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Autore: Sanae77    10/05/2021    8 recensioni
Si fanno scelte nella vita che spesso coinvolgono gli altri.
Altre volte, senza esserne coscienti, sono le tue scelte a portare conseguenze.
Ma indipendentemente da ciò che scegliamo... il nostro destino è già scritto?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Koshi Kanda, Nuovo personaggio, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly, Yukari Nishimoto/Evelyne Davidson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La settimana inizia con i soliti ritmi frenetici, tra una colazione trafugata al volo e la strada percorsa velocemente per non far tardi… il lunedì è sempre così traumatico. Anche stasera allenamenti fino a tardi e poi a casa. Koshi l’ho visto a ricreazione circondato da delle ochette starnazzanti e il fatto che non mi abbia fatto alcun effetto la dice lunga sulla mia scelta; forse dovrei già dirgli che è finita.
 
Ci ritroviamo sotto al grande albero del giardino per consumare la colazione. Misaki e Ozora stanno parlando degli allenamenti per il pomeriggio quando Kanda si avvicina e mi chiama in disparte.
 
Il discorso è breve e conciso. Non c’è molto da dirsi. Lui ha detto di aver conosciuto un'altra ragazza, ha fatto delle allusioni al capitano, ovviamente, anche se non gli ho dato spazio di discussione lasciando cadere nel vuoto le sue insinuazioni; quindi di comune accordo ci siamo lasciati. Ogni tanto guardo in direzione dei miei amici. Tsubasa mi lancia delle occhiate preoccupate mentre Taro richiama più volte la sua attenzione.
 
Oltre al sollievo immediato la vivo comunque come una piccola sconfitta della mia vita. Dopotutto Koshi è stato il mio primo ragazzo. E il primo ragazzo non si scorda mai. O forse è più corretto dire che il primo amore non si scorda mai? Visto che Tsubasa non l’ho scordato per niente?
 
Appena torno nel gruppo vedo il capitano rilassarsi e tornare a prestare attenzione alla metà della Golden. Yukari invece mi prende per un braccio e trascina in un posto più appartato.
 
Dopo che gli ho detto quello che ormai era nell’aria da giorni la mia amica mi avvolge stretta tra le sue braccia. Dopo l’abbraccio consolatorio parte in quarta con la missione successiva: obiettivo Ozora!
 
 
“Dammi respiro” protesto. Mi afferra le spalle e parte per una paternale senza precedenti.
“Come dice quel detto italiano? Morto un Papa se ne fa un altro no?”
“Ci mancava pure il detto italiano.” Sospiro, perché francamente vorrei riflettere un secondo su questi ultimi anni se me ne desse il tempo.
“Da oggi si inizia a scrivere un nuovo capitolo.” Felice come una bambina saltella mentre troniamo dagli altri.
“Solo un favore… possiamo per oggi evitare di attaccare manifesti? Vorrei stare tranquilla.”
“Ok, concesso, ma domani si torna in pista.”
“Chiedere una settimana di relax è troppo vero?”
“Una settimanaaaaa? Tu sei mattaaaa…”
 
 
Tra una risata e l’altra torniamo dagli amici che ci osservano perplessi. Gli unici a cui non interessa minimamente di noi sono Yuzo e Kumi che sotto al grande albero stanno scrutando un disegno. Sono così carini. Lui è appoggiato con le spalle al tronco e lei lì in mezzo alle sue gambe è appoggiata sul suo petto. Nelle mani ha un disegno che stanno commentando insieme. Ogni tanto lui le scosta i capelli e le dà un bacio sulla guancia. Non l’avevo mai vista così radiosa e innamorata. Sono davvero felice per loro.
 
Il capitano mi osserva da lontano quindi con un gesto di assenso e un sorriso lo rassicuro. Contraccambia il cenno e torna a parlare con la sua metà in campo. Tutte queste premure da parte sua mi spiazzano.
Non ha più solo in testa il pallone?
 
Le lezioni sono finite e dopo aver fatto i compiti in biblioteca con Yukari e Kumi prendiamo servizio come manager della squadra. Stasera hanno deciso per un allenamento supplementare quindi faranno più tardi. E quando Tsubasa resta l’ultimo in campo sollevo gli occhi al cielo. Proprio non è cambiato nulla. 
 
 
“Resto io” dico alle altre che vedo già pronte per uscire. Kumi ha Yuzo che la sta aspettando fuori dal cancello e Kazuo è già pronto con la moto e casco in mano.
“Oh, che sacrificio!” mi percula Yukari.
“Piantala scema. E ora andate.”
“Ok, ci sentiamo domani. Senpai.” Kumi non ha ancora lasciato quel fare ossequioso verso chi è più grande di lei, correda il saluto con un inchino e scappa felice verso il suo ragazzo. Quando arriva si scambiano un fugace bacio incamminandosi per la loro strada.
“Tanto ti lascio in ottime mani” la mia amica mi spinge per una spalla con poca grazia, sta per farmi cascare.
“Ehi, mi fai cadere. A domani Yukari.” Taglio corto.
“A domani.” Finalmente si arrende non avrei resistito oltre.
 
 
Sono quasi le 19:00 quando mando un messaggio a mia madre dicendogli che resto a cena fuori. Perché sono curiosa di capire quanto possa ancora andare avanti il fissato del pallone. Dopo altri trenta minuti sono davvero stufa, quindi mi alzo dalla panchina, con borraccia e asciugamano vado dal capitano che, vicino alla porta, sta provando un nuovo tiro. 
 
“Tsubasa sono le sette e mezza io avrei fame.”
 
Viene verso di me e quando afferra la salvietta le nostre dita si toccano. Nessuno dei due ritrae la mano mentre restiamo vittime di questa impasse. Dalle ciocche dei capelli gli cade qualche goccia di sudore, resto incantata dalle iridi nere che brillano. Ama davvero questo sport glielo si legge negli occhi. Ancora con le mani a mezz’aria nessuno dei due muove un muscolo. È lui a sbloccarsi e parlare: “Scusa, non avevo visto l’ora, che ne dici se ci fermiamo a prendere qualcosa da mangiare per strada? Faccio una doccia veloce e andiamo, ok?”
 
Muovo la mano e lui afferra la salvietta prima e la borraccia dopo.
 
“Va bene, tu vai a sistemarti metto io via i palloni così facciamo prima.
“Perfetto. Ma? Gli altri.”
“Sarà almeno un’ora che sono andati via capitano.”
“Ah, i soliti scansafatiche.” Borbotta mentre esce dal campo…
“Oppure tu sei il solito stakanovista…”
“Hai ragione Nakazawa sono punti di vista differenti.”
 
Ridacchia, lo vedo battere gli scarpini contro uno dei pali del recinto per togliere la terra in eccesso, il custode li ha sgridati per anni quando entravano con la terra negli spogliatoi. Piano, piano hanno capito. Sono uomini dopotutto… sorrido.
 
Finisco di riporre tutto, un ultimo sguardo al campo sgombro da attrezzi e palloni quindi raggiungo Tsubasa. Credo di non essermi mai trattenuta così a lungo. Passa poco e quando la maniglia dello spogliatoio si apre, lui ne esce con il borsone in spalla sorretto dal braccio. I capelli ancora inumiditi dalla doccia.
 
“Quindi dove andiamo? Anch’io ho fame.” chiede ravvivando la chioma.
“Cosa ti va?”
 
Si appoggia alla parete lasciando cadere la borsa a terra. Lo guardo perplessa, ma non aveva fame?
 
“Prima controlliamo cosa c’è aperto nelle vicinanze.” Afferra il cellulare e apre Google maps.
 
Mi avvicino per scrutare cosa stia cercando; e riconoscendo nella ricerca i miei stessi gusti in fatto di pietanze sorrido.
 
“Wow, ottimo, ne avevo proprio voglia.” Dico posando le mani sul suo braccio e guardando ancora il cellulare, quando riduce a icona la pagina, la foto dello schermo, ritrae noi due vicini a bordo campo che stiamo parlando. Lui si passa la spugna sul collo mentre io gli porgo la borraccia, ma non sono i gesti a farmi sgranare gli occhi ma lo sguardo che ci stiamo scambiando. Il colore ocra del sole al tramonto rende tutto così magico. Non ricordo questa foto e non so chi possa averla scattata.
Metto la mia mano sotto la sua per poter vedere meglio questa istantanea.
 
“Bella” esclamo emozionata. Il cuore ha preso a battere all’impazzata.
 
Voltati e bacialo!
 
Ma il suggerimento della mia materia grigia impazzita cade nel vuoto. Forse il sangue pompato dal cuore al cervello deve essere troppo in questo momento per suggerirmi idee tanto strampalate.
 
“Bellissima, l’ha scattata Taro pochi giorni prima che partissi per il Brasile.”
“Artistica. Buon sangue non mente.” Quando mi giro per osservare la sua espressione mi muore il fiato in gola perché ha gli occhi lucidi mentre osserva la foto. La guarda con amore. Non gli avevo mai visto quest’espressione. Espressione che adesso sta rivolgendo a me. I suoi occhi adesso sono dedicati solo a me. Nelle iridi nere ancora quel bagliore indefinito che avevo notato quando mi ha riaccompagnato a casa dopo il cinema; erroneamente avevo pensato al riflesso della luce accesa da mia madre.
Con la mano libera compie il medesimo gesto dell’altra sera passandomi i capelli dietro all’orecchio, per poi terminare con una carezza fin dietro il collo.
 
Poi quella confessione fatta a labbra strette: “Mi sei mancata.”
“Anche tu.” Bisbiglio prima di sollevarmi sulle punte e regalargli un bacio a fior di labbra. Bacio che viene immediatamente approfondito quando la mano, che ancora non si era spostata da dietro la base della nuca, esercita una leggera pressione per avvicinarmi a lui. Fa sparire il cellulare forse nelle tasche della felpa, ma poco m’importa ora che mi avvolge tutta nel suo abbraccio. Continuano i baci. Baci dolci, esplorativi, sconosciuti, ma che proseguono alla ricerca di un’intimità che non abbiamo mai avuto prima. Intrufolo le mani sotto la maglia per esplorare una pelle a me estranea. L’umidità della doccia l’avverto ancora calda sotto le dita. Tsubasa scotta sotto la felpa. Mi spalmo letteralmente sul suo corpo e quando il seno tocca il torace avverto distintamente nelle parti basse la sua erezione premere su di me. Ansimo nella sua bocca mentre mi perdo nei sui baci. Baci che capisco subito non sa smettere.
 
“Dobbiamo spostarci.” Consiglio mentre ho un momento la bocca libera. Il capitano è impegnato ad assaporare il collo poco sotto il lobo dell’orecchio.
Porta le sue mani intorno al mio viso guardandomi dritto negli occhi. Dopo un altro bacio a stampo sulle labbra suggerisco: “La palestra.”
 
“Shh il guardiano potrebbe sentirci.” Non so cosa ci sia preso per venire in palestra, chiunque potrebbe vederci.
 
“Shh il guardiano potrebbe sentirci - ripete ridacchiando per poi aggiungere - Solitamente smonta alle 19:00, ma eri troppo impegnata con il cellulare per accorgertene, l’ho visto andar via… rilassati.” 
 
Quindi sapeva che eravamo soli prima quando ha chiesto degli altri… vedi che Yukari ha ragione quando dice che il capitano ha sempre un piano?
 
La mia mente è sempre un passo avanti al mio corpo.
Una volta capito che abbiamo un luogo sicuro per farlo non riusciamo a staccarci mentre il corridoio che conduce alla palestra e ai suoi materassi è un percorso di baci ad ostacoli che non siamo capaci di smettere. Il suo abbraccio mi circonda facendomi sentire protetta. Mi rendo immediatamente conto che tutte queste emozioni con Koshi non le ho mai provate, come la consapevolezza imprescindibile che non l’ho mai amato.
 
Quando entriamo i nostri passi creano un eco inquietante in questo grande spazio. La stanza dei materassi però è sicuramente più accogliente di questo luogo dispersivo. Ci fermiamo solo per aprire la porta ed entrare. Conosco questa stanza alla perfezione mentre una nota di malinconia mi assale per il tempo che abbiamo perso in questi anni. Tsubasa si muove sicuro mentre io mi aggiro sospettosa come se fosse la prima volta che ci entro. Accende la lampadina posta vicino alla scrivania per creare un’atmosfera calda e ricca di ombre sconosciute. Di notte, in palestra con Tsubasa, non c’ero mai stata.
 
Toglie la felpa lasciandola cadere sulla sedia mentre io mi aggiro nella stanza completamente inebetita. La maglia bianca a mezze maniche mette in risalto i suoi bicipiti. Deglutisco piano non sapendo esattamente che cosa fare. Non conosco il suo approccio, non conosco il suo modo di fare l’amore. E come penso a lui, in automatico, la mente si focalizza su un piccolo, ma enorme particolare.

Fare l’amore.

Perché so che sto per fare l’amore, quello che non ho ancora mai fatto anche se sono stata la ragazza di Kanda per tanto tempo. Quando si avvicina sollevo il viso per regalargli un sorriso rassicurante, non so perché ma avverto il suo nervosismo anche a metri di distanza. Dopotutto sono consapevole di avere Ozora insidiato sotto la pelle e quindi le sue vibrazioni diventano in automatico le mie.
 
Con le dita mi sistema una ciocca di capelli dietro all’orecchio prima di appoggiare la sua fronte alla mia. Sollevo le mani per accarezzare quel tratto di pelle scoperto grazie alle maniche corte della maglietta. Avverto le dita premere dietro la schiena ferme e decise.
 
“Sono agitato…” il respiro pesante e rotto dall’emozione del mio amato mi fa sciogliere il nodo di tensione che mi aveva attorcigliato lo stomaco… e non solo. Un’ondata di calore sale dalle gambe fino ad arrivare alla punta delle dita.
 
“Anch’io, Tsubasa, anch’io.”
 
Sorride iniziando a baciarmi delicatamente tutto intorno alle labbra. La tenerezza estrema mi disarma lasciandomi completamente in balia delle sue coccole.
 
“E che…” sussurra al mio orecchio facendomi increspare la pelle.
“E che?” indago prendendo coraggio e insinuando le dita sotto la maglia per sollevarla, voglio sentire tutto. La sua pelle è così calda e liscia adesso, potrei stare delle ore ad accarezzarlo.
Scende di lato lungo il collo come se cercasse una sorta di nascondiglio tra i miei capelli e l’orecchio. Il naso struscia sulla mia epidermide come una leggera carezza mentre avverto le labbra muoversi pronte a parlare.
 
“Non l’ho mai fatto, per me è la prima volta.” Un sussurro il suo, come se un soffio di vento avesse portato voci da lontano.
 
Mi blocco mentre vengo investita improvvisamente da una sorta di senso di colpa assurdo. In questi tre anni ha solo aspettato me mentre io…
Sicuramente sto sbagliando tutto perché il mio irrigidimento non gli è certo passato inosservato.
 
“Scusa, non credevo fosse un problema.”
“Scusa? Tu chiedi scusa a me?” Non ho certo nessuna intenzione di aprire adesso una discussione sulla sua verginità e sul fatto che praticamente mi abbia aspettata per tutti questi anni. Ci sarà tempo per i chiarimenti, ora è la sua prima volta e voglio che sia indimenticabile. Come spero lo sarà per me, visto che sarà la prima volta che farò l’amore davvero.
 
Il suo sguardo smarrito mi fa una tenerezza assurda. Intreccio una mano con la sua e lo trascino verso la pila di materassi ammucchiati, tre di questi sono proprio all’altezza giusta e fanno al caso nostro. Faccio in modo che si sieda davanti a me. Ancora mi osserva con la confusione che aleggia nelle sue iridi, del precedente luccichio neppure l’ombra; ora percepisco solo un ragazzo smarrito, ma quando vedo che sta per dire qualcosa le mie labbra sigillano le parole che stavano per uscire. In certi momenti i gesti possono farci esprimere meglio della voce. E non voglio che fraintenda nulla di questo momento.

Afferro la sua maglia e faccio in modo di liberarla dall’elastico dei pantaloni. Non servono particolari inviti per fargli capire che deve toglierla.

E quando incrocia le braccia sui fianchi per farla uscire dalla testa mostrando piano piano tutti i muscoli del ventre non riesco a trattenere un suono di apprezzamento. Anche il leggero indolenzimento del labbro inferiore stretto tra i denti è un dolce piacere. Una volta che la maglia finalmente sparisce la luce ambrata della lampada lo fa smembrare un dio dorato, mentre i capelli ebano si tingono di riflessi color ocra. Nel suo sguardo un misto di attesa e trepidazione.

Quando senza alcun imbarazzo inizio a spuntare il primo bottone della camicia Tsubasa avvampa arrossendo fino all’orecchie. In una sorta di tacito rispetto sembra aver timore di toccarmi, adesso che sono qua in piedi di fronte a lui che mi sto spogliando per lui. Quindi gli afferro le mani posandole sui miei fianchi oramai nudi. La camicia giace a terra tra i nostri piedi. Ed è quando gli circondo la testa con un abbraccio che avverto il suo respiro caldo in mezzo ai seni. Ed è qua che, il grande capitano della nazionale giapponese, finalmente si scioglie e prende in mano la situazione, o più precisamente riesce a sganciare il laccio del mio intimo liberando così i seni dalla costrizione del reggiseno. 
Mi stringe forte sprofondando nel mio petto.

“Non sai quanto io abbia sognato questo momento…” confessa mentre si alza e con dolci baci risale lo sterno per arrivare al collo e assaporare di nuovo le labbra.

Con le dita scivolo verso i fianchi per insinuarmi tra l’elastico della tuta e quello dei boxer. Faccio scivolare verso il basso il primo indumento così da lasciarlo solo in intimo. Così come sono io adesso dopo che il capitano ha fatto cadere la gonna a terra.
Scavalco gli abiti e spingo letteralmente Tsubasa sul tappeto della palestra che, tornando seduto, indietreggia sul materasso per permettermi di salire. Il boccone è troppo prelibato per non accettare quindi passano pochi attimi prima che lo raggiunga e mi adagi su di lui.
Dopo non c’è bisogno di lezioni o spiegazioni perché è l’istinto a muoverci in questo giaciglio improvvisato e in questa stanza che ci vede per la prima volta impegnati a fare l’amore.
 
 
Dorme.
Dietro di me il capitano dorme.
Stretta nel suo abbraccio continuo a fissare le magnifiche dita intrecciate alle mie nel contrasto ocra della lampada. Avvicino alla bocca le nostre mani intrecciate per baciare prima il pollice, l’indice e così a seguire.
Il respiro cambia mentre sulla pelle della spalla sinistra sento nascere un sorriso dalle sue labbra. Non tarda a baciare la spalla dove poco prima aveva sorriso.
Cerco di voltarmi perché ho bisogno di vederlo negli occhi, capire cosa prova dopo.
Dopo che lo abbiamo fatto e rifatto.
Quindi mi avvito su me stessa mentre lui agevola il movimento lasciandomi la mano intrecciata. Picchietto il naso contro il collo poco sotto l’orecchio e soffio per iniziare nuovamente questo gioco che mi porterà ancora ad unirmi a lui.

“Mi fai il solletico” protesta stringendo la spalla per allontanare il fastidio.
“Adoro farti il solletico”
“Ed io adoro la tua pelle di seta dopo l’amore.”
“Come siamo romantici capitano…”
“Siamo tornati a capitano?” il tono preoccupato mi fa capire che ha frainteso la mia intonazione di voce.
“Assolutamente no! Signor Ozora…” scherzo, e stavolta lo capisce. Solleva la mano e con l’indice percorre dalla spalla fin giù al braccio scoprendo via via centimetri di pelle celata dalla felpa.
“Pensavo, cioè… volevo capire che intenzioni tu avessi con Kanda.”

Ovviamente sapevo che saremmo arrivati a questo punto. E non posso neppure dire che sia stato tutto improvviso, sono consapevole da almeno quindici giorni di dover lasciare Koshi… esattamente dal giorno in metropolitana. Ignora invece che proprio stamattina ho risolto la questione.
 
“Hai ragione. Non lo avevo detto a nessuno eccetto a Yukari, ma avevamo preso una pausa e stamattina ci siamo definitivamente lasciati. Quando ci vedrà insieme s’incazzerà di brutto, le sue insinuazioni dopotutto troveranno fondamento. Ha sempre saputo che avevo un debole per te.” Dopo la confessione sono certa di aver sentito il suo cuore battere più veloce quando ho detto di aver lasciato Kanda.
“E ha accettato comunque di essere il tuo ragazzo quando sapeva che ti piaceva un altro?”
“È stata anche colpa mia che ho accettato il suo corteggiamento. Mi sentivo sola e lui…”
“E lui?” Capisco dal suo sguardo che ha smania per sapere come ho vissuto con Kanda questo tempo che lui non c’è stato. È viscerale, non può farne a meno.
“Lui mi faceva ridere distraendomi dai troppi pensieri che affollavano la mia testa.”
“Che tipo di pensieri?”

Sorrido perché ho scoperto che Tsubasa è adorabile quando aggrotta le sopracciglia perplesso.

“Tipo… fare l’amore con te…” rispondo prima di spingergli la spalla verso il basso, così da metterlo spalle al materasso, e salire sopra di lui.
“Nakazawa che razza di modi…” ironizza mentre sento le mani passare sempre più sicure sulle mie cosce.
“In realtà anche per me stasera è una specie di prima volta…”
“Ah sì?” ancora quell’espressione. Adorabile. Non ci sono altre spiegazioni, lo bacio proprio lì tra l’attaccatura delle sopracciglia, poco sopra il naso. Il mio seno che sfrega contro il torace lo fa gemere di piacere.
“Sì, perché stasera è la prima volta che faccio realmente l’amore.”
E lo facciamo di nuovo, dobbiamo recuperare il tempo perso.
 
 
Ci siamo nutriti solo d’amore stasera, la cena è saltata. È quasi mezzanotte quando nascosta dal muretto del giardino scambio le ultime effusione con il capitano prima di tornare a casa.
 
“Dobbiamo vederci anche domani…” tra un bacio e l’altro Tsubasa non mi lascia andare.
“A scuola domattina sicuramente. Adesso è tardi devo rientrare solitamente nei giorni di scuola il coprifuoco è alle undici sono già in ritardo mostruoso e non vorrei beccarmi una punizione.” Lo bacio a stampo e faccio per allontanarmi, per tutta risposta mi afferra un polso e attirandomi contraccambia il rumoroso bacio.
 
“A domani…”
“A domani.” Rispondo da dentro il cancello, ce l’abbiamo fatta a staccarci.
 
Lo guardo andar via mentre retrocedo sull’engawa. Una volta all’interno chiudo la porta pianissimo appoggiandomi a questa. Serve a poco, mamma sbuca dalla cucina come un fantasma.
 
“Sanae, ti sembra l’ora di tornare?”
Sollevo gli occhi al cielo scocciata e gioco il jolly; tanto prima o poi dovrò dirglielo.
“Scusa ero con Tsubasa e non abbiamo visto l’ora.”
“Tu-Tsubasa? Cioè da soli?”
“Sì, cioè, siamo andati a mangiare fuori e il tempo è voltato.”
 
Brava! Dire che vi siete rotolati sui materassi della palestra faceva brutto effettivamente.
 
Cioè la mia coscienza mi percula… andiamo bene. E lo stomaco che borbotta tradisce il fatto che dire che ho mangiato è una bugia madornale; spero che non lo senta.
 
“Quindi abbiamo un nuovo corteggiatore?” dall’espressione di mia madre capisco che giocare il jolly ha funzionato alla grande. Le sorrido per rassicurarla, ma non ammetto niente, non per ora… è stato tutto così improvviso neppure ne abbiamo parlato in realtà di noi e del nostro futuro.
 
“Vedremo. Adesso è tardi e domani ho scuola, scusa mamma.” Dopo averle fatto l’occhiolino l’abbraccio e bacio, poi imbocco le scale del reparto notte insaccandomi sotto le coperte di corsa. Di fare la doccia non se ne parla neppure ho ancora l’odore di Tsubasa addosso e voglio godermelo fino a domattina. Prendere sonno è un attimo. L’attimo che mi basta per sognare di essere nuovamente tra le sue braccia.
 
 
 



 
 
 
Si vocifera che Sanae e Kanda abbiano preso una pausa, vederli insieme mi spezza il cuore e questa settimana che invece la nostra manager è stata con noi mi sono sentito sollevato; senza alcun diritto di esserlo in realtà.
Non voglio farle pressioni, anche se non ho tutto questo tempo a disposizione, a breve avrò la conferma per l’incarico in Spagna e dovrò partire di nuovo; spero solo di non farlo ancora una volta da solo.

Se ho sempre adorato gli allenamenti, ora sono oro colato per una plausibile scusa di passare del tempo con lei. Vorrei solo che fossimo soli così da poter parlare in tutta tranquillità.
Adoro i miei amici, ma adesso ho un obiettivo ben preciso da portare a termine.
E incredibilmente non è più il calcio.
Stasera ho intenzione di prolungare l’allenamento così da riuscire a restare con Sanae, da solo.

Osservo la prima manager intenta a leggere il cellulare sulla panchina del campo, non si è neppure resa conto che è andato via anche il guardiano e che finalmente siamo rimasti soli, ma non voglio farle capire che questo era il mio intento. Quindi continuo a perfezionare questo nuovo tiro in attesa che mi venga a chiamare lei, come ai vecchi tempi.
Infatti è quello che accade quando qualche morsetto di fame inizia a farsi sentire.

“Tsubasa sono le sette e mezza io avrei fame.”

Come ipotizzato ecco la frase che attendevo, lei mi passa la salvietta e resto un attimo interdetto da questa sorta di elettricità che sento scorrere tra le nostre dita. La guardo senza capire cosa esattamente vorrei fare, sono così confuso, quindi dopo essermi scusato, suggerisco di poter mangiare qualcosa insieme.
Chiedo con noncuranza degli altri, quando so perfettamente che non ci sono più. E dopo un paio di battute entro a fare la doccia più veloce della mia vita.

Sanae è fuori che mi aspetta, la vedo perplessa quando lascio andare il borsone a terra mettendomi a cercare un posto dove trovare qualcosa da mangiare.
Quando scelgo uno dei suoi piatti preferiti, che ovviamente combacia con il mio, si entusiasma, io però resto come immobilizzato dalla sua vicinanza; mi era già accaduto nella metro, anche se gli scossoni e la gente che premeva mi riportava alla realtà molto velocemente… qua invece, averla vicina e sentire il profumo dei suoi capelli mi sta mandando tutti i sensi in tilt, per non parlare dell’intenzione di parlarle che avevo. 

Ho come scordato tutto.

Si è appoggiata con la mano a me per vedere meglio il cellulare e, quando riduco a icona la ricerca, dopo aver scelto dove andare; scopre quella che per anni è stata lo sfondo del mio telefono. 
La vedo che è sorpresa, infatti mette una mano sotto la mia per visionare meglio lo scatto.

“Bella!” esclama. Io ho perso il contatto con la realtà nel frattempo, vorrei dirle tutto: quanto mi sia mancata, quanto ho sofferto la lontananza.

Ma resto fedele al progetto di andare a mangiare… per ora. Ho già perso un’occasione il giorno che siamo andati con la metro a comprare il regalo per il compleanno del nostro amico. Ero intenzionato a dirle qualcosa quando lo squillo del cellulare ci ha interrotto. 
Quindi rispondo con cognizione di causa sulla foto cercando di essere il più naturale possibile. Nonostante le nostre mani siano ancora unite sotto al cellulare.
 
“Bellissima, l’ha scattata Taro pochi giorni prima che partissi per il Brasile.”
“Artistica. Buon sangue non mente.”
 
Ma non devo essere un bravo attore. Il groppo in gola è sempre più ingombrante come le lacrime che vorrebbero uscire. Lei resta un attimo paralizzata da questa mia espressione che davvero non so più controllare.
E ancora le emozioni dell’altra sera tornano a farsi spazio tra l’epidermide. Sento le guance scaldarsi senza che possa impedire questa eccitazione e bramosia che mi nasce dal cuore.
Sollevo la mano e sposto la ciocca dei capelli dietro al suo orecchio, lasciando che le dita proseguano fin dietro la nuca. La pelle di Sane è seta sotto le mie dita. Un gesto non ragionato ma sicuramente voluto, poi la confessione che esce senza volerlo. Non sono più padrone né della mia testa, né del mio corpo.

“Mi sei mancata.”

Ed è quel “Anche tu”, che sancisce la fine di ogni logica. La mano, che non sono più riuscito a togliere dopo che le sue labbra hanno sfiorato le mie, mi sta permettendo di approfondire questi baci che sento corrisposti in ogni singola cellula del mio corpo. Corpo che si sta incendiando sotto il suo tocco. Sento le dita sfiorarmi il torace in un’eccitazione che non so più controllare. Sono accaldato e confuso anche se continuo con baci che non so più smettere. Dimentico del fatto che possa anche aver sentito quanto effetto lei possa avere su di me, mi lascio guidare in questo momento a me sconosciuto.

Annuisco a tutto, quando suggerisce di spostarsi, quando le sue parole pronunciano la parola palestra, vittima di questo incantesimo da cui sono stregato da anni, mi lascio scortare verso il mio nuovo destino.

Mi fa sorridere quando ipotizza esserci la presenza del guardiano, quindi tentando di calmarmi affinché tutto non finisca troppo presto, preso da quest’ondata di emozioni incontrollabili che non so gestire, rispondo anche sarcasticamente alla sua paura del guardiano… visto che è andato via da un bel pezzo.
 
“Shh il guardiano potrebbe sentirci - ripeto ridacchiando per poi aggiungere - Solitamente smonta alle 19:00, ma eri troppo impegnata con il cellulare per accorgertene, l’ho visto andar via… rilassati.” 
 
Rilassati. Vorrei sorridere di quest’ultima parola visto che quello agitato sono soltanto io.
Lei si muove con una sicurezza che a tratti le invidio.
Sorride Sanae guardandomi maliziosamente e baciandomi a stampo sulla bocca, mi perdo nei suoi passi ignorando la meta che vuole raggiungere e lasciandomi guidare senza protestare. Ho sognato per anni questo istante e per una volta lascio il timone della barca ad un altro condottiero.
Il nostro sembra quasi il percorso della nostra vita fatta di ostacoli, non ho ancora chiara la meta, ma so che voglio seguirla ovunque vorrà andare. Ogni tanto ci fermiamo ubriachi di baci e abbracci che non sappiamo smettere.
 
La palestra ci accoglie con la sua grandezza e anche con il suo eco. Eco che mette in risalto i nostri passi concitati mentre raggiungiamo la stanzetta degli attrezzi. Una volta dentro però vedo Sanae come spaesata, forse ha dei dubbi? Dei ripensamenti? Non voglio certo rovinare il momento quindi, mosso da una sicurezza insolita, verso qualcosa a me ancora sconosciuto arrivo alla lampada posta sulla scrivania e l’accendo per creare un’atmosfera accogliente e calda. Ed io di caldo ne ho anche troppo, sto quasi sudando, così decido di togliere di mezzo almeno la felpa.
 
La luce opaca della piccola lampada restituisce immagini confuse e offuscate. Sanae sembra aver perso tutta la sicurezza con cui mi aveva condotto qua. Non so come muovermi, non so cosa fare e neppure come fare. La timidezza che mi ha sempre contraddistinto e la paura di fare il passo sbagliato hanno fatto sì che si creasse questo stallo di cui siamo entrambi vittime.
 
Non capisco cosa le stia prendendo così faccio un passo verso di lei e ricomincio dall’inizio, torno a spostarle quella ciocca che birichina era tornata a nasconderle le guance. Poi decido di vuotare il sacco, sono troppo confuso e non voglio rovinare tutto.

Quindi accosto la sua fronte con la mia e confesso: “Sono agitato.” 

E non sono solo agitato, sono proprio terrorizzato.
Rilascio andare l’aria accumulata nei polmoni come una zavorra che mi portavo dietro, ma la sua risposta mi confonde e conforta allo stesso tempo.

“Anch’io, Tsubasa, anch’io.”

Inizio con qualcosa che finora è andato bene, i baci… e con questi scopro che il contorno della sua bocca è morbido e perfetto per le mie labbra. Mi avvicino all’orecchio e tento di confessare: “E che…”
Ma non riesco a proseguire, mentre lei ripete le mie ultime due parole incitandomi a proseguire. Cerco un nascondiglio improvvisato tra i capelli e il lobo del suo orecchio, così da avere il suo profumo dritto al cervello. Profumo che spero riesca a stordirmi e a permettermi di proseguire. 
E non so per quale miracolo sento uscire le parole dalle mie labbra che sfiorano la sua pelle.

“Non l’ho mai fatto, per me è la prima volta.”

Sanae si blocca facendomi preoccupare, non credevo fosse un problema quindi glielo dico. Ma la sua risposta è pronta e decisa, come i suoi gesti.

“Scusa? Tu chiedi scusa a me?” è incredula mentre intreccia le dita con le mie e riprende il timone di questa situazione che mi era già sfuggita dalle mani.

M’invita a sedermi su alcuni materassi, resto così incantato e allo stesso tempo terrorizzato, non so più che dire o che fare, forse davvero il fatto della mia inesperienza la sta imbarazzando; ma è nel momento esatto in cui tento di aprire bocca che Sanae mi bacia impedendo la fuoriuscita di ogni suono. Le sue mani adagiate sui fianchi stanno lavorando con la maglia districandola dall’elastico della tuta. Sento sollevare la stoffa, così intreccio le braccia per far uscire di scena questa tessuto bianco che indosso… ancora per pochi istanti.
Si ferma un attimo a contemplare il mio corpo mentre con i denti mordicchia il labbro inferiore, poi indietreggia di un passo e inizia a spuntare i bottoni della camicetta che veste. Deglutisco a vuoto una saliva che non c’è più. I gesti lenti e cadenzati mi uccidono insieme a questa luce color ocra che scopre piano piano forme a me ignote.
Sento avvampare ogni singolo poro della mia pelle. Sono incantato e pietrificato davanti al suo corpo perfetto. Avrei anche voglia di toccare, ma reduce di una timidezza che ancora non accenna a diminuire resto immobile.  Vedo le sue dita affusolate protrarsi verso di me afferrare le mie mani e posizionarle sui suoi fianchi. Compie un passo verso di me così che nessuna distanza ci separi più, mi abbraccia fortissimo così che resto prigioniero dei suoi seni costretti ancora nei ferretti del reggiseno.
Ed è in questo istante, mentre il suo profumo m’investe, che trovo il coraggio di compiere un gesto a me estraneo. Le dita trovano i laccetti del reggiseno che aprendosi cade a terra… adesso posso respirare direttamente sulla sua pelle.
 
“Non sai quanto io abbia sognato questo momento…” confesso mentre decido finalmente di muovermi vittima di un briciolo di coraggio ritrovato. Lascio una scia di baci che va dallo sterno fino alla bocca. Sanae armeggia con la mia tuta ed io da bravo allievo contraccambio liberandola della gonna.

Una leggera spinta da parte sua mi mette con le spalle al muro, o più esattamente al materasso della palestra, quindi indietreggio per permetterle di salire su questa barca dove lei è la condottiera.
E una volta che si adagia su di me è come se tacitamente mi fosse tutto chiaro, seguo i suoi gesti e l’istinto dettatomi dalla natura mentre scopro per la prima volta l’amore: il nostro.
 
 
Nel dormiveglia della sera sento le labbra di Sanae sulle mie dita, le sta sfiorando una ad una. Sorrido prima di poggiare un delicato bacio sulla sua spalla, si gira adesso così che possa vederla. Scherziamo un attimo prima di mettere le cose in chiaro sulla questione di Kanda. Io non ce la faccio a dividerla con qualcuno.
 
“Pensavo, cioè… volevo capire che intenzioni tu avessi con Kanda.” Non voglio girarci più intorno, il tempo scorre e per me è prezioso.
“Hai ragione. Non lo avevo detto a nessuno eccetto a Yukari, ma avevamo preso una pausa e stamattina ci siamo definitivamente lasciati. Quando ci vedrà insieme s’incazzerà di brutto, le sue insinuazioni troveranno fondamento. Ha sempre saputo che avevo un debole per te.”
Il cuore aumenta di frequenza e intensità, se questa è la felicità ha sicuramente un effetto benefico.

“E ha accettato comunque di essere il tuo ragazzo quando sapeva che ti piaceva un altro?”

Mi sembra impossibile che abbia accettato un compromesso del genere.

“È stata anche colpa mia che ho accettato il suo corteggiamento. Mi sentivo sola e lui…”

Il cuore stavolta perde un battito comprendendo perfettamente il sentimento di solitudine avvertito da Sanae, visto che è uguale a quello che ho provato io.

“E lui?” Devo sapere.
“Lui mi faceva ridere distraendomi dai troppi pensieri che affollavano la mia testa.”
“Che tipo di pensieri?”

Aggrotto le sopracciglia perplesso.

“Tipo… fare l’amore con te…” risponde prima di spingermi la spalla verso il basso, così da mettermi spalle al materasso, e salire sopra di me.
“Nakazawa che razza di modi…” ironizzo mentre le mani passano sempre più sicure sulle sue cosce sode.
“In realtà anche per me stasera è una specie di prima volta…” aguzzo l’udito voglio capire a cosa si riferisce.
“Ah sì?” indago arricciando il naso e di conseguenza anche le sopracciglia, mi bacia lì proprio al centro di queste. Il seno che sfrega contro il mio torace mi fa gemere.
Come ho fatto per tanto tempo a ignorare tutto questo? A ignorare lei…

“Sì, perché stasera è la prima volta che faccio realmente l’amore.”
Il cuore torna a battere all’impazzata per la gioia repressa, e lo facciamo di nuovo, dobbiamo recuperare il tempo perso.
   
 
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