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Autore: cartacciabianca    29/08/2009    3 recensioni
Desmond le viene strappato via all'improvviso e Giorgia non sa di che rispondere alle minacce dei misteriosi rapitori, i quali la costringono al silenzio attraverso una messaggistica segreta: e-mail, telefonate anonime, bigliettini nei posti più impensabili... Non resta alto che aspettare, aspettare che nessuno venga a prendere anche lei o minacci oltremodo di uccidere il suo ragazzo.
Otto mesi più tardi la sparizione del suo amato, gli stessi strambi tizi la contattano annunciandole che Desmond tornerà presto a casa.
Su di loro cadde un silenzio pieno di sottintesi. C’erano tanti punti da chiarire, tante domande da farsi prima di abbandonare le proprie speranze nelle mani altrui.
Desmond dipendeva da Altair e Altair dipendeva da Desmond. Ognuno nel tempo dell’altro, se la sarebbero vista con i problemi quotidiani di due vite l’una molto differente dall’altra.
-E così- rise Altair. –Me la ritrovo nuda, la tua ragazza…- bofonchiò.
Desmond sorrise. –Qualcosa mi dice che non ti dispiace affatto!-.
L’assassino condivise la sua gioia. –Vedrò di… trattenermi- fece malizioso.

Gli effetti collaterali al trattamento possono assumere diverse sfumature su ciascun paziente. Il soggetto 17 soffre di "sdoppiamento di personalità". La coscienza del suo antenato si capovolge alla propria nei momenti meno opportuni così da creare situazioni drammatiche ed imbarazzanti. Ma quando il gioco diventerà una triste realtà ci sarà un ultimo viaggio, e poi i tasselli del puzzle resteranno scambiati per molto allungo. Comincia la caccia ai farmaci che l'Abstergo custodisce nei suoi laboratori, unici medicinali che possono riportare tutto alla normalità. Giorgia, accompagnata dalla coscienza di Altaïr che ha preso piede nel corpo di Desmond, dovrà vedersela con un addetto alla sicurezza senza scrupoli e i suoi scagnozzi. Alex Viego farà di tutto per proteggere la segretezza del progetto, ma Giorgia lotterà con le unghie per riavere il suo Desmond. [CONCLUSA]
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad , Desmond Miles , Lucy Stillman , Nuovo personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Prigionia di promesse


[…]
-Ora basta con queste iniezioni!…-.
Una voce familiare, arrabbiata.
-Non potete continuare a sedarla come un animale! La ucciderete!…-.
Sentivo dei passi, dei gesti, dell’aria che si muoveva attorno a me, ed io, sdraiata su qualcosa di soffice, ero rannicchiata per il dolore che come il sangue percepivo corrermi nelle vene e spostarsi da una parte all’altra del mio corpo mezzo assopito.
-Si sta risvegliando, dobbiamo…- provò a dire qualcun altro.
-Ho detto basta, stronzo! Levati dai coglioni!-.
-Abbiamo ricevuto l’ordine da Warren! Se hai lamentele, va’ da lui!- gridò un altro, quindi erano in tre nella mia stessa stanza, e dovunque fossi, su qualunque letto fossi stesa, la priorità andava al mio continuo mal di testa che pulsava sulle tempie. Aggrottai la fronte, lasciandomi sfuggire una smorfia di sopportazione.
-Fatti da parte, Desmond, avanti- intervenne una donna. –Lasciali fare; è per il suo bene, credimi- pronunciò lei cercando di rassicurarti, ma soprattutto di calmarti.
-Bene un cazzo, Lucy! Guarda in che stato sta! Scordatelo! Questi bastardi non la toccheranno di nuovo con un dito!-.
Ancora dei passi, qualcuno mi si avvicinò e sentii una presa salda, ferrea attorno al mio braccio.
-Allora non hai capito!- afferrasti l’uomo che aveva tentato di avvicinarsi a me per il camice e lo sbattesti al muro minacciandolo con un pugno chiuso. –Se tieni alla tua faccia da culo ti conviene uscire da qui, adesso!- sbraitò ancora il mio difensore, e lentamente il chiarore di una luce affiorò davanti alle serrande abbassate che erano i miei occhi, che adagio riaprii.
Vedevo tutto offuscato di una polverina bianca e soffusa, come una gigantesca nube di talco che avvolgeva me e i corpi che mi giravano attorno, mentre un vortice di colori, suoni e profumi del tutto nuovi mi danzavano nella testa aumentando il mio disagio.
-Ragazzi, potete uscire un secondo?- domandò la donna. –Ci penso io, dammi la siringa-.
-Lucy…- sibilò Desmond non appena la porta si fu chiusa. –Che cosa vuoi fare?-.
-Tu che cosa credi che voglia fare, Desmond?! Lo capisci che non sei nella condizione di dettare giudizi e ordini? Le possibilità sono due: o con la siringa, o con un colpo di postola! Non deve comunque svegliarsi, hai capito?- fece collerica.
-Lucy, ti prego…-.
-Non posso fare nulla, e lo sai- pronunciò seria. –Mi dispiace, mi dispiace davvero, Desmond. Perciò adesso fatti da parte-.
-Aspetta- portasti avanti una mano fermandola. –Solo per ‘sta sera, ti supplico- chiedesti tu abbassando la voce. –La terrò in stanza, non vedrà nulla di quello che c’è là fuori, e non le dirò niente! Ti prego Lucy, voglio solo parlarle…- sembravi disperato.
La bionda si allontanò da me e si voltò per guardarti negli occhi. –Desmond, non…-.
-Ti prego- insistesti tu restando immobile di fronte alla ragazza.
Stilman sollevò la mano che stringeva la siringa e te la porse, e tu l’afferrasti a rilento.
-Tanto sia te che lui le avete già raccontato abbastanza. Più di questo non potrebbe scoprire- ridacchiò la donna. -La dose deve riceverla comunque- disse lei. –Quando avrai finito di… “parlarle”- si lasciò scappare una risatina. -… Hai capito? Devi dargliela lo stesso- ti informò. –O Warren saprà a chi dare la colpa e Viego non vorrà ascoltare spiegazioni-.
-D’accordo-.
La donna sospirò. –Cerca di essere delicato, è parecchio stordita. Due giorni di iniezioni e sonno perenne indeboliscono, sai?-.
-Ma non mi dire…- borbottasti.
-Ci vediamo domani mattina, allora- sorrise lei avviandosi.
-Sì, a domani- fece un gesto col capo.
Ascoltai il rumore della porta che si chiudeva, e poi il silenzio, quello che odio di certe assurde situazioni. Sapevo che mi stavi guardando, sapevi che non aspettavi altro che il mio completo risveglio. Eri lì, immobile, in piedi al lato del letto a guardare me, stesa sulle lenzuola che ti avevano tenuto prigioniero per otto terribili mesi, senza nessuno accanto, e col costante desiderio di fuggire dai cinque metri quadri di cameretta che ti avevano dato.
Poggiasti la siringa che avevi in mano sulla scrivania lì di fianco a te, e senza distogliere i tuoi occhi affranti, distrutti dal dolore di vedermi in quello stato dalla mia esile figura rannicchiata come un gatto malmenato e costretto in angolo del marciapiede.
Ti sedesti sul bordo del letto e sollevasti una mano che corse lenta alla mia guancia, accarezzandola piano, con dolcezza e leggerezza che quasi mi fece il solletico.
Quel tocco fu la medicina a tutti i miei dolori, fu il moment per la mia emicrania costante; le mie sofferenze cessarono sostituite dal calore delle tue dita sulla mia pelle, e fu in quel momento che riaprii gli occhi e ti vidi finalmente per quello che eri. Mi lasciai sfuggire un sorriso appena accennato sulle labbra, e la tua voce dolce mi scaldò ancora una volta il cuore.
-Sei sveglia- dicesti sistemandomi una ciocca di capelli dietro le orecchie. –Una parte di me lo sapeva che stavi solo fingendo- ridacchiasti.
Trasmettesti la tua allegria anche a me, e ormai del tutto cosciente decisi di riprendere in mano le briglie del mio corpo.
Mi voltai sistemandomi a pancia all’aria e mi stiracchiai debolmente, ancora poco padrona delle mie forze complete. –Quanto…- feci per domandare.
-Solo due giorni- rispondesti prontamente.
Voltai la testa verso di te, e ti guardai sorridere in un modo che poche volte ti avevo visto fare. Scivolai indietro sul copriletto stropicciato e ti feci gesto di raggiungermi, battendo due colpetti sul materasso proprio accanto a me.
-E va bene- mi accontentasi allegro stendendoti al mio fianco sopra le coperte, accaldate in quel punto per quanto tempo ero rimasta addormentata nella stessa posa.
Mi avvicinai a te avvinghiandomi al tuo petto nascondendo il volto nell’incavo del tuo collo, e mi beai del tuo calore e del tuo profumo. Avvertii le tue braccia farmi tua ancora una volta, incatenandomi al tuo corpo proprio come volevo io.
-Mi sei mancata troppo- mormorasti.
-Finalmente ci siamo- sospirai.
-Che intendi?-.
-L’Abstergo… siamo dentro, non è così?-.
Annuisti stringendomi con maggior vigore. –Pare di sì…-.
-Avanti, raccontami…- sussurrai a fior di labbra con la tua pelle. –Cosa hai combinato di bello nel passato?- chiesi spensierata.
-Mah- sbuffasti. –Un paio di cose da sistemare, qualcuno da ammazzare. Le solite cose, capisci?- ridacchiasti.
-E Adha?- chiesi, e ammetto che fosse una domanda che avevo già pronta da farti non appena ti avessi rivisto.
Sospirasti. –E Adha, bhé…- facesti una pausa che stillò in me non pochi dubbi e presunzioni. –Diciamo pure che è andata a farsi un bel viaggetto all’estero, ti basta?-.
-Sì, mi basta- sorrisi stringendomi più a te. –Ma come hai risolto…-.
-Io non ho risolto un bel niente. Ha fatto tutto Altaïr in questi ultimi due giorni. Ero solo uno spettatore. Sembra che le cose non andassero bene perché si stavano creando parecchi disguidi nel passato, e questo non andava giù ai clienti. Mi sa che in qualche modo, sostituendomi ad Altaïr nella sua vita, nessuno abbia assicurato un “prole” alla famiglia, e diventava una faccenda pericolosa-.
-Immagino…-.
-L’Abstergo deve continuare alcune ricerche su un mio trisavolo in Italia, nell’epoca del Rinascimento. Sarà una cosa interessante- dicesti allegro. –Perciò credo che mi terranno qui ancora per un po’…-.
-E cosa ne faranno di me?- domandai confusa.
Esitasti, e questo era già un cattivo segno. –Non lo so, Giògiò. Ho chiesto a Warren se potevi restare, a costo che stesti all’oscuro di tutto, ma hanno rifiutato…- sbottasti affranto. –Dicono che sai già troppo, che hai creato abbastanza problemi e Viego sostiene che si tratti solo di una questione di tempo prima che…- ti fermasti.
Mi sollevai di colpo su un braccio, allontanandomi da te e guardandoti dall’alto, mentre i capelli mi ricadevano selvaggi davanti al viso. –Perché? Sembra così ovvio, scusa. Potrei starmene qui con te da brava e stare a guardare come fai il tuo lavoro! Farei anche meno casino che mai, ma… dannazione, Desmy, io voglio restare con te! Tanto  quelli o mi ammazzano e basta, o mi ammazzano a forza di sedativi- lagnai.
Ti mettesti seduto anche tu, continuando a guardarmi negli occhi colmo di rammarico. –Non so che cosa fare, che cosa dire a riguardo, piccola- mormorasti. –Non ho il potere, la forza di fare niente qui dentro!- digrignasti.
Stavi cominciando ad arroventarti come una padella che sta troppo sul fuoco, e prima che qualcosa volasse per aria avrei dovuto fermarti.
Così ti poggiai una mano sulla guancia, carezzandola dolcemente come tu avevi fatto con me. La sottile barba che ti era ricresciuta mi solleticava i polpastrelli, e lentamente con le dita andavo a lambire con delicatezza la parte sfregiata del tuo labbro; mi fermai in quel punto, e una morsa dolorosa di ricordi mi corsero davanti agli occhi come fotogrammi di un film.
Erano le chiare immagini di me e il tuo antenato insieme, nel modo che più mi aveva tormentato in tutte quelle settimane. Ma a costo di sopprimere quei ricordi, a costo di dimenticare il dolore e le sofferenze di quegli attimi trascorsi a cercare consolazione tra le braccia di un altro… pur di cancellare tutto questo, avrei dovuto fare quello che più il mio corpo, e la stanchezza che mi trascinavo dietro, mi imploravano di non fare.
Mi allungai verso di te e ti baciai, andando a sostituire la mia mano con le mie labbra. Accompagnasti il mio gesto ricambiando il bacio, anzi, completandolo con passione a soli pochi secondi dall’inizio. E mentre la tua lingua varcava il confine dei miei denti e i nostri nasi si sfioravano, mi misi in ginocchio davanti a te facilitandoti il compito di spogliarmi della mia maglietta. Accarezzasti con ardore la pelle dei miei fianchi, risalendo svelto fino alla giuntura del reggiseno, del quale mi liberasti con ancor più facilità.
Avvinghiandomi a te, ti spinsi lentamente giù, ma non appena la tua schiena affondò nei cuscini, capovolgesti i nostri corpi e ti sistemasti tra le mie gambe, ed io con un solo rapido gesto riuscii a spogliarti della felpa, e successivamente della maglietta.
Ti adagiasti sopra di me attento comunque a non schiacciarmi con il tuo peso, tenendoti di poco sollevato sulle braccia. Riuscivo perfettamente a sentire il mio seno premuto contro il tuo petto scolpito, e ciò mi procurava continue scosse di piacere che funsero solo come antipasto.
Lasciai che ti abbassasti un istante per togliermi le scarpe e slacciarmi i pantaloni, che sfilasti via dalle mie gambe anche col mio aiuto. Ti liberasti dei tuoi jeans velocemente, quasi di fretta, e non appena nella tua mano restò solamente una tua scarpa, la scagliasti con violenza contro la centralina elettrica scoperta della stanza, causando un corto circuito che ordinò lo spegnimento delle luci rimaste accese nella camera. Ti guardasti attorno soddisfatto, ma fu giusto un frammento di secondo, perché i tuoi occhi tornarono ancor più accesi di eccitazione e desiderio a specchiarsi nei miei. Tornasti a strofinarti sul mio corpo e riallacciasti la tua bocca alla mia. La tua presa salda mi afferrò sotto un ginocchio sollevandomi la gamba che mi portasti sopra il tuo fianco; e mentre sentivo crescere sempre più il desiderio di spingermi oltre il confine di ogni cosa, ascoltai la tua voce apparirmi come un sussurro.
-Ti amo…- il tuo fiato bollente s’infranse sulla pelle sensibile del mio orecchio, ma bastò quel poco tanto a farmi perdere la cognizione del tempo e del piacere, a tal punto che ogni tua spinta dentro di me tramutò nella folle promessa di restarti per sempre affianco, e che nulla, passato, presente o futuro, potesse mai più frapporsi fra noi.
Ti amo anch’io, Desmond…














*^* Sono tornataaaaa!!!
Finalmente riprendo tra le mani le redini di questa ff che davo dispersa o sospesa! Quattro paginette scribacchiate in Grecia alle due del mattino. Spero che siano state di vostro gradimento e… non mi viene in mente nulla da dire a parte le solite parole! XD Grazie ai recensori dei capitoli predenti e alla prossima puntata! ^^’’
Elik.
   
 
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