Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: edoardo811    12/05/2021    4 recensioni
La pace ha continuato a regnare al Campo Mezzosangue, gli Dei si sono goduti molti anni di tranquillità. Ma la pace non è eterna.
La regina degli dei Amaterasu intende dichiarare guerra agli Olimpi, mentre un antichissimo mostro ritornato in auge si muove nell'ombra, alla ricerca di Ama no Murakumo, la leggendaria Spada del Paradiso.
EDWARD ha trascorso l'intera vita fuggendo, tenuto dalla madre il più lontano possibile dal Campo Mezzosangue, per ragioni che lui non è in grado di spiegarsi, perseguitato da un passato oscuro da cui non può più evadere.
Non è facile essere figli di Ermes. Soprattutto, non è facile esserlo se non si è nemmeno come i propri fratelli. Per questo motivo THOMAS non si è mai sentito davvero accettato dagli altri semidei, ma vuole cambiare le cose.
STEPHANIE non è una semplicissima figlia di Demetra: un enorme potere scorre nelle sue vene, un potere di cui lei per prima ha paura. Purtroppo, sa anche che non potrà sopprimerlo per sempre.
Con la guerra alle porte e forze ignote che tramano alle spalle di tutti, la situazione sembra farsi sempre più tragica.
Riuscirà la nuova generazione di semidei a sventare la minaccia?
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Gli Dèi, Nuova generazione di Semidei, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Le insegne imperiali del Giappone'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

40

Ritorno a casa

 

 

A svegliarla fu il suono di suo fratello che rideva. Stephanie allungò la mano verso il comodino, cercando gli occhiali mentre i raggi del sole picchiavano sul suo volto, riscaldandoglielo. Le coperte scivolarono via quando si sedette. Indossò gli occhiali e sbadigliò in maniera molto più rumorosa di quanto avrebbe voluto. Si coprì la bocca per l’imbarazzo, anche se non poteva farci nulla, era una settimana che non dormiva così bene. Quanto era piacevole potersi di nuovo svegliare nel suo letto, nella capanna Quattro, accanto al grosso albero maestro che reggeva il soffitto e l’edera sulle pareti. Le era mancato potersi sdraiare sopra un letto vero.

Per fortuna, nessuno parve accorgersi del suo piccolo verso da cucciolo di dinosauro. Anche perché oltre a lei nella cabina c’era soltanto Paul, girato di spalle ed affacciato alla finestra. Stava parlando con qualcuno e non sembrò accorgersi che si era svegliata.

La ragazza scese dal letto e si stiracchiò. Poi, con un sorrisetto, si avvicinò al fratello. Stava per dargli un pizzicotto e farlo sobbalzare, ma quello si voltò verso di lei fulmineo. «Non ci provare.» 

Stephanie indietreggiò e alzò le mani. «Scusa.»

Paul assottigliò le palpebre, mentre il sole filtrava dalla finestra illuminandogli il viso. Fuori, una ragazza con la pelle verde stava ridacchiando con la mano di fronte alla bocca. Il capocasa di Demetra era un grande amico delle driadi, venivano spesso a trovarlo per parlare con lui. Doveva essere per via del fatto che fosse un figlio della dea della natura, oltre che un bel ragazzo. Di sicuro per loro era meglio avere intorno lui piuttosto che qualche vecchio satiro eccitato che amava tormentarle.

«Come ti senti?» chiese Paul, sorridendole di nuovo. «Dormito bene?»

Steph non riuscì a trattenere un altro sbadiglio. Annuì. Per fortuna, i suoi fratelli l’avevano lasciata realmente riposare quando era tornata al campo. Avrebbe voluto raccontare cos’era successo durante l’impresa, ma era distrutta. Tuttavia ricordava molto bene il calore con cui l’avevano accolta e come l’avevano trattata. Non erano in molti nella casa Quattro, ma erano sempre stati un gruppo molto affiatato. «Di che parlavate?» domandò.

La driade ridacchiò di nuovo. Steph conosceva quelle espressioni divertite sui loro volti: le facevano tutte le volte che avevano quale scoop interessante riguardo i ragazzi del campo. Da quel punto di vista, le driadi erano perfino peggio delle figlie di Afrodite. 

«A quanto pare mentre tornavamo a dormire i tuoi amici Lisa e Thomas si sono… come dire, “avvicinati”» spiegò Paul, guardando complice la driade. 

«Non si staccavano più» ridacchiò ancora la ragazza.

Forse era per via della stanchezza, ma Stephanie impiegò più di quanto avrebbe voluto per capire che cosa le stavano dicendo. E quando capì, sentì le guance pizzicare. «Oh…»

Dopo lo stupore per quella scoperta, arrivò la felicità. Aveva visto Lisa e Thomas fare degli ovvi progressi in quei giorni, le era spiaciuto vedere che all’inizio non andavano d’accordo. Aveva subito capito che Lisa in realtà era una brava ragazza, mentre Tommy era suo amico da anni ormai, lo conosceva bene, era sempre stato sincero, leale e premuroso, inoltre lo aveva visto trasformarsi sotto i suoi occhi durante quell’impresa. Non era più il ragazzino timido e impacciato che aveva conosciuto anni prima: era un uomo, un guerriero coraggioso con il cuore di un leone.   

Sapere che quei due si fossero trovati le scaldò il petto. Forse era proprio quello a cui Afrodite si stava riferendo, quando si erano incontrati. Ripensare alla dea dell’amore le provocò una fitta allo stomaco, perché le fece ricordare quello che aveva detto anche a lei. Ma non c’era solo la parte riguardante le sue faccende di cuore che ancora la tormentava, c’era anche quella in cui le aveva detto di essere una parte fondamentale dell’impresa. E non solo lei, anche Persefone le aveva detto la stessa cosa. E alla luce di tutto quanto, Stephanie ancora non era sicura di aver capito cosa volessero dire. 

Era innegabile il fatto che fosse stata di aiuto per i suoi compagni, specialmente quando Campe li aveva rapiti. Oltre a quello, però, non credeva affatto di aver fatto molto. Aveva litigato con Edward, Orochi l’aveva quasi uccisa e a San Francisco aveva impiegato troppo tempo per respingere i mostri. Era stata quasi un intralcio per tutti loro. Non si meritava davvero di venire celebrata. 

«Steph? Ci sei?»

La voce di Paul la riportò alla realtà. Sussultò, osservando il fratello. «S-Sì. Scusa, stavo…»

«Pensando. Come sempre» concluse lui lanciandole un’occhiatina divertita. 

Steph sentì le guance pizzicare un’altra volta. Distolse lo sguardo, mentre il suo stomaco brontolava. Il pensiero di poter fare di nuovo colazione nella mensa del campo riuscì a farle tornare il buonumore. Aveva proprio bisogno di rimpinzarsi per bene. Oltre ai deliziosi panini delle cacciatrici, non aveva mangiato molto in quei giorni. «Sai dirmi che ore sono?»

«Sono quasi le undici.»

«Cosa?! E perché non mi avete svegliata prima?»

«Rilassati sorellina. Nemmeno i tuoi amici si sono ancora fatti vivi. A parte Konnor.» 

Non appena quel nome venne menzionato, la driade ridacchiò per l’ennesima volta e osservò Stephanie con quel luccichio malizioso negli occhi, facendole subito capire che non aspettava altro che il loro scoop. Paul si grattò dietro l’orecchio con aria imbarazzata, anche se sembrava che perfino lui stesse trattenendo a stento un sorrisetto.

Stephanie si sforzò di ignorarli entrambi e se ne tornò nel suo angolo della casa per cambiarsi il pigiama, tuttavia ora che era stato menzionato, non riuscì più a togliersi Konnor dalla testa. 

Forse… forse Tommy e Lisa non erano gli unici ad essersi avvicinati.

 

***

 

Avanzò per il Campo Mezzosangue con indosso una giacchetta sottile e dei leggins scuri. Come sempre il tempo era fantastico, il sole era alto, l’aria era fresca e tutti sembravano di buon umore. Un sacco di gente la salutò mentre camminava, tra cui molti che di rado l’avevano degnata di una seconda occhiata. Non tutti i loro sguardi sembravano positivi. Alcuni sembravano infastiditi, o scettici, ma la stragrande maggioranza pareva davvero sorpresa e felice. Era bello vedere quegli sguardi di novizio stupore nei loro occhi, era bello ricevere quel tipo di attenzioni da parte loro, ma era anche… strano. Non ne era affatto abituata.

Paul aveva detto che Chirone avrebbe aspettato che tutti e cinque i semidei dell’impresa si fossero svegliati prima di iniziare il Consiglio. Aveva tempo per fare colazione e riordinare meglio le idee. O almeno, così credeva. Quando vide Konnor nel padiglione della mensa, il buon proposito di riordinare le idee finì fuori dalla finestra. 

Era seduto al tavolo della sua capanna, con pochi dei suoi fratelli e la sua unica sorella, intento a buttare giù un piatto di uova e pancetta. Naturalmente si accorse subito di lei. La salutò con un sorriso e un cenno della mano, che Steph ricambiò impacciata. 

Mentre mangiava la sua abbondante porzione di muesli e yogurt, osservò i figli di Apollo, Atena, Iride, delle driadi e perfino alcune ragazze di Afrodite intenti a decorare il padiglione in vista della festa di quella sera. In mezzo al gruppetto, vide anche Sarah che spintonava quasi a forza Kevin verso una driade che lo osservava inviperita, ordinandogli di scusarsi con lei. 

Tutta quella pace e quella quiete riuscirono a toglierle quel macigno che sentiva dentro lo stomaco, anche se sapeva che sarebbe stata solo una cosa momentanea. Presto o tardi si sarebbe di nuovo trovata in compagnia sia di Konnor che di Edward e non avrebbe più potuto continuare ad ignorare quello che stava provando. 

Un cuore si sarebbe spezzato. Il pensiero di ferire qualcuno la stava consumando dall'interno. Ancora peggio, era il pensiero che forse avrebbe dovuto rinunciare per sempre all'amicizia con uno di loro.

Dopo essersi congedato dai suoi fratelli, Konnor la raggiunse, salutandola più calorosamente. Si ritrovarono seduti fuori dal padiglione della mensa, sopra il prato rigoglioso, a osservare i semidei che andavano e venivano dalle loro cabine. 

«Dormito bene?» le domandò Konnor. 

«Abbastanza. Mi ci voleva proprio un letto come si deve» rispose Stephanie, sentendo dolore alla schiena mentre ripensava agli scomodissimi sedili del treno. «Tu invece?»

Konnor si strinse nelle spalle. «Ero così stanco che avrei potuto addormentarmi anche su un letto di spine.» 

Stephanie sollevò un sopracciglio. «Significa che hai dormito bene o male?»

«Significa che… l’aria era un po’ testa. Ma mi sono svegliato ancora tutto intero, quindi suppongo che sia andato tutto bene» concluse lui, incerto. 

La figlia di Demetra contorse le labbra in un’espressione angosciata. «Mi dispiace… non è giusto il modo in cui Buck ti ha trattato ieri sera.»

«Non preoccuparti per me, Steph. Lo sai che posso cavarmela.»

Un timido sorriso nacque sul volto di Stephanie. Era vero, Konnor era un osso duro. Rimaneva comunque sbagliato il modo in cui Buck si era comportato con lui. Chiamarlo un disonore per i figli di Ares era stato davvero un colpo basso. Konnor non aveva fatto niente di male.

«Ho ricevuto… parecchi sguardi, oggi» cambiò argomento Stephanie. «Non sono affatto abituata a stare sotto i riflettori…»

Konnor ridacchiò. «Sei un’eroina adesso. Farai meglio ad abituartici.»

Stephanie fece una smorfia poco convinta. «Non ho fatto niente di che…»

«Che cosa?» domandò il figlio di Ares, con tono sorpreso. «Stai scherzando, vero?»

La semidea non rispose, colta alla sprovvista dalla domanda. Konnor ridacchiò di nuovo, scuotendo la testa. Cominciò ad elencare tutte le sue gesta: «Allora, ci hai salvati tutti da Campe, ci hai aiutati a trovare il percorso più veloce per San Francisco, hai scaraventato Oto in cielo come un razzo, Fujinami è rimasto con noi soprattutto per merito tuo e per finire hai spazzato via da sola l’intero esercito di Orochi. In che modo non avresti fatto niente di che?»

Steph sentì le guance imporporarsi. Erano le stesse cose che era consapevole di aver fatto, eppure sentirle dalla sua bocca le fece sembrare cento volte più importanti. «I-Io… i-insomma, mia sorella Persefone e anche Afrodite mi hanno detto che avrei reso mia madre orgogliosa, che sarei stata indispensabile, che…»

«E non pensi di averlo fatto?» domandò lui, guardandola con un sorriso molto più sincero.

Stephanie si zittì. Per una volta, la sua mente rimase ferma, senza viaggiare a mille all’ora per cercare possibili soluzioni o significati alternativi rispetto a quello che stava succedendo. 

«Se non vuoi credere a te stessa, credi a me, Steph. Sei stata fantastica.» Konnor le posò una mano sulla spalla. «Non ce l’avremmo mai fatta senza di te. E sono sicuro che Demetra sia orgogliosa di tutto quello che hai fatto.»

I loro sguardi si incrociarono. Come sempre, Stephanie rimase paralizzata. Quegli occhi azzurri erano la sua debolezza più grande. In realtà, Konnor lo era. Non c’era volta in cui lui non riuscisse a farla stare meglio. Era strano e bellissimo allo stesso tempo. Annuì con timidezza, sentendosi un po’ imbarazzata per essere di nuovo partita con la mente altrove. «Grazie Konnor.»

«Sempre a tua disposizione… a proposito, mi dispiace che non siamo riusciti a passare a trovare tuo padre.» 

Steph corrucciò la fronte. «Che cosa?»

«Ricordi quando eravamo alla Union Station? Ti avevo detto che saremmo potuti passare a trovarlo durante il viaggio di ritorno.»

Un altro sorriso nacque sul volto di Stephanie. Dopo tutto quello che era successo se l’era totalmente dimenticato. Vedere che invece Konnor ancora lo ricordava la diceva lunga su di lui. Credeva che gliel’avesse detto per farla stare meglio, invece sembrava davvero convinto che avrebbero potuto fare una deviazione così grande solo per lei. Significava che teneva davvero a farla stare meglio. A quel pensiero, sentì lo stomaco fare una capovolta. «Non preoccuparti. Penso che andrò a trovarlo prima della fine dell’estate, ma grazie comunque per il pensiero.»

Si sorrisero ancora una volta.

«Ehi, ragazzi…» disse qualcuno all’improvviso, attirando la loro attenzione. Tommy li stava osservando con fare circospetto, come se stesse nascondendo qualcosa. Sembrava essere sceso dal letto di corsa senza nemmeno degnarsi di darsi una pettinata. «Avete… visto… Lisa?»

A Stephanie servì tutta la sua forza di volontà per non sorridere come una figlia di Afrodite. «Ma come Tommy, non ci saluti nemmeno come si deve?» 

Il piccoletto sussultò. «S-Sì, scusate. Ciao ragazzi, come state? Questa notte vi hanno tartassati di domande come hanno fatto con me?» Si rabbuiò. «Spero per voi di no. Mi hanno tenuto sveglio fino alle sei.»

Entrambi denegarono e, malgrado avesse augurato il contrario, parve rabbuiarsi ancora di più. «Come no?! Ma perché tutte a me?!»

I due ragazzi ridacchiarono.

«No Tommy, non l’abbiamo vista» rispose infine Steph. «Forse starà ancora dormendo… ricordo che svegliarla era sempre un dramma.»

«Mh… sì, immagino di sì… beh, io vado a mettere qualcosa sotto i denti. Ci… ci vediamo dopo?»

«Certo.»

Thomas si congedò, allontanandosi di fretta. Steph si domandò se davvero non fosse riuscito a dormire per colpa dei suoi fratelli o se perché non aveva fatto altro che pensare a Lisa. Era più probabile che fosse un misto di entrambe. 

«Hai saputo che si sono baciati, ieri notte?» domandò Konnor, quando Tommy fu abbastanza lontano. 

Stephanie schiuse le labbra. «Com’è possibile che anche tu lo sappia?»

«Me l’hanno detto alcune figlie di Afrodite. Delle driadi li hanno visti e… sai com’è, le voci corrono in fretta qui» spiegò lui, con un sorrisetto divertito. 

Tuttavia, Stephanie non ci trovava nulla di divertente. Non dopo aver sentito chi gliel’aveva detto. 

«Non fare quella faccia, Steph. Non sono tutte come Jane» disse Konnor, prima ancora che lei potesse aprir bocca. «Alcune di loro sono brave ragazze. Basta pensare a come siano venute anche loro ad accoglierci, ieri sera.»

Alla figlia di Demetra sarebbe piaciuto un segnale d’allarme o una cosa del genere che la avvertisse quando lui stava per leggerla come un libro aperto. Avrebbe reso tutto molto più semplice e molto meno imbarazzante. Avvampò e cercò di non guardarlo. «N-Non volevo dire quello…» farfugliò, ottenendo una risatina. 

«Ah no? E che cosa allora?»

Stephanie annaspò in cerca di una risposta credibile. Purtroppo, non ne trovò neanche una. Non sapeva nemmeno, in realtà, perché avesse provato quel risentimento quando Konnor aveva ammesso di aver parlato con alcune delle ragazze della Capanna Dieci. O forse sì, lo sapeva. Si accorse che Konnor ancora la stava fissando, ancora in attesa, e la cosa la fece arrossire ancora di più. «N-Non importa…» farfugliò, prima che il sorriso sul volto di Konnor si allargasse. «Ah no, non ti salverai così cara mia. Ora me lo dici.»

Afrodite si stava divertendo come una pazza, ne era certa. 

«B-Beh… ecco…» cominciò lei, facendo di tutto per non guardarlo. «È solo che… è… bello che si siano baciati, no? Sono carini insieme…» sparò fuori, sperando di riuscire a salvarsi per il rotto della cuffia.

Konnor non sembrò convinto. Sollevò un sopracciglio, ma qualunque cosa stesse per dire, venne interrotto da una voce che li chiamava.

«Konnor, Stephanie!» 

Il rumore degli zoccoli di Chirone che sbattevano sul suolo attirò la loro attenzione. Il centauro arrivò di corsa, fermandosi accanto a loro. «Buongiorno ragazzi, vi stavo proprio cercando. Tra dieci minuti cominceremo il Consiglio, vi dispiacerebbe avvisare anche i vostri amici se li incontrate?»

La figlia di Demetra annuì come una forsennata, ringraziandolo mentalmente per averle appena salvato la vita. «C-Certo! Abbiamo visto Tommy prima, lo diremo anche a lui.»

«Molte grazie! Ci vediamo alla Casa Grande.» Chirone sorrise, poi galoppò via.

Stephanie si alzò in piedi di corsa, ricomponendosi. «Forza, sbrighiamoci.»

Sentì Konnor ridacchiare mentre la imitava. «Sappi che non mi hai convinto per niente Steph.» 

Alla ragazza venne l’impellente desiderio di svanire dentro un albero insieme a qualche altra driade pettegola.

 

***

 

Entrarono nella sala ricreativa, trovando già buona parte dei capicasa ad attenderli. Come al solito, George stava dormendo, Tonya e Xavier gli facevano disegnini sul volto, Alyssa sghignazzava e Simon li osservava tutti quanti disgustato.

Seth li salutò con un cenno ed un tiepido sorriso, suscitando un brivido dentro di lei. Quel tizio la inquietava.

Paul e Derek erano già presenti e stavano chiacchierando tra di loro, con Sunry che come al solito teneva la mano del capocasa di Demetra. Non parlava molto la capocasa di Iride, in compenso era molto gelosa. Però era una brava ragazza, Steph ci aveva parlato diverse volte sempre con toni molto amichevoli. 

«Figlia dei fiori!» la salutò Rosa, seduta accanto a Jonathan ed Edward, con un ampio sorriso. 

Stephanie ricambiò con gioia il saluto, accorgendosi poi dell'occhiata che Edward lanciò a lei e Konnor. Deglutì per l’imbarazzo, salutando timidamente anche lui. Il ragazzo sorrise come suo solito, facendo una piccola riverenza. 

Quando anche Thomas li seguì nella stanza, per un attimo divenne l’attrazione principale. Molti dei ragazzi smisero di fare quello che stavano facendo per osservarlo, chi divertito, chi invece sorpreso. Il poveretto sembrò soffocare sotto tutti quegli sguardi. Era chiaro che anche lui avesse scoperto che la voce si era sparsa in fretta. 

«Ehi amico! Qui c’è un posto per te» lo accolse Edward, indicando la sedia vuota tra lui e Derek. 

Tommy li raggiunse con passo incerto, venendo subito accolto con delle sonore pacche sulle spalle dal capocasa di Ermes. 

«Quindi ieri non ci hai raccontato tutto…» gracchiò divertito, mentre il fratello minore si grattava imbarazzato dietro al collo, farfugliando qualche risposta vaga.

Stephanie provò un moto di compassione per lui. Si ripromise di parlare con le driadi, più tardi. Dovevano smetterla di ficcanasare negli affari degli altri. 

Konnor si sedette su una delle sedie vuote destinate a lui e suo fratello, rimanendo vicino a Simon, mentre lei raggiunse Paul, finendo in mezzo a lui e Derek. 

Li raggiunsero poi Kevin e Sarah, che occuparono i due posti vuoti accanto a Seth. Nessuno sembrava fare quasi più caso al fatto che fossero sempre insieme. Quello scoop doveva essersi già esaurito. Buck e Jane li seguirono poco dopo, lanciando come loro solito un’occhiatina divertita ai semidei dell’impresa. Il capocasa di Ares si sedette vicino a Konnor senza neanche guardarlo. Steph vide le labbra dell’amico storcersi in una smorfia infastidita e provò un moto di angoscia. 

Infine, entrarono altre quattro persone. Altro silenzio scese nella stanza quando Lisa apparve dalla porta, seguita da Dioniso. Tuttavia, a differenza di quanto successo con Thomas, tutti quanti si riguardarono dal lanciarle strani sguardi o cose simili per via della presenza del Signor D, che sembrava quasi stesse aspettando un loro passo falso solo per mandarli a pulire le stalle dei pegasi con un pacchetto di fazzoletti e una boccetta di acqua di colonia.

La semidea ignorò tutti i presenti, illuminandosi solo alla vista di Tommy. Lo salutò con un veloce cenno della mano, che lui ricambiò goffamente. Stephanie pensò che fosse la cosa più adorabile che avesse mai visto. La figlia di Bacco si sedette sull’ultima sedia rimasta libera, accanto a Jane e allo spazio vuoto che avrebbero occupato Chirone e la donna dai capelli rossi che lo stava accompagnando. 

Erano passati almeno degli anni dall’ultima volta che i ragazzi del campo avevano visto il loro oracolo, Rachel. Era bello sapere che stava bene, e a giudicare dai vestiti ancora sporchi di vernice era chiaro che si stesse divertendo da matti nella sua vita da mortale. Li salutò tutti con un ampio sorriso, sedendosi accanto a Chirone, che nel frattempo si era di nuovo infilato nella sedia a rotelle magica. Dioniso si infrattò in un angolo della stanza, dove rimase a sorseggiare Diet Coke e a fissare tutti quanti come se fossero la ragione del suo dolore, quindi come suo solito.

«Suvvia ragazzi, ogni volta è la stessa storia» mormorò Chirone con un sospiro, osservando Tonya e Xavier. «A voi piacerebbe se vi disegnassero falli sul viso mentre dormite?»

Doveva essere un ammonimento, ma purtroppo per lui erano tutti bambini nel corpo di adolescenti in quella stanza. Il centauro parve imbarazzarsi mentre tutti scoppiavano a ridere. Perfino Rachel incrinò le labbra. 

Ci volle qualche momento, ma l’ordine venne ripristinato. Xavier fece sparire i disegnini dal volto di George con la magia, dopodiché Chirone invitò i ragazzi dell’impresa a raccontare cosa fosse successo in quei giorni. 

Vi fu un momento di indecisione su chi di loro avrebbe dovuto prendere la parola. Tutti fissarono Edward, che dal canto suo abbozzò un sorrisetto e batté la mano sulla spalla di Tommy. «Forza Tommy, racconta tutto.»

«Eh? Perché io? Sei tu che…»

«Dai, dai, Tommy. So che vuoi farlo.»

«Sì, forza Tommy!» fece eco Derek, sghignazzando. 

I due cominciarono a riempirlo di pacche, per la somma gioia di sempre loro due e lo sdegno del piccoletto. Per fortuna non erano davvero fratelli, altrimenti Edward e Derek avrebbero costituito una minaccia inarrestabile. 

«Sei tutti noi Tommy!» concluse Edward. 

Thomas lo fissò con aria adirata, poi si voltò verso gli altri. «Va bene, va bene… allora. Quando siamo arrivati all’aeroport…»

«Forza Tommy!» lo interruppe di nuovo Derek, ottenendo un’occhiata carica d’odio in cambio. 

«Dopo noi tre facciamo un bel discorsetto» si lamentò Thomas, indicando sia Edward che il fratello. Si schiarì la voce, poi riprese il discorso. 

Raccontò dell’incidente all’aeroporto, del motel e di Campe. Molti sguardi finirono sulla cicatrice di Edward durante questa parte, gesto a cui lui rispose con un’alzata di spalle. 

«Che volete che sia? Mi è capitato di peggio» gracchiò semplicemente. Stephanie non aveva idea di come facesse sempre a sminuire in quel modo ogni cosa che lo riguardava.

Quando Tommy raccontò di come Steph li avesse salvati, tutti si voltarono verso di lei allibiti. Vedere quelle espressioni incredule sui volti di Buck e Jane le suscitò una maliziosa felicità. Era davvero soddisfacente ammutolirli in quel modo. Anche Paul la squadrò sorpreso. 

«L’urlo della natura» sussurrò appena, più a sé stesso che agli altri.

Tommy raccontò poi del banco dei pegni e non appena arrivò a Milù molti di loro fecero dei versi sorpresi. 

«Una volpe a nove code?!» esclamò Xavier, balzando in piedi.

«Ne aveva quattr… cinque. Cinque code» si ricordò Thomas, con un brivido. «Comunque sì, era una kitsune.»

«Quindi… esistono davvero…» bisbigliò il capocasa di Ecate, incredulo. 

«Woooow» fece eco Alyssa, smettendola di giocare con il suo quarto di dollaro per una volta.

Parlò poi delle kamaitachi, che riscossero un’altra notevole reazione, e poi di Shinjiro. 

«Quel tizio vorrei conoscerlo…» ghignò Derek. «Sembra uno in gamba.»

Nessuno parve sorpreso dal fatto che solo lui avrebbe potuto pensare una cosa del genere. La storia arrivò poi al momento più difficile. Spiegare che Efialte ed Oto erano evasi dal Tartaro si rivelò un’impresa molto più ardua del previsto. E altrettanto complicato fu raccontare ciò che era successo quando il treno era deragliato e si erano divisi, ritrovandosi ad affrontare mostri, grifoni, manticore e demoni tra cui Naito. Konnor non menzionò quanto accaduto con il mezzo demone e, anche questa volta, tutti loro rispettarono la sua decisione.

Stephanie dovette raccontare di Fujinami e si sentì come una bambina che cercava di spiegare un film che non aveva capito ai genitori. Parlare di una specie di drago/unicorno in grado di parlare con la mente a chi era puro di cuore ad un gruppetto di semidei iperattivi e scettici non fu proprio un’impresa da poco, specie se il suddetto drago/unicorno non era presente assieme a loro. 

Per sua fortuna, Chirone disse di crederle e la cosa aiutò anche diversi altri a farlo. Mentre parlava, scambiò uno sguardo con Edward. Lui denegò con un cenno impercettibile della testa e lei sentì i nervi sciogliersi. Bastò quel semplice gesto per farle capire che non era il caso di raccontare del loro scontro. Parlò quindi del loro incontro con Oto e con le cacciatrici, suscitando altri versi di sorpresa quando spiegò di come si era sbarazzata del gigante. Avvampò sotto tutte le occhiate incredule che ricevette.

Tommy e Lisa parlarono di quello che era successo con Efialte ed Ermes. Una storia che Steph non si sarebbe mai stancata di ascoltare e che, di nuovo, fece risaltare entrambi sotto una luce diversa agli occhi di tutti. 

«Fantastico» affermò Seth con un ghigno.

Tonya annuì. «Concordo con il becchino.»

«Com’è possibile che siano evasi…» mormorò Simon, prendendosi il mento. «Chi è stato a farli uscire…?»

Infine, parlarono dello scontro con Orochi. Edward raccontò per primo di quando aveva deciso di andare avanti da solo, cosa che gli fece ottenere diverse occhiatine stranite, per non dire peggio. 

Le tensioni sembrarono appianarsi quando raccontò di essere comunque riuscito a salvare Rosa e a restituire la spada. Non era stato un lavoro “pulito”, ma per fortuna era riuscito nel suo intento. Il fatto che sua sorella fosse lì, con tutti loro, e stava bene era una dimostrazione più che sufficiente che qualunque cosa avesse fatto, aveva funzionato. Molti di loro ancora sembravano faticare a crederci che fosse ancora viva. Anche Stephanie, in realtà, aveva faticato all’inizio. Tuttavia, specie dopo averla conosciuta meglio, non avrebbe potuto essere più felice di ciò. Era una ragazza straordinaria, bastava solo pensare a come avesse afferrato un’arma e avesse affrontato l’esercito di Orochi appena dopo essersi svegliata.

E a tal proposito, il racconto si chiuse con greci, romani, orientali e cacciatrici che univano le forze per abbattere l’esercito dell’uomo serpente una volta per tutte. Tommy e Lisa avevano sconfitto Hikaru, la volpe a nove code, Konnor aveva sconfitto Naito, il braccio destro, e tutti insieme avevano sconfitto Orochi. 

Quando Stephanie raccontò dell’arrivo di Susanoo e la tregua tra Amaterasu e Zeus, tutti si voltarono verso Dioniso in cerca di una conferma. Il Signor D sorseggiò ancora dalla lattina, per poi staccarsi dal muro e avvicinarsi. «Sono al corrente della tregua, ma non sono stato informato dei dettagli, purtroppo. A quell’incontro hanno partecipato i Pezzi Grossi e Apollo in rappresentanza degli occidentali, Amaterasu, Susanoo e loro padre Izanagi in rappresentanza degli orientali. Tutti gli altri sono rimasti fuori dal palazzo di Amaterasu ad osservarsi imbarazzati.»

Stephanie doveva ammettere che l’idea di una ventina di dei che si fissavano in silenzio imbarazzato suonava divertente. Tuttavia, rimase più colpita dal fatto che Zeus avesse deciso di coinvolgere anche Apollo durante l’incontro con la regina degli dei orientali. Doveva essere per via di Edward.

«E… direi che questo è quanto» concluse Thomas. «Siamo tornati con i biglietti che Susanoo ci ha regalato.»

Il silenzio aleggiò per la stanza ancora per qualche istante. Chiaramente erano molte informazioni da digerire e Stephanie si augurò che gli altri ci credessero. Il fatto che Dioniso avesse confermato la parte finale era di grande aiuto, ma con i semidei non potevano essere mai certi di niente.

«Che storia incredibile!» esclamò Rachel, mentre sgranocchiava alcune tortillas dalla ciotola sul tavolo. «Erano anni che non sentivo qualcosa di simile!»

«Concordo» esordì Chirone, con un ampio sorriso. «Avete affrontato una minaccia temibile, avete prevenuto la guerra e avete anche riportato al campo qualcuno che credevamo di aver perso.» 

Gli sguardi caddero su Rosa, che abbassò la testa imbarazzata. Jonathan le avvolse un braccio attorno alle spalle e la strinse a sé con un sorriso. 

«Sono fiero di voi ragazzi» concluse Chirone. Lo aveva già detto, ma sentirlo di nuovo scaldò il cuore di Steph. 

Gli altri capicasa annuirono, sorridenti. Ancora una volta, i cinque ragazzi ottennero sguardi d’approvazione da tutti loro. Quasi tutti, in realtà. Buck continuò a mantenere un’espressione incolore, scettica perfino. Jane, invece, faceva vagare lo sguardo con insistenza tra Steph, Edward e Thomas, come in trance. 

«È vero, è una storia incredibile» affermò Derek, alzandosi in piedi con un sorriso. Osservò Tommy con uno strano luccichio negli occhi. «Ed è proprio per questo motivo che in qualità di capocasa di Ermes, cedo umilmente il mio posto a te, Thomas.»

Tommy spalancò gli occhi, abbassando le braccia che aveva tenuto incrociate fino a quel momento. «Dici… dici sul serio?»

«Sì Tommy. Sono serissimo.» L'espressione di Derek si addolcì. «Te lo sei meritato, fratellino.»

«I-Io…» Thomas guardò i suoi compagni. Stephanie lo invitò ad accettare, lo stesso fecero Edward e Konnor. Lisa annuì come una forsennata, con un sorriso smagliante. 

«Accetto» disse Tommy, il piccolo, grande, figlio di Ermes, alzandosi in piedi ed abbracciando Derek. «Non ti deluderò, te lo prometto.»

«So che non lo farai» convenne Derek, battendogli il pugno sul petto. 

Prima che gli altri potessero celebrare il nuovo capocasa, anche Paul si alzò in piedi, anche lui osservando Stephanie con un sorriso. La stessa luce brillò nei suoi occhi e il respiro di Stephanie si mozzò. «Anch’io cedo il mio posto. Sarai una capocasa straordinaria, Steph.»

Le tese una mano. Stephanie la strinse credendo di essere in un sogno. Affiancò il fratello, sentendo gli occhi inumidirsi per la commozione. Prima che quella storia maledetta finisse, aveva creduto di non volere più combattere. Ma dopo aver raccontato ciò che avevano fatto, dopo aver vissuto quei momenti insieme ai suoi amici, dopo essersi legata a loro, aveva capito che in realtà l'unica cosa che contava davvero era proteggerli tutti. Aveva un potere immenso dentro di lei e lo avrebbe usato ancora, per fare del bene, per salvare delle vite. 

«Accetto anch’io» mormorò, prima di gettarsi tra le sue braccia. 

Sentì gli occhi di loro madre puntati su di loro e ripensò a quello che Konnor aveva detto. Demetra era orgogliosa di lei, ne era certa. Anzi, di loro. Di tutta la Capanna Quattro.  

«Quindi… sta succedendo veramente» disse un’altra voce. Jonathan imitò gli altri due ormai ex capicasa, spostando lo sguardo su di Edward. 

«Jonathan…» provò a dire quest’ultimo, ma venne subito interrotto dal fratello. 

«Non sono stato un bravo capocasa. Il mio compito doveva essere quello di prendermi cura di voi, tenerci uniti, e invece ho finito con il comportarmi da egoista.» Jonathan esitò, mentre tornava a guardare rosa. «Credevo di avervi persi entrambi per sempre. Mi… mi dispiace, Rosa. Non avrei dovuto vergognarmi delle tue decisioni. Avrei… avrei dovuto supportarti. Che male c’è se vuoi essere una spadaccina? Chiunque può e deve essere quello che vuole, qui. Il fatto che tu abbia continuato da sola, con tutto e tutti contro… e che tu abbia perfino affrontato Orochi… mi lascia senza parole. E tu, Edward…» 

Riportò l’attenzione sul fratello, con gli occhi colmi di gratitudine. «… non hai salvato solo lei. Hai salvato tutta la Capanna Sette. Ti ringrazio per averci riportato nostra sorella. Ti ringrazio per… per averci fatto capire che le cose possono cambiare. Grazie. Ti cedo il mio posto di capocasa.» Sorrise, un sorriso degno da figlio del dio del sole, e gli porse la mano. «È il minimo che possa fare.»

Edward scambiò uno sguardo con Rosa, che gli sorrise calorosa. Dopodiché, si alzò in piedi, osservando Jonathan con espressione grave. Il capocasa sembrò sentirsi a disagio. Stephanie, invece, sapeva benissimo cosa stava per succedere. 

«Dai, vieni qua!» esclamò Edward con un sorrisone, stritolandolo in un abbraccio. «Sei sempre così rigido, fratellino!»

«AH! A-Aspetta!» protestò Jonathan, cercando di dimenarsi senza alcun successo. 

«Va bene, Jonathan. Accetto il posto. Però…» disse Edward, una volta lasciato andare quel poveretto. Posò una mano sulla spalla di Rosa, sorridendole in maniera più genuina. «… voglio che anche tu sia trattata da capocasa, da adesso in poi. La tua parola varrà tanto quanto la mia.»

Rosa lo osservò sorpresa. «Io… non credo che si possa far…»

«Perché no?» la interruppe Chirone, piegando la testa. «Edward è da poco al campo, dopotutto. Una semidea più esperta che lo aiuti con i suoi doveri non può che fargli del bene.» 

Anche il viso di Rosa si illuminò. Balzò in piedi e stritolò Edward. «Oh, hermano! Grazie!»

Edward ridacchiò, dandole alcune pacche sulla schiena. «Anche tu te lo meriti, hermana.» 

«Significa che posso gestire gli allenamenti di tutta la Capanna Sette adesso?»

Il sorriso svanì dal volto del nuovo capocasa, proprio com'era successo a Jonathan. A qualsiasi cosa Rosa si stesse riferendo, non sembrava promettere niente di buono. «Ehm…» 

«Lo prenderò per un sì!» stabilì Rosa.

Edward cercò disperato l'aiuto di Jonathan, che alzò le mani. «È inutile che mi guardi, non comando più io.»

Rosa saltò in mezzo a loro due e avvolse le braccia dietro alle loro spalle, con un sorrisetto che non prometteva niente di buono. «Sarà un vero spasso, ve l’assicuro!»

Edward diventò bianco come un lenzuolo. Rosa rise, imitata da Jonathan e diversi altri. Quella ragazza sembrava essere l’unica in grado di tenergli testa.  

«Che forza!» esclamò poi Thomas, una volta che le acque si calmarono. Diede il cinque ad Edward e osservò Stephanie e, naturalmente, Lisa con un gigantesco sorriso. «Siamo tutti colleghi adesso!»

Steph sorrise, per la felicità, per l’emozione e anche perché quando faceva così Thomas era piuttosto contagioso. Il buonumore durò poco, però. Non ci mise molto a realizzare che in realtà non erano tutti colleghi. E non sembrò l’unica a rendersene conto. 

Venti teste si voltarono verso Buck e Konnor, con quest’ultimo che ancora non aveva fiatato, nemmeno si era mosso dalla sedia. Era rimasto a braccia conserte, a fissare il tavolo, senza dare alcun cenno di vita.

«Che avete da guardare?» sbottò il capocasa di Ares, per poi sogghignare. «Cos’è, vi aspettate davvero che io ceda il mio posto solo perché hanno raccontato una bella storiella inventata? Di sicuro l’ha scritta lui» aggiunse, indicando Edward, distendendo il ghigno. «Il piccolo cantastorie. Dimmi, la cicatrice finta come te la sei fatta?»

Edward assottigliò le labbra. Incredibilmente, non disse nulla. Si limitò soltanto a scuotere la testa con aria contrariata, delusa addirittura. 

«Ho ragione?» proseguì Buck, incalzando Jane, che proprio come Konnor non aveva più aperto bocca. 

La figlia di Afrodite sussultò, osservando prima lui, poi i semidei dell’impresa: guardò Lisa, accanto a lei, poi Konnor, poi Thomas, Edward e infine Stephanie, soffermandosi proprio su quest’ultima. La figlia di Demetra ricambiò lo sguardo, severa. Negli occhi di Jane lesse confusione, stupore, perfino paura. Non l’aveva mai vista così. Aveva le braccia strette attorno alla vita, le mani che si contraevano. Pareva sull’orlo di una crisi di nervi. 

«B-Buck… forse…» cominciò a dire, con un filo di voce. 

«Che cosa?» ringhiò Buck. «Forse cosa?»

Jane non replicò. Per la prima volta da quando Steph la conosceva, sembrava senza parole.

«Non c’è problema, Buck.» Konnor si alzò in piedi all’improvviso, ottenendo le attenzioni di tutti. Appoggiò le mani sul tavolo. 

Quando drizzò la testa, Stephanie sussultò: aveva già visto quell’espressione sul suo volto. 

«Non serve che tu mi ceda il posto» proseguì Konnor, osservando il fratello. «Perché sarò io a prendermelo. Ti sfido.»

 




Ringrazio Roland di cuore per il disegno di Edward con Ama no Murakumo, che è bellissimo e lo adoro un sacco:






   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: edoardo811