosi un gigantesco Idiota con la I maiuscola. «Io… non credevo di… di piacerti. Non pensavo di… di valere così tanto, per te…»

La voce di Lisa si indurì. «Perché non lo pensavi?» 

Tommy sussultò, colto alla sprovvista dal suo cambio di tono. Lisa si avvicinò. «Come puoi pensare anche solo per un momento di non valere abbastanza?» Si fermò di fronte a lui e la sua voce si ammorbidì. Abbassò la testa, sopra il ciondolo che Tommy le aveva regalato e se lo rigirò tra le dita quasi con fare protettivo. «Dopo tutto quello che hai fatto per me, per tutti noi… come puoi non accorgerti del tuo valore?»

Thomas incrociò di nuovo il suo sguardo. Ancora una volta, si smarrì nei suoi occhi. «Perché… perché sono solo un ottuso figlio di Ermes…» mormorò, abbassando la testa.

«No, Tommy, non sei solo un ottuso figlio di Ermes. Sei un gigantesco ottuso figlio di Ermes.» La mano di Lisa si posò sulla sua spalla, facendolo sussultare. Si raddrizzò, accorgendosi del piccolo sorriso che era di nuovo nato sul volto di lei. Era bellissima quando sorrideva. Era bellissima quando sorrideva a lui. 

«Ma sei anche buono, dolce, altruista» ammise, con le guance che si tingevano di rosso. «Mi hai difesa quando pensavo che nessuno l’avrebbe mai fatto. Mi hai perdonata e mi hai ascoltata. Hai affrontato Efialte solo per me. Mi sei stato vicino e mi hai aiutata ad uscire da quel baratro senza fondo in cui mi stavo cacciando.»

La mano di Tommy si posò sulla sua senza che nemmeno se ne rendesse conto. «Chiunque l’avrebbe fatto, Lisa.»

«Non chiunque, Tommy. Tu.»

Thomas schiuse le labbra. La sua reazione fece ridacchiare Lisa, che sollevò gli occhi al cielo. «È tutto inutile, rimarrai sempre un ottuso figlio di Ermes.» La sua mano scivolò dalla spalla alla sua guancia, accarezzandolo. «Ma mi piaci anche per questo.»

L’ottuso figlio di Ermes avrebbe voluto rispondere, avrebbe voluto dirle che anche lei gli piaceva, che anche lei aveva un valore inestimabile per lui. Tuttavia, quando le labbra di Lisa si adagiarono sulle sue, si dimenticò perfino come si chiamava.

Spalancò gli occhi, osservando il volto di Lisa così vicino al suo, le sue palpebre serrate, mentre il suo respiro caldo soffiava sulla sua pelle facendolo sussultare. Rimase immobile, incapace di compiere il minimo dei movimenti, incapace di pensare, mentre sempre più incredulo percepiva le labbra tremolanti ed impacciate di Lisa contro le sue. Il calore nel suo petto, il cuore che gli batteva all’impazzata, le labbra inumidite, il tocco morbido di Lisa… quello era il suo primo bacio. 

Chiuse gli occhi, avvicinando anche lui la mano al volto di Lisa per carezzarlo, mentre entrambi schiudevano le labbra per cercarsi con più insistenza. Non aveva idea di che cosa stesse facendo, né perché, ma non aveva importanza: si lasciò guidare dall’istinto, e fu la scelta migliore che avrebbe mai potuto prendere. 

Quando si separarono, lo fecero solamente perché entrambi avevano bisogno di riprendere fiato. I loro sguardi si incrociarono e Thomas pensò che avrebbe potuto sconfiggere Crono, Gea, gli Imperatori e Orochi da solo e a mani nude.  

«Tonto figlio di Ermes» ripeté Lisa, con un bellissimo sorriso dolce.

Tommy strofinò il pollice sulle sue guance ancora più rosse di quando aveva bevuto il vino e sorrise. «Stupenda figlia di Bacco.»

«S-Smettila di giocare sporco!» protestò lei, facendolo ridere. Le prese il volto tra le mani e la baciò di nuovo, sentendosi come se stesse toccando il cielo con un dito.

Avevano litigato, avevano fatto pace, erano diventati amici e poi… quello. Non avrebbe mai immaginato che le cose sarebbero potute finire così. Se avesse potuto, avrebbe congelato il tempo in quello stesso istante, rimanendo per sempre stretto a lei. 

Lei, Lisa. La persona migliore che avrebbe potuto incontrare.

Qualcuno si schiarì la voce e per poco Tommy non morì sul colpo per un attacco di cuore. Si separarono, accorgendosi di Dioniso che li osservava svogliato. 

«S-Signor D» bisbigliò Thomas, con un filo di voce. Un flash del suo funerale balenò nella sua mente, con Derek che recitava un discorso in sua memoria farcendolo di tutti i momenti imbarazzanti della sua vita.

«Non preoccuparti, Timothy, non ti trasformerò in concime per i campi solo perché hai baciato mia figlia» lo rassicurò il dio, sollevando una mano. Dopodiché, spostò lo sguardo su di Lisa. «Ho bisogno di parlarti.»

Lisa assottigliò le labbra, stringendo la mano di Thomas. «Tommy rimane» affermò, facendo perdere un battito al cuore del figlio di Ermes. Una parte di lui avrebbe voluto dire che non era il caso. L’altra, sapeva bene cosa provasse Lisa nei confronti del padre. E se lei aveva bisogno di lui, lui non l’avrebbe mai abbandonata.

Il signor D non sembrò entusiasta della cosa, ma acconsentì. Osservò la figlia con lo sguardo severo che lo aveva caratterizzato negli anni in cui aveva vissuto nel campo e lei lo ricambiò, aumentando la presa sulla mano di Thomas. Poi, il dio abbassò gli occhi, sospirando. «Mi dispiace per quello che ti ho detto quando hai deciso di partire per l’impresa. Non è vero che non mi importa di te.»

Era forse… una scusa, quella appena uscita dalle labbra del dio? Tommy spalancò la bocca per lo stupore. E se lui era stupito, poteva solo immaginare come dovesse essere Lisa. 

«Ho… ho solo avuto paura di perderti» proseguì il dio, avvicinandosi a lei. Le posò le mani sulle spalle. «Ho già perso tua madre. Se dovessi perdere anche te non riuscirei ad accettarlo.»

Lisa schiuse le labbra. Una lacrima le scivolò dall’occhio, percorrendo la guancia. Dioniso l’asciugò con il pollice e la sua espressione si addolcì. «Hai i suoi stessi occhi

Altre lacrime scivolarono lungo le guance di Lisa. Poi, la ragazza lasciò la mano di Tommy e abbracciò il padre, affondando il volto sul suo petto e cominciando singhiozzare. Dioniso la strinse con forza, appoggiando il mento sulla sua testa, in un abbraccio molto più sentito.

«Mi… mi manca così tanto…» sussurrò Lisa, con voce incrinata. 

«Anche a me.» 

Padre e figlia rimasero abbracciati a lungo. Thomas osservò quel rapporto che aveva creduto incrinato ricostruirsi lentamente di fronte ai suoi occhi e sorrise di pura gioia. 

«Sei la cosa migliore che abbia mai fatto» affermò Dioniso, quando si sciolse dall’abbraccio. Sorrise orgoglioso, asciugandole le altre lacrime. Le scostò una ciocca di capelli, spostandogliela dietro l’orecchio. «Ti voglio bene Lisa. Sono fiero di te.»

Lisa sorrise. In quel sorriso, Thomas vide ogni traccia di dolore svanire da dentro di lei una volta per tutte. Finalmente, ogni cosa nella sua vita era tornata al suo posto. Non avrebbe potuto essere più felice per lei.

«Mi dispiace di non essere venuto ad aiutarti contro Efialte. Quel pallone gonfiato di Ermes ha voluto prendersi tutti i meriti…» borbottò poi Dioniso, lanciando un’occhiatina a Thomas, che fece svanire il suo sorriso alla rapidità della luce. «… sappi che ti tengo d’occhio, Timmy. Ferisci mia figlia e ti ritroverai ad osservare i miei vigneti crescere dal lato delle radici.»

Il cuore del poveretto perse un altro battito. 

«Dai, papà!» si lamentò Lisa, tornando ad afferrare Tommy per la mano e sorridendogli. «È un tonto figlio di Ermes, ma non è così male.»

«Mh. Beh, del resto…» Si interruppe, scuotendo la testa. «In ogni caso, avete cinque minuti per filare nelle vostre cabine, o vi metterò entrambi in punizione per sei mesi.»

La ragazza roteò gli occhi. «Essere un padre fico per più di trenta secondi è una cosa troppo difficile per te, vero?»

«Potrei fare la stessa domanda al mio di padre» ribatté il signor D, alzando anche lui gli occhi al cielo. «Allora? Che hai da rispondere?»

Un tuono improvviso fece scuotere le ossa di Tommy, colpendolo alla sprovvista. 

«Tsk. Tipico» mugugnò Dioniso impassibile. «Cinque minuti, non di più» stabilì, prima di dirigersi verso la Casa Grande. 

Thomas e Lisa rimasero da soli, ancora con le mani intrecciate. Nonostante le minacce del signor D, niente avrebbe potuto guastare l’umore del figlio di Ermes, che incrociò di nuovo lo sguardo della ragazza. Si sorrisero di nuovo, entrambi felici come mai lo erano stati. 

Avevano cinque minuti per tornare nelle cabine: c’era tutto il tempo per scambiarsi ancora uno o due baci.

 

 

 

 

E così i nostri eroi sono tornati a casa, finalmente. E sì, gente, sono passati due anni da quando ho scritto il capitolo della partenza. Non so nemmeno io come sia possibile, davvero. Non ho mai scritto una storia durata così tanto, sono sorpreso. Mi dispiace di averci messo così tanto. Ma sono felice di essere riuscito ad arrivare fino a qui. E soprattutto sono felice di vedere che ancora ci sono persone che leggono, sono sicuro che tra le visualizzazioni che ricevo ci siano persone che stanno leggendo dal day one, dal lontano novembre 2018 (spero di finire prima di compiere il terzo anniversario). 

Devo un ringraziamento in particolare ad una persona, ossia Farkas, che non solo legge dal day one ma recensisce anche dal day one. Non ha mai mancato un capitolo e mentirei se dicessi che poter contare sulla sua presenza non mi abbia aiutato a scrivere. Apprezzo i lettori, apprezzo chi legge silenziosamente, ma poter discutere della storia con uno di voi è sempre un piacere per me. Scambiarsi opinioni, sentire pareri, complimenti o anche critiche, è un vero onore e soprattutto è di grande aiuto per un autore. 

E allo stesso modo devo ringraziare Roland, che si è unita a metà strada e da quel momento non è più scesa da questo treno pazzo. Di solito questi sono ringraziamenti che lascio alla fine della storia, ma mi sembrava giusto dare un piccolo anticipo. 

Grazie ad entrambi di cuore, grazie anche a Beauty Queen che è rimasta con me durante la prima metà della storia e allo stesso modo ringrazio volarefinoatoccareilcielo, Lady_Maria e Lady White Witch, che spero davvero stiano ancora leggendo, così da sapere che i miei ringraziamenti sono arrivati anche a loro. 

Ringrazio poi anche camillavaalmare, Lydia_Swan_Prior, Pase200585, Cossiopea, Mareena, Alohomora, Calathea, NonLoSo_18, ancora una volta Beauty_Queen, Farkas, Roland e per finire la mia cara amica IRL Nanamin, per aver seguito, ricordato e preferito la storia. Se qualcuno di voi ha piacere di farmi sapere perchè ha deciso di salvarsi la mia storia, mi renderebbe molto felice scoprirlo.

(SÌ LO SO CHE IL CAPITOLO AVEVA 10K PAROLE E VI STO TRATTENENDO MA CI TENEVO ECCO)

Grazie a tutti carissimi  

Al prossimo capitolo!


 
 

p.s. La canzone cantata da Rosa, Lisa e Steph: https://www.youtube.com/watch?v=NxAQC2hqat4

 

   
 
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